Tratto da “Senz’io si vive da Dio – Vol. Teorico“
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Il signor ‘io’ era mio socio: l’io, per esistere, aveva bisogno di me, mentre la presenza in sé non aveva bisogno di lui, di un me, di un io.
Dimenticandomi della presenza in sé credetti che per sentire l’esistenza avessi bisogno dell’io.
Ignaro della mia vera natura e della sua finta parvenza, fornivo all’io la materia prima, l’energia vitale: di questa ne avevo da vendere e non sapevo che farne; non sapevo che fare dell’esistenza.
L’io, invece, aveva assunto il compito di rappresentante della mia esistenza; l’io doveva farmi fare sempre bella figura, questo era il patto implicito che avevo stipulato tra me – in quanto esistenza – e me – in quanto attore sociale.
L’ego mi stava dietro, di fronte, di fianco; ovunque andassi si trovava lì con me, eppure non lo si vedeva mai.
L’io fungeva da intermediario: suggeriva le battute da dire, i sogni da realizzare, le regole da rispettare, i doveri da assolvere, le esperienze da desiderare e quelle da respingere. L’io mi teneva in pugno, eppure lui non era niente senza la mia esistenza. L’unico motivo per cui sembrava essersi impossessato della mia vita era l’ignoranza della mia e della sua vera natura: mi ci volle un po’ a capirlo, ma quando lo realizzai i ruoli s’invertirono.
Prima di allora ero così accecato dall’io che non m’accorgevo più che vivevo esclusivamente per lui: era per lui che pensavo, per lui che parlavo, per lui che scrivevo, per lui che socializzavo, per lui che mi emozionavo, per lui che mi sforzavo, per lui che soffrivo.
Ognuno dei miei movimenti trovava giustificazione nell’importanza personale, nell’importanza dell’io familiare, dell’io sociale, dell’io spirituale, dell’io virtuale.
Al dì fuori dell’io non sembrava esistere nulla di importante, vitale, essenziale.
In questo mondo vedevo soltanto una moltitudine di io, tutti uguali sebbene camuffati in mille forme diverse; una miriade di io che reclamavano una propria voce, un proprio stile, un gesto, un’azione, un sentimento, un valore. Ovunque si ripeteva lo stesso copione: qualsiasi mezzo andava bene pur di prolungare la presunta esistenza di un io inesistente.
L’io era diventata la ragion d’essere dell’umanità.
Ed io, cosa avrei fatto senz’io?
Come avrei vissuto senz’io?
Paradossalmente senz’io avrei vissuto da Dio!
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