Non c'è niente dopo la morte. O se preferite dopo la morte c'è l'indifferenziato. La morte non è un evento a sé stante ma la fine di un fenomeno o di un inganno sensoriale. È la fine di un vortice energetico algoritmico e autoreferenziale (me, me, me, mio, mio, mio). È la dissoluzione di un caleidoscopico artefatto (l'io, il mondo, l'universo) immaginato dal potere impersonale che sogna tutto in tempo reale. Da una prospettiva in prima persona (nel senso dei videogiochi o dei sogni notturni), quando le persone muoiono si trovano ad affrontare una sorpresa piuttosto bizzarra: improvvisamente cessa l'ipnosi dell'io sono ("io sono questo corpo, io sono quella persona, io sono quell'essere"). Il respiro si ferma. Il cuore si ferma. Il cervello si ferma e con esso si ferma la frenetica, maniacale, ossessiva differenziazione (io-altri, dentro-fuori, prima-dopo, questo-quello). Ciò che resta è il maledetto nettare che tutti cercano in continuazione ...
Il risvegliato non può tornare a credere ai sogni (individuali, collettivi, diurni, notturni).