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Wabi sabi - La via giapponese per essere felici - Selene Calloni Williams - Spunti di riflessione

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Wabi sabi è una visione della realtà, uno stile di vita che ci aiuta a essere più coraggiosi e felici, e anche a raggiungere gli obiettivi più importanti mediante la ridefinizione di aspetti della vita, quali l’imperfezione, l’incompiutezza, la fragilità e l’evanescenza, che possono essere trasformati in forze e caratteri positivi della nostra realtà.

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Wabi può essere reso come la capacità di accettare la propria imperfezione e fragilità e addirittura farne dei principi di eleganza ed evoluzione. Molti eventi recenti, tra cui una pandemia di proporzioni sconvolgenti, ci hanno sicuramente resi più attenti all’importanza di sviluppare una simile abilità.

Sabi, invece, indica la bellezza data dal trascorrere del tempo, che rende le cose e le persone cariche di vissuto, di esperienze, di emozioni, di ricordi che le nobilitano e le impreziosiscono. Wabi sabi indica anche il sentimento di una dolce solitudine, che proviene dal vivere immersi nella natura fisicamente e/o psicologicamente.


Wabi sabi è l’asimmetria, l’anticonformismo, la modestia, la crescita e il flusso, il cambiamento e la transitorietà. Wabi sabi è naturale, lento, calmo, capace di astenersi, moderato, spirituale, dignitoso, non ostentato, rustico, morbido e fluido, incompleto, semplice e resiliente.

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Wabi sabi nelle arti marziali è il principio dell’imbattibilità attraverso la fragilità.

Ti indica la strada per:

Contare sulle tue ferite e sulle tue tristezze come se fossero un esercito di potenti guerrieri alleati: per quanto il tuo avversario potrà cercare, non troverà mai in te un punto indifeso nel quale affondare il colpo.

Conoscere i tuoi difetti: se sai averne fiducia e usarli come scudi, quando l’avversario li calcolerà come punti deboli, avrai un vantaggio enorme.

Sapere di essere sia vivente sia morente, sia vivo sia morto, sia visibile sia invisibile: questo dissolve la paura che rende vulnerabili.

Sentire di essere il due in uno e percepire le intenzioni dell’avversario dentro di te: potrai prevenire le sue mosse e, alla fine, persino determinarle.

Combattere per l’amore e non per il potere: ciò che ami è un principio di forza che sta al tuo fianco in ogni mossa.

Essere così umile da considerare la sconfitta come la normalità e non lasciarti abbattere da essa, ma risollevarti ogni volta e ricominciare.

Essere resiliente al punto da mantenere la calma in ogni momento difficile.

Attendere senza mai avere fretta.

Non odiare o invidiare, anche se ti senti odiato o invidiato.

Comprendere che il momento in cui hai perso tutto è quello in cui puoi incominciare ad avere tutto.

Raccogliere insieme le tue vittorie e rischiarle di nuovo in un solo colpo, mettendo in gioco le sicurezze che hai acquisito per puntare a traguardi più ambiziosi.

Avere il cuore così puro da non discriminare tra bene e male, vero e falso; eppure, permanere spontaneamente nel bene e nella verità.

Non arrenderti mai, neppure quando di te non è rimasto più nulla, se non l’impeccabile volontà di non arrenderti.


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WABI SABI SULLA LENTEZZA

Prenditi un minuto ogni tanto per rallentare, datti il tempo di ascoltare, di assaporare, di annusare, di toccare, di osservare attentamente e, mentre fai ciò, ricorda di respirare lentamente e profondamente.

All’inizio ti sembrerà che in queste pause di un minuto il tempo scorra più lentamente e che rallenti lo svolgersi delle tue attività quotidiane, ma presto scoprirai che questa sensazione non è vera. Quando riscopri la lentezza e ti dai tempo, tutto il tempo che serve per utilizzare i tuoi sensi, per respirare e percepire, in realtà concentri le energie, sciogli le dispersioni e, dunque, alla fine scopri che la lentezza è una potente alleata del tuo cammino perché sostiene il raggiungimento dei tuoi obiettivi, anziché essere un elemento boicottante. In breve, sarai capace di ringraziare la lentezza nella quale troverai motivazioni ed energie, e potrai vedere tutto da un’altra prospettiva, più vasta. Lentezza fa rima con ampiezza e raffinatezza.

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Wabi sabi esprime la capacità di non trattenere, di avere fede nel viaggio, nel transito tra la vita e la morte, tra il visibile e l’invisibile, di lasciare, di partire quando è il momento. Uno sciamano sa quando è il momento di morire. Tomoe lo sapeva. Partire per il viaggio è il momento più sacro, in cui tutta la preziosità del sacrificio deve emergere.

Non solo la vita deve avere vigore, anche la morte deve averlo affinché l’anima non resti prigioniera tra i mondi e il transito non diventi agonia e dolore. Tutto deve avvenire nel giusto momento, affinché sia wabi sabi, affinché sia bellezza, affinché sia amore.


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RITUALE DEL LASCIAR ANDARE, «TO-MO-E-DŌ»

Per quanto bello sia ciò che stai facendo, puoi fare qualcosa di ancora più bello. Devi liberare spazio, avere fede nel tuo destino, essere creativo, nutrire progetti più grandi, guardare un po’ più in là: è il momento di una nuova avventura. Ma non per questo devi dimenticare il passato. All’opposto, mantieni tutta la nostalgia possibile per ciò che fluisce via. La nostalgia è un aspetto fondamentale di wabi sabi, è poesia, è bellezza capace di intensificare la tua sensibilità e la tua creatività, e propiziarti visioni sempre più grandi.


Prendi un oggetto dalla natura, per esempio un sassolino, una pigna, una foglia, un rametto, una mela, un pomodoro, una manciata di chicchi di riso, e rendilo il simbolo di qualcosa che puoi lasciar andare per permetterti di superarti, di avere nuove idee e liberare energia per nuovi progetti.

Metti questo oggetto in un luogo speciale della tua casa e tienicelo per sette giorni. Alla sera, prima di addormentarti, visualizza l’oggetto e pensa a ciò che devi lasciar andare. Non calcolare o analizzare con la mente, perché la mente può dimostrare tutto e il contrario di tutto in modo simultaneo, e se è animata dalla paura difficilmente ti permetterà di lasciar andare i vecchi elementi della tua vita per far spazio al nuovo. Meglio percepire piuttosto che pensare; senti le infinite possibilità che ti si potranno dischiudere quando avrai fatto spazio al nuovo, lasciando andare la zavorra.

Alla prima occasione seppellisci l’oggetto che hai preso dalla natura restituendolo alla natura e ripetendo: «To-mo-e-dō» (letteralmente, «la via del vortice»), come un mantra, scandendo bene le sillabe.

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Wabi sabi, in quanto arte di cogliere la transitorietà di tutte le cose, è altresì l’arte dell’innamorarsi di tutte le cose.


Lo stato dell’innamoramento equivale alla condizione dell’estasi, che, come abbiamo visto, è l’esperienza estetica: un’avventura di rapimento nella bellezza che porta al di là del mondo moralistico della mente.


Abbiamo detto che l’estasi è il segreto comune a tutti i cammini spirituali, o dō. Per vivere una vita nella costante condizione dell’innamoramento in stile wabi sabi, devi concentrati sulla natura transitoria dei fenomeni.

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RITUALE DELL’INNAMORAMENTO

Utilizza la contemplazione dell’imperfezione e della transitorietà come tecnica di autorealizzazione e di innamoramento.


Esercitati ad amare le cose piccole, apparentemente insignificanti, come se tu fossi un maestro del tè. Mentre accarezzi il tuo viso, sbadigli, passeggi, ti addormenti o ti risvegli, o ancora più semplicemente mentre sei consapevole del tuo respiro, innamorati delle tue sensazioni. Mentre mangi o fai una posizione di yoga, innamorati del tuo corpo. Mentre stai lottando per vie legali con qualcuno innamorati della situazione, mentre ti arrabbi innamorati della rabbia, mentre chiacchieri, ridi, fai l’amore, innamorati della situazione e di chi è con te, anche se fosse il tuo nemico.

Trova fotografie significative della tua vita, risali fino ai momenti della tua infanzia. Evoca situazioni, forme: le forme del tuo corpo, del corpo di tua madre, per esempio. Percepisci l’imperfezione, l’unicità, la transitorietà di ciò che osservi e innamorati di questo, anche se è già svanito, passato, o proprio perché è svanito.

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RITUALE DEL FONDERE IL PROPRIO KI CON IL KI DELL’UNIVERSO

Prima fase


Respira consapevolmente. Questa è la prima azione mediante la quale il ki di un uomo può unirsi al ki cosmico.

Stai seduto, possibilmente nella posizione dello zazen a gambe incrociate. In ogni caso, sia che possa metterti a gambe incrociate, oppure no, tieni la schiena diritta, le mani in grembo, gli occhi dolcemente chiusi.

Respira con forza dal naso, impegnando prevalentemente la regione pelvica e il basso addome. Gonfia questa parte del corpo quando inali e contraila quando esali. Quando inali immagina il tuo addome dilatarsi. Quando esali percepisci l’addome restringersi e farsi piccolo come un seme di sesamo.

Chiedi al tuo ki di fondersi con il ki cosmico, chiedi alla tua memoria personale di fondersi con la tua memoria ancestrale e con la memoria di tutto il pianeta. Prendi ferma risoluzione di essere canale e strumento di questa fusione. Esegui per circa tre minuti.

Per altri tre minuti, continua a respirare dal naso impegnando prevalentemente il tronco dall’ombelico alle spalle. Senti la parte mediana del tuo corpo dilatarsi durante l’inalazione. Poi, esalando, senti il tronco contrarsi e immaginalo divenire piccolo come un seme di sesamo.

Continua la tua preghiera e la tua presa di risoluzione: chiedi l’unione al cosmo e decidi fermamente di essere canale di questa unione.

Per altri tre minuti, fai la stessa cosa con la parte più alta del tuo corpo, sollevando le spalle, dilatando la gola e riempiendo spalle, gola e cranio del ki veicolato dal respiro. Immagina questa parte alta del tuo corpo dilatarsi durante l’inalazione e rimpicciolirsi fino alla dimensione di un seme di sesamo durante l’esalazione.

Continua a dimorare nella tua preghiera e nella tua risoluzione.

Seconda fase


Ora apri le braccia, tenendo i gomiti un po’ piegati per non affaticare le spalle e allargando bene il torace. Tieni i pugni serrati, con il pollice chiuso all’interno del pugno.

Respira profondamente dal naso, unendo le tre respirazioni precedenti in un unico respiro continuativo e pronunciando mentalmente: «Ka Ji». Ripeti «Ka» durante l’inalazione e «Ji» durante l’esalazione. Il suono interiore deve essere tanto lungo quanto l’intera durata dell’inspirazione e dell’espirazione. Fai tre respiri consecutivi.

A ogni inalazione percepisci il tuo corpo espandersi e immaginalo divenire vasto come l’intero universo. A ogni esalazione immaginalo rimpicciolirsi fino alla dimensione di un seme di sesamo.

Terza fase


Inalando apri completamente le braccia e le mani, distendi i gomiti e concentrati sull’espansione del corpo, mentre pronunci mentalmente: «Ka».

Esalando porta le mani sul chakra del cuore, al centro del torace, concentrandoti sulla contrazione del corpo, e pronuncia mentalmente: «Ji».

Quarta fase


Infine, resta seduto nello zazen, lascia che ogni immagine si dissolva nel vuoto. Dimora nella vacuità prodotta dalla tua unione con il cosmo. Semplicemente rimani seduto, immobile.


Se hai praticato bene le respirazioni come indicato nelle fasi uno, due e tre, sentirai un intenso senso di benessere e di energia, quasi di euforia.


Se durante l’immobilità nello zazen percepisci disturbi o disagi nel corpo, non muoverti, abbi fede nella tua esperienza finché la tua sensazione sarà così intensa da dissolvere la tua mente ordinaria. A quel punto la tua sensazione, non più definita dalla mente, non sarà né dolore, né disagio, né fastidio, ma solo pura energia. Questa forza ti aprirà un passaggio segreto nello spazio mentale, una porta che dà accesso a una nuova mente, a una super-mente – a me piace definirla «mente poetica» poiché è la mente che sa fare l’esperienza della bellezza.


Quando il ki universale si fa uno con il ki individuale, allora la mente ordinaria svanisce.


La mente però non vuole dissolversi e, per resistere al processo, introduce nelle forme del corpo e della mente significati tali da disturbare l’esperienza dello zazen. Per esempio, possono comparire dolori, disagi. In verità, durante lo zazen, si verifica un aumento del ki personale. In questi «picchi di energia» la mente inserisce il significato di dolore e disagio e altresì movimenta i pensieri disturbanti al fine di bloccare il processo in atto. Allora il praticante deve concentrarsi per inserire nelle forme un significato diverso da quello che la mente propone. Per esempio, un dolore al ginocchio può divenire una fiamma che arde di un’energia positiva alla quale affidarsi.


Quando entri nel processo di fusione del ki universale e del ki personale devi andare al di là delle definizioni mentali e della morale discriminatoria e utilitaristica.


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DECIDI IL SIGNIFICATO CHE VUOI DARE ALLE TUE ESPERIENZE

Durante la tua giornata tieni di fronte a tutte le immagini di persone, cose, luoghi, eventi che ti si palesano la sensazione che esse non siano causate da qualcosa che le ha precedute, quanto piuttosto siano apparizioni del momento, non certe né oggettive, bensì transitorie, relative, il cui significato dipende da una tua risoluzione o decisione profonda del momento.


Rinnova, dunque, la tua decisione di amare l’immagine, le persone, le cose e i luoghi in essa presenti. Se non puoi amare l’immagine chiediti come potresti farlo e decidi che vuoi trasformarla in ciò che puoi amare, con la consapevolezza che tutto è transitorio, niente è oggettivo, né permanente, perciò tutto può essere cambiato. Amare le immagini proprio perché evanescenti è il sentimento wabi sabi che abbiamo già incontrato e definito come natsukashii: il sentimento che si prova nel lasciar andare ciò che si ama, piuttosto che nel trattenerlo e possederlo, un sentimento di felicità nostalgica.


Poiché tutte le immagini sono transitorie, esse rimangono impresse unicamente nella mente. Provare attaccamento per le immagini mentali è il grande dramma dell’essere umano, che ha la sensazione ingannevole della permanenza e dell’oggettività delle cose.


Quando non c’è più attaccamento per le immagini mentali, allora c’è il vero amore, un sentimento propriamente wabi sabi che riconosce l’evanescenza e quindi l’inafferrabilità di ciò che è amato.


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PRATICA DEL TRASCENDERE L’IO IN OGNI GESTO

Essere una coralità è un esercizio utile al fine di trascendere l’Io, svanire come individuo e ritrovarsi nell’unione con il tutto, distinto ma non separato.

Per fare questa pratica semplicemente ricorda, ogni tanto, di provare a essere qualcun altro. Per esempio, puoi leggere queste pagine con la voce della tua migliore amica; puoi cucinare una torta come fossi un bambino, quel bambino che sei stato e che puoi riportare in vita in ogni momento; occupati del tuo giardino come fossi uno sciamano che parla con le piante; pensa ai tuoi traguardi come fossi la persona che li ha già raggiunti. Tutti questi personaggi e molti altri ancora sono parti di te, falli vivere nella pluralità della tua coscienza.


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I DIECI RITUALI DEL GOTEN

Rituale del bastone magico e della dolce tristezza, ka-ru-ra, l’uccello di fuoco

Appoggiandoti al bastone, respira dalla bocca, pronuncia a gran voce: «KARURA» e senti il fumo della tristezza, nostalgia, melanconia pervaderti. Trova la fonte di queste emozioni che è nel fuoco psichico e coltiva il fuoco psichico fino a bruciare l’ingannevole sensazione di essere separato da tutto.


Rituale del lasciar andare, to-mo-e-dō

Prendi un oggetto dalla natura e rendilo il simbolo di qualcosa che puoi lasciar andare per permetterti di superarti, di avere nuove idee e liberare energia per nuovi progetti.


La nostalgia è wabi sabi, è poesia, è bellezza capace di intensificare la tua sensibilità, la tua creatività e propiziarti visioni sempre più grandi.


Rituale dell’umiltà e degli alberi 

Pratica l’arte di essere l’ultimo a parlare: prima ascolta! Quando fissi un obiettivo, prima chiedi a tutte le creature senzienti che riesci a immaginare: «Dimmi come posso aiutarmi ad amarti!» È una formula magica.


Essere umile è essere al servizio.


Rituale dell’umiltà con gli antenati

Ripeti: «Dimmi come posso aiutarmi ad amarti!» riferendoti agli antenati.


Rituale dell’innamoramento

Esercitati ad amare le cose piccole, apparentemente insignificanti: un giorno scoprirai di essere permanentemente nella condizione dell’innamoramento, dell’entusiasmo, dell’estasi, della bellezza.

Rituale della forma e mantra «ka ji» 

Unisci il significato e la forza (ka) alla forma (ji).


Alza il bastone sopra alla testa tenendolo orizzontale rispetto al pavimento.


Visualizza la forma alla quale vuoi unire un certo significato e, respirando profondamente dalla bocca, carica il tuo bastone del significato prescelto.


Ti bastano nove respiri profondi per fare ciò.


Quindi, pronuncia il mantra: «Ka», sentendo il bastone carico del significato e dell’energia che vuoi attribuire alla forma visualizzata. Infine, pronunciando: «Ji» con forza, abbassa di scatto il bastone, come se dovessi stracciare o tagliare un velo davanti a te.


Con questo gesto secco unisci il significato e la forza (ka) alla forma (ji).


Rimani in piedi ancora qualche istante, con il bastone tra le mani. Evoca la presenza di un tuo antenato.


Recita: «Dimmi come posso aiutarmi ad aiutarti». Poi di nuovo alza il bastone sopra la testa e pronunciando: «Ka» riempilo dell’essenza del tuo antenato. Quindi pronunciando: «Ji» abbassa il bastone come se dovessi tagliare un velo, mettendo l’energia del tuo avo nell’immagine di cui senti la presenza davanti a te.


Rituale del fondere il proprio ki con il ki dell’universo

Prima fase. 

Fai tre respiri addominali, tre toracici, tre clavicolari e unisci attraverso il respiro il tuo ki al ki cosmico.


Seconda fase. 

Lo stesso che la prima, ma con le braccia aperte, i gomiti un po’ piegati e le mani chiuse a pugno. Ripeti: «Ka» durante l’inalazione e «Ji» durante l’esalazione. Esegui per tre respiri consecutivi.


Terza fase. Inalando distendi completamente le braccia e apri le mani pronunciando mentalmente: «Ka». Esalando porta le mani sul chakra del cuore, pronuncia mentalmente: «Ji». Resta per almeno tre minuti consecutivi in zazen, semplicemente seduto, e lascia che ogni immagine si dissolva nel vuoto.


Rituale di potenziamento reciproco uomo-natura

Percepisci lo spirito dell’albero (può essere anche la divinità di un fiume, una montagna o un’altra forma di natura) come una deità che ti abbraccia.


Immagina la divinità far uscire dalla sua bocca un mantra, dolcemente: «Amaterasu o-o mi kami».


Il mantra penetra nel tuo settimo chakra e si diffonde in tutto il tuo torace. Quindi bisbiglia il mantra e lascialo uscire dalla tua bocca.


Il mantra entra nel corpo della divinità, circola nel suo petto e poi di nuovo la divinità te lo dona facendolo uscire dalla sua bocca e immettendolo nel tuo settimo chakra. Dirigi la tua mente lungo questo sentiero: «Che cosa sia il corpo è un mistero, contemplo il mio corpo riflesso nel tuo e il tuo riflesso nel mio; in questa interpenetrazione ci potenziamo trasferendoci capacità e possibilità».


Rituale del disco di luna

Visualizza il disco lunare nel punto mistico. Fai discendere il disco lunare nel tuo torace e qui visualizzalo riempire tutta la cavità toracica.


Al centro del disco colloca la lettera «A» scritta in oro. Immagina che dalla «A» promanino le otto sillabe «ma-te-ra-su-oo-mi-ka-mi»; le stesse vanno a disporsi lungo il perimetro della sfera di luna.


Espandi l’immagine al di là del tuo corpo nello spazio fino a percepirla grande come l’intero universo. Dissolvi il tuo Io nel disco lunare e dissolvi il disco lunare nel vuoto.


Torna dalla meditazione visualizzando il disco rimpicciolirsi fino a essere di nuovo contenuto all’interno del torace. Pronuncia il mantra una volta prima di sciogliere la posizione dello zazen.


Rituale del banchetto mistico

Offri alla natura cibo, acqua, profumo e un haiku.


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