Forse, anziché parlare di Risveglio dal sogno planetario avrei dovuto parlare di Risveglio dall’incubo collettivo. Sembra che in molti casi la sofferenza, la crisi, il fallimento, siano ottimi antidoti all’ego, antidoti nel senso di strumento per ridurre l’orgoglio, l’egoismo, la vanagloria, la superbia dell’essere umano. Mi viene in mente un vecchio aneddoto.
Un uomo in profonda crisi non sa più a chi rivolgersi e per la prima volta in vita sua chiede aiuto a Dio, pur non credendoci.
Uomo: Dio, ho bisogno di aiuto.
Dio: Cosa c’è?
Uomo: Non vedi quanto soffro, perché non sei intervenuto prima?
Dio: Perché prima tu non mi hai mai interpellato… infatti l’unico momento in cui mi invochi è quando soffri.
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Questo aneddoto su Dio è semplicemente un modo per dire che di solito l’uomo si affida sempre a se stesso, alla volontà personale, al proprio ego, alla propria persona, al proprio ridicolo personaggio, e quasi mai a qualcosa di impersonale, imparziale o superiore al proprio limitato intelletto. L’unico momento in cui non ci si affida al proprio io è quando si soffre: quello della sofferenza sembra essere uno dei pochi momenti in cui ci si rende conto che l’egocentrismo non funziona.
Vuoi per il condizionamento sociale, vuoi per il rincoglionimento scolastico/familiare, vuoi per il rincoglionimento religioso/spirituale, sta di fatto che ognuno di noi ha una dose di orgoglio, presunzione e vanagloria da dover smaltire (se punta al benessere) oppure da azzerare (se invece punta al Risveglio).
Se leggete questo blog dovreste puntare a qualcosa che vada al di là del fugace piacere sensoriale, e ovviamente dovreste puntare oltre la sofferenza che sembra attanagliare la vita dell’uomo comune.
La quantità di sofferenza che le persone si autoinfliggono è incalcolabile.
Si autoinfliggono stupidamente, ogni giorno, in ogni luogo, queste dosi di sofferenze inutili perché vivono alla mercé del mondo o alla mercé della mente.
Si infliggono sofferenze inutili in casa, per strada, in piazza, su internet, in compagnia, da soli, di giorno, di notte. E se non basta la batosta quotidiana di sofferenza ricevuta dalla società, dalla famiglia, dall’attività lavorativa, si infliggono sofferenze aggiuntive in altre dimensioni, su altri piani, e persino nei sogni notturni.
Senza saperlo si fanno del male persino mentre sognano.
Vivono letteralmente dentro un film horror.
Vivono dentro un incubo.
Un incubo che proiettano, alimentano, moltiplicano, prolungano sebbene vada contro il loro benessere.
Danno continuità agli incubi personali e collettivi. E quando la situazione diventa insopportabile cercano aiuto, si buttano sulla spiritualità, invocano la Madonna, diventano monaci, imitano qualche santone. Ma non serve a nulla se inconsciamente continuano ad alimentare ciò da cui vorrebbero fuggire.
Puoi invocare Dio, Cristo, la Madonna, Krishna, Buddha, San Michele, San Gennaro, ma nessun Santo potrà mai tirarti fuori dagli incubi proiettati dalla tua mente.
Nessuna divinità potrà svegliarti dai tuoi stessi incubi.
Il Risveglio è una faccenda dannatamente personale e al contempo è la liberazione dalla propria persona.
Ti riguarda anche nel senso che non puoi dare sempre la colpa agli altri, al destino, ai demoni, ai mostri, a Satana. E non puoi affidarti sempre a qualche entità esterna, aliena, sovrannaturale.
Se vuoi salvarti dall’incubo quotidiano ti tocca pensare seriamente al Risveglio, o almeno al disincanto dall’ipnosi collettiva. E il Risveglio non avverrà di certo nel modo in cui ti aspetti mentre sogni ad occhi aperti.
Altrimenti fai pure finta di niente, continua a fingere che vada tutto bene, e attendi il prossimo girone infernale. Quando il tuo orgoglio verrà ustionato, e quando il tuo intelletto verrà cotto a puntino, ti darai spontaneamente una mossa.
(Materiale di ZeRo: https://payhip.com/ZeRoVe)
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