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Sono nato in Utopia (Conversazioni con ZeRo)

 CHIACCHIERATA DI IERI IN PISCINA

 

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Sconosciuto: Ciao, come ti chiami?

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ZeRo: Zero

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Sconosciuto: No, sul serio…

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ZeRo: Si, sul serio, mi faccio chiamare Zero

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Sconosciuto: Ma non è un vero nome

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ZeRo: Nessun nome è vero. Quello che credi il tuo nome non è il tuo vero nome

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Sconosciuto: Vabbè, di dove sei?

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ZeRo: Mantova

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Sconosciuto: Intendevo dove sei nato.

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ZeRo: Non lo so.

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Sconosciuto: Come non lo sai? Forse non vuoi dirmelo, comunque secondo me sei sudamericano.

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ZeRo: Vorrei dirtelo ma non lo so davvero e anche volendo identificare la presunta posizione geografica risponderei che non so dove sono nato.

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Sconosciuto: Io invece lo so, sono nato in provincia di Verona.

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ZeRo: Sei sicuro?

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Sconosciuto: Certamente. Me lo hanno detto i miei genitori.

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ZeRo: Se sei sicuro non perché lo hai constatato con la tua consapevolezza ma soltanto perché te lo hanno detto gli altri allora non mi sembra un dato molto sicuro e affidabile.

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Sconosciuto: Beh, magari non conosco il posto preciso ma almeno posso fidarmi di quelle informazioni

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ZeRo: Se ti dicessi che sono nato in Utopia ci crederesti?

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Sconosciuto: Utopia…? Volevi dire Etiopia?

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ZeRo: No, intendevo proprio Utopia.

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Sconosciuto: Esiste davvero?

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ZeRo: Certo che sì. Probabilmente è l’unico luogo che esiste.

Utopia significa “non luogo”, per cui nascere in Utopia significa nascere in nessun luogo.

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Sconosciuto: In nessun luogo?

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ZeRo: In nessun luogo particolare. E non nascere in un unico luogo particolare vuol dire nascere nello spazio Assoluto che per l’appunto non è un luogo relativo o particolare.

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Sconosciuto: Ammazza se sei complicato… non ti seguo!?

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ZeRo: Ok, allora diciamo che non sono nato in un luogo fisico, in nessuna località visibile agli occhi, in nessun posto individuabile o rappresentabile dalla mente umana. 

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Sconosciuto: Come il discorso del nome? Nessun nome è vero.

 

ZeRo: Esatto, come il discorso del nome.

Qualsiasi vocabolo sarebbe inappropriato, vago, fallace. Sarebbe un’invenzione.

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Sconosciuto: Intendi anche dire che la mia conoscenza del mio nome o il mio luogo di nascita è un’invenzione?

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ZeRo: Ovviamente. Tutto quello che ti hanno insegnato è un’invenzione della mente umana, dunque niente di significativo, niente di importante, nulla di essenziale e soprattutto niente di vero.

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Sconosciuto: Tutto falso?

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ZeRo: Si, ciò che conosci è fondamentalmente tutto falso.

Per cui tutto dimenticabile e nulla di memorabile.

Saperlo o meno sarebbe la stessa cosa.

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Sconosciuto: Il sapere sarebbe come non sapere?

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ZeRo: Certo.

Sapere una cosa inutile, inventata, falsa... sarebbe come non sapere niente.

Il sapere dell’uomo comune è un sapere inventato, fittizio, pressoché inutile e quindi trascurabile o dimenticabile. Anzi il dimenticarsi di quel sapere, cioè dimenticarsi di quelle invenzioni, sarebbe paradossalmente un autentico sapere. Quel dimenticarsi della conoscenza superficiale sarebbe una comprensione profonda.

Io ti parlo a partire da quella comprensione profonda tu invece mi ascolti a partire dalla conoscenza superficiale, ne consegue che la comunicazione tra noi è impossibile…

Se parlassi con una persona che sogna, ti capirebbe?

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Sconosciuto: No. Ma questa non è la nostra circostanza.

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ZeRo: Questa invece è precisamente la nostra circostanza.

È come se io ti parlassi da sveglio, di fianco al letto, guardandoti con distacco mentre tu sogni di parlare con me.

Quando comunico con gli altri mi sento esattamente così, come se stessi guardando dei bambini che sognano nel loro lettone. A volte mi fanno tenerezza, altre volte pena, ma per lo più rimango indifferente ai loro sogni. Qualche volta gli sussurro qualcosa per il gusto di vedere la loro reazione, per vedere se continuano a sognare, se continuano a credere ai loro incubi o se aprono almeno un occhietto.

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Sconosciuto: Minchia, sei proprio un tipo complicato… Meglio lasciarti perdere. E io che volevo solo fare una chiacchierata onesta. Comunque capisco che tu non voglia aprirti con uno sconosciuto. Fai bene a non fidarti.

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ZeRo: Ah Ah… Ti assicuro che parlo così con tutti, non solo con gli sconosciuti ma anche con i miei familiari; quindi, non è questione di sfiducia o poca familiarità. E  onestamente, tra i due credo che il più sincero sia stato il sottoscritto. Comunque ti garantisco che mi sono aperto. Sono stato sincero quando ti ho detto che non so dove sono nato oppure quando ti ho spiegato che non sono nato in nessun luogo particolare, in nessuna località fisica. È solo che parliamo su due piani apparentemente diversi, dunque non mi hai compreso. Potrei risponderti che sono nato esattamente dove sei nato tu, cioè sono nato nell’Unica Realtà che ci sia. Oppure potrei dirti che la nascita è soltanto un’apparenza all’interno del sogno collettivo e ti assicuro che in tutti i casi non cercherei di eludere la tua domanda ma cercherei solo di essere il più schietto e sincero possibile.

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Sconosciuto: E perché saresti più sincero di me?

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ZeRo: Semplicemente perché rispetterei la pura consapevolezza. Non ti rispondo a pappagallo, ma ti presento dei dati incontrovertibili che puoi constatare con la tua consapevolezza. Non ti dico quello che mi hanno detto gli altri ma ti offro quello che ho realizzato direttamente. In tal senso sono stato il più sincero possibile non tanto con te ma con il mio puro essere.

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Sconosciuto: Ma non hanno senso le tue risposte.

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ZeRo: Non hanno senso per il tuo intelletto, per la mente ordinaria, la mente condizionata dalla falsa conoscenza (la somma dei nomi inventati di cui ti parlavo prima). Ma dal punto di vista della pura consapevolezza è tutto chiarissimo. Se mi ascolti con la credenza nelle nozioni inventate dalla mente allora è ovvio che non potrai capirmi. Se invece tu provassi ad esplorare ciò che sei davvero, spoglio delle invenzioni della mente ordinaria, allora potresti scoprire che in fondo le mie risposte non sono poi così complicate, insensate o evasive.

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Sconosciuto: Mi arrendo, vado a farmi un tuffo. Mi hai fatto venire mal di testa…

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ZeRo: Forse ti fa male perché te l’ho fatta usare per bene…

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