ZeRo: Come sperimenti
esattamente il cambiamento da un pensiero ad un altro? In che modo diventa un
altro pensiero?
Lettore:
È quasi come un fiume o un flusso di
conversazione, dove un pensiero si fonde con il successivo. In pratica spuntano
uno dopo l'altro.
ZeRo:
E c'è qualcosa che li controlla o qualcuno che li
mette uno dopo l'altro, oppure è piuttosto un avvenimento spontaneo?
Lettore:
È un avvenimento spontaneo, non riesco a
localizzare nulla che li controlli, arrivano uno dopo l'altro, a volte penso di
avere l'illusione di controllarli, come quando la mia mente suggerisce parole o
immagini stimolanti.
ZeRo:
Prova a riprodurre il flusso di pensieri di un minuto fa, nell’esatto ordine in
cui è si era verificato.
Ci
riesci?
Lettore:
No.
Non riesco a riprodurre quel ripensamento.
Faccio molta fatica a ricordare l’esatto ordine dei pensieri di poco fa.
Nonostante nella mia mente rimanga l’illusione d tale controllo, mi accorgo che
nei fatti non ho un autentico controllo su di essi.
ZeRo:
E perché secondo te l’illusione del controllo persiste nonostante tu abbia la
dimostrazione di non avere tale controllo?
Lettore:
Non saprei…
ZeRo:
Si tratta di un autoinganno.
Un
trucco mentale, un artificio, uno stratagemma, un espediente del sistema
cognitivo.
O
se preferisci si tratta di una forma di condizionamento.
In
pratica il giochetto sta nel sollecitare il senso del controllo senza che ci
sia davvero un autentico controllo.
La
tua mente dichiara falsamente un controllo che non ha. E sai quando reclama
tale controllo?
Lettore:
Prima dell’azione?
ZeRo:
No, esattamente dopo.
PRIMA
avviene qualcosa e SUBITO DOPO la mente (o l’io) ne reclama il controllo. Lo fa
alla cazzo, senza un motivo o una ragione precisa. E se ci badi non dichiara il
controllo su tutto e tutti, ma soltanto su ciò che SEMBRA SUO. La tua mente
crede di avere il controllo soltanto su ciò che crede di possedere.
Possessione
e controllo vanno di pari passo.
Se
qualcosa non gli appartiene non può controllarlo; senza il possedimento
verrebbe a mancare il controllo.
Il
possedimento è ciò che sottostà al pronome POSSESSIVO “mio”.
Se
è “mio” lo posso controllare. Per converso, se non posso controllarlo non è
mio.
In
poche parole il senso del controllo sorge con il senso dell’io.
L’illusione
del controllo persiste perché hai la sensazione di avere il possesso del corpo.
Il
senso dell’io è una super imposizione mentale mediante cui viene prestabilita
un’identità (artificiale) con il corpo.
Quando
dici “io” a cosa ti riferisci?
Lettore:
Al mio corpo.
ZeRo:
E quando pensi al “tuo controllo” a che tipo di controllo ti riferisci?
Lettore:
Al controllo su un oggetto, al controllo del mio corpo.
Inconsciamente
lo consideravo il soggetto con cui ero identificato ma il corpo è più come un
oggetto che cerco di controllare ossessivamente?
ZeRo:
Esatto.
Ma
facciamo un passo indietro.
Se
in te non ci fosse il senso dell’io non crederesti più all’illusione del “tuo
esclusivo” controllo.
Ma
stai tranquillo, non devi sforzarti di eliminare il senso dell’io visto che il
senso dell’io può svanire con niente.
Ora
torniamo all’esercitazione.
Dove
ti trovi adesso?
Lettore:
Sono seduto davanti al pc.
ZeRo:
E prima di sederti hai ordinato al corpo di sedersi?
Hai
detto “corpo siediti qui”, in questa precisa posizione, piegato così?
Lettore:
No.
ZeRo:
E ti sei sforzato di controllare i muscoli delle gambe mentre ti sedevi?
Lettore:
Se ci rifletto meglio noto che il senso di aver deciso di sedersi è emerso dopo
l’atto del sedersi.
Mentre
mi sedevo non c’era alcun pensiero, nessun sforzo, nessun controllo.
In seguito la mente ha presupposto un controllo che non c’è stato.
Ho
sempre dato per scontato che la pianificazione delle mie azioni fosse una mia
iniziativa ma ora mi accorgo che non riesco a pianificare con certezza neppure
il prossimo secondo, figuriamoci la vita quotidiana. Da questo punto di vista noto
chiaramente la stolta presunzione dietro tale atteggiamento, l’atteggiamento di
quasi tutti gli esseri umani.
ZeRo:
Esatto.
Ramana
faceva notare ai suoi visitatori che il trucco della mente sta nel presupporre
– cioè porre prima –qualcosa che viene dopo oppure nel presumere qualcosa che
sembra esserci ma non c’è.
Pone
l’illusione – o l’irrealtà – PRIMA della realtà.
Pone
ciò che non è accaduto PRIMA di ciò che è davvero accaduto.
Pone
l’apparenza prima dell’essenza.
Nel
nostro caso ha posto un’apparente controllo prima dell’effettivo evento.
È
come il gioco delle tre carte, soltanto che avviene ad una velocità
supersonica.
Senza
che te ne accorga, la mente ha preposto un ipotetico controllore (l’io) che
avrebbe deciso di sedersi.
Non
riesce a concepire la possibilità che il sedersi sia avvenuto e basta… senza un
ente preposto, cioè senza un controllore.
Non riesce a capacitarsi della possibilità che qualcosa accada senza un’entità fisica oppure SENZA UN PENSATORE.
Lettore:
Mi stai dicendo che non voglio ammettere di non avere il controllo?
ZeRo:
No.
Ti sto
dicendo che non sei stato tu a rivendicare il controllo.
Si
è innescato un automatismo INVOLONTARIO, libero dalla tua volontà.
Tra
poco questo automatismo si riprodurrà nuovamente, che tu lo voglia o meno.
Lettore:
E il mio ruolo quale sarebbe?
Come
posso riconoscere l’automatismo?
ZeRo:
Tu devi solo limitarti a monitorare questo meccanismo involontario.
Osserva
soltanto il modo in cui sorge il senso del controllo.
Ascolta
i falsi presupposti dell’intelletto mentre rivendica qualsiasi comportamento.
Nota
come l’intelletto vuole imputare sempre un responsabile o un colpevole.
Nota
come voglia far risalire la responsabilità a un presunto io, cioè a un’entità
vaga, immaginaria.
Presta
attenzione a come questa entità invisibile viene messa PRIMA di qualsiasi
azione.
Limitati
ad attendere il prossimo automatismo, il prossimo messaggio promozionale
dell’intelletto che dice “sono stato io”, “è colpa mia”, “non dovevo fare
così”.
Se
comprendi che questi messaggi subliminali avvengono involontariamente, cioè
senza il tuo consenso, allora sei già a metà del riconoscimento.
Riconoscere
che questi fenomeni mentali accadono senza il tuo consenso ti consente di
alleggerirti di un sacco di tensione e sofferenza inutile.
Quando
smetterai di credere a quei falsi presupposti, potrai dissipare l’attaccamento
ai pensieri e rilasciare lo sforzo per mantenere un controllo fittizio.
Lettore:
Se ho capito bene, non devo sforzarmi di fermare il meccanismo che fa partire i
falsi presupposti ma devo solo riconoscerli per quello che sono davvero, falsi
presupposti che credevo erroneamente fossero veri?
Devo
soltanto aspettare il prossimo trucco che mi viene giocato dal mio intelletto?
Devo
ascoltare i suggerimenti della mente e
capire che non sono i MIEI pensieri ma i suoi avvertimenti?
ZeRo:
Si.
Vedrai
che sarà più facile di quanto credessi poiché l’intelletto è piuttosto
prevedibile: non fa altro che riprodurre il solito ritornello, aggiungendo
qualche semplice variazione.
È come
un’applicazione che proietta della pubblicità invasiva ogni 30 secondi. Per
sostenersi ha bisogna di costante attenzione; ha bisogno che tu clicca sulla
pubblicità mentale con una carica emotiva o sentimentale. Quando ti stancherai
di utilizzare continuamente quella applicazione (il tuo intelletto) perderai
spontaneamente interesse e a quel punto l’intelletto scaricherà la sua
batteria.
Una
volta compreso il meccanismo sottostante non verrai più colto di sorpresa.
Non
ti sembrerà più di essere il colpevole, responsabile o controllore di qualsiasi
cazzata.
Sarai
libero dal senso dell’io, dall’ossessiva sensazione di possessività e
dall’illusione del controllo.
Mentre
proseguiamo ricordati che il controllo viene continuamente rivendicato, che ti
piaccia o meno.
Non
cercare di convincere il tuo intelletto o l’intelletto altrui del suo falso
controllo. Lascia che faccia il suo gioco.
Più
gli lasci fare il suo gioco, più uscirà allo scoperto.
Più
uscirà allo scoperto, più sarà facile riconoscerlo.
Lettore:
Mi rincuora sapere che non devo sforzami di contrastare l’intelletto.
Significa
che posso mantenere un atteggiamento tranquillo, quasi disinteressato.
ZeRo:
Certamente.
L’ansia
gioca a suo favore.
Non
preoccuparti troppo delle reazioni fisiche.
Attendi
con calma il frenetico movimento mentale.
Se
può aiutarti immagina che i messaggi dell’intelletto provengano da un emittente
esterno che si è momentaneamente sintonizzato con il tuo cervello.
In
questo modo faciliterai il senso di estraneità nei confronti dei pensieri, i
quali ti sembreranno dei prodotti prefabbricati che non ti appartengono
davvero. Sembreranno della roba strana che è stata prodotta chissà dove e che
poi è stata sbadatamente accumulata nella testa. Come se dei rifiuti fossero
stati lasciati a casa tua e tu li avessi distrattamente considerati di tua
proprietà.
L’intelletto
è come un invisibile promotore finanziario che ti vuol convincere che quei
rifiuti ti appartengono, che sei il responsabile, che non devi abbandonarli o smaltirli
perché potrebbero fruttare, che devi pagare per loro e soprattutto devi
sentirti in colpa se li gestisci male o se peggio ancora non li gestisci
proprio.
È
più chiaro ora il suo giochetto?
Lettore:
In pratica l’intelletto vuol farmi credere che se non riesco a gestire bene
qualcosa – cioè se non ho il pieno controllo – dovrei sentirmi in colpa?
ZeRo:
Già.
E quel
senso di colpa (o il senso di orgoglio in caso di presunto controllo) è l’ennesima fregatura che ti porta (distrattamente)
a ricominciare il circolo vizioso, tentando di amministrare, controllare e
ricontrollare qualcosa che non ti riguardava fin dal principio.
Ti
rendi conto dello stress, la sofferenza, il malessere che tutto ciò comporta?
Lettore:
Si, soprattutto se considero che questa condizione pietosa viene ingenuamente
mantenuta per quasi tutta la vita. E di solito ce ne accorgiamo quando è troppo
tardi, quando ci facciamo molto male.
ZeRo:
Ora facciamo una pausa. Ci rivediamo tra un paio di settimane.
Nel
frattempo dai un’occhiata alle riflessioni di oggi.
Studia
a fondo l’automatismo mentale. Nota i suoi costanti reclami. Lasciagli fare il
suo gioco. Lascialo rivendicare il controllo di ogni impulso. Ricordati che non
sei tu ma è lui, il suo giochino preferito. Quando ti sembra di aver pensato qualcosa
(di bello o brutto) sappi che non si tratta di un tuo pensiero. È la pubblicità
dell’intelletto.
Guardala
la pubblicità mentale con disinteresse.
Forse
rallenterà ma non si fermerà subito, tutto d’un tratto, però si modificherà la
percezione globale che hai nei confronti di tutto e tutti. A te non deve
interessare il flusso di pensieri ma la percezione globale.
Con
questa esercitazione dovresti riuscire a prendere le distanze almeno dal senso di
possessività.Riconoscerai presto l’attribuzione impropria, l’assurdità
dell’attribuirsi ogni avvenimento fortuito, la demenza del giudicare ogni gesto
accidentale, la follia del voler controllare qualsiasi apparenza.
Vedrai
come quel giudizio (quell’attribuzione di significato) non ha alcun fondamento,
è immaginario, e in quella visione realizzerai anche tutte le altre
insensatezze a cui davi sbadatamente credito.
Pian
piano riconoscerai un autoinganno dopo l’altro, fino ad arrivare al totale disincanto!
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