All'esame di maturità un amico rimase
assai colpito dalla mia esposizione orale e alla fine mi fece un’osservazione
che non ho potuto dimenticare:
“Giò, non ti ho riconosciuto… quello
non eri tu!”
“Quelle parole non potevano venire da
te, non ti ho mai sentito parlare in quel modo.”
E la mia battuta fu:
“Già, è vero. Quello che hai visto non ero io e quello che
hai sentito non era mio.”
All’inizio non avevo colto la profondità
di quella risposta, ma poi mi sono reso conto che in quel frangente la mia
mente si era distanziata per un attimo dall’identità illusoria con cui mi
sentivo identificato. A distanza di anni quell’episodio è rimasto impresso
nella mia mente perché dimostrava in maniera eclatante la non-identità
tra la persona concepita da me (o dagli altri) e ciò che sono veramente.
Allora, appena maggiorenne, non riuscì a
spiegarmi quel processo interiore, sapevo solo che l’identità vista dagli altri non era la mia
vera identità.
Quello che gli altri dicevano su di me
non mi riguardava.
E cosa ancora più assurda, avevo intuito
che l’identità vista dai
miei stessi occhi non era la mia vera identità.
Nella mia testa emerse un’intuizione
inquietante del tipo “io non sono io”: non sono quella persona che ha
superato l’esame di maturità.
Quell’idea naturalmente mi spaventava
parecchio.
Come si fa a capacitarsi di una cosa del
genere a 18 anni?
Quella misteriosa intuizione è passata
in secondo piano subito dopo i festeggiamenti e al suo posto sono subentrate le
rigide credenze dell’uomo comune. L’identificazione con l’identità illusoria era
stata apparentemente ripristinata, il disincanto era stato apparentemente
sospeso e l’incredibile lucidità di un attimo prima sembrava offuscarsi.
Ci vollero degli anni – un paio d’anni
di duro lavoro interiore – prima di ripristinare la Pura Consapevolezza con cui
al liceo vidi chiaramente
ciò che non sono.
La transizione comunque è totale.
Il processo è irreversibile e permanente.
Ora questi occhi vedono spontaneamente,
impulsivamente, ininterrottamente, unicamente in quella maniera: non occorre
fare nessuno sforzo di concentrazione, meditazione, ricordo di sé, etc.
Se potessero parlare, questi occhi
disincantati direbbero solo una cosa:
“Quello che vedo non sono io e quello che
sento non è mio.”
Il disincanto ormai è talmente radicato
che a volte mi tocca sforzarmi per essere l’essere umano che gli altri sognano
di vedere. Mi tocca sforzarmi di usare le loro credenze, di credere alle loro
allucinazioni, alle loro fantasie, alle loro paure, ai loro incantesimi.
Il desiderio di rompere gli incantesimi
degli esseri umani era forte fino a qualche anno fa, poi si è affievolito.
Adesso preferisco che siano loro a chiedere un sostegno per rompere i loro incantesimi.
Alcuni individui infatti non erano e non sono ancora pronti per il disincanto
dalla loro attuale pseudo-identità.
Quello che posso dire a chi vuole
approfondire il discorso è che quando la Pura e Vuota Consapevolezza viene
ristabilita la visione non è più la stessa. Ciò che si vede appare più o
meno come prima, con la differenza che ora vedi in maniera più spaziosa, distaccata,
nitida, luminosa, penetrante, disincantata. Vedi, senti, percepisci e vivi
letteralmente come se fossi totalmente immerso in un sogno lucido
sconfinato… ma bisogna aver fatto qualche profonda esperienza di sogno
lucido per intuire cosa voglio dire quando parlo di sogno planetario. Chi
conosce i sogni lucidi e vuole capire meglio questo argomento gli basta traslare
in questa dimensione diurna le sensazioni fenomenali che sperimenta nella
dimensione notturna.
Nel prossimo capitolo approfondisco
il discorso sulla non-identità.
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(estratto da "Senz'io si vive da Dio - Vol. Pratico")
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