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PAUL HEDDERMAN (NON DUALITÀ) – CONCETTI CHIAVE – prima parte

 Riformulazione dei messaggi più interessanti di Paul Hedderman.

 

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La non dualità non è una filosofia, una teoria, una scuola di pensiero, una pratica spirituale.

La non dualità è un semplice fatto.

Non dualità significa semplicemente “non due” e quel non due sta per non separazione (tra due enti).

Non dualità non è necessariamente sinonimo di Uno, Oneness.

Più che una dichiarazione (del tipo “siamo tutti Uno”), è una negazione: la negazione dell’apparente senso di separazione.

La non dualità non fa altro che negare un’illusione, e il disincanto dall’illusione sensoriale dovrebbe indirettamente indurre la realizzazione di ciò che è atemporale, incondizionato.

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Se è un fatto, come mai spesso non viene riconosciuto, intuito, compreso?

A causa dell’identificazione con un’entità inesistente, l’io.

La mente umana è stregata dal senso dell’io, dalla sensazione di essere un’entità separata, indipendente, permanente.

Se chiedete a qualcuno di descriversi, vedrete che la maggioranza inizia l’auto descrizione affermando di essere un essere autonomo, indipendente, separato dagli altri, separato dal mondo esterno, etc.

Ciò che in realtà stanno descrivendo non è ciò che loro sono, ma “ciò che non sono”.

Ciò con cui le persone si identificano è ciò che non sono.

Guardano con gli occhi di ciò che non sono.

Ragionano con i pensieri di ciò che non sono.

Molto probabilmente anche tu, di solito, sei totalmente identificato con ciò che non sei.

Vivi nei panni di ciò che non sei.

Vivi per difendere ciò che non sei.

Vivi per soddisfare i bisogni, i desideri, i progetti di ciò che non sei.

Vivi per dare energia, affetto, amore, passione a ciò che non sei.

Sei devoto a ciò che non sei.

Sei schiavo di ciò che non sei.

Vivere nei panni di ciò che non si è, vuol dire vivere nei panni di un’entità immaginaria.

Questa fissazione con ciò che non siamo è l’origine del 99% dei nostri problemi quotidiani.

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La nostra testa tende a riprodurre un interminabile ritornello mentale incentrato su di sé, sull’io; questo atto ossessivo di riflettere su se stessi si può chiamare selfing.

 

Selfing = ossessiva attenzione su se stessi, enfasi sul senso dell’io, frenetica attività mentale, chiacchericcio incessante, dialogo interno

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L’attività mentale trasforma ogni movimento (della vita) in una storia.

La vita accade, e la testa traduce l’accadimento come “la vita accade a ME, per me, contro di me”.

Non si capacita che la vita semplicemente accade per il gusto di accadere.

Non accade a me, a te, a lei o a loro.

Il selfing mentale interpreta ogni evento non come un evento impersonale, indipendente da me, ma come un “mio” evento (un evento che dipende esclusivamente da me).

L’unico punto di riferimento dell’attività mentale ordinaria è l’io.

Il suo punto di riferimento non è la vita nel suo complesso, ma la vita in riferimento a un io immaginario. Peccato che non ci sia alcuna relazione tra la vita e l’io immaginato dall’uomo comune.

La maggior parte delle persone vive una relazione immaginaria.

Loro credono di relazionarsi alla vita ma invece si relazionano all’io proiettato nella loro vita.

Quel che non comprendono è che la vita non si relaziona al loro io

La realtà non snobba l’io per cattiveria, ma perché l’io – dal punto di vista della realtà – è assolutamente e letteralmente irrilevante: l’io non viene rilevato!

Non viene rilevato perché in realtà non c’è.

Eppure la vita dell’uomo comune è incentrata su ciò che non c’è.

la vita dell’uomo comune è incentrata su ciò che non accade mai.

la vita dell’uomo comune è incentrata sull’irrealtà.

È ovvio che tale esistenza diventa insoddisfacente, tragica, dolorosa, frustrante.

Come ti sentiresti se la vita non ti considerasse nemmeno di striscio?

Se le tue preghiere, le tue richieste, le invocazioni, i tuoi piagnistei, le tue suppliche non venissero udite da niente e nessuno?

Ebbene, questa è la condizione di chi si identifica e vive nei panni dell’io.

L’uomo comune la prende sul personale, ma non capisce che ciò che viene snobbato dall’esistenza è solo l’io, l’io immaginato dalla sua mente.

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L’io immaginato dall’uomo è il risultato del selfing mentale, della frenetica attività mentale che si svolge nella testa di quasi tutti gli individui.

Questa frenetica attività mentale produce l’impressione di un io al centro della propria vita.

Quel centro mentale chiamato senso dell’io, in realtà è inesistente.

Ciò che definiamo “io” è una vaga sensazione indotta dalle frenetiche attività interne (frenetici pensieri, giudizi, ricordi, interpretazioni, valutazioni).

È importante capire che l’io viene dopo i processi vitali interni, e non prima.

Di solito invece si crede che sia l’io a produrre le sensazioni, i pensieri, i ricordi, etc.

L’uomo comune crede che l’io sia l’artefice dei pensieri, delle sensazioni, delle emozioni… invece l’io non ha tutta quell’importanza.

L’io non è prioritario.

Il senso dell’io è secondario rispetto alla percezione diretta, e per questo andrebbe ricollocato al suo posto: dopo la pura percezione dei movimenti della vita.

Anziché fluire con i movimenti (della vita), le persone tendono ad ascoltare solo le storie (i giudizi o i pensieri) sui movimenti (della vita).

I movimenti (della vita) vengono prima analizzati, etichettati, schedati e poi accolti, visti, percepiti per quello che sono davvero. Le persone cosiddette normali fanno il contrario di ciò che dovrebbe fare un normale essere senziente.

Ignorano il contatto diretto con la vita e rimangono assorti esclusivamente nelle rappresentazioni mentali.

Il contatto dell’uomo comune con la vita è un contatto non-conscio, un contatto mediato solo dalla ragione, dall’intelletto, dai pensieri, dalle fantasie.

Occorre riportare l’attenzione al contatto conscio con la vita. Si può partire mantenendo in maniera intensa il contatto con (almeno) uno dei 5 sensi. Più intenso è il contatto sensoriale, più debole sarà l’attrazione percepita verso le storie dell’io, minore saranno i dialoghi dell’intelletto, minori saranno i desideri e le paure di ciò che non siamo.

Al momento vi basta sapere che voi non siete ciò che siete là fuori e non siete neppure ciò che sembrate lì dentro (nella vostra testa).

 

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