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IMPORTANZA PERSONALE


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"Ti senti troppo maledettamente importante, ma dovrai cambiare! Sei così maledettamente importante che ti senti in diritto di irritarti di tutto. Sei così maledettamente importante che ti puoi permettere di andartene se le cose non vanno a modo tuo. Immagino che penserai che sia prova di carattere. E assurdo! Tu sei debole, e presuntuoso." (Carlos Castaneda – Viaggio A Ixtlan)
[…] 
L'importanza personale è un mostro sempre assetato di attenzioni, e tale fame non sarà mai saziata, più attenzioni riceve e più ne vorrà ancora e ancora...come nel caso di un tossicodipendente che sviluppa la resistenza a quella determinata sostanza e che deve continuamente aumentare le dosi per ottenere l'effetto…
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«L'importanza personale è il nostro peggiore nemico. Pensaci, quello che ci indebolisce è sentirci offesi dai fatti e misfatti dei nostri simili. La nostra importanza personale chiede che noi si passi la maggior parte della nostra vita offesi da qualcuno. I nuovi veggenti raccomandavano che si facesse ogni sforzo possibile per sradicare l'importanza personale dalla vita dei guerrieri. lo ho seguito quella raccomandazione alla lettera e ho cercato di dimostrarti con tutti i mezzi possibili che senza importanza personale noi siamo invulnerabili."».
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Don Juan aveva ragione. Il peso dell'amor proprio è in verità un impaccio terribile.
Don Juan spiegò: «L'importanza personale non è qualcosa di semplice e ingenuo. Da un lato, è il nucleo di tutto ciò che in noi ha valore, dall'altro il nucleo di tutto il nostro marciume. Disfarsi dell'importanza personale richiede un capolavoro di strategia. I veggenti di tutte le epoche hanno espresso i più alti apprezzamenti per coloro che ci sono riusciti.»

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il guerriero non si sforza di essere importante e per questo non si preoccupa delle approvazioni degli altri. Questa libertà dal dover cercare approvazioni, è vera umiltà. Poiché non ha più paura dell’impatto che le sue azioni potrebbero avere sul suo senso di importanza personale, l’unico interesse del guerriero è agire in base alla sua conoscenza al meglio della sua abilità. Grazie a questo un guerriero comprende che la sicurezza di sé significa sicurezza nella propria abilità di agire come un impeccabile guerriero. (Theun Mares – Il Ritorno Dei Guerrieri)

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Negli inventari strategici dei guerrieri, l’importanza personale figura come l’attività che consuma la maggior quantità di energia e per questo si sforzavano di vincerla. Una delle prime preoccupazioni del guerriero è liberare quell'energia per affrontare con essa l'ignoto" proseguì Don Juan. "L'azione di ricanalizzare quell'energia è l'impeccabilità".
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Naturalmente perdere l’importanza personale è la chiave, perché, come ho detto, finché abbiamo quest’idea dell’ego, di una personalità che interagisce con gli altri ai fini di un accordo intersoggettivo, siamo del tutto bloccati. Vedi, la potenza dell’ordine sociale, è enorme per via del consenso di miliardi di individui, che tiene fermo il punto d’unione in quella determinata posizione. A livello individuale potremmo chiamarlo “autocompiacimento" da cui consegue la pressione tra simili. A un livello più ampio porrei il linguaggio stesso, per non parlare della famiglia, che gioca un ruolo fondamentale. Dobbiamo sfondare a una a una tutte queste barriere — individuali, sociali, famigliari, culturali — per poi aprirci un varco nel gigantesco inconscio collettivo che mantiene tutto quanto al suo posto. Uno stregone deve saltare tutto ciò e spostarsi verso un livello diverso. Inoltre, al di là dell’inconscio collettivo c’è anche un imperativo biologico che ci tiene intrappolati in questa “forma scimmiesca”. Non possiamo non essere creature sociali, perché siamo animali sociali. La solitudine fa più paura della morte, ecco perché lo spauracchio del neofita è l’idea di compiere un viaggio in solitudine e una ricerca solitaria come quella che si intraprende con la ricapitolazione. La gente si conforta con l’idea di poter meditare insieme, fare le cose insieme, purché abbia il consenso del gruppo. Ma vedi, è proprio questo consenso di gruppo che impedisce l’impercettibile movimento del punto d’unione. Perciò dobbiamo necessariamente oltrepassare quella forza e avere l’energia, e l’energia proviene da tutte le cose prima menzionate, inclusa l’impeccabilità e l’esercizio di morte. Seguire la via dello stregone, allontanarsi dall’ego, da quella determinata posizione del punto d’unione per avventurarsi nell’ignoto, è come morire. L’io deve abdicare, per quanto orrenda sia la sensazione. Emotivamente e fisicamente l’uomo trova contro di sé l’universo
(Taisha Abelar - Tratto dalla rivista canadese Dimensions, settembre 1994)
[…] 
Noi non siamo più interessati a riaffermate o difendere il nostro ego, perché ciò assorbe la maggior parte dell’energia; l’ego per sua natura si sente sempre attaccato da tutte le parti... uscire di casa già comporta dei problemi... persino dentro casa c’è sempre qualcosa che ci minaccia, per non parlare del nostro capo, o di certi sguardi malevoli, o del sentirsi ingannati. L’unica difesa che abbiamo è convincerci che non siamo poi cosi male, che gli altri non ci capiscono, e via dicendo. La mente viaggia come un lampo per ricucire assieme queste cose. No, dobbiamo bloccarla, non dobbiamo più arroccarci in difesa dell’io, ma, al contrario, sbarazzarcene. Don Juan aveva un buon adagio, diceva: ‘Eliminare l’io e non temere niente’. Se sei privo di ego non c’è nulla di cui aver paura. perché tutte le paure, le delusioni o altro derivano da esso o da sue aspettative andate deluse, I cacciatori, invece, sono del tutto indifferenti, sono distaccati, e questo ci riporta al punto iniziale della nostra conversazione. Distaccarsi dall’io equivale per i cacciatori a distaccare la consapevolezza da quella posizione del punto d’unione in cui la società, i genitori e certi rapporti ci hanno imprigionati. (Rif: Taisha Abelar - Tratto dalla rivista canadese Dimensions, settembre 1994)
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L'autocommiserazione e l'importanza personale sono i veri tiranni; impediscono alle persone di vedere chiaramente le cose. Pertanto, se vuoi fare veramente qualcosa per te stesso, comincia a combattere questi nemici oggi, da questo istante!»
«Ma come posso fare?»
«Rimanendo inflessibile, restando all'erta e vigile a ogni azione, pensiero ed emozione che ti assalgono; facendo agguati a te stesso instancabilmente e senza abbandonarti ai tuoi vizi».
Poi continuò: «Se cominci ora, avrai fatto il primo grande passo. E vero, potranno essere anni di sacrifici, ma almeno non sarai più inerte».
Con vizi lui intendeva le concessioni che tutti facciamo a noi stessi quando diciamo cose tipo "non posso vivere senza questo o quello", o "mi concederò il lusso di questo", o la nostra vecchia giustificazione quando ci raccontiamo "questo me lo merito".
Essere attento a ogni pensiero, parola o azione è senza dubbio una grande sfida. Aveva ragione: mi ci sono voluti anni di duro lavoro. Per me, il processo è stato graduale. Quando finalmente realizzai che le mie azioni non riposavano più sull'autocommiserazione, sentii di essermi veramente liberato di un grosso peso. La cosa più incredibile è che fino a quel momento non mi ero nemmeno accorto di portarlo.
Questo compito è davvero una costante battaglia quotidiana che il guerriero combatte contro se stesso, contro la sua importanza personale e la sua autocommiserazione, e in sostanza contro la sua stupidità. Per vincerla, bisogna compiere ogni momento lo sforzo di non distrarsi e di restare consapevoli giorno e notte, dal momento che se uno abbassa la guardia anche solo un istante perde la protezione contro l'assalto dell'ego.
Ora capisco cosa Carlos intendesse quando affermava che i maestri non sono necessari. Lui sosteneva che questa battaglia è come andare in bagno, qualcosa che bisogna fare da soli, perché è un lavoro strettamente personale. La lotta è contro il proprio ego e nessuno può aiutarci.
L'unico aiuto esterno che i nostri compagni possono fornirci è forse renderci consapevoli della nostra debolezza. Il che, comunque, fa sorgere un nuovo problema: spesso vediamo chi ci segnala i nostri errori come un avversario o un nemico, quando invece dovremmo essergli grati perché è il nostro benefattore.
(Rif: Armando Torres - Gli Insegnamenti di Carlos Castaneda e Altri Stregoni)

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LA TENSEGRITA’ di CARLOS CASTANEDA: un potente metodo di espansione della consapevolezza nella tradizione degli antichi sciamani del Messico. Intervista di Maria Capaldi a Reni Murez, apprendista del Nagual Carlos Castaneda. Carlos Castaneda è uno sciamano-antropologo che ha pubblicato 12 libri tra gli anni ‘60 e ‘90, libri in cui ha raccontato del suo apprendistato con il suo maestro don Juan Matus; uno sciamano indiano Yaqui di Yuma – Arizona e Sonora in Messico, erede della conoscenza di un lignaggio di veggenti del Messico antico. In cosa consiste questa conoscenza? La conoscenza che il lavoro di Carlos Castaneda ha reso disponibile a tutti, riguarda principalmente il fatto che la nostra percezione, il modo in cui normalmente vediamo il mondo, è artefatto dall’uomo, è socializzato e condizionato dentro di noi; se ognuno di noi facesse con sobrietà e disciplina il passo necessario, per ‘espandere’ la sua percezione, allora ognuno di noi potrebbe trovare strati sopra strati, mondi sopra mondi, che pure esistono in ogni momento, ma per poterne diventare consapevoli abbiamo bisogno di un addestramento. Fate, per esempio, un piccolo esperimento – alla fine del giorno, sedetevi, chiudete gli occhi e rivedete una scena abituale o molto frequente, (potrebbe essere ad esempio la scena di quando portate a scuola i vostri bambini, o quando siete nel vostro solito posto di lavoro il lunedì, o quando avete una discussione con il vostro coniuge). Guardatela, vedete con gli occhi della vostra mente i dettagli e gli eventi che sono successi. Poi rilassate il vostro corpo – scuotete o rilasciate le tensioni nei vostri piedi, caviglie, polpacci, cosce, glutei, stomaco, schiena, spalle, braccia, mani, collo, faccia e tutta la testa. Poi da questo nuovo stato di rilassamento fisico e di allineamento, respirate profondamente per diverse volte e riportate ancora la scena alla vostra mente. Questa volta, potreste vedere qualcosa in più di quello che avete visto prima – potreste vedervi non così arrabbiati o tristi, non così preoccupati e lamentosi, ma più contenti e centrati; potreste vedere colui che è davanti a voi nella scena come un angelo piuttosto che un demone, potreste vedere il vostro lavoro come un’interessante opportunità, piuttosto che un compito ingrato, o vedere il vostro coniuge come un vero apporto di conforto e di protezione nella vostra vita. I veggenti del Messico antico suggeriscono che questa visione ‘espansa’ è  disponibile in ogni momento, perché proviene da una parte di noi stessi con cui siamo sempre connessi – la nostra natura o essere energetico. E quello che dobbiamo tutti fare, è imparare a fare i passi necessari per coinvolgere questo altrimenti ‘nascosto’ aspetto di noi stessi, per tutto il tempo che vogliamo, poiché senza questo viviamo con la metà dell’energia naturale che ci è stata data, invece che ‘con il pieno’. Negli anni ‘90 Carlos Castaneda ha fondato Cleargreen, un centro per l’ampliamento della consapevolezza umana, qual è esattamente lo scopo di questo centro? Lo scopo di Cleargreen è semplicemente quello di disseminare il lavoro di Carlos Castaneda e della linea di veggenti del Messico antico con cui è connesso. Cleargreen segue uno specifico modello per la diffusione del lavoro di Carlos Castaneda da lui lasciato prima della sua partenza, che porta ogni apprendista, con i suoi tempi, attraverso diversi livelli di percezione espansa. Che cos’è la Tensegrità? Tensegrità è la moderna versione di questa saggezza pratica degli sciamani dell’antico Messico. Ed attualmente insegna i principi di percezione espansa, lungo queste tre principali linee: - i Passi Magici, o movimenti del corpo e respirazioni che, quando vengono praticati, aiutano a spostare la nostra percezione ed aggiungono la consapevolezza energetica alla nostra consapevolezza fisica. - l’arte della Ricapitolazione, in cui l’individuo rivede molte scene salienti o definite della propria vita, prima nella loro natura fisica e sensoriale e poi nella loro natura energetica. - le pratiche del ‘Sognare’, o la pratica di trascorrere lunghi periodi di tempo nella consapevolezza espansa. Tutte queste pratiche invitano continuamente la percezione dalla propria natura energetica, aggiungendola o espandendola potenzialmente sopra e sotto la propria percezione normale. Quale beneficio possiamo trarre dalla Tensegrità nella nostra vita quotidiana? Il piacere e l’accrescimento di avere il proprio ‘pieno’ di energia disponibile, piuttosto che una parte di essa! Con la pratica continua della Tensegrità, gli stimoli sensoriali – colori, suoni, sapori – diventano più ricchi, i pensieri e le decisioni diventano più chiare e dirette, le emozioni diventano sobrie invece che esasperate ed isteriche; e si percepisce interiormente – psicologicamente come anche energeticamente -  un profondo senso di benessere, una ‘conoscenza’ interiore di quale potrebbe essere la prossima e giusta azione da intraprendere nel corso della nostra vita. In cosa consistono le arti dell’agguato e del sognare degli antichi veggenti del Messico? Sognare, come abbiamo già detto, è lo stato di consapevolezza ‘espanso’ che proviene dal nostro essere in contatto cosciente con il nostro aspetto energetico, ed avviene sia mentre siamo svegli che quando siamo addormentati. L’Agguato è l’arte che ci permette di cambiare le nostre vecchie abitudini ed aprirci a nuove possibilità, che possiamo impiegare in modo da mantenere questo nuovo stato – per esempio, sapere qual è il modo migliore per me per iniziare la giornata da sveglio ed iniziare la notte addormentato; come posso approcciarmi a questo con autorità durante il mio giorno da sveglio e la notte dormendo; come posso negoziare meglio i termini nel mio giorno da sveglio e la notte dormendo, ecc. Qualunque cosa impariamo da svegli o da addormentati, la trasferiamo immediatamente nell’altro stato, perché, per i veggenti del Messico antico, la veglia e il sonno sono un continuum senza interruzione della coscienza, se solo impariamo i metodi per trattarli come tali. E’ possibile ampliare la nostra percezione e vedere l’energia direttamente, così come fluisce nell’universo? Quello che è difficile da capire è che tutti noi ‘vediamo’ l’energia in ogni momento con la nostra natura energetica, solo che il nostro essere socializzato non è stato addestrato per includere questo contributo quotidianamente, minuto per minuto. Sono sicura che tutti abbiano avuto un’esperienza di conoscenza anticipata di qualcosa che sarebbe successo e poi qualche ora, o giorno dopo, è avvenuta; o ci è capitato di avere una ‘reazione a pelle’ riguardo a una persona che avevamo appena conosciuto e poi si è rivelata corretta. Questi, come altri ‘avvenimenti’, sono il risultato dello stimolo della nostra natura energetica – quella parte di noi stessi che ‘vede’ o legge l’energia istantaneamente e immediatamente senza conoscenza preconcetta. La pratica costante della Tensegrità, o la pratica costante del porre l’attenzione su queste parti ‘nascoste’ di noi stessi, ci permette di ‘vedere’, alla fine, più e più eventi astratti e per molto più tempo. Don Juan Matus, parlando della conoscenza degli veggenti dell’antico Messico, spesso definisce questo percorso come una via che ha un cuore, cosa vuol dire esattamente questo? Questo percorso di recuperare e fare ritornare la propria essenza, è qualche cosa che devi amare. Don Juan Matus descrive che ci sono molti percorsi gratificanti e illuminanti, che possono anche far ‘vedere’, ma noi come individui dobbiamo impegnarci solo nelle cose che ci riempiono di meraviglia, ispirazione, luce e soddisfazione dal nostro cuore.  Egli dice anche che, per poter trovare un percorso con tali caratteristiche, un individuo deve per prima cosa provare… con tutto ciò che ha! In cosa consiste un Seminario di Tensegrità? E come verranno affrontate queste tematiche sopra descritte nel prossimo Seminario dal titolo: La stanza verde – Aprire il cuore, che ci sarà il prossimo 9, 10 e 11 luglio a Riccione, in provincia di Rimini? Un Seminario di Tensegrità è dove ci riuniamo tutti per apprendere la pratica di queste antiche arti dei veggenti del Messico in una forma moderna e quotidiana. In ogni Seminario, generalmente impieghiamo la pratica dei Passi Magici, la Ricapitolazione e gli esercizi del Sognare, tutto con lo scopo di trovare ed imparare come trattenere la nostra essenza energetica durante il giorno e la notte. In questo particolare Seminario, che si svolgerà a Riccione, Italia, andremo a scoprire qual è la nostra solita percezione riguardo alle nostre sconfitte e ai nostri successi, come questa percezione di noi stessi ci tiene in un posto ben definito e non ci permette di ‘espanderci’ oltre a questo – essenzialmente ci tengono per tutta la vita in una singola ‘stanza verde’ di percezione, piuttosto che permettere alla nostra immaginazione, cuore e spirito di volare liberi. Per esempio, se sono cresciuta pensando di non essere intelligente perché i soli successi che percepivo avvenivano sotto la tutela di qualcun altro, allora non potrei mai iniziare qualcosa nella vita, non potrei mai intraprendere affari, mai parlare in pubblico, mai prendere un rischio, mai avere una relazione e nemmeno fare crescere dei bambini come avrei voluto, nemmeno considerare di viaggiare, scrivere un romanzo, ecc. Rivedendo queste scene della nostra vita, possiamo cancellare i blocchi che ci hanno provocato e cambiare la visione che avevamo di noi stessi a questo riguardo. Di conseguenza, spronati dalla vista e dall’energia della nostra essenza energetica, attivata durante la Ricapitolazione, ci sentiamo più liberi e leggeri, capaci di ‘espandere’ e tentare azioni nuove, creative e molto più coraggiose sia nella nostra vita da svegli che quando dormiamo. Reni Murez è istruttrice nei Seminari di Tensegrità sin dagli anni ‘90, è stata per molto tempo un’allieva diretta di Carlos Castaneda, Carol Tiggs, Florinda Donner-Grau e Taisha Abelar, ed attualmente è direttrice di Cleargreen. Maria Capaldi è una praticante di Tensegrità da molti anni, è antropologa ed autrice di un saggio sull’ opera di Carlos Castaneda dal titolo: ‘Oltre i limiti del corpo - il sogno del Nagual e il corpo energetico nell’esperienza di Carlos Castaneda’.

Carlos César Salvador Aranha Castañeda, più noto come Carlos Castañeda o, nella versione anglofona, Castaneda, nasce il giorno di Natale del 1925 a Cajamarca (Perù) secondo alcune fonti, e a San Paolo del Brasile secondo altre. Muore a Los Angeles all'età di 72 anni, il 27 aprile 1998, per le complicazioni di un tumore. La sua opera è circondata dal mistero: a tutt'oggi non è chiaro quanto vi sia di autobiografico nei suoi racconti e quanta sia la finzione. Carlos Castaneda: la formazione e il trasferimento negli Stati Uniti La sua formazione è quella di antropologo ma, intorno al 1968 si afferma come scrittore. Molte fonti lo considerano però uno sciamano, un "ponte" tra il mondo terreno e quello ultraterreno. La sua infanzia sarebbe infatti trascorsa a San Paolo del Brasile, dove sarebbe entrato in contatto con pratiche spiritistiche e sciamaniche locali. Negli anni Cinquanta si trasferisce negli Stati Uniti, dove potrebbe aver frequentato l'Università della California. Di certo, nel 1957 Castaneda viene adottato da una famiglia di Los Angeles. Gli insegnamenti di Don Juan La sua opera fa ampiamente riferimento a Don Juan, personaggio che sembra essere don Juan Matus, un indiano yaqui incontrato dall'allora antropologo Castaneda nel 1961. Don Juan diventa il maestro di Castaneda e lo inizia alle pratiche sciamaniche. La sua figura è presente in tutti i libri di Castaneda. Il tirocinio di Carlos Castaneda con don Juan dura 13 anni, nel corso dei quali lo sciamano fa ampio ricorso alla droga per far sperimentare allo scrittore stati alterati di coscienza. Secondo lo stesso Castaneda, prima di incontrare lo sciamano è prigioniero dell'educazione ricevuta, ma le droghe lo aiutano a liberarsi dei pregiudizi e a diventare "fluido": condizione essenziale per entrare nel mondo di don Juan e raggiungere la libertà tramite la consapevolezza dell'essere, scopo ultimo della vita terrena. Gli sciamani come don Juan sono essenzialmente pratici. Per loro esiste solo un universo predatorio in cui intelligenza o consapevolezza sono il prodotto di sfide di vita o di morte. Egli si considerava un navigatore dell'infinito e diceva che per navigare nell'ignoto, come fa uno sciamano, si ha bisogno di pragmatismo illimitato, sconfinata sobrietà e fegato d'acciaio. Il pensiero di Castaneda Attraverso i libri di Carlos Castaneda, si può sintetizzare il pensiero dello scrittore come un percorso lungo le strade che "hanno un cuore". Se una strada (ovviamente metaforica) ha un cuore, è una strada giusta, altrimenti è una strada inutile ("Gli insegnamenti di Don Juan"). Nel cammino è importante non distrarsi (rifiuto dell'autoindulgenza). Le mete da raggiungere, che diventano ostacoli, sono quattro: paura lucidità potere vecchiaia Nella vita è necessario raggiungere la consapevolezza di disporre di poteri che, sviluppati, permettono di arrivare alla "padronanza dell'intento". La padronanza è il "movimento controllato" del punto di unione, il centro energetico della sfera luminosa di energia dell'uomo in cui si mette insieme la nostra percezione, che risulta il responsabile della nostra percezione sensoriale. Ogni sensazione, sentimento o azione dell'individuo è determinata dalla posizione del punto di unione. Il suo movimento consapevole permette una percezione differente e l'ingresso in mondi diversi dal nostro. Carlos Castaneda Carlos Castaneda Mentre i piccoli movimenti comportano cambiamenti percettivi altrettanto piccoli, i grandi cambiamenti sono quelli a cui tende il guerriero, in quanto comportano cambiamenti sostanziali. Il guerriero è colui che "osa con misura": fa cose, forse non pericolose, ma che agli occhi degli altri e anche ai propri appaiono folli (e infatti Carlos Castaneda parla di "follia controllata"), avendo come obiettivo finale l'amore. Le critiche Il successo gli arride fin dal primo libro, "Gli insegnamenti di Don Juan: una via Yaqui alla Conoscenza", pubblicato nel 1968. Nel 1973 la prestigiosa rivista Time gli dedica l'articolo di copertina. Da questo momento, Castaneda si sottrae all'opinione pubblica e non riappare che nel 1990. Nel frattempo, incontra il regista Federico Fellini che è intenzionato a girare un film sullo scrittore: Fellini tuttavia rinuncia, per gli ostacoli frapposti dalla comunità sciamanica, timorosa che attraverso il film ne vengano rivelati alcuni segreti, oltre che per l'improvvisa, quanto misteriosa, sparizione dello scrittore stesso. Nel frattempo contro lo scrittore si levano critiche che lo accusano di avere sostanzialmente ripreso il lavoro di altri antropologi. Altri tentano, senza riuscirvi, di ricostruire gli eventi narrati nei libri, associandoli alla vita dello scrittore: da questa mancata ricostruzione, deriva una sostanziale sfiducia nella veridicità dei suoi racconti. Parte delle critiche si accentrano anche sull'uso e la descrizione delle sostanze psicotrope. Libri di Carlos Castaneda I libri pubblicati da Castaneda sono i seguenti, citati nell'edizione italiana e tutti editi da Rizzoli: Gli insegnamenti di Don Juan Una realtà separata Viaggio a Ixtlan L'isola del Tonal Il secondo anello del potere Il dono dell'aquila Il fuoco dal profondo Il potere del silenzio L'arte di sognare Tensegrità-Passi magici La ruota del tempo Il lato attivo dell'infinito Content Revolution San Giorgio San Giorgio San Giorgio nasce tra il 275 e il 285 in Cappadocia, una regione della Turchia odierna, figlio di Policromia, una donna cappadoce, e di Geronzio, di origini persiane. Educato alla religione cristiana dai genitori, si trasferisce in Palestina per poi entrare a far parte dell'esercito dell'imperatore Diocleziano: sotto le armi dimostra di essere un soldato abile e valoroso, così da guadagnare il diritto di entrare nella guardia del corpo di Diocleziano e ottenere il grado di ufficiale delle milizie. Il 23 aprile del 303, Giorgio muore martire a Nicomedia. Proprio il 23 aprile è la data in cui la chiesa cattolica celebra il santo. Vita e leggenda di San Giorgio Secondo le fonti ritenute più attendibili, Diocleziano avrebbe convocato a sé settantadue re allo scopo di stabilire quali misure adottare nei confronti dei cristiani: San Giorgio, dopo avere donato tutti i propri averi ai poveri, si confessa cristiano di fronte alla corte, e rifiuta l'invito dell'imperatore di eseguire un sacrificio agli dei; quindi, viene picchiato e trasferito in carcere. Qui ha una visione di Dio, che gli predice tormenti per sette anni, la morte per tre volte e la resurrezione per tre volte. Il corpo di San Giorgio viene - secondo la leggenda - tagliato in due con una ruota piena di spade e di chiodi. Successivamente Giorgio resuscita facendo convertire Anatolio, magister militum, e tutti i suoi soldati, poi assassinati a colpi di spada. Dopo avere abbattuto gli idoli di pietra presenti in un tempio pagano con un sol soffio, converte l'imperatrice Alessandra, la quale viene in seguito martirizzata. Ancora, Giorgio resuscita, su invito del re Tranquillino, due persone morte da più di quattro secoli, facendole scomparire dopo averle battezzate. Condannato ancora a morte dall'imperatore Diocleziano, prega Dio di incenerire l'imperatore e i settantadue re: la sua richiesta viene esaudita, e a quel punto Giorgio si lascia decapitare, garantendo la massima protezione a chi si sarebbe occupato delle sue reliquie, che oggi si trovano nella città di Lod, in Israele, conservate in una cripta. Una delle leggende più celebri legate a San Giorgio è quella narrata nella Legenda Aurea, che racconta di come il cavaliere Giorgio sconfisse un drago: oggi sono numerosi gli Ordini cavallereschi che portano il nome di San Giorgio, dal Sacro Militare Ordine Costantiniano di San Giorgio all'Ordine Teutonico, dall'Ordine della Giarrettiera fino all'Ordine Militare di Calatrava. Anche Riccardo Cuor di Leone fu molto devoto a San Giorgio tanto da da proclamarlo patrono del regno d'Inghilterra. A celebrare le gesta di San Giorgio e il drago esistono anche diverse opere artistiche, tra cui ricordiamo "San Giorgio e il Drago" di Paolo Uccello e il quadro astratto "San Giorgio II" di Kandinsky, oltre a una scultura di Donatello. Reggio Calabria e il culto di S. Giorgio Tra le città italiane in cui il culto del santo è più vivo c'è, senza dubbio, Reggio Calabria. Un culto che trae origine addirittura dai primi anni dell'XI secolo, e che ha a che fare con la vicenda che vide la città sconfiggere i Saraceni impegnati ad assediare le coste della Calabria. In particolare, il saraceno Bonavert di Siracusa nel 1086 era sbarcato a Reggio e aveva messo a ferro e fuoco il monastero di San Nicolò sulla Punta Calamizzi, ma soprattutto la chiesa di San Giorgio. Egli, però, era stato inseguito a sfidato da Ruggero Borsa, il quale riuscì a sconfiggerlo in battaglia: ecco perché i reggini scelsero come loro protettore San Giorgio, il quale secondo la leggenda avrebbe assistito Ruggero nella sua lotta contro Bonavert. Al santo, quindi, vennero dedicati molti edifici religiosi in tutta la città, tra i quali San Giorgio intra moenia, San Giorgio di Lagonia, S. Giorgio extra moenia e S. Giorgio di Sartiano in La Judeca. Ancora oggi, nel cuore di Reggio Calabria esiste la chiesa di San Giorgio al Corso, dove nel Medio Evo venivano eletti i tre sindaci di Reggio con un atto solenne che si compiva sotto l'altare intitolato al santo patrono. Content Revolution Vincent van Gogh Vincent van Gogh Van Gogh nasce il 30 marzo 1853 a Groot Zundert (Olanda). Il suo nome completo è Vincent Willem van Gogh. E' uno dei pittori più celebri dell'intera storia dell'arte. Le sue opere sono tra le più riconoscibili grazie al suo stile inconfondibile. Van Gogh è un artista dalla sensibilità estrema. La sua storia è celebre anche perché la sua vita, che è stata molto tormentata. Celeberrimo è ad esempio l'episodio dell'orecchio mozzato. Abbiamo raccontato, descritto e analizzato molti suoi quadri in molti articoli di approfondimento: vedi l'elenco in fondo a questo testo. Qui parliamo e raccontiamo della vita di Vincent van Gogh. La giovinezza Figlio di un pastore protestante, mentre ancora vive a Zundert, Vincent esegue i suoi primi disegni. Inizia invece le scuole a Zevenbergen. Impara il Francese, l'Inglese, il Tedesco e per la prima volta inizia a dipingere. Terminati gli studi, va a lavorare come impiegato nella succursale della casa d'arte parigina Goupil e Cie, successivamente nelle sedi dell'Aja (dove compie frequenti visite ai musei locali), di Londra e di Parigi. Nel maggio del 1875 viene definitivamente trasferito a Parigi. Vincent van Gogh giovane Vincent van Gogh giovane Vincent van Gogh e il viaggio in Francia Il trasferimento nella città francese, dove già risiede il fratello Theo van Gogh, segna l'inizio del periodo appunto francese, interrotto solo da un breve viaggio ad Anversa alla fine dello stesso anno. Molto del suo tempo lo spende assieme al fratello e i due, da quel momento, iniziano una corrispondenza che durerà tutta la vita e che rappresenta ancora oggi il mezzo migliore per studiare le opinioni, i sentimenti e lo stato d'animo di Vincent. L'Impressionismo Durante il soggiorno parigino l'artista scopre la pittura impressionista e approfondisce l'interesse per l'arte e le stampe giapponesi. Ne sono un esempio due delle tre versioni del ritratto di père Tanguy. Conosce molti pittori tra cui Toulouse Lautrec e Paul Gauguin che apprezza particolarmente. La loro sarà una relazione assai turbolenta, con esiti anche drammatici, come testimonia il famoso episodio del taglio dell'orecchio (si suppone infatti che Vincent abbia assalito Gauguin con un rasoio. Fallito l'attacco, in preda ad una crisi di nervi, si taglia il lobo dell'orecchio sinistro). Vincent van Gogh - Autoritratto con l’orecchio bendato Van Gogh: Autoritratto con l’orecchio bendato La religione Intanto, il rendimento di Vincent alla Goupil & Cie si deteriora mentre, allo stesso tempo, la sua dedizione agli studi biblici raggiunge un livello ossessivo. Dopo essersi dimesso da Goupil al principio della primavera, si reca a Ramsgate, in Inghilterra, dove viene assunto in un piccolo collegio. Più avanti nel corso dell'anno Vincent assume un nuovo incarico quale insegnante e coadiutore presso il Reverendo T. Slade Jones, un pastore Metodista. Il 29 ottobre Vincent Van Gogh pronuncia il suo primo sermone domenicale. Man mano che il fervore religioso di Vincent aumenta, il suo stato di salute fisico e mentale volge al peggio. Pittore della povertà Il 1880 è un punto di svolta nella vita di Van Gogh. Abbandona i suoi propositi religiosi e si dedica esclusivamente a dipingere poveri minatori e tessitori. Theo inizia ad appoggiarlo finanziariamente, una situazione che si protrarrà fino alla fine della vita di Vincent. Più tardi nel corso dell'anno, intraprende studi formali di anatomia e prospettiva all'Accademia di Bruxelles. La salute precaria Incontra Clasina Maria Hoornik (detta "Sien"), una prostituta gravata fra l'altro dal mantenimento di una figlia di cinque anni ed incinta di un altro figlio. Mentre continua i suoi studi e dipinge in compagnia di alcune nuove conoscenze, il suo stato di salute va nuovamente deteriorandosi, tanto da dover essere ricoverato in ospedale per gonorrea. Una volta dimesso, inzia alcune sperimentazioni pittoriche e, dopo più di un anno trascorso insieme, pone termine alla sua relazione con Sien. Più tardi nel corso dell'anno, Vincent si trasferisce a Nuenen dai suoi genitori, mette in piedi un piccolo studio per lavorare e continua a fare affidamento sul sostegno di Theo Van Gogh. Vincent van Gogh Alcuni esperimenti Estende i suoi esperimenti fino ad includere una maggiore varietà di colori e sviluppa un grandissimo interesse per le incisioni su legno giapponesi. Tenta di intraprendere una qualche formazione artistica alla Ecole des Beaux-Arts, ma respinge molti dei principi che gli vengono insegnati. Desiderando continuare con qualche tipo di educazione artistica formale, sottopone qualcuno dei suoi lavori all'Accademia di Anversa, dove viene posto in una classe per principianti. Come ci si aspetterebbe, Vincent non si trova a suo agio all'Accademia ed abbandona. La provenza e le grandi opere Intanto, sopravviene il 1888, un anno fondamentale nella vita di Vincent van Gogh. Lascia Parigi in febbraio e si trasferisce ad Arles, nel Sud. All'inizio, il cattivo tempo invernale gli impedisce di lavorare, ma una volta arrivata la primavera inizia a dipingere i paesaggi in fiore della Provenza. Si trasferisce infine nella "Casa gialla", una dimora che ha preso in affitto dove spera di stabilire una comunità di artisti. E' il momento in cui riesce a dipingere alcune delle sue opere migliori ma anche il momento delle sue già accennate violente tensioni con Gauguin. La salute mentale Durante la prima parte dell'anno, lo stato di salute mentale di Vincent oscilla paurosamente. A volte è completamente calmo e lucido; altre volte, soffre di allucinazioni e fissazioni. Continua sporadicamente a lavorare nella sua "Casa Gialla", ma la frequenza crescente degli attacchi lo induce, con l'aiuto di Theo, a farsi ricoverare presso l'ospedale psichiatrico di Saint Paul-de-Mausole a Saint-Rémy-de-Provence. Per ironia della sorte, mentre lo stato mentale di salute di Vincent continua a peggiorare nel corso dell'anno, la sua opera inizia infine a ricevere riconoscimenti presso la comunità artistica. I suoi dipinti "Notte stellata sul Rodano" e "Iris" sono in mostra al Salon des Indépendants in settembre, e in novembre viene invitato ad esibire sei dei suoi lavori da Octave Maus (1856-1919), segretario del gruppo di artisti Belgi "Les XX". La morte Dopo una serie incredibile di alti e bassi, sia fisici che emotivi e mentali, e dopo aver prodotto con incredibile energia una serie sconvolgente di capolavori, Van Gogh muore nelle prime ore del 29 luglio 1890, sparandosi in un campo nei pressi di Auverse. Il funerale ha luogo il giorno dopo, e la sua bara è ricoperta di dozzine di girasoli, i fiori che amava così tanto. Girasoli di van Gogh Opere significative di Vincent van Gogh Di seguito proponiamo un nutrito elenco di articoli di approfondimento che analizzano e raccontano i dettagli di alcuni quadri famosi di van Gogh. Ragazza in bianco in un bosco (1882) I mangiatori di patate (1885) Natura morta con Bibbia (1885) Fritillaria imperiale in un vaso di rame (1887) Ritratto di père Tanguy (1887) L'italiana (1887) Restaurant de la Sirène ad Asnières (1887) La casa gialla (1888) Sala da ballo ad Arles (1888) Autoritratto con capello di feltro (1888) La sedia di Gauguin (1888) Notte stellata sul Rodano (1888) Il ponte di Langlois (1888) Les Alyscamps - Campi elisi (1888, quattro versioni) Ritratto di Eugène Boch (1888) Il caffè di notte (1888) Il postino Joseph Roulin (1888) La Mousmé seduta (1888) Ritratto di Milliet (1888) I girasoli (1888-1889) Davanti al manicomio di Saint-Rémy (1889) L'Arlesiana (1888 e 1890) Notte stellata (1889) La stanza di Van Gogh ad Arles (1889) Autoritratto (1889) Gli Ulivi (1889) La meridiana (1889-1890) La ronda dei carcerati (1890) La chiesa di Auvers (1890) Campo di grano con volo di corvi (1890) Casolari con tetti di paglia a Cordeville (1890) Ritratto del dottor Paul Gachet (1890) Content Revolution Terence Hill Terence Hill Nato da madre tedesca a Venezia il 29 marzo 1939, il suo vero nome è Mario Girotti. Trascorre l'infanzia in Sassonia, a Dresda, dove sopravvive ai tremendi bombardamenti della II Guerra Mondiale. Fin da giovane dimostra attitudini e caratteristiche che poi saranno tipiche anche di alcuni suoi personaggi, in particolare di quelli nati in coppia con l'inseparabile Bud Spencer, ovvero un certo carattere scanzonato, una buona dose di intraprendenza, e un'intelligenza viva e attenta. I suoi esordi nel mondo dello spettacolo avvengono per puro caso. Ancora giovanissimo, durante un incontro di nuoto (che Mario praticava con continuità), viene notato dal regista Dino Risi, che lo scrittura per una parte del film "Vacanze con il gangster". Siamo nel 1951 e l'attore si presenta ancora con il suo nome italiano. Molto coscienzioso, non dimentica però l'importanza degli studi, consapevole che nella società contemporanea il sapere è un bene fondamentale. Senza troppo montarsi la testa, quindi, intraprende in sordina una carriera attoriale volta pragmaticamente a mantenere gli studi. L'universo cinema, però, è una macchina con degli ingranaggi ferrei e guai ad uscirne. Capisce che sarebbe un errore imperdonabile. Preso da un vortice di partecipazioni e richieste sempre più ampie, dopo tre anni di Lettere classiche all'Università di Roma, decide di dedicarsi completamente al grande schermo. Scelta difficile ma che si rivela ben presto vincente. Poco dopo Luchino Visconti, uno dei massimi registi italiani del momento, lo vuole nel film "Il Gattopardo", in breve divenuto un "cult" assoluto della cinematografia. Dopo questo primo esordio in una produzione così importante e così blasonata, riesce ad avviare una carriera vera e propria, lontana dalla incertezze semidilettantesche e che si rivelerà assai continuativa e senza soste. Nel 1967 mentre gira "Dio perdona...io no", s'innamora e poi sposa una ragazza americana, Lori Hill. Decide anche di cambiare nome, in parte in ossequio ad una certa moda dell'epoca che tendeva a svalutare gli artisti italiani in favore di quelli stranieri provenienti in particolare dall'America. Sceglie il nome prendendo spunto da un autore di storia latina che stava leggendo, Terenzio, e il cognome da quello della moglie: Mario Girotti diventa per tutti Terence Hill. Il suo successo è legato soprattutto ad alcuni titoli del genere "neo-spaghetti western" come gli indimenticabili "Lo chiamavano Trinità" (del 1971), e il suo seguito "...Continuavano a chiamarlo Trinità", in coppia con il sodale Bud Spencer. Seguiranno film altrettanto fortunati dove la comicità si sostituisce alla violenza ed i cattivi, in genere eccezionali e "macchiettistici" stunt-man, hanno sempre la peggio. Sono titoli ormai celeberrimi come "Altrimenti ci arrabbiamo" o "Io sto con gli ippopotami", sempre con lil fido Bud Spencer. Da ricordare che Terence Hill nel 1976 è chiamato a Hollywood, dove appare in "March or die" con Gene Hackman e dove recita in "Mister Miliardo" con Valerie Perrine. Dopo un lungo periodo di profonda depressione causata dalla perdita del figlio diciassettenne, perito in un incidente stradale, l'attore si è rilanciato nei panni di un sacerdote investigatore, nella serie Rai intitolata "Don Matteo"; molto popolare anche in Germania, anche per questa produzione italiana, pur dimostrando nel ruolo di curato versatilità e (già note) ottime doti di attore, il suo nome rimarrà indissolubilmente legato al suo più noto personaggio Trinità.
Dei tre libri finora scritti da Carlos Castaneda e pubblicati in Italia dall'editore Ubaldini quest'ultimo inti­tolato Viaggio a Ixtlan è il più importante. Voglio spie­gare ed esemplificare que­sta sua importanza. Nei suoi libri come è noto il giovane sudamericano ha raccolto gli insegnamenti di un uomo molto saggio e intelligente di nome Juan Matus, un mezzo indiano di Sonora maestro anche nell'arte di articolare il proprio pensie­ro nella propria lingua, che è lo spagnolo. Come tutte le persone di condizione mo­desta nell'America spagno­la Matus viene chiamato con il prefisso “don” che equi­vale piuttosto al “signore” nostrano nelle sue varie ver­sioni locali, e appunto per­ciò il libro porta come sot­totitolo «Le lezioni di don Juan». Epitome straordina­riamente acuta di quella Weltanschauung stoico-witt­gensteiniana che è patrimo­nio comune dell'antico in­nesto indiano-spagnolo e co­me tale perdura – non sem­pre esplicito e comunque sempre meno esplicito – dal sudovest degli Stati Uniti fino allo stretto di Magellano, Juan Matus, non senza riluttanza a quanto pare, si è preso il giovane Castane­da come discepolo e per ben dieci anni, a intervalli non regolari, gli ha fatto il dono di insegnargli a vivere. Non è detto che Castaneda abbia imparato a vivere, ma nel corso di quegli anni ha pre­so molti appunti su quanto il maestro gli andava dicen­do e di questi appunti son fatti i suoi tre libri. Il terzo è quello che conta perché soltanto alla fine l'allievo ha cominciato a capire quale fosse il vero insegnamen­to del suo maestro di vita. Nei due volumi precedenti questo insegnamento era piuttosto oscurato dal peso che Castaneda conferiva a un fatto tutto sommato se­condario, e cioè che Matus ama definirsi “stregone” e com'è nella tradizione india­na del Nordamerica non di­sdegna in circostanze parti­colarissime l'uso di sostan­ze naturali psicotrope altri­menti dette allucinogene. È così che il discepolo ha de­dicato in gran parte i primi due libri a questa sua fre­quentazione della droga e alle sue conseguenze psichi­che trascurando il per noi, e anche per lui, ben più pre­zioso insieme morale della educazione stoica che gli veniva intanto impartita oral­mente e che soltanto adesso egli ha saputo riscattare dai suoi appunti inediti. Sono sempre le parole di don Juan, per fortuna conserva­te, ma sono quelle che più ci interessano: quel che va detto a un debole giovane della civiltà industriale per farne un uomo. Purtroppo di questi testi si sono a quanto sembra impossessati, travisandoli, alcuni tra i più noti misti­ficatori della nostra indu­stria culturale politica – qualcuno vi appare perfino in risvolto di copertina – i quali si sono provati a far credere che in realtà si trat­tava di altro, ciascuno nella propria direzione aziendale; sono persone frivole e tetre, che una sola risata del filo­sofo indospagnolo ridurrebbe in polvere. Dispiace co­munque vedere il loro no­me in qualche modo asso­ciato a questo bel libro. Di cui si può magari dare una prima idea riportando dal discorso unitario qualche detto isolato. Dice don Juan Matus: «Io personalmente amo la liber­tà ultima di essere scono­sciuto: nessuno mi conosce con certezza costante. Non ho nessuna storia persona­le: un giorno ho scoperto che la storia personale non mi era più necessaria e l'ho abbandonata, come il bere. La gente quasi mai capisce che possiamo tagliar via dalla nostra vita qualsiasi cosa, in qualsiasi momento, proprio così, come si schioc­cano le dita». In questo mondo abbiamo due sole alternative: o prendiamo tutto per certo e reale, o no. Se seguiamo la prima, alla fine siamo annoiati a mor­te del mondo e di noi stes­si. Se seguiamo la seconda, creiamo intorno a noi una nebbia, uno stato molto ec­citante e misterioso: quan­do nulla è certo, rimaniamo sul chi vive, perennemente attivi. Fin dall'inizio il maestro osserva che, se l'allievo vuo­le davvero imparare, dovrà rimodellare l'intero suo comportamento. Per inco­minciare si prende troppo sul serio: anche la presun­zione è da abbandonare, co­me la storia personale. Gli amici pure, quelli che ci hanno conosciuto da lungo tempo, bisogna abbandonar­li, in fretta. Dobbiamo ri­cordare che la morte esiste: «Come ci si può sentire tan­to importanti quando sap­piamo che la morte ci dà la caccia? Ti sbarazzi di una enorme quantità di meschi­nità se la tua morte ti fa un gesto, o se ne cogli una breve visione, o se soltanto hai la sensazione che la tua compagna è lì che ti sor­veglia». Ogni volta che sen­tiamo che tutto va male e che stiamo per essere an­nientati, dobbiamo voltarci verso la nostra morte e do­mandarle se è vero; la morte ci dirà che non è vero, che nulla conta veramente al di fuori del suo tocco. Alla domanda: come ha fatto a imparare tante co­se?, Matus risponde che le sa appunto perché non pos­siede una storia personale, perché non si sente più importante di nessuna altra cosa e perché la sua morte è sempre seduta accanto a lui. L'allievo, invece, si sente immortale, e le decisioni di un uomo immortale pos­sono essere cancellate o rim­piante o messe in dubbio. Ma in un mondo dove la morte è sempre a caccia, non c'è tempo per rimpianti o dubbi, c'è solo tempo per le decisioni. L'allievo deve imparare a diventare anche lui un cac­ciatore. Essere un cacciato­re significa conoscere molte cose, significa che si può vedere il mondo in molte maniere; richiede però che si sia in perfetto equilibrio con ogni altra cosa, altri­menti cacciare diventa un lavoro senza senso. L'allie­vo deve inoltre imparare a diventare un guerriero; an­cora non è né una cosa né l'altra, è soltanto un ruffiano, per conto di qualcun altro. Le battaglie che com­batte sono le battaglie di qualche persona sconosciuta: in realtà non vuole im­parare a conoscere le piante, né a cacciare, né niente: la sua vita è una goffa idio­zia. A questo punto l'allievo comincia a capire e si met­te a piangere. Bisogna sottrarsi, il che non significa nascondersi o vivere segregati, ma essere inaccessibili: «Non serve a niente nascondersi se tutti sanno che ti nascondi». Es­sere inaccessibili vuol dire toccare il mondo intorno a noi moderatamente: non usare la gente, soprattutto se la si ama; non mangiare cinque quaglie, mangiarne soltanto una. Il cacciatore è inaccessibile perché non spreme il mondo fino a de­formarlo. Il vantaggio del cacciatore è che non ha abitudini: è libero, fluido, imprevedibile. Bisogna sempre agire co­me se fosse la nostra ultima battaglia sulla terra; questo ci rende attenti alla natura dei nostri atti, quindi, feli­ci, finché agiamo nella piena conoscenza di non avere tempo, perché quell'atto può essere benissimo l'ultimo nostro atto sulla terra. Il mondo è stupendo, impo­nente, misterioso, insondabile, e dobbiamo assumerci la responsabilità di essere qui, in questo mondo meraviglioso, in questo tempo meraviglioso. Non rispondere a una tale sfida è come essere morti. Non serve a nulla essere tristi, lagnarsi e pensare che la lagnanza sia giustificata: credere che qualcuno ci faccia sempre qualcosa. Nessuno fa nulla a nessuno, tanto meno a un guerriero. Questa mi pare peraltro la massima più bella e più utile che abbia mai letto: «Nessuno fa nulla a nessuno». È la confutazione della paura, e insieme ad essa di tante altre cose dannose.
Carlos Castaneda (Carlos César Arana Castaneda) Nonostante l'opera non sia letterariamente confrontabile con quella di Pynchon o di Salinger, l'assoluta cancellazione pubblica della sua identità è un elemento di culto assai simile a quella relativa ai due maestri americani. Di Castaneda si hanno soltanto alcune scarne notizie, a fronte di una notorietà immensa e di un'influenza culturale che ha contribuito all'edificazione, in Occidente, di una religione alternativa e sincretistica, imperniata sul ruolo iniziatico di droghe e riti mutuati da tradizioni sciamaniche, soprattutto centroamericane. E' nato (ma non si conosce l'esattezza della data, che potrebbe avere un carattere simbolico e ironico) il 25 dicembre 1925; altri datano la nascita al 25 dicembre 1931. Il luogo dovrebbe essere San Paolo, in Brasile. Ma non è sicuro. Secondo altre fonti, Castaneda dovrebbe essere peruviano, originario di Cajamarca, emigrato negli Stati Uniti nel 1951. Antropologo alla University of California a Los Angeles, ha studiato a lungo anche etnologia e parapsicologia. Dovrebbe risalire al 1960 il primo incontro con Don Juan Matus, uno sciamano yaqui, non si capisce se realmente esistito o se frutto della fantasia di Castaneda. Il suo apprendistato al peyote (Mescalito) e alla datura vengono minuziosamente descritti nel resoconto del periodo trascorso insieme a Don Juan (dal '61 al '65), in "A scuola dallo stregone" 1968. Il successo del libro, alla sua uscita, coincise con l'acme del movimento hippy americano ed europeo. Castaneda divenne, implicitamente, uno dei padri fondatori della cultura delle droghe, secondo la declinazione iniziatica e spiritualista che avrebbe influenzato intellettuali dell'underground come Timothy Leary. Altri testi: "Una realtà separata" 1971; "Viaggio a Ixtlan" 1972; "L'isola del Tonal" 1975; "Il secondo anello del potere" 1978; "Il fuoco dal profondo" 1985; "Il potere del silenzio" 1988. La data della morte è certa: il 28 aprile 1998.  "Sono più interessato al lavoro di Castaneda, piuttosto che alle storie riguardo alla sua persona. A chi importa se Don Juan e Don Genaro esistettero veramente? Questo è "pensare povero". Ciò di cui mi interesso è il lavoro di Carlos Castaneda: idee, filosofia, paradigmi. Se i libri di Castaneda sono fantasia, sono i migliori libri di finzione che io abbia mai letto.» (Octavio Paz, articolo sul Time, marzo 1973). Dopo questa attenta considerazione del premio Nobel per la letteratura, passiamo alla testimonianza diretta del pittore bolognese Francesco Pasquali Corelli che ha vissuto in Messico per svariati anni. Dal nevoso inverno sul pittoresco sfondo del lago d' Orta ci ritroviamo  nel 1997 in California a Los Angeles dove al Palasport lo scrittore Carlos Castaneda avrebbe tenuto una conferenza attorniato dalle sue donne seguaci dette Chacamoles. Praticamente gli unici al mondo con  i disegni dei suoi passi magici, miranti a portare benessere, inoltrati poi in copia su carta pergamena uso mano anche allo scrittore torinese Nico Orengo ed al regista statunitense Bob Wilson presso la Watermill Foundation di Nuova York. Dopo questo incontro si passò a consegnare  alla Galleria d' Arte di Ruth Bachofner in Santa Monica per depositare alcune elaborazioni del sottoscritto.Grafici Industrial Pop Art originali e unici nel loro genere. Castaneda venne a mancare nell' aprile di un anno dopo a Westwood. Quanto ai suoi rapporti col mondo del cinema, sembra che facesse il sindaco di Puerto Escondido nello stesso periodo in cui il regista Gabriele Salvatores effettuava le riprese del film omonimo. Mentre in Italia Castaneda ebbe incontri con Federico Fellini che si propose di girare un film dedicato all' avventura dello stesso scrittore di origine peruviana che sul più bello si rese irreperibile e di quel progetto non se ne fece più nulla. Si spiega oggi su Facebook che: "Tensegrity® è l'espressione contemporanea dell'arte del benessere che don Juan Matus ha insegnato a Carlos Castaneda, Carol Tiggs, Florinda Donner-Grau e Taisha Abelar. Don Juan era un veggente Yaqui ed erede di un lignaggio di veggenti che ha origine nell'antico Messico. Cleargreen è stata fondata dagli studenti di don Juan per condividere le pratiche di Tensegrity® attraverso workshop, lezioni e pubblicazioni. "Cleargreen" si riferisce alla tonalità vibrazionale del cuore, che in molte culture antiche è considerata un verde traslucido; si riferisce anche alla connessione consapevole e allo scambio con la terra e tra di loro. Il simbolo di Cleargreen, una coppia di libellule a guardia di un uovo luminoso, è una rappresentazione di quegli esseri che si sono evoluti da minuscoli dinosauri che intendevano volare, poiché gli umani possono evolversi per riconoscere la propria natura come uova luminose o sfere di energia cosciente." (©® Giuseppe Patellaro (™) Spirito guida Una robusta mano ci indica una via per poi procedere a guidarci verso alte vette nella strada della vita. Superate renitenze e plausibile incertezza superiamo in una specie di corsa ad ostacoli le barriere del quotidiano divenire, nell' acquisita certezza che non conosce né considera alcun ostacolo. Seguendo l’esempio dei conte von Keyserling e di William Blake che sosteneva che se le “porte della percezione potessero essere aperte, ogni cosa si rivelerebbe così com’è: infinita”. Da Bernardino Del Boca al poeta Allen Ginsberg conta un assioma che recita:" Se non ci interessiamo al cuore degli altri e non accettiamo il nostro, se non scopriamo la nostra realtà, allora tutto il resto è un perpetuo vuoto intellettualismo”. Senza l’ombra non si comprenderebbe la luce, senza il male non si apprezzerebbe il bene. Il male è uno dei tanti aspetti dell’illusione. (©® Giuseppe Patellaro (™)

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Note ^ The Scribner Encyclopedia of American Lives, volume 5 (1997-1999), Charles Scribner's Sons, 2002. Daniele Mansuino, Guénon, Gurdjieff, Crowley e Castaneda, su riflessioni.it, 2009. ^ Richard de Mille, Castaneda's Journey: The Power and the Allegory, Lincoln: iUniverse.com, Inc., 2001 [1976], n. 27. ^ Laura De Rosa, Carlos Castaneda, su eticamente.net. ^ Il lato attivo dell'infinito ^ (EN) cover article, 5 March 1973 (Vol. 101 No. 10) Archiviato il 27 giugno 2006 in Internet Archive. ^ «Un enigma avvolto in un mistero avvolto in una tortilla». ^ Loretto Gubernatis, The Magic Belt and Other Fantastical Things, cap. IX, pag. 227, Xlibris Corporation, 2010. ^ Fellini e il suo viaggio in Messico, su cinemaitaliano.info. ^ Andrea De Carlo: "Il giorno che Fellini non mi parlò più", su repubblica.it, La Repubblica, 2013. ^ Candida Morvillo, Quando Fellini mi disse che voleva fare il mago, su corriere.it, Corriere della Sera, 2012. ^ (ES) "Soñando con Tulum", tributo a Fellini, su proceso.com.mx. ^ Tensegrity di Carlos Castaneda, su cleargreen.com. URL consultato il 6 gennaio 2018 (archiviato dall'url originale il 7 gennaio 2018). ^ (EN) Death Certificate ^ Morto Castaneda, guru della New Age, su repubblica.it, 19 giugno 1998. ^ (EN) Castaneda Obituary All Things Considered, June 19, 1998 ^ Robert J. Wallis, Shamans and Neo-Shamans: Contested Ecstasies, Alternative Archaeologies, and Contemporary Pagans, pp. 39-48, Psychology Press, 2003. ^ Deleuze G., Guattari F., Millepiani. Capitalismo e Schizofrenia, Minuit, 1980 [III ed. it. Castelvecchi, 2010, p. 308]. ^ Carlos Castaneda, Una realtà separata: Nuove conversazioni con don Juan, introduzione, Milano, BUR, 2013. Per approfondimenti: La percezione di altre realtà. ^ Questo è asseverato nel discorso dello "Sfidante della morte", uno stregone vincolato al lignaggio di don Juan: questo doveva tributargli un pagamento in energia vitale da tempi immemorabili, contraccambiato da conoscenze speciali (molto simili a siddhi in altri sistemi di credenze e nomenclature): il Castaneda, quando è il proprio turno, rinuncia all'esazione di un contraccambio, e questa gratuità viene premiata dallo "Sfidante della morte" con un viaggio paranormale altrettanto gratuito e dalla rivelazione dell'essenziale della vita: l'amore, la stessa parola che aveva fatto sbellicare dalle risa don Juan quando il Castaneda gli aveva detto che quello che cercava nella vita era l'amore. ^ I quattro nemici naturali, su carloscastaneda.it. ^ Richard de Mille, Castaneda's Journey: The Power and the Allegory, Capra Press, 1976, pp. 166 Citazioni di Carlos Castaneda Don Juan affermò che per vedere si deve prima fermare il mondo. Insomma, fermare il mondo era un'interpretazione corretta di alcuni stati di consapevolezza nei quali la realtà della vita quotidiana è alterata perché il flusso dell'interpretazione, che in genere scorre ininterrotto, è stato arrestato da un insieme di circostanze estranee a quel flusso. Nel mio caso, l'insieme di queste circostanze era la descrizione magica del mondo.[1] L'intento è la forza diffusa che ci mette in grado di percepire. Noi non acquistiamo consapevolezza perché percepiamo, bensì riusciamo a percepire in conseguenza dell'intrusione e del peso dell'intento.[2] La magia è dunque l'abilità di usare campi di energia non necessari per la percezione del mondo di tutti i giorni, che noi conosciamo. La magia è uno stato di consapevolezza. È l'abilità di concepire qualcosa che sfugge alla percezione ordinaria.[3] Seeing Castaneda intervista di Sam Keen, Psychology Today, 1972 [Se ritenesse di essere stato in qualche modo ipnotizzato] Qualcosa del genere, forse. Ma come dice don Juan, dobbiamo cominciare col renderci conto che nel mondo c'è ben di più di quello che riconosciamo usualmente. Le nostre normali aspettative sulla realtà derivano da un consenso sociale. Ci viene insegnato come vedere e capire il mondo. Il trucco della socializzazione è di convincerci che le descrizioni sulle quali concordiamo definiscano i limiti del mondo reale. Ciò che definiamo realtà è solo un modo di vedere il mondo, un modo sostenuto da un consenso sociale.[4] [Perché in Viaggio a Ixtlan dà l'impressione di non usare più le piante psicotrope] Don Juan usò le piante psicotrope solo nel periodo centrale del mio apprendistato, perché ero proprio ottuso, complicato e superbo. Mi ero aggrappato alla mia visione del mondo come questa fosse l'unica verità. Quelle piante crearono una crepa nel mio sistema descrittivo. Distrussero una mia certezza dogmatica. Ma ho pagato un prezzo tremendo.[5] [In che modo questi cambiamenti personali possano influenzare la società] Il nostro primo interesse dovrebbe essere per noi stessi. Può piacermi il prossimo soltanto quando ho tutte le forze e non mi sento depresso. Per stare in questa condizione devo mantenere il mio corpo ben in assetto. Ogni rivoluzione deve iniziare qui, in questo corpo. Io posso alterare la mia cultura ma solo dall'interno di un corpo che è messo a punto in maniera impeccabile – dentro questo mondo strano. Per me, il vero talento consiste nell'arte di essere un guerriero, che, come afferma don Juan, è l'unica via per compensare il terrore di essere un umano con lo stupore di essere un umano.[6] Navigando nell'ignoto: Un'Intervista con Carlos Castaneda intervista di Daniel Trujillo Rivas per la rivista Uno Mismo, Cile ed Argentina, febbraio 1997, traduzione a cura di cleargreen.com Non sono mai riuscito a trarre delle conclusioni circa lo sciamanismo perché per farlo bisogna essere membri attivi nel mondo degli sciamani. Per uno scienziato sociale, diciamo per esempio un sociologo, è molto semplice arrivare a conclusioni sociologiche riguardo qualsiasi soggetto relazionato con il mondo occidentale, perché il sociologo è un membro attivo del mondo occidentale. Ma come può un antropologo, che passa al massimo due anni studiando altre culture, arrivare a conclusioni sicure a quel riguardo? Ci vuole una vita per poter acquisire l'appartenenza ad un mondo culturale. Io ho lavorato per più di trent'anni nel mondo cognitivo degli sciamani dell'antico Messico e, sinceramente, non credo che ciò mi permetterebbe di trarre delle conclusioni o addirittura di proporle. Noi abbiamo l'incessante abitudine di usare fotografie, registrazioni e dati personali, ognuno dei quali nasce dall'idea di importanza personale. Don Juan diceva che è meglio non sapere nulla di uno sciamano; in questo modo invece di incontrare una persona, si incontra un'idea che può essere sostenuta; l'opposto di ciò che succede nel mondo quotidiano dove abbiamo di fronte solo persone che hanno numerosi problemi psicologici ma non idee, tutte queste persone piene fino all’orlo di "io, io, io". Per don Juan Matus, uno sciamano pragmatico ed estremamente sobrio, "spiritualità" era un'idealità vuota, un'asserzione senza basi che noi crediamo essere molto bella perché è rivestita di concetti letterari ed espressioni poetiche, ma che non va mai oltre quello. Gli sciamani come don Juan sono essenzialmente pratici. Per loro esiste solo un universo predatorio in cui intelligenza o consapevolezza sono il prodotto di sfide di vita o di morte. Egli si considerava un navigatore dell'infinito e diceva che per navigare nell'ignoto, come fa uno sciamano, si ha bisogno di pragmatismo illimitato, sconfinata sobrietà e fegato d'acciaio. Gli insegnamenti di don Juan (1968) Incipit Gli appunti della mia prima seduta con don Juan risalgono al 23 giugno 1961. Fu allora che iniziò a impartirmi i suoi insegnamenti. Prima l'avevo incontrato in diverse occasioni, ma solo come osservatore, e ogni volta gli avevo chiesto di insegnarmi tutto quello che sapeva sul peyote. Pur ignorando la mia richiesta, don Juan non abbandonò mai del tutto l'argomento, così pensai che, sebbene fosse riluttante, avrebbe finito col parlarne se avessi insistito. Citazioni «Ma la decisione di proseguire su quella strada o di abbandonarla deve essere presa indipendentemente dalla paura o dall'ambizione. Ti avverto: osserva la strada da vicino e senza fretta, provala tutte le volte che lo ritieni necessario e poi rivolgi a te stesso, e a nessun altro, questa domanda: Questa strada ha un cuore? Le strade sono tutte uguali: non portano da nessuna parte. Alcune attraversano la boscaglia e altre vi si addentrano. Posso dire di aver percorso strade molto lunghe nella mia vita, ma non sono mai arrivato da nessuna parte. Questa strada ha un cuore? Se ce l'ha, è la strada giusta; se non ce l'ha, è inutile. Nessuna delle due porterà da qualche parte, ma una ha un cuore, l'altra non ce l'ha. Una rende il viaggio felice, e finché la seguirai sarete una cosa sola. L'altra ti farà maledire la vita. Una ti fa sentire forte, l'altra ti indebolisce.» (Don Juan: cap. 5, pp. 119-120) Don Juan voleva che lavorassi il più possibile con l'erba del diavolo, malgrado l'antipatia che diceva di provare per il suo potere. Spiegò questa contraddizione dicendo che era prossimo il momento in cui avrei dovuto fumarla di nuovo, e prima di allora era necessario approfondire la conoscenza del suo potere. (cap. 9) Una realtà separata (1971) Incipit – 2 aprile 1968 Don Juan mi guardò per un momento e non sembrò affatto sorpreso di vedermi, sebbene fossero passati più di due anni dall'ultima volta che gli avevo fatto visita. Mi mise la mano sulla spalla sorridendo dolcemente e disse che sembravo diverso, che stavo diventando grasso e flaccido. Citazioni «Le cose non cambiano. Sei tu che cambi il tuo modo di guardare, tutto qui.» (Don Juan: 2019, p. 48) «L'alleato non è nel fumo» spiegò. «Il fumo ti porta là dove è l'alleato, e quando diventi una cosa sola con l'alleato non devi mai più fumare. Da quel momento in poi puoi chiamare il tuo alleato a piacere e fargli fare qualsiasi cosa tu voglia. Gli alleati non sono né buoni né cattivi, ma sono a disposizione degli stregoni per qualsiasi scopo sembri loro adatto. Mi piace il fumino[7] come alleato perché non esige troppo da me. È fedele e leale.» (Don Juan: 2019, p. 51) «... In altre parole un uomo di sapere non ha né onore né dignità, non ha famiglia né nome né patria, ma solo vita da vivere, e per questo il suo solo legame con gli altri uomini è la sua follia controllata. Perciò un uomo di sapere si sforza, e si affatica, e sbuffa, e se lo si guarda è proprio come un qualunque uomo comune, a eccezione del fatto che la follia della sua vita è sotto controllo.» (Don Juan: 2019, p. 103) «Il fumo è l'unico modo per vedere il guardiano?» «No. [rispose don Juan] Potresti anche vederlo senza. Ci sono moltissime persone in grado di farlo. Io preferisco il fumo perché è più efficace e meno pericoloso. Se cercassi di vedere il guardiano senza l'aiuto del fumo, è probabile che tu possa indugiare a uscire dalla sua strada.» (2019, p. 158) «Ciò che uno sciamano chiama volontà è un potere dentro di noi. La volontà non è un pensiero, né un oggetto o un desiderio. Smettere di fare domande non è volontà perché richiede pensiero e desiderio. La volontà è ciò che permette a un uomo di riuscire quando la sua mente gli dice che è sconfitto. La volontà è ciò che ti rende invulnerabile. Ed è grazie a essa che lo sciamano attraversa un muro, o lo spazio, fino alla luna se vuole.» (Don Juan: 2019, p. 176) «Quando un guerriero ha acquisito la pazienza è sulla via che porta alla volontà. Sa come aspettare. La sua morte siede con lui sulla stuoia, sono amici. Secondo vie misteriose la sua morte gli consiglia come scegliere, come vivere strategicamente. E il guerriero aspetta!» (Don Juan: 2019, p. 181) «Vedere senza essere prima un guerriero ti renderebbe debole, ti darebbe una falsa mansuetudine, un desiderio di ritirarti; il tuo corpo deperirebbe perché diventeresti indifferente. La mia missione personale è fare di te un guerriero, così non crollerai.» (Don Juan: 2019, p. 254) «Il mondo è incomprensibile. Non lo capiremo mai e non penetreremo mai i suoi segreti. Dobbiamo di conseguenza prenderlo per quello che è: un mistero insondabile! Ma l'uomo comune non fa questo: il mondo non è mai un mistero per lui, e quando arriva alla vecchiaia è convinto che non ci sia più nulla per cui valga la pena vivere. Un vecchio non ha esaurito il mondo, ha esaurito solo ciò che la gente fa, ma nella sua stupida confusione crede che il mondo non abbia più misteri per lui. Che prezzo infelice dobbiamo pagare per i nostri scudi! Un guerriero è consapevole di questa confusione e impara a trattare le cose in modo appropriato. In nessuna circostanza ciò che gli esseri umani fanno può essere più importante del mondo. Un guerriero, quindi, considera il mondo un mistero infinito e le azioni degli uomini un'infinita follia.» (Don Juan: 2019, p. 259) Cominciai a esercitarmi ad ascoltare i «suoni del mondo» e proseguii per due mesi, come aveva specificato don Juan. All'inizio ascoltare e non guardare era un tormento, ma lo era ancor di più non parlare a me stesso. Alla fine dei due mesi ero in grado di interrompere il mio dialogo interiore per brevi momenti, ed ero anche capace di prestare attenzione ai suoni. (2019, p. 261) I rumori durarono a lungo e mi opposi loro con tutte le mie forze. Quando si placarono, ci fu di nuovo un «silenzio» interrotto simile a come sono abituato a intendere il silenzio: riuscivo cioè a discernere soltanto i rumori naturali degli insetti e del vento. Il silenzio era per me più deleterio del rumore: cominciai a valutare la mia posizione e la mia riflessione mi gettò nel panico. Sapevo di essere perduto: non avevo la conoscenza né la forza per difendermi da tutto ciò che si stava avvicinando a me. Ero così indifeso, rannicchiato nel vomito. Credetti che fosse giunta la mia fine e iniziai a piangere. Volevo pensare alla mia vita ma non sapevo da dove cominciare. Nulla di quello che avevo fatto nella mia esistenza era davvero degno di quell'enfasi finale, così non avevo niente a cui pensare. Fu una presa di coscienza mirabile: ero cambiato dall'ultima volta in cui avevo sperimentato una paura simile, questa volta ero più vuoto, avevo meno sensazioni personali da portare con me. (2019, p. 288) Explicit Don Juan mi guardò e nei suoi occhi c'era una tale tristezza che cominciai a piangere. Le lacrime scorrevano liberamente. Per la prima volta nella mia vita sentivo il peso opprimente della mia ragione. Un'angoscia indescrivibile mi pervase, gemetti senza volerlo e lo abbracciai. Lui mi diede con le nocche un colpo secco in cima alla testa: lo sentii come una vibrazione lungo la colonna vertebrale, ed ebbe un effetto calmante. «Tu ti lasci andare troppo» disse con dolcezza. Viaggio a Ixtlan (1972) Incipit «Mi rendo conto che lei conosce molto bene queste piante, signore» dissi al vecchio indiano che stava di fronte a me. Un mio amico ci aveva appena fatto incontrare e poi aveva lasciato la stanza e noi stavamo facendo le presentazioni. Il vecchio mi aveva detto che il suo nome era Juan Matus. Citazioni «Vedi» proseguì «abbiamo solo due alternative; o riteniamo che sia tutto certo e reale, oppure no. Se seguiamo la prima ipotesi, arriviamo alla morte annoiati di noi stessi e del mondo. Se seguiamo la seconda e cancelliamo la storia personale, creiamo una nebbia intorno a noi, una situazione molto eccitante e misteriosa, nella quale nessuno sa dove balzerà fuori il coniglio, nemmeno noi stessi.» (Don Juan: 2016, pp. 31-32) «Un cacciatore sa che attirerà sempre la preda nelle sue trappole, perciò non si preoccupa. Preoccuparsi significa diventare accessibile, inconsapevolmente accessibile. E quando ti preoccupi, ti aggrappi a qualsiasi cosa per la disperazione; e quando ti aggrappi, sei destinato a esaurirti o a esaurire coloro ai quali ti stai aggrappando.» (Don Juan: 2016, p. 88) «Un cacciatore non deve solo conoscere le abitudini della preda, deve anche sapere che ci sono poteri su questa Terra che guidano gli uomini, gli animali e tutti gli esseri viventi.» (Don Juan: 2016, p. 99) «... Un guerriero è un cacciatore immacolato che va a caccia di potere.» (Don Juan: 2016, p. 112) «Il potere è qualcosa di cui si occupa un guerriero» disse. «Dapprima è una questione incredibile, inverosimile; è difficile persino pensarci, Questo è quello che ti sta succedendo. Poi il potere diventa una faccenda seria; si può non averlo, oppure si può persino non rendersi pienamente conto della sua esistenza, eppure si sa che c'è qualcosa che prima non si notava. In seguito il potere si manifesta come qualcosa di incontrollabile che ci arriva addosso. Non posso dire come arriva o cos'è veramente. Non è niente, eppure fa apparire meraviglie davanti ai tuoi occhi. Infine il potere è qualcosa in se stesso, che controlla le nostre azioni eppure obbedisce ai nostri comandi.» (Don Juan: 2016, p. 118) «...La notte passata, per esempio, il potere ti avrebbe spinto ad attraversare il ponte e poi sarebbe stato al tuo comando per sostenerti mentre lo attraversavi. Ti ho fermato perché sapevo che non hai i mezzi per usare il potere, e senza potere il ponte sarebbe crollato.» «Lo hai visto anche tu il ponte, don Juan?» «No, io ho visto solo il potere. Avrebbe potuto essere qualsiasi cosa. Il potere per te questa volta era un ponte, non so perché. Noi siamo creature molto misteriose.» (2016, p.157) «La caccia al potere è una faccenda molto strana» disse. «Non si può pianificare in anticipo. E questa è la cosa eccitante. Comunque un guerriero procede come se avesse un piano, perché crede nel suo potere personale. Sa per certo che il il potere lo farà agire nel modo più appropriato.» (Don Juan: 2016, p. 183) «... Il segreto non sta in quello che si fa a noi stessi, ma in quello che non si fa.» (Don Juan: 2016, p. 184) «Il trucco sta in ciò a cui si dà importanza» disse. «O ci rendiamo infelici o ci rendiamo forti. La quantità di fatica è la stessa.» (Don Juan: 2016, p. 209) Si alzò in piedi, collocò il sassolino su un masso e poi mi chiese di avvicinarmi e di esaminarlo. Mi disse di osservarne i buchi e le depressioni e di individuarne tutti i minimi dettagli. Spiegò che se avessi individuato i particolari, i buchi e le depressioni sarebbero sparite e io avrei capito che cosa significava non-fare. (2016, p. 215) «Diciamo che si possono sentire. La parte più difficile della strada percorsa da un guerriero è capire che il mondo è una sensazione, Quando uno non-fa, sente il mondo, e lo sente attraverso le sue linee.» (Don Juan: 2016, p. 219) «Non è questione di capire, ma di esercitarsi. Vedere, naturalmente, è il risultato finale per un uomo di sapere, e la vista si ottiene solo dopo aver fermato il mondo attraverso la tecnica del non-fare.» (Don Juan: 2016, p. 220) «Le ombre sono come le porte, le porte del non-fare. Un uomo di sapere, per esempio, può descriverti i sentimenti più reconditi degli uomini osservando le loro ombre.» (Don Juan: 2016, p. 221) Durante la mia ultima visita don Genaro aveva tentato di portarmi al punto di fermare il mondo. I suoi sforzi erano stati così bizzarri e diretti che lo stesso don Juan aveva dovuto dirmi di andarmene via. Le dimostrazioni di «potere» di don Genaro erano state così straordinarie e sconcertanti da obbligarmi a una totale riconsiderazione di me stesso. Ero tornato a casa, avevo risolto gli appunti che avevo preso all'inizio dell'apprendistato e una sensazione completamente nuova si era insediata dentro di me, ma non ne fui perfettamente consapevole finché non vidi don Genaro nuotare sul pavimento. (2016, p. 260) L'isola del tonal (1974) Incipit Nell'autunno del 1971, dopo essere stato via per parecchi mesi, mi sentii disposto a incontrare don Juan. Ero pronto a spingermi fin nel Messico centrale per raggiungerlo. Convinto che l'avrei trovato in casa di don Genaro, feci i miei preparativi per un viaggio di sei o sette giorni. Partii, ma già nel pomeriggio del secondo giorno, d'istinto, mi fermai presso l'abitazione di don Juan a Sonora. Parcheggiai la macchina e feci a piedi i pochi passi che mi separavano dalla casa. Là, con mia sorpresa, lui c'era. Citazioni «L'uomo comune cerca certezza negli occhi di chi ha di fronte, e chiama questo fiducia in sè. Il guerriero cerca di essere senza macchia ai propri occhi, e chiama questo umiltà». (Don Juan: 2017, p. 33) La tecnica del "sognare" di don Juan era un esercizio consistente nel ritrovare le proprie mani in un sogno. In altre parole, uno doveva deliberatamente sognare ciò che si proponeva, e ritrovare le proprie mani nel sogno semplicemente sognando di sollevare le mani al livello degli occhi. (2017, p. 37) «Ogni volta che il dialogo interno si interrompe, il mondo sprofonda e affiorano straordinarie sfaccettature di noi, come se fossero state fino a quel momento tenute nascoste dalle nostre parole. Voi siete così come siete poiché vi dite che siete appunto così.» (Don Juan: 2017, p. 69) «Noi, gli esseri luminosi, siamo nati con due anelli di potere, ma ne usiamo solo uno per creare il mondo. Quell'anello che ci è stato infilato, subito dopo la nascita, è la ragione e si accompagna al parlare. Tutt'e due insieme elaborano e conservano il mondo. Dunque, in sostanza, il mondo che la vostra ragione vuole mantenere è il mondo creato da una descrizione e dalle sue leggi dogmatiche e inviolabili, che la ragione impara ad accettare e difendere. Il segreto degli esseri luminosi è che essi possiedono un secondo anello di potere, mai usato, la volontà.» (Don Juan: 2017, pp. 150, 151) Don Juan aveva ragione. Dover credere che il mondo sia misterioso e insondabile era l'espressione della più intima predilezione di un guerriero. Senza di ciò, egli non aveva nulla. (2017, p. 173) Dissi a don Juan che provavo certe sensazioni inesplicabili. Questo parve destare la sua curiosità. Gli raccontai che già prima avevo provato quelle sensazioni: sembravano momentanee lacune, interruzioni nel corso della mia consapevolezza. Si erano sempre manifestate con una scossa che percepivo nel corpo, seguita dalla sensazione di essere sospeso in qualcosa. (2017, p. 190) «Vedere è proprio così. Si asserisce qualcosa con grande sicurezza, e non si sa com'è successo.» (Don Juan: 2017, p. 198) Don Juan insistette di nuovo perché osservassi ogni cosa. Gli dissi che non c'era nulla che avessi voglia di osservare; che non mi importava quel che la gente stava facendo nel mercato, e che non intendevo stare a guardare con obbedienza come un idiota dei tizi che comperavano monete e libri usati, mentre la cosa reale mi sfuggiva tra le dita. «Che cos'è la cosa reale?» mi chiese. Mi fermai e quasi gli gridai che la cosa reale, la cosa importante, era un'altra: come aveva fatto, lui, a procurarmi la sensazione d'aver percorso in un secondo la distanza fra l'ufficio della compagnia aerea e il mercato? (2017, p. 216) «Ogni minaccia contro il tonal conduce sempre alla sua morte. E se il tonal muore, muore tutto l'uomo. Per la sua intrinseca debolezza il tonal è facilmente distrutto; una delle arti equilibratrici del guerriero consiste, quindi, nel far affiorare il nagual in modo che sostenga il tonal. È un arte, dico, perché gli stregoni sanno che solo sovralimentando il tonal il nagual può affiorare. Capite cosa intendo? Questa sovralimentazione si chiama potere personale.» (Don Juan: 2017, p. 229) Mi spiegò poi che per favorire la cancellazione della storia personale venivano insegnate tre altre tecniche: perdere presunzione, assumere responsabilità, usare la morte come consigliera. (2017, p. 327) Spiegò che l'interruzione delle abitudini, l'andatura del potere e il non-fare erano vie per imparare nuovi modi di percepire il mondo, e fornivano al guerriero un indizio di incredibili possibilità di azioni. Secondo don Juan la conoscenza di un mondo separato e pratico del "sognare" era resa possibile dall'uso di quelle tre tecniche. (2017, p. 339) «L'operazione delicata di guidare un essere luminoso alla totalità di se stesso esige che l'insegnante agisca dall'interno della bolla e il benefattore dall'esterno. L'insegnante riordina l'immagine del mondo. Ho chiamato questa immagine l'isola del tonal. Vi ho detto che tutto ciò che noi siamo si trova sull'isola. La spiegazione degli stregoni afferma che l'isola del tonal è creata dalla nostra percezione, che è stata allenata a concentrarsi su alcuni elementi, ciascuno di quegli elementi, e quegli elementi tutti insieme, formano la nostra immagine del mondo. Il compito dell'insegnante, per quanto riguarda la percezione dell'apprendista, consiste nel riordinare tutti gli elementi dell'isola in una metà della bolla. Ora dovete aver capito che ripulire e riordinare l'isola del tonal significa raggruppare tutti i suoi elementi sul lato della ragione. Il mio lavoro mirava a scomporre la vostra immagine consueta: non a distruggerla, ma a costringerla a raccogliersi tutta sul lato della ragione. L'avete fatto meglio di chiunque altro io conosca.» (Don Juan: 2017, p. 343) «Possiamo spiegare meglio tutto ciò, dicendo che il compito dell'insegnante consiste nel ripulire una metà della bolla e nel riordinare ogni cosa entro l'altra metà. Il compito del benefattore sarà allora di aprire la bolla dalla parte che è stata ripulita. Una volta rotto l'involucro, il guerriero non sarà più lo stesso. Ha lui ora il comando della sua totalità. Metà della bolla è il centro ultimo della ragione, il tonal. L'altra metà è il centro ultimo della volontà, il nagual. Questo è l'ordine che deve prevalere; ogni altra sistemazione è assurda e futile, poiché va contro la nostra natura; ci deruba del nostro retaggio magico e ci riduce a nulla.» (Don Juan: 2017, p. 344) Don Juan e don Gennaro vennero ai miei fianchi, si accovacciarono vicino a me e presero a sussurrarmi alle orecchie. Ciascuno di loro due diceva cose diverse, ma non avevo difficoltà a seguire i loro ordini. Mi parve d'essere "diviso" dall'istante stesso in cui pronunciarono le prime parole. Sentii che mi facevano quello che già avevano fatto a Pablito. Don Gennaro mi fece roteare, poi ebbi per un attimo la sensazione perfettamente cosciente di girare o fluttuare per l'aria. (2017, pp. 360-361) Il fuoco dal profondo (1984) Incipit Avevo trascorso la notte nella città di Oaxaca, nel Messico meridionale, diretto ai monti di Ixtlàn in cerca di don Juan. Uscendo dalla città con la macchina, alle prime ore del mattino, ebbi la bella idea di passare dalla piazza principale e lì lo trovai, seduto sulla sua panchina preferita come se stesse aspettando che io passassi. Citazioni Don Juan allora disse che negli inventari strategici dei guerrieri, l'importanza personale figura come l'attività che consuma la maggior quantità di energia e per questo si sforzavano di vincerla. «Una delle prime preoccupazioni del guerriero è liberare quell'energia per affrontare con essa l'ignoto» proseguì don Juan. «L'azione di ricanalizzare quell'energia è l'impeccabilità.» (2016, p. 30) «L'ignoto è eternamente presente,» proseguì [don Juan] «ma rimane fuori dalla nostra normale portata. L'ignoto è la parte superflua dell'uomo comune. Ed è superflua perché l'uomo comune non ha abbastanza energia libera per comprenderla.» (2016, p. 94) Cominciò subito la sua spiegazione. Delineò brevemente le verità sulla consapevolezza che avevamo già discusso. Che non esiste un mondo di oggetti ma solo un universo di campi energetici che i veggenti chiamano le "emanazioni dell'Aquila" e che ognuno di noi è avvolto in un bozzolo che racchiude una minuscola porzione di quelle emanazioni. Che la consapevolezza è il prodotto della costante pressione esercitata dalle emanazioni esterne, chiamate "emanazioni in grande", sulle emanazioni interne. Che la consapevolezza dà luogo alla percezione, quando le emanazioni interne si allineano con le corrispondenti emanazioni in grande. «La quinta verità» proseguì [don Juan] «è che la percezione è canalizzata perché in ognuno di noi c'è un fattore chiamato "punto di unione" che sceglie emanazioni interne ed esterne per allinearle. Il determinato allineamento che percepiamo come mondo è il prodotto di quella parte specifica del nostro bozzolo dov'è localizzato il punto di unione.» (2016, p. 123) Don Juan tacque e si fermò. Si appoggiò contro una colonna del patio e cominciò a parlare dell'agguato. Disse che ebbe origini molto umili e casuali. Iniziò da una osservazione fatta dai nuovi veggenti: quando i guerrieri si comportano in modi insoliti, in forma sistematica e continua, le emanazioni interne, che d'ordinario non si usano mai, cominciano a risplendere. E i punti di unione si muovono in una maniera lenta, armoniosa, appena notabile. Stimolati da questa asserzione, i nuovi veggenti cominciarono a praticare il controllo sistematico del loro comportamento. Chiamarono questa pratica l'arte dell'agguato[8]. Don Juan fece notare quanto fosse giusto usare un termine negativo; infatti tendere un agguato implicava un particolare tipo di comportamento che si sarebbe potuto classificare come clandestino o furtivo. (2016, pp. 183-184) In principio si riferivano a queste tecniche come la padronanza dell'allineamento. Dopo si resero conto che si trattava di molto di più dell'allineamento, si trattava dell'energia derivante dall'allineamento delle emanazioni. Chiamarono questa energia "volontà". (2016, p. 185) [Don Juan] Disse che l'aspetto dell'allineamento che mantiene stazionario il punto di unione è la volontà e l'aspetto che lo fa muovere è l'intento. (2016, p. 232) [Don Juan] Disse che i guerrieri non devono mai cercare di vedere senza l'aiuto del sogno. Io sostenni che dormire in pubblico non era il mio forte. Lui mi spiegò ulteriormente che spostare il punto di unione dalla sua posizione naturale e mantenerlo fisso in un nuovo posto equivale all'essere addormentati; con la pratica, i veggenti imparano ad addormentarsi e tuttavia si comportano come se non stesse accadendo nulla. (2016, p. 233) «Ti avventureresti nell'ignoto per avidità? Proprio per niente. L'avidità funziona solo nel mondo della vita quotidiana. Per avventurarsi in quella spaventosa solitudine occorre avere qualcosa in più dell'avidità. L'amore, occorre l'amore per la vita, gli intrighi, il mistero. Occorre una insaziabile curiosità e un coraggio immenso.» (Don Juan: 2016, p. 263) Poi sentii la voce di don Juan dirmi all'orecchio: «Oh, sei qui!» come se mi stesse incontrando in quel momento. Ero seduto con lui sulla panchina del parco. Però sentivo anche la voce della giovane donna. Mi disse: «Vieni a sederti vicino a me». Feci proprio così e cominciai la più incredibile storia di cambiamenti di punti di vista. Stavo alternativamente con don Juan e con quella ragazza. Vedevo tutti e due con la massima chiarezza. (2016, p. 293) [Don Juan] Disse che infrangere la barriera della percezione è il massimo di tutto quel che fanno i guerrieri. Dal momento in cui la barriera è infranta, l'uomo e il suo destino acquistano un diverso significato. Per la trascendentale importanza di infrangere quella barriera, i nuovi veggenti usano l'atto di infrangerla come prova finale. La prova consiste nel saltare dalla vetta di una montagna in un precipizio, stando nella consapevolezza normale. Se il guerriero che salta nell'abisso non cancella il mondo quotidiano e non ne allinea un altro prima di toccare il fondo, morirà. (2016, p. 310) Il potere del silenzio (1987) Incipit Don Juan soleva raccontarmi, quando erano pertinenti, brevi aneddoti sugli stregoni della sua famiglia, specie a proposito del suo maestro, il nagual Julian. Non erano racconti veri e propri, ma descrizioni di comportamento di quegli stregoni e degli aspetti della loro personalità, ognuna intesa a chiarire un argomento specifico nel mio apprendistato. Citazioni Don Juan mi spiegò che ogni gesto degli stregoni, specie dei nagual, era effettuato o per rafforzare il loro legame con l'intento o per rispondere a una provocazione del legame stesso. Gli stregoni, e i nagual in modo particolare, dovevano perciò essere sempre attivamente attenti alle manifestazioni dello spirito. Tali manifestazioni erano chiamati gesti dello spirito o, in modo più semplice, indicazioni, presagi. (1994, p. 31) Don Juan ripeté che il punto cruciale della nostra difficoltà nel tornare all'astratto era il rifiuto di accettare il concetto di una conoscenza senza parole e persino senza pensieri. (1994, p. 55) «Il secondo nocciolo astratto delle storie di stregoneria si chiama il tocco dello spirito» disse. «Il primo nocciolo, le manifestazioni dello spirito, è l'edificio che l'intento costruisce e pone dinanzi a uno stregone, invitandolo poi a entrare. È l'edificio dell'intento visto dallo stregone. Il tocco dello spirito è lo stesso edificio visto da un principiante che è stato invitato – o piuttosto, costretto – a entrare.» (Don Juan: 1994, p. 59) Diceva [don Juan] che l'agguato era l'inizio di tutto, e che prima di tentare qualsiasi cosa sulla via del guerriero, i guerrieri dovevano apprendere quell'arte e, dopo, l'arte dell'intento. Solo allora avrebbero potuto muovere a volontà il punto di unione. (1994, p. 97) «Il primo principio in assoluto dell'arte dell'agguato è che il guerriero ponga l'agguato a se stesso, e lo faccia spietatamente, con astuzia, pazienza e dolcezza.» Avrei voluto mettermi a ridere, ma [don Juan] non me ne lasciò il tempo. Con toni succinti, definì l'agguato come l'arte di usare il comportamento in nuovi modi per scopi specifici. Disse che il normale comportamento umano nel mondo della vita di ogni giorno era pura routine. Ogni comportamento che si distaccava dalla routine provocava un effetto insolito sul nostro essere totale. Quell'effetto insolito era quello che cercavano gli stregoni, poiché era cumulativo. (1994, pp. 98-99) «... Ci sono molti modi di tendere agguati a se stesso. Se non vuoi usare l'idea della tua morte, usa le poesie che mi hai letto.» (Don Juan: 1994, p. 128) «Certo che insisto perché chi mi sta intorno pensi con chiarezza» disse. «E spiego, a chiunque voglia ascoltarmi, che l'unico modo di pensare con chiarezza è non pensare affatto. Ero convinto che tu avessi capito questa contraddizione degli stregoni.» (Don Juan: 1994, p. 141) «Il luogo della non pietà è il centro della spietatezza. Ma questo tu lo sai. Ora però fintanto che non ti torna in mente, diciamo che la spietatezza, essendo una posizione specifica del punto di unione, si vede negli occhi degli stregoni. È come un velo scintillante che li ricopre. Gli occhi degli stregoni brillano, e più sono lucenti più spietato è lo stregone. In questo momento i tuoi occhi sono opachi.» (Don Juan: 1994, p. 142) Don Juan descrisse la presunzione come la forza generata dall'immagine di sé dell'uomo. Ripeté più volte che è quella forza a tenere fissato il punto di unione nella posizione attuale. Per questo motivo la missione unica di chi si comporta da guerriero è detronizzare la presunzione. E ogni azione degli sciamani è tesa a conseguire questo scopo. (1994, p. 165) Quando gli chiesi di parlarmi della conoscenza silenziosa più in dettaglio, mi rispose subito che la conoscenza silenziosa era una posizione generale del punto di unione, che secoli prima era stata la posizione normale; poi, per ragioni che sarebbe stato impossibile determinare, il punto di unione dell'uomo s'era spostato da quella collocazione specifica adottandone una nuova chiamata "ragione". (1994, p. 213) Gli chiesi di spiegarmi di nuovo cosa fosse l'intento inflessibile. Mi disse [don Juan] che era una specie di facoltà di perseguire un unico scopo che hanno gli esseri umani; un'intenzione puntigliosamente ben definita e non revocata da contrastanti interessi o desideri; l'intento inflessibile era anche la forza che si generava quando il punto di unione era mantenuto fisso in una posizione diversa dalla solita. (1994, p. 232) Il vecchio nagual [Elías] spiegò che la posizione della conoscenza silenziosa si chiamava terzo punto perché, per arrivarci, si doveva passare dal secondo punto, il luogo della non pietà. (1994, p. 250) «Nell'arte dell'agguato» proseguì don Juan «c'è una tecnica molto usata dagli stregoni: la follia controllata. Essi affermano che la follia controllata è l'unico modo che hanno per trattare con se stessi – nel loro stato di accentuata consapevolezza e percezione – e con qualunque persona o cosa nel mondo della quotidianità.» (1994, p. 256) E [don Juan] capì, da solo, che il luogo della non pietà era una posizione del punto di unione, una posizione che rendeva inoperante l'autocommiserazione. (Don Juan: 1994, p. 268) L'arte di sognare (1993) Incipit Don Juan mise bene in evidenza, più di una volta, che tutto ciò che mi andava insegnando era stato previsto ed elaborato da coloro che chiamava gli stregoni dell'antico. Mi spiegò molto chiaramente che esisteva una profonda differenza fra quegli stregoni e questi dei tempi moderni. Citazioni Don Juan mi diede allora la definizione tradizionale della Seconda Attenzione. Disse che i vecchi stregoni chiamavano Seconda Attenzione il risultato dell'operazione di fissare il punto di unione su nuove posizioni, e che consideravano la Seconda Attenzione un'area di attività completa, proprio come l'Attenzione del mondo quotidiano. (p. 28) «Il primo varco è una soglia che dobbiamo attraversare diventando consci di una particolare sensazione prima del sonno profondo» disse. «Una situazione simile a una piacevole pesantezza che ci impedisce di aprire gli occhi. Noi raggiungiamo quel varco nell'istante in cui diventiamo consci di stare per addormentarci, sospesi nel buio e nella pesantezza.» (Don Juan: 1995, p. 34) «Per gli stregoni, vivere vuol dire avere coscienza. Significa possedere il punto di unione e il suo luminoso alone di consapevolezza, una condizione che indica agli stregoni come l'essere di fronte a loro, organico o inorganico, è completamente in grado di percepire. Per gli stregoni, percepire è la precondizione della vita.» (Don Juan: 1995, p. 57) «I Sogni sono analizzati per il loro significato o sono considerati come presagi, ma non sono mai intesi come un mondo di reali accadimenti.» (Don Juan: 1995, p. 79) Don Juan si dichiarava sbalordito perché, di tutte le cose meravigliose che gli antichi stregoni avevano appreso esplorando quelle migliaia di posizioni [del punto di unione], erano rimaste soltanto l'Arte del Sognare e l'Arte dell'Agguato. Ripeté più volte che l'Arte del Sognare tratta dello spostamento del punto di unione, e poi definì l'agguato come l'arte che si occupa della fissazione del punto di unione in qualsiasi posizione si sia spostato. (p. 80) Disse che i vecchi stregoni avevano una fluidità favolosa. Bastava solo il più lieve spostamento del loro punto di unione, il minimo accenno percettivo ispirato dal Sognare, perché fossero subito in grado di tendere un agguato alla percezione, risistemare la loro coesione in modo da adattarla al nuovo stato di consapevolezza, ed essere un animale, un'altra persona, un volatile, o qualsiasi cosa. (p. 89) Da quel giorno in poi, nonostante il mio timore e la riluttanza di don Juan a consigliarmi, diventai un assiduo viaggiatore di Sogno verso quel mondo spugnoso. Scoprii subito che più era grande la mia capacità di osservare i dettagli dei miei Sogni, più mi riusciva facile isolare gli esploratori. Se sceglievo di riconoscerli come energia aliena, essi rimanevano per un po' nel mio campo percettivo. Ora, se sceglievo di tramutarli in oggetti quasi conosciuti, restavano ancora più a lungo, cambiando forma in modo strano; però se li seguivo, dichiarando ad alta voce il mio intento di andare con loro, gli esploratori portavano davvero la mia Attenzione in un mondo al di là di ciò che posso immaginare normalmente. (p. 103) «La consapevolezza degli stregoni cresce quando Sognano» proseguì. «E nel momento in cui cresce, qualcosa là fuori ne riconosce la crescita e fa un'offerta d'acquisto. Gli esseri inorganici sono i possibili acquirenti di quella nuova, accresciuta consapevolezza. I Sognatori devono stare sempre con gli occhi aperti. Diventano prede non appena si avventurano in quell'universo tanto predatorio.» (Don Juan: 1995, p. 111) «Il terzo varco del Sognare lo raggiungi quando ti trovi in un Sogno a fissare qualcun altro che sta dormendo. E salta fuori che quel qualcun altro sei tu» disse don Juan. (p. 150) Don Juan mi aveva dato istruzioni molto dettagliate ed esplicite sulla ricapitolazione, che consisteva nel rivivere in toto le esperienze della propria vita ricordandone ogni più piccolo particolare possibile. Egli considerava la ricapitolazione come il fattore essenziale nella ridefinizione e nel reimpiego dell'energia. «La ricapitolazione libera l'energia imprigionata dentro di noi, e senza questa energia liberata il Sognare non è possibile.» Questa era la sua dichiarazione. (Don Juan: 1995, pp. 156-157) [Lo Sfidante della Morte] Riferì che gli stregoni del suo lignaggio erano soliti iniziare fissando un oggetto semplice e memorizzandone ogni dettaglio. Poi chiudevano gli occhi e visualizzavano l'oggetto, correggendo queste visualizzazioni confrontandole con l'oggetto reale, fino a quando riuscivano a vederlo, nella sua interezza, a occhi chiusi. Nel loro schema di sviluppo il passo seguente era Sognare con l'oggetto e creare nel Sogno una materializzazione totale di questo oggetto, dal punto di vista della loro percezione. Questo passo, disse la donna, era chiamato "il primo passo verso la percezione totale". Da un oggetto semplice quegli stregoni passavano ad altri sempre più complessi. Il loro scopo ultimo era visualizzare, tutti insieme, un mondo totale, poi Sognare quel mondo e ricreare così un regno totalmente genuino dove loro potessero esistere. (p. 238) Ero ancora più che atterrito, ma se mi avessero chiesto di descrivere che cosa mi terrorizzava non avrei saputo dirlo. Non avevo certo paura di trovarmi con lo Sfidante della Morte in un altro Sogno o di perdere la testa o perfino la vita. Avevo forse paura del Male? Me lo chiesi. Ma il pensiero del Male non avrebbe resistito a un esame: come risultato di tutti gli anni trascorsi sulla via della stregoneria, sapevo senza ombra di dubbio che nel cosmo esiste solo l'energia; il Male è una mera considerazione della mente umana, sconvolta dalla fissazione del punto di unione nella sua posizione abituale. Logicamente, non avevo in fondo nessun motivo di aver paura. Lo sapevo, ma sapevo anche che la mia reale debolezza era la mancanza di fluidità per fissare all'istante il mio punto di unione in qualsiasi posizione in cui era stato spostato. Il contatto con lo Sfidante della Morte stava spostando il mio a un ritmo tremendo, e io non avevo il coraggio di continuare a spingere. Il risultato finale era una vaga pseudo-sensazione di paura di non riuscire a svegliarmi. (p. 245) Citazioni su Carlos Castaneda Dopo un mese di fax e telefonate con i suoi agenti, rinvii e un contrordine dell'ultima ora, Castaneda era lì, il 12 novembre 1997, per concedere una delle rarissime interviste della sua vita al riparo dei mass media, la prima, dopo decenni, a un giornale europeo. Non alto, asciutto, carnagione bruna, capelli grigi e lisci, un po' arruffati, occhi scuri in moto perpetuo, volto capace di modulare espressioni più varie come i comici del muto. (Cesare Medail) Mentre si dibatte fra la sua "ragione" e le "incredibili" dottrine e operazioni degli stregoni, Casteneda si sente ripetere di continuo che di fatto l'ingannatore, Il Trickster, è lui, ed anzi è un "genio" dell'inganno, un "genio" nell'escogitare trucchi. Gli istruttori finiscono quindi per ribaltare su di lui, o meglio sulla sua "ragione" – che si difende dal loro insegnamento –, la responsabilità dell'inganno. (Furio Jesi) Octavio Paz Come distruzione critica dell'antropologia, l'opera di Castaneda taglia le opposte frontiere della filosofia e della religione. Quella della filosofia perché egli propone, dopo una critica radicale della realtà, un'altra conoscenza, ascientifica e illogica; quella della religione perché questa conoscenza esige un cambio della natura dell'iniziato: una conversione. Uno dei meriti di Castaneda è di essersi mosso dalla botanica alla fisiologia e all'antropologia. Castaneda si è introdotto in una società chiusa, una società sotterranea e che coesiste, sebbene non conviva, nella odierna società messicana. Una tradizione in via di estinzione: quella degli stregoni, eredi dei sacerdoti e sciamani pre–colombiani. Io non so cosa penserebbero don Juan e don Genaro delle speculazioni di Hume e Nagarajuna. Invece, sono (quasi) sicuro che Carlos Castaneda le approverebbe – sebbene con una certa insofferenza. Ciò che gli interessa non è tanto mostrare l'inconsistenza delle nostre descrizioni della realtà – siano quelle della nostra quotidianità o quelle della filosofia – quanto la consistenza della visione magica del mondo. La visione e la pratica: la magia è innanzitutto una pratica. I libri di Castaneda, sebbene abbiano un fondamento teorico: lo scetticismo radicale, sono il resoconto di un'iniziazione a una dottrina dove la pratica occupa il posto centrale. Note Dall'introduzione a Viaggio a Ixtlan, 2016, p. 12. Dall'introduzione a Il potere del silenzio, 1994, p. 13. Dall'introduzione a Il potere del silenzio, 1994, p. 8. Perhaps, something like that. But we have to begin by realizing, as don Juan says, that there is much more to the world than we usually acknowledge. Our normal expectations about reality are created by a social consensus. We are taught how to see and understand the world. The trick of socialization is to convince us that the descriptions we agree upon define the limits of the real world. What we call reality is only one way of seeing the world, a way that is supported by a social consensus. Don Juan used psychotropic plants only in the middle period of my apprenticeship because I was so stupid, sophisticated and cocky. I held on to my description of the world as if it were the only truth. Psychotropics created a gap in my system of glosses. They destroyed my dogmatic certainty. But I paid a tremendous price. Our first concern should be with ourselves. I can like my fellow men only when I am at my peak of vigor and am not depressed. To be in this condition I must keep my body trimmed. Any revolution must begin here in this body. I can alter my culture but only from within a body that is impeccably tuned – into this weird world. For me, the real accomplishment is the art of being a warrior, which, as don Juan says, is the only way to balance the terror of being a man with the wonder of being a man. Mistura di erbe e funghi allucinogeni essiccati per essere fumati in una pipa. Stalking nel testo originale. Bibliografia Carlos Castaneda, Gli insegnamenti di Don Juan (The teachings of Don Juan, 1968), traduzione di Roberta Garbarini e Tea Pecunia Bassani, Rizzoli, 2013. ISBN 978-88-17-06401-9 Carlos Castaneda, Il fuoco dal profondo (The fire from within, 1984), traduzione di Francesca Bandel Dragone, Rizzoli, 2016. ISBN 978-88-17-12750-9 Carlos Castaneda, Il potere del silenzio (The power of silence, 1987), traduzione di Francesca Bandel Dragone, Rizzoli, 1994. ISBN 88-17-11599-1 Carlos Castaneda, L'arte di sognare (The art of dreaming, 1993), traduzione di Francesca Bandel Dragone, Rizzoli, 1995. ISBN 88-17-11649-1 Carlos Castaneda, L'isola del tonal (Tales power, 1974), introduzione e traduzione di Furio Jesi, Rizzoli, 2017. ISBN 978-88-17-12751-6 Carlos Castaneda, Una realtà separata (A separate reality, 1971), traduzione di Marina Panatero e Tea Tecuni Bassani, Rizzoli, 2019. ISBN 978-88-17-06473-6 Carlos Castaneda, Viaggio a Ixtlan (Journey to Ixtlan, 1972), traduzione di Giusi Signori, Rizzoli, 2016. ISBN 978-88-17-05465-2 I Toltechi (o Toltec; Toltecas nello spagnolo) erano un popolo nativo americano dell'epoca precolombiana che dominò gran parte del Messico centrale, tra il X ed il XII secolo. La loro lingua, il nahuatl, era parlata anche dagli Aztechi. Questa popolazione nomade e guerriera era giunta nell'altopiano del Messico verso il IX secolo d.C. Nel 1168 la loro capitale, Tula, fu distrutta dalla popolazione settentrionale dei Cicimechi. La relativa unità politica si frammentò: seguirono circa due secoli di caos, imbarbarimento ed emigrazioni fino al Nicaragua. Al termine di questo periodo di crisi, gli Aztechi imposero il proprio dominio. Alla fine del X secolo il leggendario re Quetzalcoatl aveva portato i Toltechi nello Yucatán: ne derivò uno stato maya-tolteco con capitale Chichén Itzá e una cultura maya-tolteca che durò fino alla conquista spagnola (1544). La cultura dell'altopiano con centro a Tula fu invece obliata. Si era sovrapposta a quella di Teotihuacán, raffinata ma già in decadenza, portando nelle manifestazioni artistiche uno stile scarno ed esuberante, con il gusto per le grandi costruzioni. Dai Toltechi, gli Aztechi presero l'usanza di razziare uomini per i sacrifici alle divinità. Indice 1             Storia 2 Alcuni dei sovrani Toltechi 3           Scoperte recenti 4          Voci correlate 5 Altri progetti 6              Collegamenti esterni Storia Tempio Tlahuizcalpantecuhtli, zona archeologica di Tollan Xicocotitlan (Tula) Originalmente erano un popolo nomade-militare e si pensa possano essere stati loro, o i loro antenati, ad aver saccheggiato la città di Teotihuacan (ca. 750). Dopo che il loro stile di vita gradualmente mutò in una maggiore sedentarietà, i Toltechi riunirono i molti piccoli stati del Messico centrale in un impero governato dalla loro capitale, Tollan (oggi Tula de Allende). Erano abili costruttori di templi. La loro influenza si diffuse in tutta la Mesoamerica nell'epoca post-classica. L'influenza tolteca sui Maya dello Yucatan è notevole, specialmente evidente nella città di Chichen Itza. Sono state ritrovate loro ceramiche fino in Costa Rica. Alcuni scrittori hanno ipotizzato che potessero essere stati i Toltechi ad introdurre il culto di Quetzalcoatl, il serpente piumato. Non è così, dato che questa divinità è stata comunemente descritta in tutto il Mesoamerica già secoli prima di loro, fin dai tempi degli Olmechi. Secondo la mitologia tolteca (e, in seguito, anche in quella azteca) Quetzalcoatl era un rivale di Tezcatlipoca, il primo dio di cui siamo al corrente ad aver richiesto il sacrificio di cuori umani. Questo sarebbe il motivo per cui i Toltechi avrebbero introdotto la consuetudine di sacrifici umani di massa, usanza poi ripresa dagli aztechi. Si reputa che l'impero tolteco sia stato distrutto intorno al 1200 dai guerrieri nomadi Cicimechi. La famiglia regnante degli aztechi affermava di discendere dai Toltechi della città sacra di Colhuacan. Nei suoi scritti, Miguel León-Portilla spiega che, secondo la leggenda di Nauha, i Toltechi sarebbero stati i padri di tutte le civiltà, perciò "tolteco" divenne sinonimo di artista, o artigiano, e la loro città, Tolán, fu descritta come piena di meraviglie. Quando gli aztechi riscrissero la loro storia, cercarono di dimostrare i propri legami con i Toltechi. Sfortunatamente questo significa che buona parte della tradizione dei Toltechi sarebbe una leggenda, difficile da dimostrare. Secondo alcuni racconti, dopo la caduta di Tula, alcuni dei Toltechi si ritirarono a Cholula, che cadde solo secoli dopo, quando fu bruciata da Hernán Cortés e dai conquistadores spagnoli. La maggior parte della storia tolteca è conosciuta per merito dei resoconti degli ultimi discendenti (come gli aztechi), scritti secoli dopo il "periodo buio" del Messico centrale, insieme ad altre testimonianze dei maya. Alcuni dei sovrani Toltechi Chalchiuh Tlatonac - primo re Tolteco, fondatore di Tula Mixcoamazatzin Huetzin Mixcoatl Totepeuhl o Mixcoatl Ihuitimal Topiltzin Ce Acatl Quetzalcoatl, figlio di Mixcoatl, il più famoso re Tolteco Matlacxochitzin Nauhyotzin Matlacoatzin Tlilcoatzin - morto c. 1000 (?) Huemac - L'ultimo re Tolteco, morto in esilio c. 1100 (?), circa 6 anni dopo la caduta di Tula Scoperte recenti Nel 1941, la Sociedad Mexicana de Antropología confermò che Tula era stata la capitale dei Toltechi fin dal IX secolo, come gli archeologi avevano suggerito. Alcuni studiosi, compresa Laurette Séjourné, però affermano che i numerosi scavi hanno solo dimostrato come si trattasse di una città minore, non così importante da giustificare la leggenda dei Toltechi. La posizione di Tula dimostra in realtà che un tempo era stata una grande città, anche se l'arte cerimoniale e l'architettura oggi deducibile è meno imponente di quella degli altri siti mesoamericani. Dovrebbe essere chiaro, comunque, che alcuni dati raccolti dai conquistadores spagnoli e anche dopo, confondono i Toltechi con altre civiltà mesoamericane ed a volte tendono ad attribuire ai Toltechi tutte le conquiste dei secoli precedenti l'ascesa degli aztechi. Nella mitologia mesoamericana il Nahual (anche scritto Nagual) è considerato lo spirito buono, simile ad un angelo guardiano, che si manifesta sotto la forma di un animale. Ogni persona aveva un nahual che lo seguiva e lo proteggeva, ed anche ogni divinità, come ad esempio l'Huitzilopochtli/colibrì ed il Quetzalcoatl/serpente piumato. Indice 1              Tradizione mitologica 2  Altri usi del termine 3     Note 4  Voci correlate 5         Altri progetti 6   Collegamenti esterni Tradizione mitologica A seconda del giorno di nascita dell'antico calendario divinatorio, ogni persona riceve un differente nahual. I genitori possono privare il figlio della sua custodia fino a che lui maturi abbastanza per usarne la conoscenza in un modo responsabile. Questo per il fatto che la presenza dell'animale può influire sulle caratteristiche del bambino. Per esempio, un toro è forte, quindi se il nahual di un bambino è un toro lui potrebbe usarlo in maniera irresponsabile per trarne vantaggio, agendo in modo da prendere ciò che vuole. In generale gli individui non rivelano alle altre persone i propri nahual, a meno che con costoro non abbiano una stretta relazione. Altri usi del termine Nei libri dello scrittore Carlos Castaneda il termine viene usato anche per descrivere una persona che è capace di guidare gli altri verso nuove aree della percezione, e viene quindi considerato come un benefattore degli iniziati, una sorta di guida verso la libertà totale. Un tale maestro sarebbe infatti dotato di un potente organismo energetico.[1] «Questo fa di un nagual, che può essere sia un uomo sia una donna, un condottiero nato per guidare altri stregoni».[2] Più in generale, secondo lo scrittore, il Nagual è contrapposto al Tonal, inteso come tutto ciò che può essere esplicato e compreso dalla ragione: insomma il Nagual è una realtà che trascende la comprensione puramente intellettuale e di cui si può solo essere testimoni. Nei libri di Castaneda, don Juan Matus viene descritto come un indiano yaqui incontrato dallo scrittore nel 1961 durante un lavoro antropologico sul campo nei pressi del confine tra U.S.A. e Messico. Più precisamente Juan Matus soleva abitare una zona chiamata altipiano di Sonora, dove aveva un gruppo di proseliti, tra cui Nestor, Pablito, Benigno, e, insieme ad altre tre donne dette "le tre sorelline", "La Gorda". Fra costoro, tutti abitanti del luogo suddetto, ultimo ma forse il più importante fu don Genaro, che in seguito sarebbe diventato «benefattore» di Carlos, cioè colui che al contrario del Nagual (don Juan, ovvero l'«insegnante») si tramuterà in una sorta di spaventapasseri; la figura di don Juan viene dipinta così come benevola e "amica" del nostro Castaneda, mentre quella di Genaro invece sarà terrificante. Dopo il loro primo incontro, nelle visite successive, don Juan si rivelò progressivamente a Castaneda, iniziandolo alla conoscenza dei segreti dello sciamano esperto in piante medicinali, e capace di espandere la realtà verso stati non ordinari grazie all'effetto di ognuna di esse. Viene sempre nominato in quanto unico maestro, insieme a don Genaro, degli insegnamenti sciamanici, oltre che di tutto il resto del suo pensiero che fedelmente Castaneda riporta nelle sue opere. In ogni libro di Castaneda vengono raccontati stralci di vita assieme a don Juan, dai quali emerge un susseguirsi di esperienze profonde che avevano segnato lo sciamano fin dalla sua giovane età. Nei primi libri don Juan viene presentato come amico da sempre dello stregone don Genaro, dotato di estrema potenza, ottimo danzatore, e dal carattere giocoso e scherzoso. Il personaggio di don Juan compare anche in alcuni episodi dei Freak Brothers, il fumetto a firma di Gilbert Shelton. Don Juan è considerato un punto di riferimento anche in ambito buddhista. Il personaggio, ad esempio, viene spesso citato da Jack Kornfield, insegnante buddhista e autore di libri di successo in ambito spirituale[1]. Questa bibliografia è una lista dettagliata delle opere e dei lavori concernenti la figura dell'antropologo Carlos Castaneda,[1][2][3] tra cui interviste ed articoli apparsi su giornali, che include anche le opere derivate di altri autori vicini a lui, oppure in netto contrasto col suo pensiero. Per leggere Carlos Castaneda, di Guillermo Marín Ruiz, conoscitore della cultura tolteca messicana. Indice 1          Libri 1.1 In italiano 1.2    In inglese 1.3         In spagnolo 2     Interviste 3         Lavori biografici 4            Critiche al suo operato 5    Autori associati 6            Altri lavori 6.1    Discepoli riconosciuti di Castaneda 6.1.1   Altri discepoli 6.2            Discepoli di don Juan non riconosciuti da Castaneda come tali 6.3              Altri scrittori sulla sua stessa tematica 7     Note 8  Voci correlate 9 Altri progetti Libri Collana dei libri scritti dallo stesso Carlos Castaneda: In italiano Gli insegnamenti di Don Juan (Milano, Rizzoli, 1999, ISBN 88-17-86027-1) Pubblicato anche con il titolo A scuola dallo stregone (Ital-1970; Mex-1974, Fond.Cult.Econ:[4] il suo primo libro è stato pubblicato prima in lingua italiana che in quella spagnola) Una realtà separata (Milano, Rizzoli, 2000, ISBN 88-17-86200-2) Viaggio a Ixtlan (Milano, Rizzoli, 2000, ISBN 88-17-86368-8) L'isola del Tonal (Milano, Rizzoli, 1997, ISBN 88-17-11509-6) Il secondo anello del potere (Milano, Rizzoli, 2001, ISBN 88-17-25893-8) Il dono dell'aquila (Milano, Rizzoli, 1985, ISBN 88-17-16542-5) Il fuoco dal profondo (Milano, Rizzoli, 1987, ISBN 88-17-12750-7) Il potere del silenzio (Milano, Rizzoli, 2001, ISBN 88-17-25891-1) L'arte di sognare (Milano, Rizzoli, 2000, ISBN 88-17-25892-X) Tensegrità-Passi magici (Milano, Rizzoli, 2004, ISBN 88-17-25817-2) La ruota del tempo (Milano, Rizzoli, 2002, ISBN 88-17-12799-X) Il lato attivo dell'infinito (Milano, Rizzoli, 2000, ISBN 88-17-25889-X) In inglese The Teachings of Don Juan: A Yaqui Way of Knowledge (1968) ISBN 0-520-21757-8. A Separate Reality: Further Conversations with Don Juan (1971) ISBN 0-671-73249-8. Journey to Ixtlan: The Lessons of Don Juan (1972) ISBN 0-671-73246-3. Tales of Power (1974) ISBN 0-671-73252-8. The Second Ring of Power (1977) ISBN 0-671-73247-1. The Eagle's Gift (1981) ISBN 0-671-73251-X. The Fire From Within (1984) ISBN 0-671-73250-1. The Power of Silence: Further Lessons of Don Juan (1987) ISBN 0-671-73248-X. The Art of Dreaming (1993) ISBN 0-06-092554-X. Magical Passes: The Practical Wisdom of the Shamans of Ancient Mexico (1998) ISBN 0-06-092882-4. The Active Side of Infinity (1999) ISBN 0-06-092960-X. The Wheel of Time: The Shamans Of Mexico (2000) ISBN 0-14-019604-8. In spagnolo Nei primi quattro, narra le sue esperienze con l'indio Yaqui Juan Matus Las enseñanzas de Don Juan (prima ed. Eng-1968; Ital-1970; Mex-1974, Fond.Cult.Econ) - tesi di laurea) Una realidad aparte (Messico-1974, Fond.Cult.Econ[4]) Viaje a Ixtlán (Mex-1975, Fond.Cult.Econ - tesi di dottorato) Relatos de poder (Mex-1976, Fond.Cult.Econ) Nei successivi altri, inizia la tappa mistica in cui sviluppa i concetti chiave propri del suo pensiero: El segundo anillo de poder (Esp-1979, Ed. Pomaires) El don del águila (Esp-1982, Ed. Diana) El fuego interno (Esp-1984, Ed. Diana) El conocimiento silencioso (Arg-1988, Ed. Emecè) El arte de ensoñar (Esp-1993, Ed. Diana) El silencio interno (Arg-1988, Ed. Emecè - conosciuto anche come "El Libro Púrpura", o El conocimiento silencioso, era inizialmente venduto solo nei suoi seminari di Tensegrità) Pases mágicos-Tensegridad (Esp-1998, Ed. Atlantida) La rueda del tiempo (Esp-1998, Ed. Gaya) El lado activo del infinito (Esp-1999, E.B) Interviste Di seguito alcune interviste, delle quali le più famose divenute libri a sé stanti in quanto, soprattutto all'inizio della sua carriera, era noto per non rilasciarne affatto, ed essere un personaggio alquanto "invisibile" alla stampa e ai mezzi di comunicazione in generale. Solo nell'ultimo periodo, specialmente con l'avvento di internet, ne sono sorte maggiormente. Corvalan, Graciela, Magical Blend numero 14, A conversation with the elusive Carlos Castaneda. Corvalan, Graciela, Magical Blend numero 15, Carlos Castaneda, part II. Burton, Sandra, Time Magazine, Magic and Reality. 1973. Corvalan, Graciela, Der Weg der Tolteken - Ein Gesprdch mit Carlos Castaneda, Fischer, 1987, circa 100p., ISBN 3-596-23864-1 Fort, Carmina, Conversationes con Carlos Castaneda. Madrid (Spain), 1991. Keen, Sam, Psychology Today, Sorcerer's Apprentice. 1975. Leviton, Richard, Yoga Journal, Marzo/Aprile 1994 numero 115, The Art of Dreaming.[5] Thompson, Keith, New Age Journal, Marzo/Aprile 1994, Carlos Castaneda Speaks: Portrait of a Sorcerer.[6] Wagner, Bruce, Details, Marzo 1994, The Secret Life of Carlos Castaneda: You Only Live Twice. Lavori biografici Opere di quei personaggi che affermano essere stati molto vicini alla sua persona, potendone quindi rilasciare una testimonianza diretta: Amy Wallace. The Sorcerer's Apprentice: My Life with Carlos Castaneda (2003) Filming Castaneda: The Hunt for Magic and Reason by Gaby Geuter (2004) ISBN 1-4140-4612-X Critiche al suo operato Nel corso del tempo, sia mentre era ancora in vita che dopo la sua morte, numerosi autori si sono fatti avanti per criticare la sua opera o il suo operato, vale a dire: sia il suo pensiero che la sua condotta morale, o stile di vita.[affermazione vaga ed evasiva, seguita da un mero elenco "telefonico" di "critici"] Ecco una lista di questi scrittori: Ash, Lee. [Review of A Separate Reality.] Library Journal, 1971 (May 1) Barthelme, Donald. The Teachings Of Don B.: A Yankee Way Of Knowledge. New York Times Magazine, 1973 (Feb 11), 14-15, 66-67. Reproduced in D. Barthelme, Guilty Pleasures. Dell, 1974. Beffeman, Gerald D. Anemic And Emetic Analyses In Social Anthropology. American Anthropologist, 1966, 68(2, pt 1), 346-354. Castaneda, Margaret Runyan, as told to Wanda Sue Parrott. My Husband Carlos Castaneda. Fate, 1975 (Feb). Castaneda, Margaret Runyan. A Magical Journey with Carlos Castaneda. Victoria: Millenia Press 1996 Cook, Bruce. Is Carlos Castaneda for Real? National Observer, 1973 (Feb 24). Crapanzano, Vincent. Popular Anthropology, "Partisan Review", 1973. Cravens, Gwyneth. Talking To Power And Spinning With The Ally. Harper's Magazine De Holmes, Rebecca B. Shabono: Scandal or Superb Social Science? American Anthropology [Vol. 85, p. 664] de Mille, Richard. The Perfect Mirror Is Invisible. Zygon, 1976 (Mar) de Mille, Richard. 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Autori associati Altri "discepoli" di don Juan (la figura mitica indicata nei suoi libri come detentore di questo antico conoscimento, di cui poi lui si sarebbe fatto portavoce) riconosciuti ufficialmente da Castaneda, e che come lui quindi, avrebbero avuto l'"autorità" per parlarne: Va precisato che non tutti i discepoli di cui Carlos parla nei suoi libri hanno scritto libri. Ecco quelli che lo hanno fatto: Florinda Donner-Grau. Shabono: A Visit to a Remote and Magical World in the South American Rain Forest (1982, 1992) ISBN 0-06-250242-5 Florinda Donner-Grau. The Witch's Dream. 1ª ed. 1985 ISBN 0-671-55198-1; edizione più recente (1997) ISBN 0-14-019531-9 Florinda Donner-Grau. Being-In-Dreaming: An Initiation into the Sorcerers' World -Ser en el Ensueño- (1992) ISBN 0-06-250192-5 Taisha Abelar. The Sorcerer's Crossing. -Donde cruzan los Brujos- 1a hardback edition 1992. 1993 edition ISBN 0-14-019366-9 Altri lavori Per ultimo, tutti gli altri: altri discepoli di don Juan o presunti tali, che non sarebbero stati riconosciuti da Carlos, quindi da lui tacciati come impostori; poi, mettiamo anche i "discepoli" diretti invece di Carlos Castaneda, siano essi riconosciuti o meno da lui; infine altri autori concernenti sempre la sua stessa tematica (un presunto sapere antico e ancestrale, dimenticato e riportato a luce da lui grazie all'incontro appunto con l'indio Yaqui don Juan; originario e procedente suppostamente, dalle antiche popolazioni dei Toltechi-anche se, nei suoi libri, nemmeno in questo risulta essere preciso; a volte parla vagamente degli "antichi stregoni messicani" riferendosi in generale a tutte quelle popolazioni, altre volte invece, fa riferimento a questa parola, senza mai però chiarire il concetto e lasciandolo sempre nel vago-). Mettiamo in questa sezione, anche tutti quei personaggi che si sarebbero fatti avanti, dopo la sua scomparsa, per cercare di far fronte alle numerose "lacune" e contraddizioni, sparse nei suoi libri. Tra questi nuovi autori, alcuni affermano essere a loro volta venuti in contatto con alcuni di questi altri "lignaggi" antichi di cui lui parla nei suoi scritti, differenti però dal suo, e fattisi quindi portavoce al pari di lui degli stessi, similmente cioè a come egli avrebbe fatto per don Juan. Discepoli riconosciuti di Castaneda Riconosciuti ufficialmente da Castaneda mentre era in vita, o dall'associazione ufficiale da lui creata, dopo la sua scomparsa, risultano essere: Norbert Classen[7], uno dei più famosi "Sabiduria Tolteca" (2000) "Carlos Castaneda y los guerreros de Don Juan" (2000) Paolo Oddenino Paris "Infiniti risvegli: la via del guerriero attraverso le tappe della consapevolezza" (Ed.MEB, Ital: Padova, 1993)[8] Piervincenzo Berteni[9] "L'arte del non-fare - una nuova via sciamanica: attivare la percezione non-ordinaria per una totale consapevolezza del sé" (prefazione di Paolo Oddenino Paris) (Ed.MEB, Italy: Padova, 1995)[10] Armando Torres La Regola del Nagual di Tre punte - Incontri con il Nagual: Conversazioni con Carlos Castaneda (2002) Spanish (2004) English ISBN 968-5671-04-4 Altri discepoli Non riconosciuti, o addirittura contestati dall'associazione ufficiale lasciata da Castaneda "Cleargreen": Víctor Sánchez del Amo[11], Las Enseñanzas de Don Carlos - Aplicaciones Prácticas de la Obra de Carlos Castaneda (Ed LECTORUM, México,D.F., 1987) Gli insegnamenti di Don Carlos Ed.ingl ISBN 1-879181-23-1 Toltecas del Nuevo Milenio (Ed LECTORUM, México,D.F., 1996) El Camino Tolteca de la Recapitulación, Sana tu pasado para liberar tu alma (Ed Bear&Company, July 1, 2001) The Toltec Oracle with Cards -(L'Oracolo Tolteca, con le Carte)- (Ed Bear&Company, August 2004)[12][13] Discepoli di don Juan non riconosciuti da Castaneda come tali Presunti altri "discepoli" di don Juan che affermano aver ricevuto una missione diversa da quella di Carlos, per cui il "maestro" non avrebbe informato di nulla quest'ultimo: Merilyn Tunneshende: Don Juan e l'arte dell'energia sessuale; La serpente fiorita dei toltechi (2001, Rochester, Canada, ISBN 1-879181-63-0 Ken Eagle Il cammino tolteca (Arkano Books-Esp.1997) Altri scrittori sulla sua stessa tematica Kelley, Jane Holden. YAQUI WOMEN: Contemporary Life Histories (1997) Marco Baston La Soglia Dell'Energia. Oltre la tensegrità, lo sciamanesimo tolteco nella pratica quotidiana. 2013 Bioguida Edizioni ISBN 9788890604751 Edward Plotkin The Four Yogas Of Enlightenment: Guide To Don Juan's Nagualism & Esoteric Buddhism (2002) ISBN 0-9720879-0-7 Neville Goddard. "Awakened Imagination" by heavily influenced the work of Castaneda. Gennaio 2007 Alice Kehoe, Shamans and Religion: An Anthropoligical Exploration in Critical Thinking. 2000. Londra: Waveland Press. ISBN 1-57766-162-1 Graham Kane: Toltec Dreamer: A Collection of Memorable Events from the life of a Man-of-Action (2002 UK) Little Big Press. ISBN 0-9543630-0-0 Martin Goodman: I was Carlos Castaneda: The Afterlife Dialogues (2001 New York) Three Rivers Press. ISBN 0-609-80763-3[14] Jon Whale: The Catalyst of Power: The Assemblage Point of Man (Paperback) ISBN 1-899171-73-8 Findhorn Press (Marzo 1, 2001) William Patrick Patterson: The Life & Teachings of Carlos Castaneda (2007, Arete Communications, ISBN 978-1-879514-97-3) Miguèl Ruiz Los cuatro acuerdos toltecas (URANO Barcellona-1998) Bernard Dubant e Michel Marguerie La voie du guerrier -(La via del guerriero)- (Ed. Maisnie Guy Tredaniel, January 1, 1990)[15][16] Guillermo Marín Ruiz: Para leer a Carlos Castaneda (Editorial COLOFON, México-1994 y Editorial INDIGO, Spagna-1998) Daany Beedye, el espíritu del guerrero (Editorial PLAZA y VALDES, México-1996) Los guerreros de la muerte florecida (Editorial IESO, México-2007) Theun Mares: Il Ritorno dei guerrieri di cui, coloro che affermano far parte di un lignaggi nahualici autentico (e non presunti), affermando al contempo esserne quindi i rispettivi portavoce, sono Domingo Delgado Solòrzano El Nahual de Cinco Puntas (Editorial PercépticaMex-2004) ISBN 970-703-233-2; Maggio 2008 (Ed.online Lulu.com) ISBN 1-4357-1564-0; ISBN 978-1-4357-1564-6 (Ed.Perceptica.com.mx) -investigatore e direttore scolastico- e Enrique Rojas Pàramo NEREA - Revelaciònes del liñaje del señor nahual don Jorge Elìas (GRIJALBO Edit.Mex-2000) ISBN 978-970-05-1202-0 -conosciuto locutore radio, di una famosa emittente radiofonica messicana[17]- Questi due, l'unica cosa che hanno in comune è l'affermazione di appartenere a dei lignaggi differenti, da quello di Carlos, del quale è opinione condivisa (Castaneda stesso ne fu promotore del resto) che esso si sia ormai estinto, assieme lui; ma anche dal loro proprio. Sono infatti molto diversi: affrontano per esempio le tematiche in maniera apparentemente quasi opposta. Il primo, con termini "scientifici" e addirittura "quantistici" e nel complesso, abbastanza sul "crudo-realismo/pessimistico" andante; mentre il secondo, prendendo spunti e temi e usando parole uscite direttamente dalla New Age, con un alone di "vena-salvifica" che il suo lignaggio, del quale formerebbe parte, avrebbe, nei confronti dell'intera l'umanità. Gli unici ad affrontare l'argomento sotto un profilo storico quindi meno "esoterico" al momento sarebbero soltanto: Miguel León-Portilla[18] Toltecayotl, aspectos de la cultura náhuatl Fond.Cult.Econ[4].Mex-1987), e Frank Díaz Kinam, antiguas pràticas toltecas (ALBA Edit.Mex-2004) ISBN 968-5671-01-X[19] Note ^ Carlos Castaneda Bibliography Archiviato il 21 maggio 2008 in Internet Archive. Retrieved 03/08/2008 ^ Carlos Castaneda Biography and List of Works Archiviato il 1º dicembre 2008 in Internet Archive. Retrieved from LitWeb 03/08/2008 ^ A Critical Bibliography of Carlos Castaneda Retrieved from Sustained Reaction 03/08/2008 Fondo Cultura Economica ^ gopher://gopher.internet.com:2100/11/collected/yoga ^ Carlos Castaneda Speaks, An interview by Keith Thompson Archiviato il 3 dicembre 2008 in Internet Archive. ^ profilo ^ referenze editoriali, su opac.bncf.firenze.sbn.it. URL consultato l'8 novembre 2008 (archiviato dall'url originale il 21 febbraio 2009). ^ referenze editoriali ^ referenze editoriali, su opac.bncf.firenze.sbn.it. URL consultato l'8 novembre 2008 (archiviato dall'url originale il 21 febbraio 2009). ^ Sitio de Victor Sanchez y El Arte de Vivir a Propósito ^ referenze editoriali ^ altri suoi libri Archiviato il 23 gennaio 2009 in Internet Archive. ^ Random House - Bringing you the best in fiction, nonfiction, and children's books ^ Michel Marguerie (Open Library) ^ Castaneda (Open Library) ^ Radio Universal Estereo, di cui il suo maggior e principale popolare programma: "El Club de los Beatles" ^ http://www.colegionacional.org.mx Archiviato il 20 febbraio 2009 in Internet Archive. ^ referenze editoriali
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CARLOS CASTANEDA LO SCIAMANO FUORI DALLO SPAZIO E DAL TEMPO Cenni biografici sul mistero della sua vita Carlos Castaneda ha scritto i suoi libri magici (il termine "magico" qui non è davvero un eufemismo) nel trentennio che va dal 1968 al 1996. Le sue opere sono caratterizzate da parole semplici e coinvolgenti; egli stesso è protagonista autentico e, spesso, impacciato delle innumerevoli esperienze descritte al fianco del suo benefattore Juan Matus, lo straordinario don Juan. I libri non contengono la biografia dell'autore né foto personali: uno degli "agguati a se stesso" che Carlos Castaneda ha realizzato, infatti, è proprio quello di cancellare la propria storia personale. Carlos Castaneda in una delle rarissime foto che lo ritraggono Quanto può essere detto di lui, a livello biografico, anche in questa sede, va preso con tutte le riserve del caso. L'intera vita di Carlos Castaneda resta un mistero con tanti interrogativi mai risolti che, del resto, poco contano di fronte all'immensa portata dell'opera scritta che ci ha lasciato. Carlos Castaneda, in origine Carlos César Salvador Aranha Castañeda, nasce a San Paolo del Brasile, il 25 dicembre 1925 e lascia il corpo a Los Angeles il 27 aprile 1998 (non ci fu un funerale pubblico). Si forma dapprima come antropologo e diventa poi scrittore di fama mondiale, ma di fatto è uno Sciamano, o meglio, un Uomo di Conoscenza, erede dell'Antica sapienza degli sciamani toltechi. Naturalizzato dagli Stati Uniti dal 1957, si dice che entri all'Università della California di Los Angeles nel 1959, conseguendo la laurea in Arte nel 1962 e il dottorato di Filosofia nel 1970. Di certo la sua prima pubblicazione del 1968, The Teachings of don Juan (Gli Insegnamenti di don Juan) lo fa diventare uno dei più noti antropologi al mondo, in quanto i suoi studi sul campo sono davvero straordinari. Con gli scritti successivi, via via che l'Antropologo Castaneda diventa lo Sciamano Castaneda, la comunità scientifica storce il naso e comincia ad accusarlo di ciarlataneria: i suoi scritti non vengono più visti come il resoconto veritiero di fatti antropologici vissuti al fianco dell'indiano Yaqui Juan Matus, quanto piuttosto come mero frutto del genio creativo di un fantasioso scrittore. Carlos Castaneda in una delle rarissime foto che lo ritraggono Gli 11 lavori successivi - straordinari libri magici, gustosi come romanzi di alta letteratura, eppure veritieri resoconti di fatti energetici accaduti e sperimentabili - lo rendono famoso in tutto il mondo, non come antropologo, ma come una sorta di guru della new age o come un maestro spirituale; appellativi che - se gliene fosse importato - non lo avrebbero certo trovato d'accordo. Osannato dai suoi fedeli lettori e demonizzato da chiunque fosse infastidito dai suoi scritti, Carlos Castaneda è "ufficialmente" morto di cancro nel 1998. La notizia della sua morte, che sarebbe avvenuta nell’aprile di quell'anno, si è diffusa con mesi di ritardo e con molte lacune, aumentando ulteriormente il mistero intorno alla sua vita. «Tramuta tutto in ciò che è veramente: l’Astratto, lo Spirito, il Nagual. Non c’è stregoneria, né il male, né il diavolo. C’è solo la percezione.» Don Juan Matus (1) Carlos Castaneda in una delle rarissime foto che lo ritraggono Il lavoro di Castaneda è criticato da molti antropologi, soprattutto da quelli specializzati nella cultura Yaqui (eppure la cultura Yaqui c'entra poco o niente con la visione del mondo tolteca ereditata dagli sciamani dell'antico Messico). Anche lo stile di scrittura ha generato dei dubbi. Se infatti i primi libri sembrano dei resoconti di antropologia, da Il Secondo Anello del Potere lo stile comincia ad essere più romanzato. Persino l'esistenza di Don Juan è messa in discussione, a causa delle molte contraddizioni nella sua personalità delineata nei vari libri. E poi ci sono molte contraddizioni nella sequenza temporale degli eventi descritti: secondo un certo filone aspramente critico, errori logici o cronologici nella narrazione costituiscono la migliore prova che i libri di Castaneda siano lavori di finzione. Davvero interessante perché gli sciamani toltechi con l'illusione del tempo lineare ci giocavano come dei ragazzini... Al di là di questo, su un piano maggiormente ordinario, alcuni suggeriscono che Castaneda scrivesse nel tradizionale stile allegorico del narratore etnopoetico, comune a molte culture Indiane native. Nel 1973 fu così popolare che il notissimo magazine Time (Vol. 101 No. 10) gli dedicò un ampio articolo e la copertina. Nel 1997 Castaneda citò in giudizio la sua ex moglie, Margaret Runyan Castaneda per il suo libro A Magical Journey with Carlos Castaneda - Un viaggio magico con Carlos Castaneda (una misteriosa relazione durata sei mesi, probabilmente un buon business per questa signora). Copertina di TIME, marzo 1973: Carlos Castaneda, Magia e Realtà Copertina di TIME - marzo 1973 La Cleargreen, gruppo fondato dallo stesso Castaneda, ha affermato in un comunicato stampa che «Carlos Castaneda ha lasciato il mondo nello stesso modo in cui lo fece il suo maestro, Don Juan Matus: con piena consapevolezza. La cognizione del nostro mondo nella vita quotidiana non fornisce una descrizione di un fenomeno come questo. Così, per rimanere nei termini della legalità e nei termini burocratici che il mondo della vita quotidiana richiede, Carlos Castaneda è stato dichiarato essere morto.» (Cleargreen) Octavio Paz , diplomatico, scrittore messicano, premio Nobel per la letteratura nel 1990, considerato il poeta di lingua spagnola più importante della seconda metà del Novecento, così ha detto: «Io sono più interessato al lavoro di Castaneda piuttosto che alle storie riguardo la sua personalità. A chi importa se era nato in Brasile o in Perù? A chi importa se egli realmente visse con gli indiani Yaqui, Mazatechi o Huicol? A chi importa se Don Juan e Don Genaro esistettero veramente? Questo è semplicemente "pensare povero". Ciò di cui io mi interesso è il lavoro di Castaneda: Idee, filosofia, paradigmi, ecc. Se i libri di Castaneda sono fantasia, grandioso, sono i migliori libri di finzione che io abbia mai letto.» (Octavio Paz)

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