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I PROBLEMI SONO INESISTENTI IN MANCANZA DEGLI ESSERI UMANI AI QUALI SONO COLLEGATI. NON HANNO UN’ESISTENZA PROPRIA NELL’UNIVERSO. ESISTONO SOLAMENTE NELLE NOSTRE PERCEZIONI E NEL NOSTRO DARE UN SENSO ALLE COSE.
RICHARD BANDLER
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TUTTO QUELLO CHE DEVI EVITARE
PRIMA E DURANTE UNA PRESENTAZIONE AD ALTO IMPATTO
1 MANCANZA DI PREPARAZIONE
La mancanza di preparazione, in genere, è il più grave degli errori che puoi commettere. Dovresti prepararti al punto da poter fare la presentazione a occhi chiusi : memorizzare ogni slide e ogni passaggio così bene da fare la tua presentazione senza mai girarti a controllare lo schermo. Questo è il livello di preparazione che devi perseguire: poter svolgere la tua presentazione senza mai controllare schermo o monitor. Qualsiasi livello di preparazione inferiore rappresenta un rischio per la riuscita della tua presentazione ad alto impatto. Ricorda: speaker preparato, speaker in stato!
2 ESSERE FUORI STATO
Esser fuori stato significa non avere lo stato d’animo più utile alla presentazione. Se sei nervoso, agitato, impaurito o altro, puoi imparare a gestire la cosa prima di iniziare la presentazione, non durante . Puoi commuoverti, ridere, persino piangere: ma ricorda di gestire sempre le tue emozioni, per il bene tuo e di chi ti ascolta.
3 FARE MODIFICHE ALL’ULTIMO MINUTO
In generale, una presentazione efficace è tale proprio perché è strutturata in modo ragionato e con un filo logico ben preciso. La sequenza delle slide, il susseguirsi degli argomenti e delle interazioni con il pubblico: ogni cosa è progettata per produrre un determinato risultato, in un momento prestabilito . Ricorda che il cervello funziona secondo schemi molto precisi e per lui la sequenza con cui riceve le informazioni è fondamentale. Se apporti modifiche all’ultimo secondo o se decidi di modificare lo schema portante di una presentazione, rischi di violare sequenze progettate per funzionare. Potresti comunque ottenere un buon risultato, ma senza dubbio inferiore rispetto a quello che avresti ottenuto seguendo lo schema prestabilito o predisponendo per tempo le tue slide.
4 PARLARE TROPPO DI TE
Le persone valutano la bontà della tua presentazione anche in funzione di quanto trovano in essa utilità personale. Per questo, se proprio devi parlare di te e della tua esperienza, fallo in modo da lanciare un messaggio che coinvolga chi ti ascolta. Ad esempio: “grazie alla mia esperienza xyz, posso farvi ottenere xyz”, “la mia esperienza vi può essere utile per questi e questi altri motivi” e così via. In ogni caso ricorda: nessuno viene ad ascoltare la tua storia personale. Vengono per sentir parlare di loro e di cosa interessa a loro.
5 TROPPO, DI TUTTO
Ad esempio, troppi dati e poche storie. I dati, annoiano. Le storie, eccitano. E se proprio devi parlare di dati perché è necessario, dedica poco tempo all’elenco dei numeri e concentrati sul “come” si è arrivati a quei numeri. Se racconti una storia, chi ti ascolta sarà interessato! Oppure, troppo testo. Ti voglio rivelare un segreto: le slide non sono documenti di testo. Molte persone confondono le slide con articoli redazionali e scrivono sulla slide tutto quel che scriverebbero in un file scritto. Ricorda: quel che proietti, la gente lo legge. E se leggono troppo, non ascoltano te.
6 TROPPO CONTENUTO DA LEGGERE
Uno dei più clamorosi errori che puoi commettere nella preparazione delle slide è quello di farcirle con troppo testo. Considera che il tuo spettatore dedicherà circa 3 secondi a una rapida lettura della slide, dopo di che possono succedere due cose, entrambe svantaggiose per te e per il successo della tua presentazione. La prima, e la più frequente, è che il tuo spettatore decida che c’è troppo testo da leggere e quindi si distragga, distogliendo lo sguardo prima di aver recepito tutte le informazioni. La seconda è che continui a leggere fino in fondo. Questa seconda opzione è altrettanto indesiderabile, perché il tuo spettatore (come te, del resto) può fare solo una cosa alla volta. O legge il testo delle tue slide, o ti ascolta. Per questo, ricorda di inserire nelle slide poche parole, poche o pochissime frasi, pochi concetti (uno per slide va benissimo) : non si tratta di documenti di testo, le regole grammaticali valgono poco.
7 METTERE TROPPI ELENCHI PUNTATI
Il cervello non solo non li sopporta, ma non è nemmeno predisposto per comprenderli. Come ci insegna Tony Buzan, l’inventore delle mappe mentali, il cervello pensa in modo radiante (dal centro verso l’esterno) e attraverso le immagini: se vede elenchi puntati, si perde. Lo annoiano e lo distraggono, soprattutto se i punti sono più di tre. So bene che a volte è necessario fare questi elenchi: in ogni caso, se puoi evitalo e inserisci poche idee, chiare, possibilmente scritte al centro della slide. Piuttosto, usa una nuova slide per ogni punto o concetto: le slide sono gratis.
8 METTERE TROPPE ANIMAZIONI
A meno che tu sia un mago degli effetti speciali, devi moderare l’uso delle animazioni. Io le amo particolarmente, fra l’altro, per cui di tanto in tanto mi piace impreziosire le mie slide con qualche particolare effetto. Keynote, il software di Apple per realizzare presentazioni su slide (te ne parlo in modo più approfondito a pag. 175), offre effetti di transizione fra le slide e di animazione del testo davvero notevoli. Allo stesso tempo, come dicevo, ne uso una ogni tanto . Ricorda che l’avvertimento vale sia per le transizioni fra le slide (una tradizionale “dissolvenza” va benissimo nella maggior parte dei casi: è elegante ed eviti di distrarre chi ti segue) sia per le animazioni di immagini e testi (anche perché se hai seguito i punti 6 e 7 dovresti avere davvero ben poco da animare!).
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TUTTO QUELLO CHE DEVI TENERE A MENTE
PRIMA E DURANTE UNA PRESENTAZIONE AD ALTO IMPATTO
1 STABILISCI IL TUO FOCUS
Quando prepari una presentazione, certamente avrai molte cose da dire. Quello che devi fare, comunque, è scegliere dal mazzo e concentrarti su un argomento preciso. Uno e uno soltanto. Puoi sicuramente parlare di tanto altro, ma ogni cosa deve riportare al focus principale della presentazione e, di tanto in tanto, tu stesso devi rimarcare il concetto. Pensa questo: se potessi fare in modo che uno qualsiasi dei partecipanti al tuo corso, alla tua presentazione o alla tua riunione potesse parlare di quel che ha sentito da te e “divulgare” il tuo verbo, quale concetto vorresti che esprimesse? Che cosa vorresti che gli rimanesse stampato in testa?
2 DIMOSTRA QUEL CHE DICI
Ricorda che il cervello ama le idee semplici e, soprattutto, apprezza molto i colpi di scena emozionanti. Jamie Oliver, il famoso chef inglese, nel suo intervento al TED, 1 a un certo punto rovescia una carriola (una carriola!) piena di zucchero sul palcoscenico, dichiarando che quello zucchero rappresenta la quantità assunta da un bambino durante i cinque anni di scuola elementare, solo bevendo il latte zuccherato che la scuola fornisce. Avrebbe potuto fornire solamente delle cifre… ma quella carriola è qualcosa che si ricorda. Sempre sul palco del TED, la biologa statunitense Jill Bolte, per parlare di danni cerebrali derivanti da ictus, si è messa a sezionare un cervello vero! (su You Tube cerca “TED Jill Bolte” 2 ). Infine, l’immancabile Steve Jobs, presentando il suo Mac Book Air, per mostrare quanto è sottile, lo presenta al pubblico all’interno di una busta di carta gialla, di quelle che normalmente si trovano in ufficio. Si tratta di esempi molto potenti e, per certi versi, estremi. Dire che un bambino ingerisce molto zucchero è una cosa, rovesciare sul palco una carriola piena di zollette di zucchero è un’altra. Certo, non tutti hanno la possibilità, per il tipo di presentazione che devono svolgere e per il tipo di contesto, di mettere in scena qualcosa di così eclatante. Allo stesso tempo, con un po’ di fantasia e con la consapevolezza di quel che si vuole ottenere, chiunque può trovare il modo.
3 CONOSCI IL TUO PUBBLICO
Quante più informazioni hai sul tuo pubblico, tanto più saprai essere efficace, calibrando gli esempi e i tuoi discorsi proprio su chi ti ascolta. Quando insegno linguistica nei corsi di vendita, porto esempi legati a questo mondo e descrivo casi in cui l’uso del linguaggio ha prodotto significative differenze durante trattative di vendita. Quando insegno linguistica nei corsi dedicati ai genitori e ai figli, viceversa, porto esempi di comunicazione efficace fra papà, mamma e figlio. È fondamentale che tu sappia, con la massima precisione possibile, chi hai di fronte, per intercettare i suoi bisogni e per fornire le risposte specifiche a questi bisogni. Una tecnica tanto semplice quanto efficace (e quanto poco utilizzata!) è quella di fare domande precise a chi ti ascolta, prima di iniziare la tua presentazione: per quale motivo le persone sono venute? Chiediglielo. Che obiettivi hanno? Chiediglielo. Di che cosa si occupano per vivere? Chiediglielo. Più informazioni hai, più azioni riuscirai a produrre in chi ti ascolta.
4 PARLA COME MANGIA CHI TI ASCOLTA
Usa un linguaggio chiaro, semplice e, soprattutto, allineato con quello di chi ti ascolta . Se vuoi far sfoggio di linguaggio complicato o di tecnicismi a oltranza, puoi sempre scrivere un saggio. Che nessuno leggerà.
5 USA I CONTRASTI
Un’altra caratteristica del cervello di cui devi tenere conto per rendere efficaci le tue presentazioni è quella relativa ai contrasti. Il cervello li apprezza moltissimo e, grazie a questi, riesce a comprendere meglio le informazioni ricevute. I giri di parole, insomma, vanno bene per la retorica d’accademia, meno bene quando vuoi comunicare con grande impatto e, soprattutto, quando vuoi provocare determinate reazioni in chi ti ascolta. Pensa a una delle tante pubblicità di prodotti dimagranti che trovi sulle riviste. Solitamente, la fotografia che pubblicizza gli effetti del prodotto è divisa in due: a sinistra, è raffigurata la persona sovrappeso prima del trattamento. A destra, la stessa persona dopo . Prima e dopo sono due concetti molto chiari per il cervello . È facile: prima in un modo, poi in un altro. Un altro esempio è quello della pubblicità dei prodotti anti calcare o super pulenti: sia in televisione sia sulla carta stampata, l’immagine che vedi è nuovamente divisa in due. Da una parte, la superficie da pulire senza il prodotto vincente, tutta unta e sporca. Dall’altra parte, la superficie da pulire con l’applicazione del prodotto: con o senza sono altri due concetti molto facili da digerire e molto semplici da ricordare.
6 SII BREVE, SE PUOI
Se puoi, sii breve. Una presentazione ad alto impatto non dovrebbe durare oltre 45 minuti, anche se questo tempo è molto relativo. Se, per la natura del tuo corso o della tua riunione, non puoi essere breve, puoi comunque suddividere il tempo in tante piccole parti , cambiando argomento, facendo pause, interrompendo il flusso della narrazione con dimostrazioni pratiche, visione di filmati, esercizi. Guy Kawasaki, ex chief evangelist della Apple e massimo esperto nel campo della comunicazione aziendale e social, ha codificato una regola molto interessante: la regola del 10/20/30 , che - seppur non sempre applicabile - può fornirti uno spunto di riflessione importante: 10, secondo Kawasaki, è il numero massimo di slide da utilizzare durante una presentazione business. Pare ristretto, ma certamente ti costringe a sintetizzare i concetti essenziali e a lavorare molto sul coinvolgimento delle persone. 20 è il numero di minuti da utilizzare per la tua presentazione. Puoi usare il resto del tempo per dimostrare, parlare, coinvolgere. 30, infine, è la dimensione minima che deve avere il carattere usato sulle slide per essere visibile al tuo interlocutore.
7 SII CONCRETO
Il cervello umano è molto pratico e concreto. Ama pochissimo le idee astratte (anche quando sogni a occhi aperti, sogni cose pratiche, attività specifiche, azioni precise) e preferisce concentrarsi su idee e concetti che può facilmente comprendere. Ti faccio un esempio pratico (per l’appunto). Un conto è dire che il tuo corso “migliora le vendite”, un altro conto è dire che il tuo corso “incrementa del 50% le vendite”. Concentrati su idee forti e chiare: invece di “migliora la tua salute”, passa a “perdi 3 chili e abbassi del 20% il livello di colesterolo”. Queste cose, il cervello le capisce molto bene. Invece di “migliora la tua comunicazione on line” proponi qualcosa come “incrementa del 34% il tasso di apertura delle tue mail”. Pratico, concreto, efficace. Dai al tuo pubblico qualcosa che il tuo pubblico possa capire e apprezzare.
8 STUDIA TANTISSIMO
Devi studiare la tua parte fino a essere eccellente. E devi studiare il più possibile anche quello che non riguarda strettamente la tua presentazione. Prenditi un pomeriggio, quando hai terminato di imbastire la tua presentazione, e fai un elenco di possibili domande che potrebbero porti i tuoi spettatori. Chiediti quali sono le possibili connessioni che le tue argomentazioni potrebbero suscitare in chi ti ascolta. Usa il pensiero creativo e ragiona sulle connessioni che ti vengono in mente. Per esperienza, posso assicurarti che le domande che possono venire in mente a chi ti ascolta sono davvero tantissime.
9 PREPARA UN’APERTURA COI FIOCCHI
L’apertura coi fiocchi riguarda il modo in cui ti presenti, le prime parole che dici e come le dici. Può essere una battuta di spirito, può essere un modo curioso di presentare il tuo lavoro e la tua persona, può persino essere un filmato. Quel che conta è che tu parta alla grande (e che tu chiuda altrettanto alla grande, come vedrai tra poco). Dedicaci del tempo, perché tutto il resto della tua presentazione sarà condizionato dal modo in cui inizi.
10 PREPARA UNA CHIUSURA MEMORABILE
Ho assistito a tantissime presentazioni ben scritte e ben condotte… e concluse miseramente, con un tristissimo, parola più parola meno: “Grazie per essere stati con me, arrivederci e ciao”. Ecco, questo genere di conclusione svilisce tutto il lavoro precedentemente svolto e riduce nettamente l’efficacia degli argomenti che hai proposto all’attenzione di chi ti ascolta. La chiusura memorabile può essere un discorso che lasci il segno, una frase che ispiri o una call to action molto precisa (ovvero, una chiamata all’azione: quello che vuoi che le persone facciano, dopo averti ascoltato). Quel che conta è che tu abbia le idee ben chiare, per evitare i momenti di imbarazzo in cui il relatore finisce la presentazione e non sa da che parti girarsi.
11 RESPIRA
Sono serio. Il miglior modo perché tutto fili liscio è continuare a respirare. Perché una presentazione abbia effetto, devi sempre essere concentrato e consapevole di quello che stai facendo e di come lo stai facendo. Devi sperimentare la piacevole sensazione di essere padrone di te stesso, dei tuoi pensieri e delle tue parole. Affinché ciò accada, la respirazione è fondamentale . Primo, perché se continui a respirare con calma e con il diaframma, garantisci al cervello un corretto e costante apporto di ossigeno, che a sua volta ti garantisce la lucidità mentale di cui hai bisogno. Poi, perché respirare con calma e con il diaframma ti impedisce di correre troppo, altro grave rischio cui ti esponi agitandoti e respirando male. Puoi scegliere tu che tipo di esercizi fare, per prepararti: ci sono intere bibliografie dedicate all’argomento che spaziano dalle tecniche respiratorie pure e semplici, allo yoga, alla meditazione. Quel che più conta è che tu abbia sempre presente questo concetto: le tecniche e gli schemi funzionano se tu li fai funzionare. E per farli funzionare devi essere lucido, presente, in stato. Respirare correttamente ti porta proprio a stare e restare in queste utili condizioni.
12 TROVA QUALCOSA DI SPECIALE IN CHI TI ASCOLTA
Durante uno dei suoi seminari dedicati alla persuasione, Robert Cialdini spiegò che lui, prima di iniziare un corso, si prendeva alcuni minuti di concentrazione per pensare a qualcosa di bello e positivo che riguardasse il suo pubblico, quel pubblico, proprio quello che lo stava aspettando là fuori. Questo esercizio lo aiutava a trovare l’umore adatto per la presentazione. Per essere strepitoso in aula, concentrati su qualcosa di bello che riguarda il tuo pubblico. Pensaci prima di iniziare, ovviamente. Trova qualcosa di bello a cui pensare e il resto della strada sarà in discesa.
13 SII SINCERO
Mai, mai, mai e poi mai raccontare palle. Parla di quello che sai, racconta solo storie che conosci, di’ sempre la verità.
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Pensarti bravo ed efficace potrà solo migliorare l’esito della tua presentazione. Pensarti incapace e in difficoltà, viceversa, contribuirà a rendere tutto più difficile.
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se ti aspetti un’aula di persone annoiate o una classe difficile, molto probabilmente l’avrai. Se ti aspetti un’aula pimpante e dinamica, molto probabilmente l’avrai. Detto questo: cosa scegli di aspettarti?
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CONVINZIONI DI SUPPORTO PER IL PUBLIC SPEAKING:
1. Sono bravo ed efficace.
2. Sono un ottimo oratore e le persone mi ascoltano con partecipazione e interesse.
3. Ricordo sempre tutto quel che devo dire.
4. So gestire qualsiasi situazione con facilità, mantenendo lucidità di pensiero e uno stato emotivo adeguato.
5. So gestire sempre e con efficacia le mie emozioni.
6. La mia emotività è una preziosa risorsa che mi permette di ottenere il massimo dal mio lavoro.
7. Grazie alla mia disponibilità e autorevolezza, le persone mi ascoltano con attenzione e apprezzano le cose che dico.
8. ….
9. ….
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Ecco ora un elenco di possibili convinzioni limitanti, seguite da alcune domande che ti aiuteranno a metterle in discussione. Prenditi il tempo per rispondere alle mie domande, preferibilmente in forma scritta.
“Mi giudicheranno male.”
Domanda: come fai a saperlo, esattamente?
“Mi agiterò e non ricorderò niente.”
Domanda: è apprezzabile che tu voglia sentirti sicuro. D’altro canto: come fai a sapere che succederà?
“Mi agito sempre.”
Domanda: sempre? Lascia perdere per un attimo le presentazioni in pubblico. Pensa a quando parli con gli amici, a quando racconti una barzelletta o a quando descrivi una vacanza o una cena al ristorante e tutti ti ascoltano. Quindi: ti agiti davvero sempre, in ognuno di questi contesti?
“Forse non gli interessa quel che gli dirò.”
Domanda: davvero? Come fai a saperlo, esattamente?
“Le persone mi guardano male.”
Domanda: di preciso, cosa intendi quando dici che ti guardano male? Da cosa lo capisci? È una informazione precisa o sei tu che lo stai pensando? Potresti pensare a qualcos’altro? Potrebbe essere che quello sguardo che tu hai valutato come “indagatore” in realtà fosse lo sguardo di un miope o di un astigmatico senza occhiali?
Per concludere: ricorda che è tutto nella tua testa. Sei tu che decidi a che cosa pensare e quale significato attribuire agli eventi. Perciò scegli : vuoi continuare a rovinarti la vita per cose che non puoi nemmeno sapere o vuoi iniziare a realizzare risultati strepitosi e a ottenere il meglio da te stesso e dagli altri?
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go first! ovvero, vai tu per primo nello stato in cui desideri che vadano i tuoi interlocutori e il tuo pubblico .
Vuoi che la tua aula sia entusiasta?
Prima, devi esserlo tu.
Vuoi che la tua aula sia curiosa?
Prima, devi esserlo tu.
Vuoi che la tua aula sia divertita?
Prima, devi esserlo tu.
Per un discorso di coerenza, anzitutto. E poi per una ragione molto pratica: il tuo stato d’animo influenza il tuo linguaggio del corpo, dai gesti alle espressioni facciali che non puoi né controllare né dissimulare. E il tuo linguaggio del corpo influenza, grazie ai neuroni specchio, quello di chi ti ascolta.
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TECNICA DEL RESPIRO CONSAPEVOLE
1. Inspiro con il naso (“inspiro”);
2. Espiro con la bocca aperta (“espiro”);
3. Inspiro con il naso (“inspiro e sorrido”);
4. Espiro con la bocca aperta (“espiro e lascio andare”).
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PAROLE E VERBI DA EVITARE
Provare, cercare
Un relatore che si rispetti evita accuratamente questi due verbi. Se “cerchi di… (spiegare, far capire, mostrare e così via)”, dichiari implicitamente di considerare l’ipotesi di non riuscirci, il che è male per la tua credibilità. La stessa cosa vale per il verbo “provare”. Vuoi davvero “provare a spiegare” o vuoi spiegare, punto e basta? I relatori seri, che si tratti di parlare davanti a un’aula di 500 persone o di mostrare gli indici di performance in una riunione aziendale con tre colleghi, fanno le cose. Mostrano, spiegano, illustrano, fanno capire, dimostrano, elaborano. Qualsiasi cosa, ma non “provano” e non “cercano”. Fai attenzione, perché quello del “provare” e del “cercare” è un vizio piuttosto comune, di cui pochi sono completamente consapevoli.
Capito? Mi sono spiegato?
Si tratta di due scivoloni incredibili, entrambi pessimi ed entrambi frutto delle migliori intenzioni. Quando un relatore vuole, per essere gentile, chiedere a chi lo ascolta un feedback, a volte chiede: “Capito?”. La domanda implica che chi ti ascolta potrebbe non aver capito, e questo mette automaticamente in dubbio la sua intelligenza. Ponendo una domanda simile, potresti ottenere un silenzio tombale come risposta e, d’altro lato, potresti generare la sgradevole sensazione legata al fatto che ti fidi poco dell’intelletto dei tuoi interlocutori. Se, invece, il relatore chiede “Mi sono spiegato?”, forse è pure peggio, visto che questa domanda mette in dubbio la sua capacità di fare bene il suo lavoro. La qual cosa è davvero da evitare. D’altro canto, interagire con il pubblico è importante ed è importante verificare, prima di procedere con la presentazione, che i concetti che hai espresso siano arrivati a segno. Voglio rivelarti un gran segreto: puoi essere gentile senza per forza tirarti la zappa sui piedi. Puoi essere gentile E efficace al tempo stesso. Io, ad esempio, uso interrompere la mia presentazione per chiedere (a seconda del contesto, del tipo di pubblico, del livello di formalità e così via): “Tutto ok fin qui?” oppure “Avete domande su quanto ho detto fin qui?”. Ti consiglio di annotarti queste due domande, perché sono molto efficaci e ti garantiscono un sicuro e positivo riscontro.
Spero
Se sei convinto di quello di cui parli, non speri nulla. Fai e basta. Se “speri”, allora significa che dentro di te non sei convinto al 100% del tuo lavoro e delle tue idee. E, anche se lo sei, ai tuoi interlocutori rischia di arrivare un messaggio diverso. “Spero che vi interessi”, “Spero che vi piaccia”, “Spero che vi sia utile”. Ti ripeto: se davvero “speri” che l’argomento della tua presentazione piaccia, o interessi, o sia utile, forse dovresti rivedere la tua presentazione.
Non
Il cervello ignora le negazioni e quindi, quando usi il “non”, il tuo cervello capisce esattamente quello che avresti voluto negare. Così, se dici “non pensare a una mela”, chi ti ascolta pensa prima di tutto a una mela. Poi ci mette una croce sopra. Nulla di grave. Ma ecco una serie di frasi a base di negazioni che un relatore dovrebbe assolutamente evitare.
“Non sono qui per farvi perdere tempo.”
“Non voglio rubarvi altro tempo.”
“Non pensate che io sia qui per…”
Grazie
C’è questa usanza, mutuata dalla antica pratica della “captatio benevolentiae” (ovvero: attirare la benevolenza) che prevede che il relatore ringrazi il pubblico prima di cominciare la sua presentazione. Sono in disaccordo. O meglio: concordo sull’importanza di ingraziarsi il pubblico, meno sull’uso della parola “grazie”, perché ringraziare ti mette in una posizione di disparità psicologica. E tu vuoi avere il pubblico al tuo fianco, ma non sopra di te. Devi essere gentile, certo. E mantenere salda l’autorità. Per questo, puoi usare formule che ti facciano sortire lo stesso effetto senza, ancora una volta, tirarti la zappa sui piedi.
“Sono molto felice di essere qui.”
“Sono emozionato per l’accoglienza che mi avete riservato.”
“Oggi sono certo che faremo un gran lavoro insieme.”
Naturalmente, si tratta di esempi che spetta a te calibrare in funzione del contesto in cui stai operando.
Scusa
Una delle parole che più di ogni altra devi evitare, salvo che sia realmente necessaria (ad esempio: se calpesti il piede di uno spettatore o se gli rovesci addosso una lavagna a fogli mobili), è la parola “scusa” e in generale lo scusarsi. Ho notato, durante il corso dedicato alla comunicazione in pubblico, che i partecipanti, soprattutto quelli più nervosi, tendono a scusarsi per tutto: se bevono quando hanno sete, se cade un pennarello, se il video che vogliono proiettare non parte, se sbagliano a scrivere alla lavagna, persino se devono tossire o raschiare la gola mentre parlano. Stai davvero molto attento a questo aspetto, perché ne va della tua credibilità. Al di là del fatto che tu possa usare la parola “scusa” come intercalare o senza darle eccessivo peso, resta che questo termine è usato, di solito, quando si fa qualcosa di sbagliato. Ora, se tu ti scusi perché bevi un goccio d’acqua, quello che il cervello inconscio di chi ti ascolta traduce è che “bere acqua è sbagliato e in Public Speaking non si fa”. Altrimenti, non ti saresti scusato, giusto? Se ti cade un pennarello, raccoglilo e basta. Scusarti ti farà apparire insicuro. Se il computer o il proiettore si impallano, spegni e riaccendili (o lanciali dalla finestra!) e, se proprio ti va, fai qualche battuta per ingannare il tempo mentre tutto riprende a funzionare. Il carisma di un relatore e la sicurezza in se stesso (che determinano gran parte dell’esito della presentazione) emergono proprio in casi come questi.
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PAROLE E VERBI DA UTILIZZARE
Lavorando sulle parole e sui verbi da evitare, sei già a buon punto. Voglio suggerirti comunque anche alcune indicazioni circa parole o frasi o verbi che puoi utilizzare per essere particolarmente efficace.
Imperativi e indicativi
Se vuoi comunicare con efficacia, devi allenarti a utilizzare prevalentemente imperativo e indicativo al tempo presente. Si tratta di un linguaggio da leader (gli esperti di marketing lo chiamano commander’s intent , l’intento del comandante) che ha un alto impatto sul cervello di chi ti ascolta. Fai attenzione: usare indicativo e imperativo in nessun modo implica il porsi con fare aggressivo o arrogante. Il tuo compito è essere gentile e, al tempo stesso, efficace.
Per esempio, invece di dire “Vorrei parlarvi di…”, usa “Voglio parlarvi di…”. Invece di “Potreste immaginare di…”, usa “Immaginate di…”.
Oppure:
“Fate attenzione.”
“Scrivete questa cosa.”
“Memorizzate bene questa parte.”
Se vuoi che i tuoi ascoltatori facciano quel che desideri, devi comunicarglielo nel modo più funzionale.
Sì
Il “sì” è senza alcun dubbio una delle parole più persuasive che puoi usare. Il “sì” apre le porte della comunicazione e ben dispone il tuo interlocutore. Per questo, ti suggerisco di iniziare le tue frasi (soprattutto se stai gestendo l’intervento di un partecipante o una obiezione) con questa parola, anche se poi dovrai dire “no”.
Ad esempio:
Partecipante: “Non ho capito!”
Tu: “Sì, intendo. Mi dica: che cosa esattamente non ha capito?”
Partecipante: “Può farmi altri esempi?”
Tu: “Sì, certo. Ora vediamo dunque…”
Partecipante: “Per me questa cosa è sbagliata!”
Tu: “Sì, capisco. Le faccio alcune domande per capire di che si tratta…”
Perché
Ecco un’altra parola davvero efficace, soprattutto se utilizzata come “cornice” (ovvero: come spiegazione di quel che stai dicendo) o come congiunzione.
Per un curioso meccanismo di ragionamento del cervello (questo meccanismo, tecnicamente, è una “euristica del ragionamento”, ovvero un vero e proprio difetto del pensiero umano, che tende a cadere in trappola in alcuni contesti cognitivi), quando il tuo interlocutore sente la parola “perché”, tende a credere che quel che dici sia più ragionevole, importante, vero.
Puoi usare il perché come congiunzione:
“Questo aspetto è molto importante perché...”
“Fate attenzione a questo aspetto perché…”
“Vi fornisco questi dati perché…”
Puoi usare il perché come cornice:
“Fate attenzione a questi dati! Ve lo dico perché…”
“Cosa ne pensate? Ve lo chiedo perché…”
“Dobbiamo lavorarci tutti insieme. Lo sottolineo perché…”
Altre parole
Ci sono moltissime altre parole che sortiscono effetti positivi nel tuo pubblico. Tieni conto di quanto detto in altre parti del libro: ogni parola produce in chi la ascolta una particolare immagine e ogni immagine produce una particolare reazione chimica, che a sua volta determina l’umore . E quando i tuoi interlocutori hanno una chimica positiva in corpo, ti ascoltano con maggior attenzione e con un umore migliore.
Usa parole come: bello, buono, utile, alto, luminoso, eccezionale, magnifico, immaginare, spettacolo, fare, facile, nuovo, importante, libertà, innalzarsi, elevarsi, creare, sognare, produrre, valore, forza, vincere.
Hai capito il genere di parole che “fanno bene”: divertiti, ora, a creare un tuo personale vocabolario, studialo e poi applicalo ogni volta che comunichi in pubblico!
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