Noi ‘’sappiamo di esistere”, che equivale a coscienza di sé o ego, ed ecco si mettono in moto forze impersonali che noi accaparriamo creando appunto la presa di coscienza di sé. Un circolo vizioso. Questo ego arriva solo alla fine del processo, (pur credendosi l’origine) esiste solo mentre crea il concetto, ma non sparisce, anzi si rinforza ogni volta concependo quel meccanismo mentale, e finisce per immaginare che ‘’serve a qualcosa’’.
A che cosa?
A REALIZZARSI!
Ma che cosa esattamente?
La liberazione, la felicità, una società migliore, ecc. Purché trovi un problema da risolvere e così l’ego si conforta e esiste con uno scopo. In tal modo evita il dubbio terrificante che esista davvero(!) E rimanga sull’orlo del nulla….
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Coscienza, conoscenza, pensiero soggetto pensante sono solo NOMI che diamo a ciò che è lo stesso processo di interazione costante tra le forze della natura, corpo compreso.
Non c’è tuttavia una coscienza ‘’individuale’’, che è inesistente al di fuori di quelle idee. Si può concludere quindi che il soggetto pensante, così importante per filosofi e studiosi, NON ESISTE.
La coscienza che sembra proiettare il suo fascio luminoso che il soggetto proietta sul mondo(apparentemente) esterno, NON ESISTE.
Che cosa intendiamo allora quando diciamo: -Sono cosciente di questo o quello?
– La coscienza è un’eco, una risonanza di certe percezioni su sé stesse.
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In definitiva la coscienza è solo la risonanza di un fatto mentale su sé stesso: il fatto mentale inoltre è solo una vibrazione che risuona su sé stessa.
Ha preso coscienza” della fame, del freddo, della mamma, ma ancora non di sé stesso. Questi fatti mentali (latte, fame, mamma ecc.) Che fanno ecco, risuonano su sé stessi e creeranno poco alla volta un nuovo solco che esprimerà altre caratteristiche, quelle della risonanza stessa che diventerà un’idea generale, ossia di coscienza che a sua volta, come le altre si rifletterà su sé stessa.
Quello che crediamo che succeda all’inizio, si rivela alla fine del processo. L’ego crede di giungere all’inizio, sono cosciente, esisto individualmente, in realtà arriva alla fine del processo. Cercherà poi disperatamente di durare, diventare qualcosa, soprattutto confermare costantemente la sua esistenza.
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Coscienza diretta: avvicino un dito a una fiamma e reagisco subito, senza veramente averne una conoscenza precisa.
Coscienza riflessa: l’ego, io, tu esistiamo. Vedo una montagna e ‘’so ‘’ che la vedo e quindi…(poi) esisto. Non è che so di esistere e poi vedo una montagna, ma ci dev’essere interazione tra il mio sistema nervoso e la montagna.
A livello della coscienza diretta vi è solo percezione senza un centro: la sofferenza si verifica solo a livello della coscienza riflessa, quando il sé nel panico disperatamente fugge o vuol cambiare la situazione.
La primissima memoria [dell’io] è il “pensiero” che esisto, così ci aggrappiamo ad esso credendo alla sua naturale continuità, ma siamo noi a immaginarla per rassicurarci: se essa sparisce durante il sonno profondo o una sincope, significa che non è permanente ma indotta e temporanea. Siamo vivi o siamo morti?…la costatazione accade solo perché lo ”sappiamo” o supponiamo.
Il risultato di questa introspezione profonda e senza sosta non è una ricerca di un “altro”, ma uno sprofondare dentro ad un pozzo senza fondo in sé stessi – se ne può vedere l’effetto soprattutto da ciò che definitivamente ci abbandona, senza alcun sforzo da parte nostra. Non sono le abitudini esteriori, legate al funzionamento fisico, anche se molte se ne vanno, ma quelle di fondo, gli interessi, le aspettative, le reazioni e i desideri incontrollabili: diventano inutili balocchi dimenticati. Si vive solamente una certezza indefinibile, dal momento che l’Assoluto NON è concepibile! Se la comprensione è totale e solida, se assimilata come un cibo nutriente, si trasforma in energia e ciò che rimane dei concetti è evacuato senza fatica alcuna. L’apparente vuoto (che molti trovano deprimente!) Lasciato dalla dissoluzione dei desideri, appagamenti o fastidi, si riempie immediatamente di calma e serenità, che si mantiene nel sottofondo di ogni azione anche energica.
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Se non pensi, se non c’è memoria, esisti, non esisti o nessuno dei due?
Essere o non essere… anzi nessuno dei due.
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Alla fine si scoprirà: “Ma non sono nemmeno il senso di essere!
EUREKA! La bolla è scoppiata, ma non mi riguarda!”
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Come potrà avere intenzioni colui che sa veramente che come entità apparente egli è vissuto?
Come potrà mai considerarsi un soggetto?
Egli avrà la certezza di cosa non è (e automaticamente dunque di quello che è).
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Vi è solo un apparente sognare (miraggio, allucinazione, illusione), come i diecimila fenomeni dovuti alle apparenti sensazioni che non sono affatto entità, ma che sembrano muoversi nell’apparente spazio-tempo.
Durante la vita quotidiana gli ‘altri’ – enti fittizi che percepiscono le nostre medesime sensazioni, sincronizzati nel tempo immaginario, sono anch’essi fenomeni – vengono percepiti o non-percepiti, come nel sognare.
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La mente alla fine perde qualunque punto di riferimento. Il ricercatore scompare e anche l’ultimo osservatore o testimone dell’essere si rivela un riferimento inventato, un’illusione.
Il sogno può continuare o meno, ma non siamo più identificati ad esso e non lo prendiamo più sul serio. Questa è la sola pratica.
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Ecco l’illusione primaria. Lo si chiama testimone, osservatore, conoscitore ecc. Ma è solo il prodotto di queste reazioni bio-chimiche precedenti e anonime. Nisargadatta M., ignaro di questo processi scientificamente trovati, parlava di “fluidi che s’incontrano” e creano l’illusione dell’io.
L’illusione primaria ci racconta che gli eventi succedono ora. Decido (o immagino di volerlo) di alzarmi dalla sedia, di aver voglia di mangiare un’arancia: credo di essere stato IO adesso a deciderlo, in realtà la ragione era già preparata prima del pensiero di agire, DOPO che l’azione era già programmata: il pensiero “io faccio questo” avviene DOPO per giustificarlo(inconsciamente).
Non c’è mai stato un “agente” e lo dicono in varie discipline o filosofie, ma effettivamente è vero: l’io sorge dopo l’evento già avvenuto.
L’illusione è che ci sia un osservatore che osserva un oggetto, un percipiente e un percepito. Il testimone di un pensiero compare CON il pensiero e non ne è separato: sorgono insieme non sono due, ma uno solo.
-Gaming Channel: ... Si sente parlare in mille modi dei nostri problemi psichici e altrettanto di quanti ricercano qualcosa che li porti ”oltre” o che si chiedano qual è l’origine dell’umanità e del mondo, sia per mezzo della scienza moderna che della mistica. Ma si possono collegare e in che modo o è impossibile? Attraverso la meditazione, poco alla volta si esce dalla confusione di tutti gli imbrogli concettuali che si sono accumulati dall’infanzia in poi e che si sono materializzati in paraventi e armature che sembravano proteggere nei primi anni un ego che poi si rivela assolutamente inventato. Si accede alla comprensione vissuta che vi è una sola coscienza che include tutto e tutti e che solo in apparenza appare plurale e frazionata. Nel piccolo non c’è ancora separazione, si sente tutt’uno con quanto lo circonda, perché “non sa che cosa è” e tutto quanto è sé stesso o un senso del divino non ancora nominabile. Non appena tuttavia – per varie vicissitudini familiari – si identifica a un corpo e un nome, si trova ammanettato a un “IO” che sembra proteggerlo, ma che in realtà lo divide e lo aliena nei modi più vistosi o oculati. Il mondo non fa più parte del suo senso di essere vivo e in unità con ciò che lo circonda, ma qualcosa che può ferirlo, distruggerlo o dargli calore a seconda dei momenti e di chi gli sta intorno. Ecco che si trincera inconsapevolmente nella sua fortezza che sembra proteggerlo dall’”esterno” ma che tuttavia lo opprime. Trova quindi vari modi di difendersi, sia diventando “qualcuno” che abbia importanza e comandi o al contrario si lascia andare al sentirsi in soggezione, o vittima o ancora in un gioco di specchi che si alternano. Col passar del tempo questa costruzione si amplifica e dà luogo a un vero personaggio, sia che scelga la via “materiale” che quella “spirituale”, poiché sono entrambe scappatoie molto comuni. La posta è sfuggire in qualunque modo alla paura viscerale di …morire/sparire. Tentare di evitare, rinnegare sofferenza ed emozioni negative, con la “trascendenza celeste”, è un modo di creare ancor più divisione. Ci si crea un’apparente nuova identità che in realtà è una scappatoia dai problemi psicologici non risolti: li si impacchetta in un’apparente nuova pelle o imballaggio…ma è sempre lo stesso “IO” che ha cambiato …pettinatura e vestito. La via materiale del possesso è quella più semplice ed evidente, quella spirituale è invece una scappatoia più sottile che rende l’ego ancora più tenace poiché invisibile. Ecco il sorgere degli pseudo-guru che ci possano confermare e mantenere in queste pseudo-verità, strutture, programmi per evitare il terrore perfino di uno spazio tra questo e quello, o di un silenzio totale, la famosa ”vacuità” – che spesso poi diventa un’altra gruccia, invece di assecondare l’intera naturalezza dell’essere, senza veli. Questo accogliere la sofferenza, ’’ asciugare prima le lacrime del bambino’’(come dice un maestro zen) ci porta poi all’apertura del cuore, di aprirsi davvero alla vita qualunque cosa accada. Voler smantellare in modo “coercitivo” un ego imbevuto di traumi, anche nascosti, accresce la divisione e i conflitti che bloccano la vera, spontanea realizzazione di “quello” che sempre siamo. È come se si facesse sgelare una parte della nostra personalità che in seguito darà il calore necessario per sgelare poco alla volta il resto del sé e della sua struttura bloccante. Anche affermare (per chi non lo vive ancora spontaneamente): -“Sono il vuoto, sono il tutto’’ può essere ancora un’identificazione ben nascosta, poiché siamo ancora “qualcosa” piuttosto che davvero l’inconcepibile!! Ecco l’istinto di sopravvivenza ben celato. Si tratta di mantenere un’identità costruita poco alla volta nel bene e nel male dall’infanzia in poi, per proteggerci, ma che poi diventa un peso. Il nome “identità” significa in latino “lo stesso” ed è proprio questo che ci preclude la vera visone e il vissuto della realtà ultima. Vediamo con qualche dettaglio, come e che cosa succede nel processo di creazione di questo protettore-impostore cui ci aggrappiamo anche inconsapevolmente. Sappiamo che una pratica spirituale ben fatta, mira a liberarci dall’attaccamento a una struttura rigida e condizionata per giungere a qualcosa di più vasto e reale. Tuttavia dobbiamo prima conoscerla e quindi essere collegati a una forma ”terrestre”, collegati alla terra di cui siamo fatti. Cito qualche frase da “Psychologie de l’éveil” di J. Welwood: -Viviamo da tempo in una società tecnologica dal ritmo sfrenato e con lo sfasciamento dei nuclei familiari e delle comunità naturali, i bambini sono piuttosto influenzati dalle nevrosi della loro famiglia d’origine e della loro cultura in generale. Gran parte di essi quindi passa la vita a riprodurre inconsciamente gli schemi falsati e messi in atto dai tempi dell’infanzia. Riconoscere questi schemi inconsci, lavorarci su e liberarsene, è il lavoro preliminare atto a sviluppare un’individualità autentica che non sia condizionata dal passato-immagini limitative di sé, bisogni insoddisfatti, autopunizione, paure di amare e di non essere più amato.- Si tratta in un primo tempo quindi di “abitare il proprio corpo” e di un lavoro più psicologico che spirituale, ritrovare le vecchie emozioni soppresse, traumi e sistemi di difesa inconsci. La separazione dal nostro essere vero ci impedisce di entrare nella vera ferita centrale: non solo è una contrazione quasi istintiva, una paura di soffrire di nuovo, è il terrore viscerale di perdere l’esistenza, mentre invece è quella che, affrontandola, ci salva dalla divisione interna e dalla paura che l’accompagna. -Abbandonare i miei punti di riferimento abituali? Ma poi, che ne sarà di me?- Malgrado la sofferenza e il senso di soffocamento, e al desiderio di orizzonti più vasti, ci si attacca almeno a “qualcosa” che ci ha dato fino ad allora un senso rassicurante di esistere. Oppure ci si crea una personalità “elevata” un ideale spirituale che si dovrebbe essere, sempre per evitare questo “ignoto” che ci spaventa. Un altro modo è quello – invece di volersi sbarazzare in modo aggressivo che rinforza solo il vecchio schema – di restare presenti nel dolore, nella paura, e nelle esperienze che ne sono derivate: in tal modo in questa presenza possiamo captare la forza del nostro essere che può agire sulle difese che avevano oscurato il nostro vissuto. Questo modo di agire crea spesso un profondo dolore, ma è una tristezza purificatrice. Nelle pratiche antiche tibetane, ci si concentra appunto sui nostri ”dèmoni interni”, li si visualizza fino a farli scomparire nella vacuità da cui provengono. In questo modo diventano “protettori” quindi sono assimilati. Si scopre che in ogni ferita c’è una benedizione particolare. Si indaga quindi su questo IO o ego e di che cosa consiste: un pacco di pensieri e memorie che da servo – utile per agire nel quotidiano – diventa dittatore e a cui ci identifichiamo totalmente, credendo che sia quello che siamo veramente. Ci separa dall’autenticità della nostra vera natura. La meditazione ci rivela tutto questo. Mentre la psicologia occidentale, anche junghiana trova impossibile funzionare senza un ego ben radicato, lo spirito orientale afferma il contrario e lo definisce un elemento immaginario e di separazione dal vero Sé. A poco a poco, dall’infanzia in poi, ci separiamo sia da quanto ci protegge o piace che da quanto ci fa male: si crea quindi una divisione anche interna tra un buon IO (simpatico, adattato) e un cattivo IO (indegno spiacevole) di cui abbiamo forse paura. Navighiamo tra questi estremi costantemente creando torrenti di pensieri, per provarci che… esistiamo, che siamo solidi e in salute! Per ritrovare il filo conduttore che ci possa riportare al centro di noi stessi e nel profondo dell’Essere, la meditazione è di grande aiuto. Il maestro tibetano Tharthang Tulku diceva di rimanere presenti a qualunque pensiero, diventare il centro del pensiero e scoprire che non esiste un centro, ma invece un’apertura totale: facendo questo ogni pensiero diventa meditazione. Come le particelle subatomiche sono condensazioni intense di un campo di energie più vasto, i pensieri sono condensazioni momentanee della coscienza. Rimanendo in questo atteggiamento, si arriva in tal modo a vivere la coscienza non-concettuale o pura presenza, senza alcun punto di riferimento. Una pagina bianca è il supporto di spazi e parole. Un testo tibetano afferma: –Il fondamento degli esseri viventi è… senza radice e quest’assenza è la radice del risveglio. – La psicologia occidentale e junghiana cerca di rafforzare un ego debole (il che è utile all’inizio), ma teme l’annullamento prodotto dalla meditazione e non va oltre, per poter comprendere invece che la meditazione – dopo aver superato il pettegolezzo interno, spesso più intenso quando non c’è un traguardo preciso- è invece la via verso una riconoscenza diretta della natura ultima della coscienza. Vediamo in questo modo che si torna all’immagine dell’ologramma in cui tutto è contenuto e non focalizzato, ma è solo quando il laser di luce si accende che ogni particella è visibile e contiene l’intera immagine. Inoltre psicologicamente parlando, anche un solo sintomo fisico può portare alla comprensione di un vecchio trauma passato, ammesso che l’individuo non si metta a “pensare o a cercare di sapere”. Si arriva quindi alla comprensione che la sofferenza è solo il diniego di ciò che ci accade, mentre accogliendo quello che avviene, anche se è doloroso, ci permette di riunirci in noi stessi: tutto è solo il nostro riflesso, a volte deformato a volte ingigantito o magnifico nella pura presenza e la coscienza s’illumina senza oggettivazione, che è separazione, dualità. Lo specchio riflette e rimane tale e quale senza separarsi da ciò che riflette né confondersi con quello. Anche le immagini negative non macchiano lo specchio né quelle positive lo migliorano: sono solo manifestazioni auto-illuminanti inerenti allo specchio. Per riassumere: il primo passo è mettere a nudo la ferita principale di mancanza di connessione col nostro essere più vasto e della sofferenza che produce: in questo dolore sta la guarigione ed è la presenza incondizionata all’esperienza come tale. Vi sono varie tecniche psicologiche, dal ‘’focusing’’ , alla Gestalt, la bioenergetica ma…forse la migliore la pratica è quella di Ho’oponopono fatta con determinazione e senza voler risultati(v. articolo nel sito). Poco alla volta con la ricerca, la meditazione e l’accettazione intelligente di ciò che siamo, avviene la trasmutazione, ossia la scoperta effettiva dell’essere nel cuore di ogni esperienza e di viverla nel quotidiano. Questo permette al pacco di emozioni rivisitate -sotto il mantello fasullo dell’ego-e senza più l’agitazione e il diniego, di fare in modo che questo appaia come un dramma insignificante in mezzo alla vasta distesa della pura presenza cosciente che siamo. Le reazioni e il diniego diminuiscono e così gli abituali giudizi. La verifica costante delle reazioni e condizionamenti radicati dall’infanzia, fa sciogliere poco alla volta il ghiaccio dell’ego e fa ritornare l’acqua al suo stato naturale. Non si tratta di diventare degli “zombie” – come molti temono – ma anzi le azioni si svolgeranno in assoluta serenità, poiché mancherà l’uncino doloroso di un pronome che si rivela inesistente. È anche importante vedere i due piani, quello relativo e quello assoluto. Se vivo una tragedia in famiglia, un incidente grave ecc. non si tratta di bloccare l’emozione, ma di vederla, sentirla fino in fondo e la trasmutazione avverrà. Anche se sappiamo con certezza che ogni morte non è importante a livello ultimo, sul piano relativo il dolore è presente, ma è accolto in pieno. Altrimenti siamo di nuovo nella scappatoia spirituale o nel super-ego trascendente. A questo punto l’identificazione(= il sempre medesimo che ci conforta) si può sciogliere e la com-passione vera, (naturale poiché tutto si rivela essere noi stessi) nascere da una tragedia: scopriamo di “essere ciò che proviamo”, che non ci sono “altri” ma solo le nostre proiezioni di altri, ecco il nostro subconscio al lavoro. Pur rimanendo in una relazione, in famiglia, al lavoro, questa trasmutazione si manifesterà se si continua ad essere vigilanti, avendo appreso a conoscersi e a vedere subito le vecchie reazioni. Non si tratta di partire in un eremo-dove spesso i troppi pensieri e le memorie non accolte, possono perfino oscurare il cammino – ma di vivere istante per istante la realtà profonda della nostra vera natura ritrovata. È l’ignoto, l’inconcepibile, ma ora non ci fa più paura, perché lì ci sentiamo davvero…a casa. La vita si rivelerà così come solo un gioco di risonanze che prende forma e poi la perde, un sogno o ipnosi da cui è possibile uscire. Non si tratta di farne un concetto, ma di realizzarne la realtà, vissuta e spontanea. Storia sufi: Uno straccione s’intrufola nella sala dove vari ministri seduti a un tavolo, attendono l’arrivo del re, il cui trono è ancora vuoto. Senza preamboli il medicante si siede sul trono. Il primo ministro furioso, gli chiede: -Sei il re?:-No! molto di più – Sei il Profeta?:-No! molto di più! – Sei Dio?:-No! molto di più! -Indignato il ministro afferma che …-nulla è più importante di Dio-. E l’immediata risposta è: – Ebbene sono quel …”nulla”!! Scopriamo allora che non siamo mai nati, solo un invisibile accoppiamento di cellule, fatte di…vuoto che sembra apparire e creare un mondo fantasma, finché c’è energia e poi sparisce:”CHI” sparisce? CHI muore? Se non è mai nato, chi e come potrebbe poi “identificarsi” con un corpo-mente-coscienza? E perché parlare di’’dopo-morte’’ e allucinazioni varie e poi CHI potrà ri-nascere…se non è mai nato? Si verifica soprattutto che NON vi è MAI stata un’origine nè per l’universo né per le entità e che anche i migliori scienziati e tecnologie sofisticate (“un giorno”… si scoprirà!??) non troveranno mai qualcosa che NON è MAI ESISTITO! Ci preoccupiamo del sogno svanito, al risveglio mattutino? L’inesistenza poi certificata dello spazio-tempo toglie gli ultimi dubbi. Solo indagare VERIFICARE. Oltre i pensieri, oltre il senso di essere…c’è un mondo reale. Non è un mistico che lo disse, ma un famoso fisico quantistico, Niels Bohr. di Ida Rabinovitch* -L’universo comincia a presentarsi più come un grande pensiero che come una grande macchina. – (James Jeans, fisico) -La vita è un’immensa inezia! – esclama uno scienziato cibernetico giapponese, il professor Mori. L’evoluzione si svolge di creazione in creazione e allo stesso tempo di disordine in disordine. Possiamo forse mai discernere in tutto questo un’intenzione di partenza, di inizio o il minimo scopo? Gli uomini hanno molti mezzi per cercare: alcuni cercano le cause(efficienti), fanno agire, animano le cose, altri fanno un salto in avanti per scoprire la causa(finale) che li attira. Chi di questi ha ragione? Qual è il legame, per esempio, tra un cane che protegge il padrone da un attacco, un globulo bianco che si difende in presenza di una cellula estranea, uno spermatozoo che si agita in una corsa sfrenata verso l’ovulo o ancora degli elettroni che “sono alla ricerca’’ di spazi liberi che possano satellizzare? La messa in evidenza di una MEMORIA contenuta nel profondo dell’attività della materia permette di intravedere una continuità con i fenomeni viventi: dalla magnetizzazione del magnete, l’organizzazione delle api, l’istinto di sopravvivenza degli uccelli migratori, l’architettura di una tela di ragno…fino al funzionamento della corteccia cerebrale umana…Senza dubbio bisogna che molti assiomi cartesiani lascino il posto a nuovi postulati che, senza cancellare i primi, siano capaci di condensarli in una logica esplicita più ricca. È tempo quindi di ravvicinare uno studio della memoria potenziale contenuta nella materia alla scoperta del biologo Jacques Benveniste:’’La memoria della materia’’(articolo apparso nel 1988 – che prudentemente annuncia una scoperta che cambia drasticamente le fondamenta della fisica nota). Cos’è la memoria? Una funzione psichica certo, ma particolare poiché permette di conservare, mettere in riserva idee, concetti, immagini, ecc. acquisiti anteriormente. È quindi un ritorno all’indietro del tempo, l’espressione di un tempo negativo che si sarebbe accumulato. Il ricordo sarebbe l’espressione di questo tempo potenziale. Gli psichiatri non la vedono mai come espressione negativa del tempo perché persuasi che il tempo va solo nella stessa direzione e mai tornare indietro, poiché dal Big Bang tutto va verso il disordine e verso la morte. Siamo in un mondo entropico e il tempo è irreversibile. Lo si pensa, ma se è vero come potrebbe alloggiarsi la memoria? Nessun movimento potrebbe essere percepibile tra elementi, astri e oggetti: ora la memoria…esiste ed è indispensabile! Come poter vivere senza? Se prendo la mia penna sul tavolo è perché ho memorizzato il gesto necessario e la uso per scrivere, poiché ho in memoria la scrittura. Lo stesso dicasi per camminare, mangiare, costruire frasi, il parlare ecc. la memoria è anche innata come per il bebè che sa succhiare il latte, respira ecc.: è una memoria istintiva, comune a tutti i viventi anche per le cellule che memorizzano gli ioni necessari alla sopravvivenza quello che deve assorbire o rifiutare. La memoria è indispensabile alla vita ma qual è la sua origine? Cerchiamo di vedere cosa sono le retroazioni. Ogni memoria implica un ritorno all’indietro, al contrario del tempo positivo, a cui siamo abituati. È come se il tempo rifiutasse di scorrere sempre nello stesso senso. Questo ritorno all’indietro è cosa ricorrente nel nostro mondo: se lancio una palla in aria, essa reagisce innalzandosi, ma poi il suo peso la riporta a terra e “ritorna indietro” per ritrovare l’equilibrio iniziale. Anche se trova un ostacolo nella discesa, essa obbedisce ad una sorta di memoria dell’equilibrio che deve ritrovare. Tutti i fenomeni atmosferici (venti, uragani, maree e piogge) sono dovuti ad una serie di azioni e retroazioni nella ricerca di un equilibrio iniziale. Allora se ci chiediamo: -La memoria esiste soltanto nel mondo vivente? – Si intravede subito una risposta negativa. LE MACCHINE DELLA MEMORIA Verso il 1950 un neurofisiologo inglese Grey Walter, mentre cercava di riprodurre il lavoro del cervello in modo meccanico, inventò delle piccole “tartarughe su rotelle”. Era un sistema cibernetico, ossia una catena in cui un elemento perturbato si ripercuote su tutta la catena: l’ultimo elemento essendo legato al primo, arrivata all’ultimo, la perturbazione iniziale, continua a ripercuotersi sul primo, poi su tutta la catena. In sintesi, si tratta di una serie di retroazioni che si perpetuano fino a ritrovare l’equilibrio iniziale. Ecco in breve di che si tratta. Vi è un occhio elettronico roteante e sensibile alla luce, collegato a due accumulatori, collegati essi stessi, uno a delle ruote motrici, l’altro a un volante di direzione. L’insieme è in equilibrio quando gli accumulatori sono carichi (se non lo sono abbastanza, l’equilibrio è rotto). L’occhio allora cerca la luce e si fissa quando vede una lampada. La corrente passa e le ruote si muovono. La “tartaruga” rotola verso la luce che le serve da esca. Prima esperienza: si mette un oggetto tra la luce e la “tartaruga”: l’ombra dell’oggetto che appare sull’occhio, blocca allora il suo cammino, che diventa confuso e aleatorio, finché essa ritrova la luce della lampada e la fissa permettendole il movimento. Seconda esperienza: si mette più volte l’oggetto che fa ombra, allo stesso posto tra la lampada e la “tartaruga”. Dopo un po’ di tempo ci si accorge che il tempo di esitazione per evitare l’oggetto è sempre più corto. Dopo qualche tempo la “tartaruga” non esita più, agisce allo stesso modo, evita l’oggetto, ma agisce con rapidità. Una sola conclusione: essa …si ricorda, ha acquistato una memoria. Senza tessuti nervosi o “pulci” di silicio. Nulla. Solo visione, luce e elementi cibernetici che permetto azioni e retroazioni nella ricerca dell’equilibrio iniziale. Terza esperienza: si applica il senso dell’udito. Si mette un microfono collegato all’occhio elettronico, presso la lampada. Si fischia. Nessuna reazione, ma la si …educa, accendendo la luce mentre si fischia, ripetendolo molte volte. Poi… si fischia, senza accendere la lampada: la “tartaruga” va verso la lampada…spenta! Essa ha associato suono e luce e obbedisce a un vero riflesso condizionato. Ha acquisito due memorie diverse e le ha associate, realizzando una funzione psichica molto più complessa che una semplice memoria. Ecco provato che i complessi mnemonici esistono fuori dal mondo “vivente” e nei sistemi cibernetici. Lo stesso succede in modo simile con una sbarra di ferro, messa tra i poli di una calamita elettrica: questa si magnetizza, ma anche togliendola dalla calamita, mantiene la…memoria! È come se invertissero il sentiero entropico positivo del tempo, che ci porta alla disintegrazione. È come se risalissero il tempo. Lo stesso avviene tra nucleo, atomi, protoni-neutroni di carica positiva e elettroni negativi, che tentano di equilibrare la loro carica. Anche qui gli elettroni mostrano la memoria dell’equilibrio delle cariche. Trovano la resistenza del nucleo, protetto da una forte energia che impedisce loro di fondersi con i protoni. Anche qui il processo, assai complesso, rivela l’esistenza di una memoria di equilibrio da ritrovare costantemente, per formare poi delle molecole neutre e stabili. Infine l’azione continua, per creare molecole nuove e illimitate e complesse attraverso retroazioni, senza mai perdere la memoria delle molecole anteriori. Ecco apparire la materia fisica come la conosciamo attorno a noi, ma che mantiene il segreto delle sue memorie! Inoltre questi cosiddetti anelli retroattivi degli elettroni non sono chiusi, ma a forma di spirale, dato che le memorie accumulate provocano dei lievi spiragli e poiché il sistema finale retroagisce sul sistema iniziale, imprimendo una leggera modifica a quello. Ogni spirale e ogni anello è l’espressione di un tempo negativo memorizzato che serve da trampolino all’anello successivo che si verificherà in tempo positivo. Ogni anello è dunque la ripetizione dell’anello precedente, dunque di un tempo positivo seguito da un tempo negativo con un leggero spostamento. LA MEMORIA DEL VIVENTE La ricerca dell’equilibrio continua e la complessità aumentano, assieme all’immagazzinamento di memorie. Fino all’apparizione di quell’enorme molecola, sensibile, agile che si avvolge su sé stessa grazie a vari elettroni mobili, fatta di miliardi di atomi: è il D N A, la prima molecola vivente! Il processo continua fino a creare una memoria informativa, meraviglia cibernetica, che può avvolgersi su sè stessa e risalire il tempo e arrivare a una nuova complessità… anelli su anelli: il DNA si è morso la coda! E non solo… riesce perfino a replicarsi, quindi è riproducibile. La vita è nata. Si formano esseri viventi simili, ma leggermente diversi dalla precedente formazione, che corrispondono a organi, tessuti…e poi individui! L’evoluzione della vita è nata allo steso tempo delle retroazioni memorizzate che sono memorie di memorie, fino ad arrivare all’istinto, straordinario memorandum vivente, sostegno indispensabile di ogni vita… C’è ancora un grande passo da fare tra l’istinto e l’intelletto umano, quello che ora ci fa vedere tutto il processo, un anello retroattivo che copre tutto il passato e forse il futuro. Come se fossimo incatenati in un tempo negativo-positivo inestricabile, ove memorie e progetti si confondono. Non sarebbe forse un altro anello che possa far riunire in un terzo livello di complessità tutto l’universo mettendo in relazione diretta passato e futuro? LA MEMORIA DEI MONDI Un mondo quindi squilibrato che cerca l’equilibrio tra l’antagonismo della materia fisica(molecolare) e della materia vivente: distruzione e ricostruzione si alternano costantemente contro l’entropia galoppante finché devono cedere alla morte. Illusione del resto, perché la vita (come l’araba fenice) rinasce sempre dalle ceneri, finché l’uomo non riesca a prenderne…coscienza! La coscienza è solo una retroazione psichica che lo obbliga a guardare questa somma enorme di memorie…memorie, memorie accumulate nell’inconscio. Non si tratta dell’inconscio degli psicanalisti e dell’Ego vivente, ma di quello dei geni (particelle dei cromosomi con i caratteri ereditari) che lega l’uomo ai suoi antenati, fino alle molecole e al DNA, ma anche del mondo non-vivente che si estende fino al cosmo intero. L’uomo – non dimentichiamolo- è fatto delle stesse particelle delle stelle. La psiche umana riflette, la totalità del cosmo, come uno specchio, quando prende coscienza dell’Unità Cosmica. Come se bruscamente la coscienza si fondesse con l’inconscio totale -che non sarebbe altro che un universo potenziale. Ecco che la frase di James Jeans, fisico quantistico, si rivela comprensibile: -L’universo comincia a presentarsi più come un grande pensiero che come una grande macchina. – La nostra psiche infatti è formata dagli stessi elementi dell’universo e l’energia psichica è capace di retroagire con i campi energetici e quindi psichici. Se riusciamo a capire il movimento delle stelle è perché esse seguono…la nostra logica! Come potremmo capirci nel mondo se la logica non fosse universale? quando Lupascu parla di Summum energeticum – memoria assoluta dell’equilibrio e totalmente potenziale, questo fa stranamente pensare a quell’ASSOLUTO, intravisto dai mistici di ogni tempo e che chiamano Dio, trascendente e onnipotente, Brahman immanente e interiorizzato e Tao nei paradossi e antagonismi e anche…Nirvana quando si rendono conto della sua non-attualizzazione assoluta. Si tratta di ESSERE – NON ESSERE, somma e sorgente di TUTTO, ma anche INFINITO E VACUITÂ. Come non vedere il “vuoto-pieno” scoperto dalla fisica quantica? “Il vuoto fluttua in maniera aleatoria tra essere e non-essere: sulla scala quantica il vuoto è pieno’’(Basarab Niculescu) Non può stupire troppo se i fisici – che non sono dei mistici- sognano la Grande Unificazione che riunirebbe e spiegherebbe tutto anche razionalmente. Poiché la ricerca dell’equilibrio è ineluttabile e può solo passare attraverso retroazioni e complessità senza fine, l’uomo un giorno dovrà sparire materialmente, per fondersi con le energie incommensurabili nella psiche …cosmica!? Allora, sarà davvero scomparso? o sarà finalmente REALIZZATO? Poiché sono proprio quelle energie che hanno costretto l’uomo, per la prima volta, ad alzare gli occhi verso le stelle o a farlo sprofondare negli abissi delle onde-corpuscoli di cui TUTTO è fatto. .-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.- (Lo spazio-tempo essendo relativo, apparente, anche questo discorso lo è, naturalmente, ma ci mostra come funzionano i meccanismi cibernetici della vita. Alla fine l’origine illusoria della mente e del mondo ne è la prova tangibile: non vi è mai stata origine, né mai la si troverà (malgrado le continue scoperte, cosa c’era prima del Big bang? Un altro? Qualcosa ci doveva essere per poter scoppiare! …allora è l’uroburo ?) tranne vedere che si tratta di un’ipnosi collettiva – vuoto-pieno di Ciò che È e che siamo, ma senza ‘’sapere’’ poiché si creerebbe una divisione, un concetto: siamo prima di qualunque concetto. – (n.d.tr.)- “Nel grande specchio della coscienza, le immagini compaiono e scompaiono e solo la memoria dà loro continuità. E la memoria è materiale, distruttibile, peritura, transitoria. Su queste fondamenta così esili, noi costruiamo un senso di esistenza personale, vaga, intermittente, simile al sogno. La vaga persuasione che abbiamo di essere questo o quello oscura lo stato immutabile della consapevolezza pura e ci fa credere di essere nati per soffrire e morire.” Nisargadatta Maharaj .-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.- * Ida Rabinovitch : autrice di libri sul misticismo islamico LA MENTE TIRANNO O SERVO… CHI SONO VERAMENTE? 4 Novembre 2020 Nel sonno profondo il senso di essere, di esistere, SCOMPARE. Al risveglio del mattino RICOMPARE e con esso il corpo che – per così dire – è avvolto dal presunto mondo esterno, in realtà creato e memorizzato dal sistema nervoso, dai concetti e dalla mente istruita dall’infanzia. I nomi solidificano un flusso di vibrazioni anonime. Questo significa che il senso di essere o coscienza, è transitorio, quindi irreale. Prima del concepimento, cos’ero? Quello che sono prima della nascita, ora, domani e dopo la morte del corpo-mente (il corpo è solo lo strumento attivato e condizionato dalla mente) – se non m’identifico con questo apparato. Il prima e il dopo, lo spazio-tempo sono solo concetti relativi a tutto il sistema, ma non in senso assoluto. Allora non sono né il corpo, né la mente, né la coscienza, ma il substrato eterno-ora di questo spettacolo effimero e apparentemente costante e ripetitivo. “Appaio” come osservatore o testimone invisibile, ma attivo (il senso di essere costante), ma sono TUTTO E NULLA SEMPRE, poiché nella Realtà (ovviamente inconcepibile perché lo SIAMO TOTALMENTE SENZA DIVISIONE POSSIBILE) svaniscono tutti i nomi e le etichette memorizzate. Se c’è anche un infimo punto di riferimento è un ostacolo cui ci si appoggia pieni di speranza, ma per cadere invece in malo modo. Il linguaggio continuerà ad essere usato nel quotidiano relativo, ma non lo si considererà mai più come assoluto e reale. Il respiro che appare al primo vagito, è un cordone ombelicale che, dopo aver perso quello fisico, materno (in cui siamo un unico essere con la madre), sembra collegarci al cosiddetto mondo esterno, insieme alle apparenti popolazioni che compaiono attraverso false percezioni e sensazioni, prodotte dal sistema sensoriale e mnemonico, che ora ci sono e ora scompaiono. Il mondo onirico notturno è molto simile quindi, poiché in esso c’è un apparente osservatore che vive una storia, che poi si rivela solo un’emanazione soggettiva: sembra durare molto, ma poi si scopre che il sogno era solo di qualche attimo. Nel sogno diurno è lo stesso-anche se ci crediamo separati e alieni agli avvenimenti – in realtà “siamo” tutto ciò che appare, che ci piaccia o meno. Realizzando questo, non potremo più prendercela con i nostri “cattivi” fuori o con le disgrazie che ci capitano ecc. perché anch’essi si rivelano quanto i buoni e le gioie, farina del nostro sacco. L’aria che respiro, la coscienza-IO è universale – anche se sembra frazionata e usata da miliardi di esseri – che ci fa credere a una quantità di IO, ma…ce n’è uno solo! e per di più transitorio e inventato. Se l’aria e l’ossigeno ora venissero improvvisamente a mancare sulla Terra, ecco sparire tutto in un attimo. Che cosa rimane? L’Assoluto che siamo. Eternamente ora. Durante i primi anni di vita un bambino non si considera “qualcuno” di separato, vede convinto che tutto è senza limiti, più tardi potrà affermare con certezza che tutto è Dio (quando gli insegneranno il suo nome e le sue funzioni, come capitò a me). Il che significa che tutto è un’unica coscienza universale. Mistici (S. Francesco, M. Eckhardt, Ma Ananda Moy o Ramana Maharshi) e fisici (Einstein, Bohr) di culture diverse, arrivarono alle stesse certezze in paesi e tempi lontani, senza conoscersi: fiori o spazzatura, geni o minorati, mendicanti o imperatori sono della stessa sostanza dei cinque elementi di base: l’arcobaleno non è luce? Questo senso di coscienza illimitata e sempre presente, che alcuni chiamano Dio, Allah ecc. la sperimentiamo ancora come “oggetto”, anche se la separazione è sottilissima, ed è ancora un’esperienza e quindi duale. L’illusione, pur dando l’impressione di universalità senza confini, permane intatta. Si arriva alla comprensione effettiva che quanto sperimentiamo proviene dal nostro sistema nervoso, cerebrale e mnemonico, in atto dai primi mesi di vita (non prima) e quindi il sogno notturno è simile, se non uguale a quello diurno che “sembra” più lungo e ripetitivo (secoli, epoche, ecc.): la differenza sta solo nel credere ancora alla realtà dello spazio-tempo, ma un solo attimo contiene una lunga storia, come un USB racchiude un romanzo lunghissimo o film complicati. Ormai si sa – non solo perché lo scoprì Einstein – che il tempo e lo spazio sono solo apparenti. Molti lo sanno, ma lo dimenticano. In sostanza la divisione tra esterno ed interno si rivela assolutamente falsa. A questo punto vi è la prova che il cattivo del sogno notturno e quello che ci deruba durante le ore del giorno è una nostra produzione cinematografica, dovuta ai meccanismi dell’inconscio, altrimenti non apparirebbe sul nostro schermo virtuale. Diventando coscienti di pulsioni dimenticate e diventate negative, per mancanza di…luce, queste si riaccendono di una nuova forza e di una vitalità ritrovata. Cosa rimane allora? L’osservatore anonimo o testimone del sogno diurno e notturno. Ora si tratta di identificare questo testimone, se davvero esso esiste o è solo una congettura per poter trovare una stampella anche invisibile sotto l’impalcatura, che ora diventa assai pericolante. Buddha e i buddisti parlano di Vacuità essenziale. Sono note le parole del XIV Dalai Lama: – Risvegliarsi è vedere che si dormiva, che si sognava la vita senza viverla. Risvegliarsi è prendere coscienza che tutto quello che percepiamo è un’illusione generata dai nostri sensi, che la sola realtà è la Vacuità. I “sensi” del nostro apparato informativo, transitorio ed effimero, possono ingannarci ulteriormente, se essi funzionano in modo diverso da noi (cosiddetti “normali”), dovuto a malformazioni che rendono il mondo percepito differente dal nostro. La vacuità tuttavia rimane ancora un’etichetta, ed è soltanto tralasciandola, che il vero “pieno” di tutto ciò che È si manifesta. Anzi, piuttosto si VIVE -senza oggettivarlo- la PIENEZZA DEL VUOTO. Questo “vuoto” pur essendo ancora un’immagine bloccante, spaventa la mente oltre misura, anche quella diventata più sottile per opera di meditazioni e ricerche, poiché subito crea un’immagine, un concetto di un “buco nero” in cui è costretta a sparire! Alcuni lo capiscono intellettualmente e lo accettano, mettendolo nel loro bagaglio spirituale ben fornito, ma nel quotidiano ne rimangono lontani e inconsapevolmente lo temono quanto gli altri. Se è davvero compreso e assimilato nel quotidiano, le reazioni emotive (dovute in gran parte a memorie dolorose e soppresse) sono accolte e si fanno sempre più rare, o rapidamente si sciolgono, senza accorgersene; i desideri, tranne quelli di prima necessità, si fanno inconsistenti, poiché si raggiunge un senso di pienezza indicibile senza impellenti bisogni di ottenere qualcosa, di cercare un riconoscimento da parte della società, poiché anche questa si rivela fatta di atomi vuoti. Inoltre manca ormai l’incentivo, in genere dovuto a un senso di mancanza di sicurezza infantile, alle ansie e alle aspettative che perdono forza. Anche i cosiddetti “mezzi-guru” che riempiono le sale e si spostano nei vari paesi per ottenere consensi e …compensi(!) fanno parte del ghetto mentale, camuffato da spiritualità che rimane ancora una gruccia bloccante per la Realtà già sempre presente e solo dimenticata. Molti si convincono che si arriva addirittura a una morte cerebrale, che allora ogni lavoro o attività diventa inutile e la vita si ferma. Perché? Nonostante (o a causa del) il bagaglio spirituale accumulato, sono ancora identificati a quanto “appaiono” e invece non sono, ossia a un corpo e una mente e che li accompagna dalle prime “istruzioni familiari”. Non c’è meta, non si tratta di arrivare da nessuna parte, solo togliere il falso che si è incollato e che nasconde la…pienezza dell’inconoscibile. Non si tratta di giochi di parole, ma di realtà da verificare nell’intimo. Non diventiamo zombie impassibili: le emozioni nascono e scompaiono come quelle di un bebè, poiché l’apparente individuo, fatto dei cinque elementi che corrispondono a questi moti dell’animo, è attivo, ma non c’è più IDENTIFICAZIONE. Mescolare l’intelletto, la finzione, con l’essenza indicibile-dell’essere-non-essere reale, conduce al caos. La razionalità nasconde solo la paura viscerale del concetto di vuoto, ma la mantiene stretta. Il non-so-che-non-so va soltanto verificato e assimilato e invece di un abisso terrificante, si rivela la nostra vera essenza, luminosa e senza divisioni, senza tempo-spazio poiché questi si sono già rivelati inconsistenti. CHI O CHE COSA SONO ALLORA? ESISTO – NON ESISTO o NESSUNO DEI DUE? Volgiamo uno sguardo che non colga solo il particolare, o il generale alternativamente, ma a qualcosa che abbracci l’intera connessione al gioco di risonanze di ciò che ci appare (senso di essere, corpo, mente, mondo). Omettendo lo spazio-tempo che si è rivelato apparente, relativo e una còlla utile solo a mantenere la sostanza del sogno diurno – ci avventuriamo involontariamente nel regno del senza-origine, senza cedere alla tentazione (inveterata) di trovare il minimo appiglio(mentale). In questo modo cadiamo spontaneamente in “QUELLO” che siamo da sempre, senza appellativi limitanti e divisioni tra soggetto e oggetto. Il percepito e il percipiente si dissolvono nell’unità sempre presente ma inosservata. Jnana (conoscenza) e bhakti(devozione) si annullano l’uno nell’altro. Abbiamo visto come il cervello – o meglio le vibrazioni sincrone che vi accadono e al quale si dà questo nome, modellato dagli educatori, a loro volta educati fin dalla nascita da convenzioni suggellate e ingrandite dalle memorie emotive – crea, dai primi suoni, il linguaggio che a sua volta fissa le situazioni. Da vibrazioni anonime tutto questo prende forma e si fissa, e si dimentica l’origine del processo, ma si conserva solo il risultato. Qual’ è il “motore” di tutto questo? Il senso di essere, già latente durante la gestazione, percepibile da circa il terzo anno dopo la nascita a cui si attacca un suono detto ‘’pronome’’: IO e un nome specifico che porta a credere per una vita a una costante fissità di un ente distinto: la madre appare separata per la prima volta. Questo senso di essere cosciente, anche se non percepibile, è già “informato” da ogni evento durante il periodo del concepimento, della gestazione e infine del processo della cosiddetta NASCITA. In poche parole tutto si ripete dal campo energetico del momento del concepimento. Un ovulo e uno spermatozoo s’incontrano (senza decisione o volontà specifica di nessuno) e raccolgono solo il film che poi si svilupperà in mille modi apparentemente diversi, durante l’arco della cosiddetta… vita. Possiamo concludere che in ogni momento del processo c’è GIÀ tutto il percorso. In ogni parte dell’ologramma, si trova tutta l’immagine. L’attimo contiene tutto lo spazio-tempo immaginario. Dopo la simbiosi e il senso “oceanico” di unità con la madre – che poi s’incontra così spesso in tante situazioni successive – ecco le prime contrazioni dolorose, la spinta forzata, il senso di soffocamento, prima dell’uscita finale e l’urlo di dolore del primo respiro – tutto questo ci porta a fare alcune considerazioni e verifiche interessanti. Come fece Stan Grof con i suoi pazienti (sottoposti a regressioni con l’LSD) , se riuscivano a identificare questo filo conduttore -– ossia il genere di memoria che si manifestava in modo più intenso e doloroso durante la vita – allora, rivivendo quel tipo di fase più difficile del periodo del parto – l’individuo si sentiva alleggerito dal trauma ripetitivo che lo assaliva da anni. Grof individuò 4 fasi principali perinatali nel feto: I)la prima matrice perinatale (se non ci sono problemi nel grembo materno) corrisponde al senso di unità simbiotica che si manifesterà poi nella vita nei momenti idilliaci nella natura, unione mistica, oppure al contrario se disturbato, con la sensazione di forze malvage (pericoli, dèmoni) e in seguito con eventi simili nella vita futura. II) lasecondamatrice perinatale è lo stadio delle prime contrazioni, senso di compressione, di trappola infernale, senza uscita possibile che corrisponderà poi nella vita dell’individuo a forte ansia, minaccia per la vita, disorientamento, disperazione, angoscia come se un mostro dovesse inghiottirlo e il mito religioso del paradiso perduto. Potrà in seguito sperimentare a seconda della forza della memoria, sensi di colpa, impotenza e episodi di carcere duro, manicomio ecc. III) la terza matrice perinatale comporta delle contrazioni uterine che aumentano, ma c’è un senso di apertura e ciò implica invece la lotta titanica per la sopravvivenza anche se l’ansia di soffocamento è ancora presente: questo darà sensazioni sado-masochistiche, cariche esplosive. È una lotta di morte-rinascita. Vi sono immagini ricorrenti di eruzioni di vulcani, terremoti, tornado, inondazioni, battaglie mitologiche e violente rivoluzioni. Auto-sacrifici, sabba di streghe, satanismo, torture e pericolo imminente di vita. Vi è anche l’elemento purificatore del fuoco e la visione di riti tribali primitivi. Un simbolo classico della transizione dalla matrice III alla IV è “la Fenice, uccello leggendario la cui vecchia forma perisce nel fuoco e la nuova sorge dalle ceneri librandosi verso il sole.” Qui dunque la sofferenza non è più vissuta come disperazione, ma come coinvolgimento e che la sofferenza abbia una direzione da cui poter uscire. Alcuni pazienti, durante la regressione, parlavano anche di scalate di montagne altissime verso la luce – simbolo di rinascita spirituale- anche se ostacolati da forze negative come uccelli predatori. IV)la quartamatrice perinatale corrisponde alla nascita vera e propria del bambino. Tutte le ansie, i dolori, i tormenti in questa spinta finale si calmano, in un grande sollievo ed esso affronta per la prima volta la luce. Il taglio del cordone ombelicale lo rende fisicamente L’individuo tuttavia lo sperimenta spesso ancora come catastrofe e “morte dell’IO” e rinascita verso una luce spesso accecante, ossia come una vera e propria redenzione e salvezza spirituale (arcobaleni, code di pavone appaiono spesso). Molte mitologie indicano questa ‘’morte dell’IO’’ da Shiva a Kali, al Cristo a Osiride o le dee Madri da Maria a Parvati, a Iside ecc. e negli elementi biografici, appaiono successi personali, fine di un grave pericolo o guarigioni da malattie gravi. Le sensazioni, le esperienze e i fatti storici simili, hanno l’identica base. Tutto questo dimostra che in assenza dello spazio-tempo fittizio, tutto si ripropone a vari livelli, ma ripetiamo sempre l’identico schema natale in varie fasi e proporzioni. Il neonato, considerato un tempo come un oggetto, vive invece queste fasi in modo profondo e inconscio, ma lo replica in modo simile a seconda della fase in cui ha sofferto di più o al contrario, dove il senso di riunione lo ha gratificato. Quasi tutti i pazienti rivivendo la loro nascita trovano un collegamento profondo tra lo schema natale e le circostanze e le qualità della propria vita vissuta. La coscienza è UNA. Un episodio che ricordo delle regressioni sotto l’effetto dell’LSD, di cui parla Stan Grof, fu quello di un paziente che, dai primi castighi inflittogli da bambino, in cui lo rinchiudevano in una cantina buia, se aveva fatto qualche marachella, continuò poi durante la vita a ritrovarsi in situazioni simili in cui poi abusavano di lui. Fino ad allora era per lui inspiegabile. Questo si collegava alla fase della matrice II. Rivivendola se ne liberava. Altri casi risolti: un paziente durante la vita, si trovava spesso in battaglie o campi di concentramento, un altro fuggiva in un eremo a meditare, un altro ancora viveva un terremoto devastante che distruggeva tutta la sua famiglia. Un altro indizio non sempre collegato a questo tipo di regressioni è il tipo di film che osserviamo e chi ci fa orrore o ci dà contentezza: sono sempre in corrispondenza a fasi dimenticate del processo di nascita, che si ripetono in mille modi in seguito. Tutte cose – si dirà – che si riverificano da secoli e milioni di anni, sempre identiche o quasi: basta vedere il telegiornale quotidiano e le notizie dal mondo. Allora, c’è da domandarsi: – Che cosa sono in realtà i milioni di anni se il tempo si rivela un’apparenza che tiene insieme la possibilità dell’esistenza di un oggetto, individuo, o pianeta? Lo spazio, altrettanto concettuale, è poi è legato all’oggetto conoscibile, lo circonda e senza di quello è impossibile percepirlo. Se non esistesse nessun oggetto – che la nozione di tempo sembra far durare, altrimenti sarebbe invisibile – dove finirebbe lo spazio? Ecco che la nozione tanto accreditata del karma, delle vite passate, delle punizioni scontate, delle reincarnazioni ecc. svanisce in un soffio. Se perdi totalmente la memoria, dove finiscono le azioni passate o le anticipazioni future? Se si osserva un tema astrale (col metodo transpersonale), in cui tutto è contenuto e/o proiettato sul “fuori di me”, che è in realtà solo l’ombra non vissuta coscientemente, tutto è GIÀ contenuto all’istante della nascita e si allunga come un elastico durane la vita concessa. Se ad alcuni capita di avere ricordi di vite di epoche passate o di eventi anche futuri, può solo corrispondere al ‘’suo’’ tema di nascita, alle sue sensazioni allargate e allungate nel tempo. E’ un dato di fatto sperimentabile. Ad esempio, in questo periodo assistiamo alla …matrice III, al “lock down” dovuto alla pandemia, al panico, al bisogno di…respirare negato. Eppure ognuno di noi lo vivrà in modo consono alle proprie memorie precise del parto. Altri che vivono in luoghi già isolati o nella natura selvaggia, potranno viverlo in modo assai diverso, non sentirlo affatto e a seconda del proprio iter di genesi. Per tornare alla cosiddetta “nascita”, se ci riferiamo allo spazio-tempo, solo come punto di riferimento (da tralasciare in seguito) per poter seguire lo svolgersi della vita di un individuo e vederne le ripetizioni nel… “qui-ora”, possiamo verificare che in quel momento, in quelle ore e minuti(apparenti) si verificano tutti gli stati che provengono dalle sensazioni immagazzinate dal povero feto, che sembra un fagotto immacolato e senza alcuna memoria, mentre non lo è. Gli stati estatici, l’euforia, le guerre, la pace, le violenze, le prigionie, le dittature, le bombe atomiche e i cataclismi che possiamo scorgere, diluiti nelle varie ère o periodi di una vita, sono esattamente le stesse sensazioni deformate, migliorate, esagerate di quei momenti. Se si fa attenzione poi al linguaggio usato da despoti o capi di governo, politici ecc.si rivela il medesimo di un paziente sottoposto al processo di rivivere la sua nascita. Ma la domanda più importante, essenziale che ci possiamo fare è la seguente: -CHI o COSA è nato? QUALE NASCITA e DI CHI? Chi insegna al bambino che ‘’ è nato ’’ che è cosciente, che si chiama Giovanni o Maria? Sono concetti dei genitori, che a loro volta – sempre nell’apparente spazio-tempo – credono di aver deciso questa nascita, che invece apparsa come quella di un fiore o di un uccellino. Un seme vuoto che diventa albero o umano. Meraviglia della maya, ma fantasia creduta reale, ossia tutto quello che NON SIAMO. Non è nichilismo, (altro concetto bloccante) come molti affermano, anzi è oltrepassare i limiti del sistema nervoso, dei cinque elementi e ESSERE TUTTO, qualunque cosa e NULLA in particolare: senza oggetto, la mente tuttavia non lo accetta e parla di “buco nero” o di orrore del vuoto: si certo, vuoto di concetti, ma PIENO DI CIÒ CHE SIAMO DAVVERO E NON POTREMO mai ‘’SAPERE’’, non essendo un oggetto. La mente allora deve cedere ed è quella a terrorizzare con vari scenari e concetti, per timore di sparire come dittatore e diventare umile servo. Nasce il TEMPO, non il bambino – ma… il tempo è mai esistito? E l’osservatore della coscienza, è forse reperibile? “-È il tempo che nasce, non il neonato. Nello stato autentico non avevi cognizione del tempo. Il tempo è iniziato e giungerà a termine. Tu sei l’eterno a cui è apparso il tempo, per un certo periodo. Tu sei indipendente dal giorno e dalla notte, dalle stagioni. Tu sei lo spettatore di tutte le apparenze.” “L’ignorante s’identifica col corpo, il saggio sa di non essere né il corpo né la coscienza: utilizza la coscienza finché dura, ma è anteriore alla coscienza ed è sempre in quello stato.” Nisargadatta Maharaj *(consiglio per chi vuole ulteriori approfondimenti: “Oltre il cervello” di Stanislas Grof) L’uomo (finché si crede tale) insoddisfatto e curioso cercherà sempre la Sorgente Ultima, trascendente della vita e di CHI è realmente…ma purtroppo come méta da raggiungere, un traguardo, allora troverà solo una “rappresentazione del nulla” che lo farà fuggire ancora più lontano quando è invece il contrario che lo soddisferà. Un seme che all’interno è…vuoto, che sia di un umano o di un animale o di una pianta, si sviluppa come un ologramma che si allarga a dismisura, ma sempre ologramma rimane. In realtà non vi è nemmeno l’ombra di una sorgente trascendente e nemmeno del “nulla”, prima della comparsa del…linguaggio, prima della concettualizzazione. I nomi designano, ma non sono reali. Si tratta prima per cominciare, di vedere se e come è nato questo IO e smantellare tutto il possibile. Questo pronome cui attacchiamo un’importanza vitale, è prima di tutto dovuto al cervello e sistema nervoso e non esiste prima di un processo di selezione. Smontare la fede del senso dell’IO, costruito dalla nascita del linguaggio: all’inizio il bebè emette solo suoni, poi imita la madre, se invece è cresciuto da animali non avrà mai il senso dell’IO. Allora, poiché si riesce a provare che questo IO NON esiste, di cosa dobbiamo liberarci, cosa dobbiamo trasformare o guarire? Senza IO sparisce la spiritualità, l’esoterismo, la psicologia ecc. ed è dimostrabile. A detta di insigni scienziati, il sistema nervoso e il cervello costruiscono questo IO e per farlo “omettono o cancellano” miliardi di stimoli e ne afferrano solo un’infinitesima parte: è da questo processo di “omissioni” che nasce l’apparenza di un mondo solido e un IO che lo percepisca: entrambi quindi falsi. Si parte dai primi anni di vita e dalla graduale “educazione o apprendimento”. Ecco una sensazione… ignota, che omettendo tutte le altre, da quella ne fa derivare il pensiero, che è una sensazione condensata dalla vacuità(o vuoto quantico se si vuole) da cui proviene. Si mette un’etichetta e il guaio è fatto. Da questo processo di omissione-astrazione-oggettivazione nasce appunto il linguaggio: si omettono ancora più sensazioni e la realtà sottogiacente della VACUITÀ sparisce del tutto. Nasce la persona, l’IO, che nello spazio-tempo (inventato) si cementa. L’IO si verifica e si mantiene solo DOPO questo processo di selezione: tutto ciò che vedi è GIÀ avvenuto PRIMA, non all’istante della percezione. L’IO quindi avviene attraverso una reazione bio-chimica nel cervello e se non ci fosse, l’IO non ci sarebbe. Ecco l’illusione primaria. Lo si chiama testimone, osservatore, conoscitore ecc. ma è solo il prodotto di queste reazioni bio-chimiche precedenti e anonime. Nisargadatta M., ignaro di questo processi scientificamente trovati, parlava di “fluidi che s’incontrano” e creano l’illusione dell’IO. Ecco quindi la separazione di soggetto(indipendente) e oggetto percepito, ecco la dualità che in realtà non è mai esistita. L’illusione primaria ci racconta che gli eventi succedono ora. Decido (o immagino di volerlo) di alzarmi dalla sedia, di aver voglia di mangiare un’arancia: credo di essere stato IO adesso a deciderlo, in realtà la ragione era già preparata prima del pensiero di agire, DOPO che l’azione era già programmata: il pensiero “io faccio questo” avviene DOPO per giustificarlo(inconsciamente). Cadono le idee di libero arbitrio, di volontà e decisione propria, di essere l’autore di… e di causalità, (lo spazio-tempo è relativo) poiché l’intenzione avviene DOPO l’evento già programmato. Non c’è mai stato un “agente” e lo dicono in varie discipline o filosofie, ma effettivamente è vero: l’IO sorge dopo l’evento già avvenuto. Come se l’ossigeno ‘’decidesse’’ di unirsi all’idrogeno per creare l’acqua o lo spermatozoo decidesse di unirsi a un dato ovulo ecc. ecc. Lo stesso dicasi per le cosiddette intuizioni, medianità, che cercano di organizzare il caos, ma distraggono dal vero scopo di ritrovarsi. L’illusione è che ci sia un osservatore che osserva un oggetto, un percipiente e un percepito. Il testimone di un pensiero compare CON il pensiero e non ne è separato: sorgono insieme non sono due, ma uno solo. Il buddismo si avvale della stessa convinzione: “la forma è vuoto e il vuoto è forma” – sono la stessa cosa, anzi né l’uno né l’altro esistono, tranne nel concetto. Einstein lo confermò attraverso le sue ricerche: la forma è VUOTO CONDENSATO e lo spazio-tempo – che dà solidità al mondo – è relativo, apparente NON reale. Nisargadatta M. ripeteva che ‘’all’inizio non c’era assolutamente NULLA … (o vibrazioni vuote) che si condensò e apparve l’IO”: un bel giorno sarebbe sparito senza lasciar traccia. A scuola s’impara del nucleo, di atomi e di elettroni che – riassumendo molto – dal vuoto quantico formano poi le molecole: lo spazio tra il nucleo dell’atomo e gli elettroni è vuoto e se lo si dilatasse a dismisura, sarebbe più distante del sole dalla terra! Quello che rimane, infinitesimale e quasi impercettibile è il fantomatico…osservatore. Chi o cosa ha “deciso” che l’idrogeno(H) si unisca all’ossigeno(O) per formare l’acqua? Avviene e basta. Se il codirosso qui sul balcone che per ore e giorni si affatica a creare il suo nido, si domandasse una volta: – Ma… tutta questa fatica, chi me lo ha fatto fare?- Questo vale per tutti gli elementi in continuo scambio costante, prima del processo bio-chimico. Vediamo ora i risultati della ricerca della fisica quantistica: IO-corpo-persona sono il risultato di questo costante scambio di particelle subatomiche invisibili che si muovono, si scambiano e dànno la sensazione-percezione di un mondo solido, quando in realtà NON lo è. Tutto accade prima che il sistema nervoso e i sensi (vista, udito, ecc. – che sono l’espressione dei cinque elementi vitali) possano configurarlo-percepirlo. Per confermarlo e riassumerlo: l’IO, il concetto di VOLERE o libero arbitrio e intenzione, accade solo attraverso uno scambio nucleare quindi l’ lO e la percezione di un IO sono astrazioni e ILLUSIONI! Ne si deduce che il fatto di dire che io voglia, sia speciale, abbia uno scopo spirituale o una lezione da imparare o altro, succede molto dopo le reazioni nucleari e biochimiche e se queste non avvengono, sparisce il testimone-testimoniato o l’osservatore–osservato e nessun mondo potrebbe apparire. Ecco perché alcuni grandi scienziati e fisici hanno mostrato uno sguardo… a dir vero spaventato! all’idea di essere giunti loro malgrado a queste conclusioni. È la continuità del primo pensiero (IO) che produce il senso dell’IO=ego: se il pensiero è solo occasionale per necessità, esso non crea un organismo fittizio. SE NON PENSI…ESISTI? Affermare solo che “il mondo è illusione o ipnosi o maya” non significa molto. U.G. (Uppaluri Gopala Krishnamurti)ripeteva: – Ci dev’essere un punto per creare spazio, senza punto niente spazio(-tempo). Non è che il mondo sia un’illusione, ma tutto quello che sperimentiamo riferendoci a quel punto, che è lui stesso un’illusione, è condannato ad essere anch’esso un’illusione. Maya significa “misurare”e non si può iniziare a misurare senza un inizio, un’ origine: se non c’è punto di partenza, o origine, non c’è circonferenza. E’ geometria elementare.- Conoscere il mondo è conoscere un concetto, un pensiero, quindi irreale. –Cos’eri prima dell’arrivo dell’IO? Qualunque fosse quello stato, esso prevale ora e sempre, che vi sia o meno il senso di essere-coscienza – diceva Nisargadatta M. E ancora:- Non sono né qualcosa di percettibile né di concepibile, ma ti spazzerò via tutti i concetti per metterti nel non-stato (senza concetti).- Quindi ogni ricerca di origine, di un Dio-creatore, presume un ricercatore che si rivela apparente, poiché avviene DOPO l’astrazione, la condensazione e la formazione di un IO fittizio. Ci devi essere “TU” prima, per cercare o creare un Dio. È l’illusione che nasce dopo le prime emissioni di suoni e il linguaggio in seguito, che “lassù” ci sia una Verità Assoluta da raggiungere, poiché non ci sono idee o origini prima della parola espressa, che col sistema nervoso e cerebrale crea un sistema di concetti(‘’Giustizia’’, “Verità”, ”Amore”, “Spiritualità”) inesistenti IN SÉ, prima del sistema verbale e che dipendono dal percipiente. Che cos’è allora la MENTE? Prendiamo le parole per “cose” che esistono, reali, ma la “mappa non è il territorio”. La mente è il concetto ”mente”, che crea pensieri, ma in sé è una metafora, una rappresentazione linguistica astratta di qualcosa che NON esiste. Le neuroscienze dunque affermano che l’illusione di un IO è una reazione bio-chimica, la fisica quantistica che è uno scambio nucleare. Nomi diversi per un’unica sostanza. Infatti esiste una SOLA SOSTANZA e nessun sé separato. Tutto è interdipendente(buddismo). Come la goccia che fa parte dell’onda (ma potrebbe credersi unica e separata). Bene e male coesistono, il virtuoso vuol vivere in altezze spirituali, anche se afferma che tutto è Amore, ma dimentica il basso, terrestre, considerato il ”male o peccato”. Ecco invece che avviene la divisione fittizia, la separazione, dovuta all’ ipnosi. Non puoi avere amore senza odio. Se ora chiudi gli occhi e (prima di qualunque pensiero, memoria) cerchi chi è il ”conoscitore” di uno stato senza confini, ma oggettivabile, allora osservatore e osservato si dividono ed ecco la maya. In realtà si rivelano un’unità: il non-stato prima della percezione-pensiero ecc. -La conoscenza dopo il primo suono è schiavitù.-(Shiva sutra) -Sei convinto di esistere poiché è la coscienza (concetto illusorio) che te lo fa credere. -(Nisargadatta M.) Il famoso saggio Vashista che istruisce Ram, afferma che le storie di chakra, kundalini, karma ecc.sono astrazioni di ciò che non esiste e vale per gli ignoranti. Tutto è solo Coscienza Pura, Assoluto, ma se cominci a differenziare (pratiche, rinunce, offerte che all’inizio sembrano utili), t’inabissi nell’illusione…da cui poi vuoi liberarti! È qualcosa che è già presente ora qui. Puoi adorare archetipi (Madre, guru ecc.)per una vita, ma li crei tu! “Adoro la Madre Universale, Dio ecc.”che mi darà la liberazione: falso! prima ci dev’essere un IO per produrli. Il conoscitore che segue un “cammino spirituale”- tutti generatori di illusioni- si avvale di un archetipo che rappresenta qualcosa che non esiste. Si tratta invece solo di abbandonare totalmente il ”falso” e assicurarsi che l’IO non si nasconda ancora dietro alla comprensione ”intellettuale” che ingrandirebbe invece un ego…trascendente! In questo caso l’umiltà e la devozione al Sé, avrebbero invece solo il compito di intrappolare i resti “egoici”. -Tutti i sentieri spirituali portano all’irrealtà, poiché il loro scopo è di aggrovigliarti nelle conoscenze, mentre la REALTÀ prevale sempre PRIMA di esse ed è sempre disponibile.-(Nisargadatta M.) Anche il Sé, l’Assoluto sono nomi, metafore da dimenticare. Questo dimostra come tutte queste discipline, le scienze come la nuova fisica e le neuroscienze, si alleano con la mistica immemorabile (visto che lo spazio-tempo è relativo). Bohm(fisico noto) diceva appunto che per esserci una forma percepibile ci vuole energia, solidità e spazio-tempo per convalidarla: se togli una o tutte queste qualità, la materia NON esiste più, poiché non può essere percepibile(che si parli di un guru o di un ignorante). Che cosa può aiutare o meno a vivere l’essenza “prima della coscienza”, senza inizio o fine? Se c’è un’organizzazione, una gerarchia, un sistema, è da e v i t a re. Un’unica frase di Nisargadatta lo spiega meglio, poiché annullava, smontava addirittura sé stesso. -Dimenticami, dimentica ciò che insegno. Stai nella coscienza come ultima porta verso l’Ultimo e questa si aprirà. Non vi è nascita, non vi è morte. NON PUOI DIRE COS’È, MA SOLO CHE COSA NON È.- – Nulla esiste, nulla NON esiste.-(Nagarjuna) Domanda di uno studente a Nisargadatta M.: -Perché siamo qui?- Risposta:- CHI è entrato nella forma corpo-mente? Qui, in questa stanza è entrato forse lo spazio? Perché? Come? Lo spazio è fuori, è qui, senza distruzioni, vi è solo uno SPAZIO UNICO, allora cosa va e cosa viene? Se crolla una casa, dove è finito lo spazio delle stanze?- A questo punto possiamo demolire il concetto di “sostanza unica e di chi lo afferma”. Ecco il famoso NIRVANA o estinzione. Non c’è “sostanza unica”, né interno né esterno, né corpo né non-corpo, né mente né non-mente, né schiavitù né liberazione, né sorgente né non-sorgente, né centro né non-centro, né presenza né assenza, né origine né non-origine, né essere né non-essere. NIRVANA= ESTINZIONE. Se sei convinto che il senso di essere o coscienza è un’illusione e sei davvero libero…non ci sarai per apprezzarlo!” L’ultimo yoga: -Il mondo esiste finché c’è un IO che lo percepisce.- - Raccolta di lettere inviate dai visitatori Dal vuoto iniziale, inconcepibile e insondabile di Isabella Di Soragna - Agosto 2016 Ecco emergere una punta di spillo, in cui avviene o sembra avvenire una differenziazione, lo yin e lo yang. In fisica si chiama un protone… un neutrone… un fotone… un elettrone... un atomo…, ecco la divisione e la nascita di un "pensiero". Un minuscolo spermatozoo e un ovulo s’incontrano, sono carichi d’informazioni potenziali, si suddividono e fanno apparire una forma specifica. Da lì avranno inizio il senso di essere, lo spazio e il tempo (che si riveleranno immaginari!). Da questa infima, invisibile origine nasce una forma, un neo-nato che nulla sa e nulla sente. Forse già tramortito dall’incredibile violenza del parto e le cui fasi si ripeteranno più o meno dettagliate nel corso dell’esistenza. Su di lui pesano già tutte le informazioni date dal suo ambiente, che tuttavia il bimbo potenzialmente già possiede, come tasti di un pianoforte che aspetta il tocco del pianista. Siamo pre-programmati finché si accende il computer che ce li mostrerà. Cos’è nato veramente? Il tempo che è durata. Lo spazio che è la culla. Indivisibili, ma permettono la percezione di un oggetto, di “qualcosa”. Sono il primo pensiero assieme al senso di essere che verrà recepito quando il macchinario sarà messo in moto nello spazio-tempo. Allora dobbiamo trovare una spiegazione, un “perché” ed eccoci infilati nell’immaginaria causalità: ed ecco milioni d’informazioni provenienti da un unico tema. Karma-memoria è un’apparenza di causalità che è attuale, ma SEMBRA svolgersi da milioni di anni e in numerosi luoghi, ma in realtà... lo spazio-tempo si è rivelato anche scientificamente un’illusione che appare con la manifestazione del pensiero, quando è cominciato l’apprendimento dei vocaboli e dell’ “altro da sé”, del prima e del dopo. Le cause sono infinite come gli effetti e spesso l’effetto precede la causa, in realtà tutto è sincronistico e la dualità un’apparenza a cui la mente divisa dà valore. Il passato è una memoria “presente”, il futuro un’aspettativa ‘’presente’’ che proviene da una memoria (passato). Consideriamo ad esempio una sensazione che ci accompagna in numerose circostanze, dall’infanzia: le imposizioni: - familiari, istituzioni, dittature, costrizioni, prigioni, abusi, violenze - rivolta soppressa, - paura di gridare ciò che si sente dentro, - effetti sul soma (malattie sistema endocrino ecc.) sono un unico riflesso di … un episodio di una fase di blocco durante la nascita (che in realtà proviene per così dire da una “foto istantanea” al momento della fecondazione) che si trasforma in esperienze simili durante tutto lo svolgersi della vita. Ciò è paragonabile a un filo che esce da un gomitolo iniziale – come quello del ragno paragonato alla tela di “maya”-( o un pezzetto di elastico che si tende), che è la vita nello spazio-tempo lineare e che si riflette, in un magico specchio sempre presente, in infiniti eventi simili di un’unica sensazione-base. Un ologramma in cui un’infima parte si riflette in una miriade di eventi che appaiono diversi, ma la cui sensazione-matrice è sempre la stessa. Gli esempi sono tanti, per illustrare in breve la reazione ad un medesimo evento a cui ognuno reagisce secondo il proprio condizionamento iniziale: prendiamo ad esempio una grossa perdita di denaro da parte di persone agiate. Per qualcuno è vista come l’impossibilità di comprarsi frivolezze come prima, per altri uno sprone a riacquistare ciò che è andato perso, per altri ancora un sopruso delle banche, per alcuni fa emergere la paura dimenticata di perdere il necessario per vivere. Non avendo preso coscienza di questo si continua a ripetere incessantemente la vicenda in mille modi finché o è compresa o si finisce per somatizzare e soffrire in modo diverso, ma per la stessa questione irrisolta. Un’altra reazione, diversa ma sullo stesso tema: siamo davanti a un meraviglioso paesaggio durante un viaggio. Per alcuni rivela una sensazione di armonia e di pace, per altri uno stimolo alla creatività pittorica, per altri ancora... una possibile speculazione edilizia. Ognuno vede solo se stesso e finché si “reagisce” si rimane nell’impostura e separazione. Vediamo solo noi stessi. Le guerre, il terrorismo, la violenza fa già parte del programma e condannarle significa convalidare la dualità e la battaglia degli opposti, già insita nel concepimento e nel parto (il parto cesareo darà luogo ad altri fenomeni, ma non migliora la condizione iniziale). Nel nostro corpo è in atto ogni giorno una battaglia, un cataclisma più o meno visibile che poi alcuni affronteranno nel film della vita in modo più spettacolare. La divisione è “conflitto”, non lo si celebra e non lo si deplora. Si ha l’impressione che genitori, società, media, religioni ci programmino sin da principio: siamo pecore ignare, siamo in una trance, d’accordo, ma non siamo stati noi stessi a cadere in questa trappola? “Siamo in questo programma” ...precotto, karmico, di un ineluttabile destino o ce lo siamo inventati di sana pianta, proiettandolo su un’ipotetica “realtà esterna” anch’essa di nostra esclusiva produzione? Possiamo incolpare, i vaccini, gli antibiotici, o le troppe sterilizzazioni, il fluoro e quant’altro (anche se è provato che indeboliscono il sistema invece di rinforzarlo) possiamo inveire contro gli antenati, l’inquinamento, l’indottrinamento mediatico o i poteri occulti, ma siamo sicuri che quello che osserviamo “là fuori” è veramente separato dalla nostra mente? O siamo sempre sotto l’effetto della mela avvelenata che sia quella di Eva o della strega cattiva? Ci auto-condizioniamo in modo tale che pochi si pongono la prima domanda se tutto questo è reale e poi se è possibile uscire dalla trance. È molto nota la risposta di un saggio alla richiesta di un discepolo che gli chiedeva un‘immagine della vita vera. “Una stanza fatta di specchi ovunque, in mezzo alla quale vi è una candela riflessa in un cristallo ruotante. Ogni specchio anche il più minuscolo produce una luce simile e dà l’impressione che vi siano milioni di lumini in moto. Se il padron di casa entra, lascia aperta la porta e il suo cane lo segue, questi abbaierà, ringhierà ai milioni di cani che crede gli abbaiano contro e finirà per morire!” Risalendo all’indietro alla ricerca dell’origine di tutto questo circo equestre, si rimane dapprima come sull’orlo di un baratro poiché la mente cerca sempre un oggetto, finché lasciamo la presa e “oh! miracolo!” ci ritroviamo nella nostra Vera Natura nell’ignoto che sempre siamo e che abbiamo rivestito di inutili ornamenti, maschere di un’energia potenziale inesauribile sempre in atto. A questo proposito traduco alcune frasi di considerazioni scientifiche confermate da varie fonti affidabili e ormai note: “Vediamo come nasce un’immagine che siamo soliti giudicare “esterna”: un panorama, un bambino, un incidente o un incontro. Tutto questo si produce, in realtà, in un punto oscuro nel retro del cervello di soli pochi centimetri cubici. Quando diciamo “vedo”, vediamo in fondo l’effetto che i raggi di varia natura formano nel nostro cervello e sono convertiti in segnali elettrici: osserviamo quindi solo i segnali elettrici nel nostro cervello. Il cervello è sigillato e il suo interno oscuro non ha nessun contatto con, né emette luce. Quando osserviamo una candela accesa davanti a noi, il retro del cervello è in assoluta oscurità. La luce della candela non illumina affatto il nostro cervello, né il centro della visione, eppure osserviamo una fiammella e un mondo pieno di colori e di forme variegate, ma sempre nel retro oscuro della nostra testa. Lo stesso dicasi per tutti gli altri sensi che sono sempre percepiti e sviluppati nel nostro cervello da segnali elettrici. Quindi noi non vediamo qualcosa di “esterno”, ma quello che si forma all’interno del nostro capo. Siamo ingannati nel credere di vedere materia “al di fuori” del nostro corpo. Quando osservi le stelle con un telescopio o un film alla TV, non sei IN una stanza come credi di essere, ma al contrario la stanza è… nei tuoi occhi. Vedi il tuo corpo e pensi di essere all’interno di esso, invece il corpo è un’immagine formata all’interno del tuo cervello. Allora come essere sicuri che un mondo “là fuori” esiste veramente? Non si può. Possiamo solo verificare le percezioni della nostra mente. (anche il cervello poi si rivela un’iridescente gamma di segnali, come una tastiera pronta ad esprimere un suono e che in ultima analisi è solo un meccanismo apparente) La stessa cosa dicasi per quanto succede nei sogni. Anche durante il sogno puoi vedere, toccare, ascoltare eppure non hai orecchie, mani, credi a una realtà materiale, ma sei solo ingannato poiché sei sempre rimasto tranquillamente nel tuo letto, mentre vivevi voli spaziali o feste danzanti indiavolate. Chi è all’origine o osserva questi sogni, questi inganni? La materia è altrettanto vuota quanto lo spazio che la contiene, anzi la parte invisibile si rivela infinita e senza limiti! Ogni minuscolo punto dell’universo contiene l’ILLIMITATO. I fisici scoprono la non-località: ogni cosa dappertutto e da nessuna parte. Si è scoperto il Grande Vuoto anche tra un’ottava e l’altra nei suoni e ognuna rappresenta una dimensione che poi si sovrappone a tutte le altre. Ma qual è la vera paura che si legge negli occhi di un fisico quando si parla di… “misura”? Da un punto immaginario o convenuto che cosa e dove si comincia a “misurare”? Se un punto di partenza è inventato (nascita o inizio) come può prodursi qualcosa? La Misura è la Madre, la Matrix o la Maya che per il sistema cinese è... il primo pensiero e corrisponde all’elemento terra! Il velo di nebbia è evaporato al sole della visione delle vera natura. Tutto proviene quindi dall’IGNOTO, è la Vacuità, ed è materializzata dalla prima vibrazione-pensiero IO-SONO, ma se si indaga a fondo anche questo si rivelerà l’illusione più radicata: la Matrix, LA MADRE DEL PRIMO PENSIERO, IL PRIMO INGANNO. Vedere questo è essere oltre la libertà. Isabella Di Soragna La Misura di Isabella Di Soragna - Ottobre 2016 Un giorno in autostrada, distrattamente rimugino su persone e vicende da risolvere: sto per sorpassare un grosso camion e osservo l’immensa insegna che copre la parte sinistra del mezzo. L’iscrizione è: MIRAGE. ECCO LA RISPOSTA! Quest’osservazione in apparenza banale, mi ha fatto capire che sia il Buddha sia il Cristo, i quali sono rimasti in meditazione per giorni e giorni in eremi o nel deserto, hanno dovuto subire le “tentazioni di Mara (maya) e di Satana (dualità)” che facevano loro credere ad una falsa libertà e al miraggio che invece erano. Solo “vedendo” chiaramente questo, hanno potuto essere davvero liberi, oltre la libertà, oltre la “misura” da cui tutto sembra dipendere. Allora mi chiedo: da dove nasce una “misura”? Da un punto, da un INIZIO. Questo punto, da cui si può iniziare a misurare, è deciso da un “concetto” di spazio e di durata. Se il punto è assente, ma solo un’imposizione momentanea della mente, anche il resto è relativo a quella immaginazione e quindi non è reale. Se si PARTE DALLO ZERO, (che è “assenza di”) anche le cifre che da esso derivano, sono necessariamente inventate. Perciò non è preciso dire che tutto è un’immaginazione, un’illusione, ma si tratta invece di vedere con chiarezza che se non c’è un inizio, non può nemmeno esserci né uno svolgersi, né una fine e quindi la causalità, su cui si basa la nostra vita, non trova posto. Il nesso causale presume una causa prima, o un inizio, una continuità e un finale. Pertanto la nascita è anch’essa un punto deciso arbitrariamente dalla mente (è un po’ l’uovo o la gallina?): è l’ovulo della bisnonna o lo spermatozoo di Adamo e/o... di chi prima di loro? Parliamo pure del Big Bang: se c’è stato, ci dovevano essere prima di esso elementi che potevano esplodere. Ecco perché la creazione era spesso rappresentata come un serpente che si morde la coda. Il cane o il gatto ogni tanto ci provano ancora senza risultato. Se l’atomo non è percepito e quindi “misurato” è sparso ovunque e da nessuna parte in particolare: solo al momento dell’osservazione può materializzarsi. Einstein considerò la materia come energia. Si potrà poi dire che la materia è fittizia poiché dipende da una percezione cosciente che si rivela anch’essa apparente, poiché anche l’osservatore è una supposizione e peraltro… introvabile! Inoltre poiché ormai è assodato che lo spazio-tempo è solo un concetto relativo o una convenzione e che inoltre se non vi è fondamentalmente un osservatore, (quel punto iniziale che si rivela fittizio) - tranne soltanto “un’idea” di esso - è naturale che anche l’osservato si dimostra un’illazione. Non solo non vi sono “altri’’, quindi tutto è me stesso, ma anche quel puntolino che credevo di essere e che si era allargato al cosmo intero e che pareva osservare da una distanza …è evaporato. Ogni tanto sembra ritornare, ma ormai la bugia è stata scoperta! Quando si va al cinema, prima c’è il buio totale, in seguito s’illumina lo schermo, su cui appaiono e si muovono personaggi che coinvolgono l’osservatore il quale - come nel sogno - è totalmente avvinto e desidera sapere “come se la caverà l’eroe?” Piange, trema, ma poi (spesso) c’è il bel finale. Si accendono le luci e tutto svanisce come per incanto. Così è la vita, già girata e contenuta nel minuscolo USB, la bobina-concepimento-io-sono che, messa in moto, rivelerà la lunga sceneggiata e che non puoi cambiare, anche se lo credi, ma solo assistervi e… sperare J. Da 0 a 100 anni (tempo apparente) si dà importanza a un senso-io che è inventato e non c’era mai stato e può sparire in una frazione di secondo. Come quando si rompe il televisore o si accende la luce nella sala cinematografica. Anche quando mi addormento profondamente, tutto scompare. Un leggero movimento crea lo spazio del sogno, poi emergono echi della giornata, ricordi frammentari che si traducono in avventure, discorsi, guerre e amori, catastrofi e banchetti gioiosi. Un forte rumore mi sveglia all’improvviso e un altro mondo riappare: emerge da memorie conservate nelle cellule, ma se la memoria è svanita, come in certe malattie, mi apparirà come un nuovo sogno. Lo stesso avviene nel neonato il cui universo è ancora confuso e non delimitato da elementi spazio-temporali, concetti ecc. La memoria – ormai i più grandi scienziati lo confermano – è un sistema cibernetico che dall’atomo (anche l’elettrone possiede già memoria) all’elefante e alle galassie cerca costantemente (anche se il processo è inconscio e lo si chiama felicità) di ritrovare la memoria assoluta dell’equilibrio integralmente potenziale e iniziale: quel potenziale… Assoluto che possiamo solo (concettualmente) definire ZERO. E non solo dicono che Tutto è solo un “grande pensiero” (James Jeans) ma che “Il vuoto fluttua in maniera aleatoria tra essere e non-essere… e secondo la scala quantica il vuoto è PIENO!” Queste sono anche le esatte parole di Nisargadatta Maharaj che certo non aveva nozioni di fisica quantica come Basarab Nicolescu! Inoltre ci si domanda: L’uomo sarà davvero un giorno definitivamente scomparso? O piuttosto si sarà finalmente totalmente “Realizzato”(anche se lo è già, ma è sommerso da strati mentali fuorvianti)? Se in un sogno notturno io apparissi e venissi a raccontarti che non è reale il fatto che stai precipitando in un burrone, non ci crederesti no? Lo stesso dicasi, in questa allucinazione costante, se ti dico che è un’ illusione credere che ti stai dissanguando per una ferita mortale. Questo non significa che devi per forza morire dissanguato - a meno che sia nello script - ma il tutto fa parte di un film già girato, da accettare com’è, appunto perché è solo un film. Un lungometraggio che parte da un’idea che sembra esistere, ma è solo un’apparenza, una nuvola che si dissolve al primo alito di vento. Se lo vedi senza incertezze, ne sei già fuori, come uno spettatore distratto. Anche se al cinema vedi il tuo eroe preferito che rischia di essere tradito, non puoi farci nulla, se è già impresso nel film. Sogni lunghi, corti, ripetitivi, sempre e solo ologrammi di un punto immaginario che si ripete a dismisura: un evento durante la gestazione si rivela il nucleo di malattie e crisi future, false memorie soppresse e dimenticate, ma che l’unità sempre soggiacente vuol riunire e sciogliere. Stanislav GROF, con i suoi numerosi esperimenti su pazienti, ha potuto sempre verificare che vi erano in ogni problematica seria un riferimento ad una fase della gestazione e della nascita. Tsunami, eruzioni vulcaniche, terremoti erano vissuti in una particolare fase del parto. Il senso d’imprigionamento, di blocco senza uscita e di soffocamento, era un’altra fase. Le ultime forti contrazioni uterine determinavano una fase di atroci e sanguinose battaglie. La nascita vera e propria, invece, un senso di liberazione totale. Quella del ricordo della vita fetale nel liquido amniotico era invece un’esperienza di benessere totale, estasi ecc. Tutto questo poi si rifletteva sotto infinite sfaccettature nella vita dell’individuo, ma soprattutto quella fase in cui più si era sentito “bloccato’’. Ripeteva all’infinito sia un senso di prigionia sia di maltrattamenti, fino ad arrivare alle catastrofi naturali nella “cosiddetta’’ vita vera. Se riusciva, sotto l’effetto sia dell’LSD sia poi con la respirazione olotropica accelerata, a rivivere accogliendolo il punto doloroso estremo, questo si ripercuoteva favorevolmente nella vita quotidiana, eliminando situazioni ripetitive di stress spesso inspiegabili altrimenti. Il filo dello spazio e del tempo sembra snodarsi in giorni o millenni, ma è immaginario. Se questo non solo è compreso, ma verificato nei dettagli, che cosa succede? Allora tutto scompare come una grande gigantesca o infima fantasmagorica messinscena senza scopo o realtà, pur manifestandosi ancora sulla nostra cinepresa-schermo gigante. Quello che rimane? “L’Ignoto”: quello che siamo prima del concepimento, durante e adesso – poiché il tempo è scomparso - e che, come una fata morgana o illusionista esperto, produce quel sogno che si spezza parzialmente durante il sonno profondo e poi definitivamente quando il respiro ci lascia. Un teatro magico, ma inconsistente, che ci fa soffrire o diverte per un po’ e poi lo abbandoniamo perché non ci crediamo più. Anche il NULLA non potrà mai più farci paura, anch’esso è solo un’idea che fa parte del conosciuto e del sogno. Da “LE ALI DEL DESIDERIO” – tradotto dal film in tedesco di Wim Wenders: Quando il bambino era bambino, se ne andava a braccia sospese, voleva che il ruscello fosse un fiume, il fiume un torrente e questa pozza il mare. Quando il bambino era bambino, non sapeva di essere un bambino, per lui tutto aveva un’anima e tutte le anime erano un tutt’uno. Quando il bambino era bambino su niente aveva un'opinione, non aveva abitudini, sedeva spesso con le gambe incrociate, e di colpo sgusciava via, aveva un vortice tra i capelli e non faceva facce da fotografo. Quando il bambino era bambino, era l’epoca di queste domande: perché io sono io, e perché non sei tu? perché sono qui, e perché non sono lì? quando comincia il tempo, e dove finisce lo spazio? la vita sotto il sole è forse solo un sogno? non è solo l’apparenza di un mondo davanti al mondo quello che vedo, sento e odoro? c’è veramente il male e gente veramente cattiva? come può essere che io, che sono io, non c’ero prima di diventare, e che, una volta, io, che sono io, non sarò più quello che sono? Isabella Di Soragna Prima della coscienza di Isabella Di Soragna - Luglio 2016 PRIMA della COSCIENZA c’è un mondo reale e “Il mondo nebuloso degli atomi si materializza solo se c’è un osservatore”. In mancanza di quello, nulla si manifesta. (Niels Bohr) L’osservatore è ancora un’illazione, da dove viene, che cos’è? Anch’esso scompare se investigato e allora? Quando NON vi era coscienza (sensazione di esserci) non vi era sensazione di mancanza. Né vuoto né pieno. Anche uno stato di perfetta beatitudine e unità implica una separazione: vi è l’osservatore e quello che si osserva e si rimane nell’inganno della dualità, dell’attaccamento, del desiderio e quindi si nutre la sofferenza. Torniamo indietro, almeno prima del concepimento. Un ovulo e uno spermatozoo infinitamente minuscoli s’incontrano: da dove vengono? Dal cibo di due individui maschio e femmina, yin e yang, positivo e negativo (i nomi sono infiniti, ma la sostanza è la stessa). Questi “individui” provengono anch’essi da simili origini microscopiche e così via si può risalire all’infinito: a Adamo ed Eva, al Big Bang? Prima ancora? Noi siamo impantanati in un processo lineare, causale, legato allo spazio-tempo, diamo nomi e etichette stabili, ma bloccanti a un processo che si svolge solo qui e ora. Il passato è memoria …attuale poiché si sperimenta solo adesso. Cosa “nasce” veramente? Una forma che cambia costantemente: la etichettiamo come embrione, feto e così via, vogliamo fissarla in questo o quello, ma che in definitiva ci sfugge. Se si riflette bene, nasce un qualcosa o si ripete un dato in infiniti modi e forme diverse? Questo qualcosa poi proietta su uno schermo immaginario un mondo (paesaggi, famiglia, eventi a cui si dà un’importanza enorme poiché si caricano di memorie) che – ormai è risaputo - è solo un gioco di neuroni che si agita nel retro del nostro cervello. In definitiva, indagando senza proiezioni mentali, possiamo invece affermare che nasce… solo il tempo e lo spazio in cui avviene? Lo spazio e il tempo sono costrutti mentali e quindi sono… inventati o al massimo imparati. Sono convenzioni, abitudini pratiche, ma immaginarie. Allora com’è possibile definire che “è nato” il tale o il tal altro e costringerlo in una forma che può sparire in un attimo? Sono solo convenzioni, utili per comunicare, ma costruite dal pensiero, apparenti e non reali. In sostanza si tratta di voler CREDERE, il che SIGNIFICA IDENTIFICARSI A “QUALCOSA”: DIVENTI ALLORA ‘’QUESTO O QUELLO’’ MA TI FRAMMENTI, ti separi, quindi soffri e vivi la mancanza dell’altro. Ma è una veduta falsa, la dualità è un concetto, non esiste che nel credere: se sei intero, completo, non ti può mancare nulla. TOGLI IL “CREDO’’ E QUELLO CHE RIMANE è l’Inconcepibile, inseparabile Sorgente che sei/siamo. Su questa Base Inconcepibile (se tentiamo di afferrarla per farla diventare oggetto, si divide e crea il senso di mancanza, desiderio, sofferenza) appare un vago senso di presenza: è il primo pensiero, l’etichetta iniziale che crea un oggetto diverso. Questo cartellino lo aggiungi alle sensazioni della primissima infanzia che impari a considerare come forma specifica, a cui si dà un nome e che costantemente è memorizzato da processi nervosi. La fabbrica del tempo è in moto. Anche se poi alcuni ritengono che dire “non esisto, non sono un corpo” sia sufficiente a cancellare le impronte mnemoniche, è necessario invece una caparbietà incessante e paziente per destrutturare la figurina inventata - ma ahimè così presa per reale – del corpo fisico alimentato costantemente da inveterati e cementati concetti. Che cos’è dunque questo corpo che man mano si è sviluppato sotto la stessa insegna di “io-il-tal-dei-tali”, dopo l’inconsapevole gestazione dell’ovulo + spermatozoo? Una serie di sensazioni ben schedate, memorizzate in un insieme unico che cerca di mantenersi, di sopravvivere con qualunque stratagemma: benessere fisico, affetti, poteri e controllo. Il comune denominatore: la paura che prende tutte le forme, dall’ansia di arrivare, all’angoscia di perdere ecc. l’identificazione dovuta al credersi un’entità separata ormai è totale. Il cervello rettiliano, di pura sopravvivenza in caso di pericolo vero, si diffonde e diluisce in ogni attività e si accaparra di persone o cose, desidera costantemente qualcosa, credendo di proteggersi da un pericolo costante. La giostra che gira, sembra fare molta strada per il bambino in groppa al cavalluccio, ma gira solo su se stessa all’infinito. E l’infinito NON ha inizio e quindi non ha fine: è sempre qui, ora. Allora si potrà dire che “crediamo” di essere stati concepiti, nutriti dal cordone ombelicale e poi strappati dal seno materno e partoriti: in realtà “crediamo” di respirare da soli, ma siamo ancora legati al cordone ombelicale dell’aria, dell’ossigeno - che ci lega al genere umano e animale - senza i quali si sparisce per sempre. Certo, si può inventare l’aldilà come l’al di qua, le memorie di altre vite, per confortarci di dover perdere un’abitudine, una curiosità o una speranza di ripetere qualcosa di piacevole ecc., ma sono solo altre convenzioni, immaginazioni della trottola che gira su se stessa finché, esaurita l’energia, si affloscia e si ferma. Se l’inizio si rivela inesistente anche la fine non ha più senso. Tutto questo accade perché ci incolliamo l’etichetta “nato’’, “sono il tale”, o “morirò”, ma se l’etichetta del prodotto rivela che è già scaduto, tutto questo si dimostra evanescente come un sogno. Quanti “parlano” di illusione del mondo, della maya, ma ne sono veramente convinti o è solo un modo di …distinguersi ancora meglio? Si tratta solo di verificare che abbiamo stabilito arbitrariamente un inizio, ossia una misura, per funzionare in questo vistavision, ma non possiamo prenderlo per oro colato, per verità assoluta. Gli scienziati moderni stanno cercando di risolverlo a modo loro, ma s’intravede una grande paura e un abbarbicarsi a complicati studi matematici per qualcosa che è in realtà… prima di qualunque valutazione o cifra - che come già detto - viene dall’arabo zifr, ossia zero. (In realtà anche il “prima’’ è un concetto astratto.) In un terreno senza ombra di vita appare a un tratto una fogliolina, poi uno stelo, un fiore, un frutto e un albero. - Proviene da un seme - dicono tutti... e il seme da dove è apparso? Se l’osservatore – come affermano i saggi e i mistici e ora anche gli scienziati più seri - è un’invenzione o un miraggio, anche l’osservato, ossia il corpo, il mondo sono solo un’allucinazione collettiva, molto ben ancorata, ma se si fa davvero attenzione, da qualche crepa s’intravede la realtà. Ecco che tutto si rivela il solito continuo girotondo senza scopo, un gioco di risonanze senza nome, come quello di un sogno notturno che appare all’improvviso, ma non ha mai avuto inizio né fine. Meglio lo spiegano alcune frasi di Shri Nisargadatta Maharaj (dalla raccolta di Jean Dunne) Visitatore: Puoi vedere il mondo senza la presenza dell’ego? Maharaj: Quando c’è un ego? C’è quando ci sono certe reazioni, accetti tutto quello che è osservato spontaneamente, ti aggrappi, lo registri, allora soltanto c’è un “ego”. C’è del materiale da costruzione sparso per strada: tu credi di essere un falegname ed inizi ad immaginare come usare quel materiale. Così inizia il processo del pensiero, ecco l’ “ego “ che comincia. Se non sei “nessuno”, non ti curi affatto del materiale da costruzione, lo osservi soltanto e continui la tua strada. Quando è fuori dalla tua visione, lo dimentichi, ma se accetti la consegna, ci rimugini su, e l’”ego” è cominciato. V: Durante la veglia, come posso perdere del tutto la sensazione del mondo ed essere solo il Sé? M: Dovrai consultare il sole. Chiedigli: -Come puoi liberarti della tua luce?- La luce è la manifestazione del sole. Puoi separare la luce del sole o il sole dalla luce? A causa del sole c’è la luce, poiché tu sei, c’è anche il tuo mondo. Poiché accade lo stato di testimone, allora ci sei; poiché ci sei, il testimone è sentito fortemente, poiché c’è il sole c’è la luce. Se non c’è testimonianza, dov’è il testimone? Rimani lì. V: L’essere è il testimone? M: Ci sono due tappe della testimonianza: l’essere è testimone di tutta la manifestazione, ma la testimonianza del senso di essere o coscienza, succede al principio eterno, l’Assoluto. Il senso di essere poi è trasceso, ma è a disposizione (se necessario). Come un cervo accaldato che trova la frescura sotto un albero: l’ombra non è né nera né chiara, si può dire che è una via di mezzo di un’immagine del blu scuro, da cui però tutto deriva, ma che non chiede nulla e non è implicato in nulla. L’essere tuttavia è disponibile quando richiesto. Lo stato naturale è il più alto: stabilisciti lì. Sii paziente! Isabella Di Soragna Crediamo nella concretezza di un mondo onirico di Isabella Di Soragna - Ottobre 2018 I miti, le favole, le civiltà antiche, la scienza moderna, sono arrivati alle medesime conclusioni: ci trastulliamo con le proiezioni emanate dal nostro cervello prima della nascita e le rinsaldiamo con le memorie acquisite e inculcate durante il primo periodo di esistenza. Il neonato, il bebè dei primissimi anni di vita, vive tranquillamente in un mondo di sogno, o autistico se si vuole, senza separazioni, né definizioni. Tutto è dentro di sé, com’era nel ventre materno, unito al cordone ombelicale. Anche se, nascendo, dopo le fasi dolorose del parto, i polmoni nuovi gli regalano tutta l’aria circostante, si trova sempre immerso in…se stesso, in un’orgia di colori e suoni che non percepisce come separati da sé. Per funzionare nel quotidiano, la realtà onirica dall’infanzia in poi è repressa, è considerata socialmente negativa e ricostruita secondo uno schema consensuale alla società in cui vive. Il metodo è convalidato dall’apprendimento del linguaggio. Le parole sono utili per designare, ma sono ‘’simboli’’, non realtà. Ci aiutano, ma ci chiudono in una scatola da cui poi non usciamo più. Alcune vibrazioni diventano colori (anche se alcuni soggetti continueranno a vederle diverse come i daltonici), le sensazioni concetti, le emozioni inespresse scendono in fondo all’inconscio. Tutto è schematizzato, diviso, incasellato e il cervello lo memorizza e in seguito indottrina i suoi simili. Perché tutto questo, detto in parole molto…povere? Trovare un senso di appartenenza e di protezione, per non essere esclusi. Le antiche civiltà, gli aborigeni e tante altre, vivono in un certo modo in comunione costante tra di loro e con la natura, considerandosi parte integrante di un tutto, dove la telepatia è un fatto naturale e altre facoltà che a noi sembrano soprannaturali, magiche o addirittura malattie psichiche da combattere. La trance, anche indotta da droghe, era usata per tornare in fondo alla sorgente della vita e poi comunicare meglio quanto doveva essere a conoscenza di tutti. Gli sciamani dei vari continenti, sopravvissuti agli stati più paurosi, erano quelli più dotati: se si dimentica il gergo usato – comunicare con gli dei o gli spiriti, volare da un luogo all’altro, guarire, le danze rituali (poi integrate in religioni ufficiali) – era solo un modo di captare ciò che non tutti riuscivano a fare, per rimanere in contatto con la realtà vera sottogiacente e difficilmente esprimibile col linguaggio quotidiano. Lo stato di trance rimaneva evidente, come nell’infanzia e in altri stati ipnagogici e poi con gli allucinogeni come peyote, mescalina ecc. La realtà imparata, frazionata, divisa, ritrovava l’unità indifferenziata com’era nel ventre materno (feto-madre). Don Juan, il maestro di Carlos Castaneda, confermò a lui - con esperienze dirette e spesso terribili - grazie a conoscenze ataviche, che quello che gli era stato insegnato nella cosiddetta “civiltà occidentale”, era una chiusura in un mondo fittizio: in seguito esso veniva confermato e imposto con la forza, dalla religione monoteista e missionaria. Era il modo per controllare dominare i popoli. Gli spargimenti di sangue, i martirii degli amerindiani e di altre civiltà che non volevano sottoporsi alla dittatura mentale, sono noti. Il mondo della trance e delle droghe - non si tratta di quelle ingerite per curiosità o divertimento! bensì di quelle prese ritualmente e in conoscenza di causa – ma anche quello costruito dalla società in cui si vive, si sono poi rivelati altrettanto…reali! Era tuttavia importante aprire il consenso ad altre visioni per poi poterle oltrepassare. Aldous Huxley, nel suo “The doors of perception” (Le porte della percezione) in cui assume in piena coscienza e buona salute il peyote, descrivendo ogni istante del processo, ci conferma come appare il mondo reale, senza inibizioni o travisamenti dovuti all’educazione. Le droghe, si sa, sono anche nel nostro organismo. L’importante, in tutte queste esperienze, era di farci uscire dal mondo consensuale cui siamo stati abituati, per farci accettare dal microcosmo familiare-sociale e… viceversa. Ecco perché si etichettano e si condannano le differenze, confinandole nel mondo della patologia da curare con mezzi estremi. Autismo, schizofrenia, epilessia ecc. nel mondo occidentale - salvo pochi esempi di vera comprensione e cure adatte – si tratta di confinare quegli individui in cliniche o riempirli di altre “droghe”, ma non è il miglior modo di risolverle. Ci siamo quindi incatenati in un bozzolo virtuale, solo a volte confortante, ma spesso doloroso in una ricerca frenetica di “riunione” con un simile e la cui perdita diventa un trauma insostenibile. Ma è altrettanto vero che il desiderio di rompere la liana parentale (che si protrae - dovuto alla memoria - nella coppia o in altro legame, anche se penoso) è sempre stato per molti una necessità. Anche il solo fumo di sostanze “leggere”, è un modo di staccarsi non solo dalla routine opprimente del quotidiano, ma di distendere i... neuroni sovraccarichi da intrusioni verbali. I bambini – spesso troppo sollecitati da dictat mentali - lo fanno spontaneamente, fuggendo in stati naturali di trance o addirittura in episodi di epilessia. Ci sono infinite “prove scientifiche” che il mondo che ci siamo costruiti, non è là fuori, ma solo una “proiezione” di dati contenuti nel retro del cervello sullo schermo (immaginario) dell’orizzonte. Un esempio noto è quello dei bambini abbandonati, allevati da animali. La loro realtà non coincideva per niente con quella che in seguito hanno cercato di insegnare a loro. Sono tutti morti in giovane età. Una bambina indiana trovata in una foresta, allevata da un branco di lupi, continuò fino alla fine a ululare a ore determinate e di nascosto andare a rubare qualche gallina per strapparne la carne: arrivò a mala pena alla maggiore età. In tutt’altra sede, il fisico che cerca l’origine della materia, arrivando a “scoprire” di volta in volta con calcoli infiniti, l’esistenza di un nuovo elemento, troverà…quello che immaginava, dopo anni, ossia quello che già “sapeva” e che ha materializzato. In effetti, non scorgerà mai l’origine, ma solo il suo “sapere-pensiero” o l’ “osservatore”, creatore dell’atomo-come lo definisce N. Bohr: In assenza dell’osservatore l’atomo è un fantasma. L’elettrone è… ovunque, solo se l’osservi si fissa e diventa percepibile. Ecco perché nessuno, né scienziato né filosofo, ha mai trovato la sede o origine della coscienza. Si sono scritti trattati voluminosi, senza arrivare mai a conclusioni valide, al massimo si scopriva che il cervello era più rapido del nostro… volere consapevole e un’azione avveniva una frazione di secondo ‘’dopo’’ che il cervello l’avesse decisa. E dove sarà finito il tanto decantato “libero arbitrio” e …di chi? Ne possiamo dedurre che se nel più profondo di noi stessi, anche inconsapevolmente, siamo ignari della nostra sorgente, né lo ‘’sapremo’’ mai, tutto quello che ci appare dopo la nascita e l’educazione, si rivela non appartenerci, allora cerchiamo di rivivere questo fatto, sia con l’immersione nella meditazione, nella preghiera, nella trance e nella... droga. Lì c’è una sottile speranza d’incarnare-vivere questo “ignoto”, che per noi era naturale durante la vita fetale e nei primi mesi di vita, poiché eravamo il Tutto non ancora diviso dal “sapere di essere”. Non siamo mai stati in un corpo, ma ci ostiniamo a identificarci con un burattino o con un concetto di “io” che non si trova mai da nessuna parte! Siamo “oltre”, ma ci hanno (siamo) condizionati a sentirci incastrati in qualcosa che si rivela mutevole e transitorio, che chiamiamo materiale e reale, ma togliendone il nome, analizzato e approfondito, diventa sinonimo di vacuità - falso. La paura di morire è la stessa cosa. Abbiamo paura di perdere, non il corpo - che è materia, resa mobile dall’ossigeno e dal respiro - che si disintegra anche alla sola osservazione scientifica - ma quella sensazione etichettata come concetto inesistente di “essere”. Se prendo una moneta e la faccio girare su se stessa, vedo solo un movimento senza distinguerne le due facce. Solo quando si ferma e la posso “osservare”, diventa visibile sia l’uno sia l’altro lato. L’esempio della fede nei cosiddetti “miracoli” che accadono, anche se attribuiti a divinità o altro, mostra che ciò in cui crediamo profondamente, senza l’ombra di un dubbio, si rivela nel vissuto. Avendo così definito in breve l’esistenza di questi due “stati” paralleli, è importante tuttavia superarli, poiché sono entrambi… un miraggio. Nascita, vita, morte sono apparizioni passeggere, avvolte in uno spazio-tempo che si è rivelato relativo, ma spesso sembra utile dis-identificarsi per mezzo di metodi “non-ordinari” di coscienza, per vederne l’assurdità e inconsistenza. In una versione ancora più semplice: come faccio a provare la mia “paura” inespressa se non trovo qualcosa che la eccita? Inoltre ciò è strettamente legato alla memoria, come le altre emozioni. Se non ricordo ciò che m’incuteva paura, come faccio a riconoscerlo? C’è sempre un supporto esterno che stimola l’emozione, eppure è solo farina del nostro sacco. Il nostro nemico più terribile si rivela essere solo la nostra ombra repressa. Diventa negativa, appunto perché cacciata via. Accolta, essa si rivela il nostro potenziale inespresso, al quale non potevamo identificarci. Difficile da accettare che chi è stato oggetto di violenza, mantiene in sé la forza che non è mai riuscito ad esprimere: eppure lo dimostrano le ricerche in vari campi. Si verifica quindi che lo spazio-tempo è solo una spessa cornice che racchiude i concetti a cui siamo appesi, per non far evaporare il quadro evanescente della falsa realtà. Fatte queste considerazioni, c’è solo da cambiare ottica: la coscienza - corpo-mente continuerà a eseguire il suo lavoro, visto che ormai si sa che è il programma (cervello) che ha già deciso fin dai primi istanti quello che l’ologramma dovrà fare, ma non c’ingannerà più e soprattutto uno tsunami di libertà invaderà finalmente il terreno, finora nelle mani di un intruso. Note sulla Realizzazione di Isabella Di Soragna - Ottobre 2015 La Realizzazione c’è sempre, è INDIVISIBILE, dunque INCONOSCIBILE. Per “conoscerla” si separa il soggetto che conosce da quello conosciuto. Non ci sono "realizzati”, perché non esistono più “persone”, ma la Realizzazione si manifesta totalmente sempre: in apparenza - sembra - solo per pochi che la vivono consapevolmente senza l’illusione della molteplicità. Quindi il “realizzato” è un concetto illusorio come il "concetto’’ di Assoluto. Siamo ‘’Quello’’, inconsciamente o meno, ma non ci sono "realizzati”, lo si dice solo per poterlo comunicare. E se c’è comunicazione attraverso i concetti c’è logicamente divisione, misura, falsità. Sapere = dividere. Se conosco, oggettivo “qualcosa” quindi divido e creo un’illusione. Ecco perché è giusto dire: “Non so nulla’’, perché questa è la suprema ultima verità. Si usano concetti per INDICARE il + e il -, ma sono le due facce della STESSA MEDAGLIA. L’Io-sono, il senso di essere, fa parte del ‘’cibo-corpo’’ ed è falso, ma “VESTE L’INVISIBILE” che altrimenti non potrebbe manifestarsi, ossia essere “conosciuto”, tuttavia l’Assoluto invisibile rimane intoccabile e immutabile. Esso non nasce e non muore ed è Quello che siamo sempre. Purtroppo ci identifichiamo a quanto ci hanno insegnato, a un piccolo essere che passa la vita ad inventarsi “altri e altro” e quindi a crearsi problemi e sofferenza. Se vediamo un film in cui avvengono scene di orrori e guerre o di luoghi paradisiaci e esseri angelici, proviamo emozioni, ma sappiamo che è un film che scorre su uno schermo neutro, il quale non è toccato né da quelle scene né da quei personaggi: esso accoglie e lascia andare, rimanendo uguale e immobile. E noi rimaniamo spettatori della “proiezione”, ma poi ci dimentichiamo di quanto abbiamo visto. Lo stesso dicasi di quanto succede al risveglio la mattina. Il proiettore (io-sono) si accende e proietta sullo schermo-spazio - creato dalle cellule nervose - il contenuto del film interno, (memorie, sensazioni, desideri a cui sono state incollate etichette o meglio concetti) dimenticandosi che quanto vede o percepisce, è solo costantemente farina del proprio sacco. Sono soltanto il gioco di vibrazioni e interferenze già contenute nel suo proiettore in cui vi è già tutto il film. ORA. Dal concepimento alla morte. In effetti si è scoperto che al momento del concepimento vi sono già tutti gli elementi potenziali custoditi dai genitori e vissuti in quel preciso momento e che poi prenderanno forma. In seguito, prima della nascita, la forma si concretizza sempre meglio nel ventre materno e le varie vicende del parto e le reazioni connesse del feto lo dimostrano bene: le fasi della nascita si ripeteranno in mille modi simili, durante l’arco della vita futura. Il tutto è reso poi più concreto e percepibile a partire dai due o tre anni, quando il sistema psicosomatico e l’apprendimento dell’io-sono-il tale si fa strada. La foto-gomitolo del concepimento poi potrà dipanarsi nell’apparente spazio-tempo, creato dal sedicente individuo che continua eternamente a…guardarsi allo specchio, mentre crede di vedere “altro da sé”. La schizofrenia è iniziata. Ci si arrabbia o si gioisce grazie ad un’immagine allo specchio che muovendosi crea l’impressione di molteplicità, durata e località. In realtà si ripete all’infinito in mille sfumature(qui e ora) il momento del concepimento, dato che lo spazio-tempo è creato dal sistema nervoso. L’immagine nello specchio è noi stessi, non sono due facce diverse. Ci dimentichiamo che è uno specchio e costruiamo una favola piena di avventure, ma dimentichiamo che ci appartengono. Nel nostro specchio-gomitolo proiettiamo genitori, vicini di casa, avventure, notizie politiche, serie televisive come se fossero “esterne” e ci auto-ipnotizziamo in esse. Se la nostra immagine interna si rivela inesistente o un’illusione ottica, anche il resto segue. Niente “io”, niente mondo. Pur continuando ad osservarlo attraverso il sistema psicosomatico, non ne siamo più illusi. Lo dimostrano i temi astrologici (anche numerologici) che mostrano come al momento della nascita il gomitolo inizia a srotolarsi e pur restando ferme le energie-base del concepimento e del parto si attivano i riflettori che illuminano qua e là nel tempo (illusorio) il processo vitale con le varie tendenze e memorie. Se si potessero osservare con esattezza le configurazioni al momento della fecondazione dell’ovulo, si avrebbero conferme certe del programma. Ma comunque il tema è sempre lo stesso: prima, durante e dopo. È infatti interessante verificare quello che le persone dicono di amare o odiare o quello che giudicano o le persone che frequentano, perché sono solo le loro ombre e pur credendo di vivere cose assai diverse non fanno che reagire a se stessi e ripetere inconsciamente lo stesso identico schema pre-natale. Ecco perché si dice che il saggio non vede differenze e pur non diventando uno zombi insensibile, osserva tutto il film con amore, ma lo lascia girare senza intervenire in modo diretto. Se c’è un vetro trasparente a volte rischi di sbatterci la testa e non lo ‘’vedi’’, ma se lo colori di vari colori , lo vedi e lo tocchi…è un po’ come incollare delle immagini di uccelli sul vetro trasparente per evitare che gli uccelli vi sbattano contro. Così l’Assoluto prende la veste dell’io-sono per mostrarsi e dal quale prendono origine tutti gli ‘’abiti’’ possibili per essere visti, sentiti ecc. ma in definitiva “non È” quella forma, è immutabile e sempre presente (SENZA PASSATO, PRESENTE O FUTURO) e senza le tre forme: coscienza, veglia, sonno. Quest’idea non è nuova: sono stati girati dei film in cui il personaggio principale era diventato invisibile e per mostrarsi … doveva mettersi un cappotto! I concetti velano l’Invisibilità, la oggettivano in milioni di colori, ma servono anche ad aiutare a “smascherare” le falsità e le illusioni. Farne uso nel quotidiano non significa identificarsi ad essi. Nell’Assoluto non può esserci un‘’testimone’’ perché non vi sono più né soggetti né oggetti (divisione-maya). Né essere né non-essere… altrimenti SI RICADE NELL’OGGETTIVAZIONE. Affermando “IO (-sono)” si assume la soggettività assoluta della Realtà invisibile e indivisa, ma ci si identifica erroneamente al mantello, in realtà si crea sia un osservatore fittizio (a cui ci si aggrappa come ad una inutile ciambella) sia un ‘’oggetto’’ da contrapporre, ricadendo nell’illusione. “Tutto è Dio” dicevo da bambina e nella solitudine, dunque implicitamente, non esistevo come ‘’essere separato da Lui”… poi il catechismo, l’educazione, la scuola hanno rovesciato la certezza e creato l’imbroglio. Il fisico moderno ha “scoperto” che, SENZA OSSERVATORE, LA MATERIA (l’atomo) NON ESISTE. Pochi l’hanno integrato, mentre la maggior parte degli scienziati continuerà ad agitarsi sull’origine, sul Bosone o il Big Bang: NON lo troveranno mai, o meglio troveranno sempre quello che pensano o credono di essere, in quell’istante eterno. Come dimostrato, potranno solo…osservare il proprio senso di essere. Come il cane che morde l’osso fino a far sanguinare le sue mandibole e così crede di mangiare qualcosa! SENZA SENSO DI ESSERE (osservatore) Né CORPO Né MONDO. Il sonno profondo ne è una dimostrazione in cui tutto scompare, dato che la fabbrica d’ immagini è momentaneamente sospesa, ma non ne usciamo spaventati, anzi. La paura sorge se ci sentiamo separati, indifesi: nella sconfinata totalità che siamo la paura non ha posto. E questo lo siamo non solo nel sonno profondo, ma in ogni istante della veglia e del sogno. Solo che lo dimentichiamo! Al risveglio la mattina riappare il senso di essere che si rivela in ultima analisi solo il primo concetto, quindi un’astrazione. Da questa idea nascono tutti gli altri derivati mentali: il corpo e il mondo sono sensazioni momentanee dei cinque elementi, solidificate da pensieri e memorie. Farne uso, certo, ma senza identificarsi, significa essere al di qua, prima(dentro o dopo) o meglio da nessuna parte. In definitiva: il corpo, il mondo, sono proiezioni del film interno e sono creati dall’immaginazione, come le stelle e i corpi celesti del firmamento che lo...rendono visibile. Lo spazio è nella cattedrale, nella capanna, ma se queste sono distrutte lo spazio non cambia! Insomma l’Assoluto invisibile si diverte a mandarci la sua “Pubblicità” ma noi la confondiamo col prodotto vero!!! Come fa il nostro apparato psicosomatico a percepire la realtà oggettiva? A partire dai due o tre anni, il bambino, dopo essersi confuso in modo quasi allucinatorio con quanto sembra circondarlo, inizia a creare uno spazio e una durata in cui gli oggetti sembrano stagliarsi. Lo spazio avvolge l’oggetto, non ne è mai distinto, e il tempo fa sì che l’oggetto possa essere visto in sequenza lineare non solo per una frazione di secondo, poiché altrimenti la mente non potrebbe coglierlo. Lo spazio-tempo quindi è inventato dal sistema nervoso per dar forma al film e noi ne siamo completamente avvolti e avvinti, mentre la memoria lo cementa con abitudini e reazioni. In realtà tutto accade simultaneamente in un gioco di riflessi, come nell’acqua. È nota la famosa immagine del tempio costruito all’interno con infiniti specchi, in cui un uomo entra con una lampada e si vede in mille posture diverse, mentre un cane entrato per caso inizia ad abbaiare e ringhiare ad ogni singola immagine di sé e ne muore di fatica!! Quest’ultima immagine ci ricorda il gioco delle proiezioni della nostra ‘’ombra’’, qualità o difetti, con cui la nostra immagine conscia non s’identifica, ma che non va persa, anzi ci ritorna amplificata e peggiorata dal cosiddetto ‘’esterno’’, finché non la ringraziamo e la integriamo. La collera diventa depressione (collera contro di sé) l’aggressività diventa paura, l’eccitazione diventa ansia ecc. Il fuori e il dentro (solo concetti) mostrano la costante unità dell’io-sono che prende tutte le forme, ma non è mai diviso. L’apparente molteplicità è solo immaginazione dovuta alla falsa divisione iniziale: io - tu - voi. Una donna che da tempo meditava con rigore, ebbe la visione di un cane furioso che le si avventava contro. Folle di paura smise di meditare, senza accorgersi che proprio la meditazione era riuscita finalmente a rivelarle quanto aveva soppresso da tanti anni: la sua volontà di vivere e affermarsi si era infine rivelata e poteva sciogliere il nodo depressivo che la tormentava. Di esempi simili ce ne sono tanti. L’essenziale è tornare indietro, retrocedere, come consigliavano Ramana Maharshi e Nisargadatta Maharaj. Entrambi non si consideravano “persone”, ma solo megafoni nella piazza dell’illusione e che chiedevano a tutti di dimenticare per vivere la Realtà senza appigli esterni o meglio morire prima di morire. Realizzare profondamente che non siamo mai nati, ma siamo solo apparizioni fugaci nel cinema del tempo, significa inchinarsi e sparire come ombre al crepuscolo prima della notte. “L’ignoto è ciò che siamo” - diceva U.G. Krishnamurti: questa frase riassume tutti i lunghi discorsi e invece di spaventarci ci dà un senso di infinità libertà. Anzi ci mostra che siamo sempre… oltre la libertà. Isabella Di Soragna Pensiero, memoria, spazio-tempo …miraggi? di Isabella Di Soragna - Dicembre 2014 Sono cosciente, esisto…ma solo se lo “ penso “, se “lo so ”. Il pensiero crea, definisce, inquadra una certezza, quella di esistere. Ma…se non c’è pensiero, esisto o no? (Prima dei due anni il bambino non ha la sensazione dello spazio e del tempo, non sa di esistere perché non lo “pensa”) Se elimino pensiero, associazioni, etichette, memorie… esisto? non esisto? o nessuno dei due? Al risveglio la mattina, vi è per primo una sensazione di “esserci” (che è il primo concetto anche se vago), poi i pensieri appaiono a profusione dopo la prima auto-convinzione-definizione che ‘’esisto’’… come pesci che guizzano e poi scompaiono, come farfalle o moscerini che - grazie alla memoria - continuano a farmi immaginare e a convincermi che ‘’sono un corpo e una mente”, mentre invece fanno parte del film che mi sono inventato, subito dopo l’apparizione del primo pensiero che ricopre o nasconde all’istante questo ‘’non-so-che-non-so’’ in cui poi mi ri-immergo addormentandomi. Tutto o.k. ma perché prendersi per quello che non siamo? In realtà continuo a dormire anche… al risveglio, ma non lo realizzo! Anche se i neo-advaitin ti ripetono fino alla nausea che “non sei l’agente’’ e vi è solo l’emozione di tristezza, paura o collera ecc. è ancora il più gran tranello mentale! CHI OSSERVA L’EMOZIONE? CHI REAGISCE PUR NASCONDENDOLO? È IL PRIMO PENSIERO: ‘’IO” (ben camuffato ma ben reattivo!). Anche l’affermare “non c’è un io che reagisca’’ è un’ipocrisia tipicamente mentale. Per smantellare totalmente l’ego ci vuole un agguerrito Sherlock Holmes della Realtà! Si può solo “vivere” ogni istante l’Assoluto (che già siamo), non saperlo o immaginarlo attraverso una camuffamento di “realizzazione”. Il pensiero quindi è “tempo”. Non si può ”pensare”, se non vi è una nozione di tempo quindi di spazio e dunque di “memoria”. (v. articolo su questo sito: Tempo/eternità - Spazio/infinito) Vediamo cos’è in fondo la memoria. Grazie all’aiuto di eminenti cibernetici e scienziati, in un lungo e complesso articolo “Avant la vie la Mémoire” (tr. Prima della vita, la memoria), Ida Rabinovich fa un’analisi approfondita della memoria, base di ogni manifestazione di vita senza alcuna intenzione o scopo. La memoria si manifesta sia nel riflesso di un cane che difende il padrone, che nello spermatozoo che corre al traguardo dell’ovulo o ancora negli elettroni che cercano uno spazio libero verso il quale possono satellizzarsi. Cito alcune sue affermazioni, abbreviandole: “La messa in evidenza di una MEMORIA contenuta nel profondo dell’attività della materia, permette di intravedere una continuità con i fenomeni della vita: dal “ricordo degli elettroni” della calamita all’organizzazione delle api, all’istinto di sopravvivenza degli uccelli migratori, all’architettura della tela di un ragno… fino al funzionamento della corteccia cerebrale umana… si tratta di valutare le scoperte dell’eminente biologo Jacques Benveniste all’INSERM. L’articolo apparso sul giornale ““Le Monde” nel 1988, LA MEMORIA DELLA MATERIA descrive tale approccio che potrebbe sconvolgere i fondamenti della fisica.” “Cos’è la memoria? Una funzione psichica particolare che permette di conservare idee, immagini ecc. acquisite anteriormente. È dunque un ritorno all’indietro nel tempo, un tempo negativoche si è accumulato. Il ricordo sarebbe l’espressione di questo tempo potenziale. Gli psichiatri e altri scienziati sono invece persuasi che il tempo vada sempre nello stesso senso, poiché è dimostrabile che tutto si dirige verso un’irreversibile disorganizzazione, l’entropia e la morte. Se questo fosse vero, non ci sarebbe posto per la memoria! Nessun movimento relativo tra gli elementi, gli astri, gli oggetti potrebbe essere percepibile! La memoria dunque esiste. E sappiamo quanto sia indispensabile nel quotidiano! Vi è anche una memoria istintiva per così dire, come quella del bebè che fa il suo primo respiro o succhia il latte materno, memoria che è genetica. Essa è indispensabile ad ogni forma di vita: ma… è proprio l’esclusiva di ogni forma di vita? Ogni memoria implica una retroazione, cioè una reazione in senso inverso al tempo positivo a cui siamo abituati. Come se il tempo rifiutasse di scorrere totalmente nello stesso senso. Sono fenomeni assai abituali. Se butto in aria una palla, quando l’impulso per mantenerla in aria si affievolisce, essa retroagisce ridiscendendo come per ritrovare il suo equilibrio inziale. Se rimbalzando dovesse trovare per terra uno scalino, essa obbedisce ad una memoria dell’equilibrio che deve ritrovare. Tutti i fenomeni atmosferici (maree, temporali, piogge, ecc.) sono dovuti ad una serie di reazioni e retroazioni di elementi che cercano di equilibrarsi: si traducono in movimenti cibernetici continui e legati tra di loro sempre alla ricerca di un equilibrio. Quindi alla domanda se la memoria è un’esclusiva del mondo vivente, si può già intravedere una risposta negativa. LE MACCHINE DELLA MEMORIA Verso il 1950 un neurofisiologo inglese Grey Walter, cercando di riprodurre i movimenti del cervello umano in modo meccanico, inventò delle piccole “tartarughe” semoventi a rotelle che eseguivano un movimento cibernetico. Si tratta di una serie di sistemi legati a catena in modo che la perturbazione in un elemento si ripercuote su tutta la serie: arrivata all’ultimo elemento, ritorna indietro fino al primo, seguendo la catena. Si tratta dunque di una serie di retroazioni che si perpetuano fino a ritrovare l’equilibrio iniziale. Ecco la descrizione della tartaruga o strumento cibernetico. Vi è un occhio elettronico ruotante e sensibile alla luce collegato a due accumulatori, a loro volta collegati, uno alle due ruote motrici, l’altro allo sterzo, che dà la direzione. L’equilibrio è solo raggiunto se i due accumulatori sono carichi. L’occhio cerca una sorgente luminosa e si fissa sulla direzione di questa appena la scorge. La corrente passa e le ruote si mettono in movimento. La tartaruga si dirige verso la lampada che è l’esca. - Prima esperienza: si frappone un oggetto tra la luce e la tartaruga. L’oggetto fa ombra ed essa si ferma. Le ruote si dirigono poi a caso di qua e di là come in un valzer lento, finché per caso l’occhio ritrova la luce ed essa riprende il cammino. - Seconda esperienza: si rimette l’oggetto allo stesso posto tra la lampada e la tartaruga e ci si accorge che il tempo di esitazione per evitare l’oggetto è sempre più corto e deciso. Una sola conclusione: si ricorda. Senza silicio o tessuto nervoso…. ma solo elementi cibernetici capaci di reazioni e retroazioni nella ricerca di un equilibrio. - Terza esperienza: si aggiunge un altro senso alla tartaruga, l’udito. Si pone un microfono presso la lampada, collegato all’occhio elettronico. Si fischia. Nessuna reazione naturalmente. Si cerca di “educarla”: si accende la luce e si fischia allo stesso tempo. La tartaruga va verso la luce. Si ripete l’esperienza molte volte. Poi si fischia senza accendere la luce. La tartaruga rotola verso la luce…spenta! Essa ha dunque associato il suono alla luce e ha obbedito ad un vero riflesso condizionato. Detto altrimenti, ha acquistato due memorie diverse e le ha associate, realizzando una funzione psichica molto più complessa di una semplice memoria. Sembra dunque fuori dubbio che la memoria esiste al di fuori del mondo vivente: si tratta di ritrovare un sistema retroattivo e un equilibrio da raggiungere.” Ora riassumo: Vi sono molti altri esperimenti nella fisica quantica che dimostrano che gli elettroni retroagiscono e collegano gli atomi tra di loro. Si è potuto costatare che l’elettrone conserva la memoria della forma degli atomi e dell’equilibrio da raggiungere. Si viene a formare quindi un ricciolo o anello fino a creare una spirale. Ogni spirale, ogni anello è l’espressione di un tempo negativo memorizzato che serve da trampolino all’anello successivo, in un susseguirsi di tempi negativi e positivi. Continuando così le molecole si complicano da una retroazione all’altra e immagazzinano memorie fino all’apparizione di questa enorme molecola fatta di miliardi di atomi: il DNA, la prima molecola(che definiamo) viva. Una meraviglia cibernetica, capace di andare a ritroso nel tempo e diventare sempre più complessa: da uno sviluppo al seguente, si finisce per arrivare all’ISTINTO, straordinaria somma di memorie, indispensabile alla vita. Inoltre avviene un costante conflitto tra la resistenza per la durata e l’entropia, la distruzione e di nuovo la resurrezione dalle ceneri. Si arriva quindi alla nascita della coscienza che è solo una retroazione esclusivamente psichica che la obbliga a dare uno sguardo a quest’enorme massa di memorie e memorie di memorie, accumulate nell’inconscio. Non è solo l’inconscio degli psicanalisti, ma dei geni che uniscono l’uomo ai suoi avi, non solo fino al DNA ma anche alle infime particelle di cui il cosmo è composto: “L’uomo è fatto della stessa sostanza delle stelle”. Tutto è collegato. L’uomo è lo specchio del cosmo nella sua unicità. James Jeans noto fisico dice: “L’universo comincia a presentarsi più come un grande pensiero che come una grande macchina”. (Una convenzione, una realtà consensuale di un fatto meccanico energetico, inquadrato nello spazio-tempo apparente e che si rivela vuoto …di concetti, ma pieno dell’Inconcepibile …che siamo). Questo significa che l’energia psichica è anch’essa capace di retroagire con tutto ciò che la circonda, essendo anch’essa un unico campo psichico. Se riusciamo a capire il funzionamento delle stelle è perché le stelle seguono in qualche modo la nostra logica! Se la logica non fosse universale come potremmo capire qualcosa? Einstein si meravigliava che il nostro mondo fosse comprensibile!...Il riferimento al Summum energetico di Lupasco, memoria assoluta dell’equilibrio, ma integralmente potenziale, fa pensare a quell’Assoluto di cui parlano i mistici. Si tratta di un ESSERE-NON-ESSERE - Somma e Sorgente di Tutto, allo stesso tempo Infinito e Vuoto. Un po’ come il “Vuoto-pieno” scoperto in fisica quantica. “Il vuoto fluttua in maniera aleatoria tra essere e non-essere… nella scala quantica il vuoto è pieno” afferma il noto fisico Basarab Nicolescu. Poiché la ricerca dell’equilibrio è ineluttabile e può solo passare da retroazioni e sviluppi senza fine, l’uomo un giorno può solo scomparire materialmente, fondersi cioè con le energie incommensurabili che lo bagnano… nella psiche cosmica. Sarà dunque sparito o piuttosto finalmente REALIZZATO? Sono proprio queste energie che hanno forzato l’uomo a levare gli occhi verso le stelle o a tuffarlo nelle profondità delle onde-particelle di cui TUTTO è FATTO!” Questo è stato solo un breve riassunto dell’articolo di Ida Rabinovich. Per concludere e in sintesi, direi che è chiaro che la “memoria” è qualcosa di meccanico e che in definitiva il DNA è frutto di questo meccanismo di base. Lo spazio-tempo che permette l’inizio e lo svolgersi sia del primo pensiero "esisto" che della memoria, si è rivelato una convenzione apparentemente lineare, ma in realtà anche retroattivo e circolare. Anzi come ora sappiamo, relativo a un punto di riferimento immaginario. In sostanza però se lo spazio-tempo è apparente, relativo, quindi illusorio, dove va a finire la memoria, i miliardi di anni e il futuro delle guerre stellari? Nel qui-ora, sempre presente. Non c’è passato, non c’è futuro e…nemmeno presente, tranne che per consenso collettivo, di comunicazione. Ancora una volta mistici, fisici e neuro-scienziati s‘incontrano senza conoscersi. Siamo ancora nell’ambito del senso di essere, che è ancora una definizione, un’affermazione mentale. L’attimo del concepimento contiene già tutta la potenzialità del (presunto) divenire. Le memorie legate al periodo del parto (“Regni dell’inconscio” Stan Grof*) confermano che gli tsunami, le guerre, le violenze, il senso di strada senza uscita (ma anche le estasi) sono già sperimentate in dettaglio dal feto e che si protrarranno in vario modo durante tutto l’arco della sua esistenza! Non osserveremo MAI NULLA DI NUOVO! Una volta rivissute perdono forza. Ciò dimostra che l’adesione a “ciò che è” per quanto orrendo ci appaia è un tentativo di neutralizzare, aderendovi, il film “horror” che ci siamo creati e che abbiamo memorizzato e soppresso nell’inconscio. QUELLO che siamo REALMENTE è prima del girotondo di memorie, di spazio-tempo inventato e di dimensioni immaginate. Gli oggetti (dalla madre al granello di polvere) sono sperimentabili solo nel cerchio della temporalità: se questa si rivela solo “una convenzione apparente” che cosa rimane? Il sapere di essere potrà continuare il suo carosello e le sue fantasmagorie, ma non saremo più identificati ad esso. Alice** non avrà più paura di sparire se “sveglierà il re che dorme” perché ora sa che...non è mai esistita, tranne se lo pensa e se lo ricorda. Isabella Di Soragna sunyata@bluemail.ch - www.isabelladisoragna.com NOTE *(sito interessante) La mente multidimensionale: www.raphaelproject.com//006.mente_multidimensioni.pdf **”Alice attraverso lo specchio“di Lewis Carrol
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