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L’essenza è di per sé completamente libera dal pensiero concettuale, eppure, nello stesso tempo, la sua espressione è il pensiero concettuale.
Non fissate la vostra attenzione sull’espressione: riconoscete, piuttosto, l’essenza.
In questo modo l’espressione non ha il potere di sussistere, ma semplicemente crolla o si riassorbe nell’essenza.
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Finché esistono un soggetto e un oggetto del riconoscimento, si tratta sempre della mente dualistica.
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Prima osservate e poi allentate:
«Stringi con forza e allenta del tutto: così troverai il punto di vista essenziale».
‘Stringi con forza’ significa semplicemente osservare l’essenza della mente: senza osservazione non c’è riconoscimento.
‘Allenta del tutto’ significa rinunciare o abbandonare l’idea di riconoscere: si riconosce che non c’è nulla da riconoscere.
Lo stato risvegliato non è qualcosa che si possa identificare o individuare: questo è essenziale.
Aggrapparsi a un soggetto e a un oggetto del riconoscimento non è altro che un atteggiamento mentale dualistico. Riconoscete che non c’è nulla da riconoscere e poi lasciate andare tutto. Rimanete senza ‘osservatore’ e ‘osservato.
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Si menzionano cinque modi di liberarsi. Il quinto […], ‘universalmente liberato’, significa che, qualsiasi tipo di manifestazione o di stato si presenti, è allo stesso modo libero.
Non è rilevante quale tipo di emozione o pensiero si manifesti: tutti si liberano quando si riconosce il rigpa.
[…]
‘Primordialmente liberato’ si riferisce allo stato risvegliato, ma se si parla della mente dualistica, questa non è primordialmente liberata, deve essere liberata-purificata-dissolta.
Quando si riconosce che la propria essenza è purezza primordiale, i pensieri che sorgono interiormente si dissolvono di nuovo interiormente, nella dimensione della nostra natura: non vanno da nessuna altra parte, questo è il significato di autoliberazione che sorge spontaneamente.
[…]
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Ciò che considera o osserva la natura di Buddha si chiama presenza mentale, o attenzione costante, nel senso di sorvegliare ininterrottamente la natura di Buddha come un vaccaro fa la guardia alla sua mandria. […] Perciò ci sono due elementi: la natura di Buddha e l’attenzione costante, il ‘non dimenticarla’.
[…]
Fin dall’inizio la vacuità si sperimenta senza bisogno di costruirla: si dà importanza al processo di spogliare la consapevolezza fino alla sua condizione di nudità totale, senza generare attaccamento alla vacuità”.
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I pensieri nascono da voi e, se ne riconoscete la sorgente, si dissolvono in voi. Riconoscere significa vedere che la natura della mente è chiara, vuota e senza limiti.
Il soggetto che ‘conosce’ è, in essenza, vuoto. È chiaro per sua natura, e la sua capacità è senza limiti.
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Nel momento in cui siamo in preda alle forme mentali abituali o alle onde incalzanti delle emozioni, per esempio dell’ira, è molto più facile riconoscere il nudo stato di consapevolezza. Questo non accade se si è allenati solo allo stato di meditazione calmo e tranquillo in cui non sorgono pensieri ed emozioni negative. Durante lameditazione, a causa del ‘morbido piacere’, è in realtà molto più difficile riconoscere lo stato autentico della mente non dualistica.
Allenandoci solamente a una condizione di serenità potremmo rimanere, per la durata di eoni, in un ininterrotto stato profondamente assorto. Questo stato è simile a un’intossicazione indotta dal piacere spirituale della pace e della tranquillità.
È proprio l’intensità dell’emozione che permette una più acuta introspezione nell’essenza della mente.
Oppure se improvvisamente proviamo un senso di paura, come quando siamo inseguiti da un branco di cani rabbiosi, e la mente è come pietrificata, se in quel momento, anche se è molto difficile, riusciamo a ricordare di riconoscere l’essenza della mente, la nostra visione interiore sarà più potente della normale condizione di introspezione (frutto della pratica meditativa).
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Occorre fare in modo che l'atto di riconoscere, colui che riconosce e l'oggetto riconosciuto siano simultanei, senza che tra di loro trascorra il benché minimo lasso di tempo.
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Se perdiamo la presenza cominciamo a vagare nella ‘nera dissipazione’ delle ordinarie e abituali forme mentali. Il pensiero discorsivo è distrazione, ma, quando ne riconosciamo l’essenza, ci possiamo spingere verso la condizione senza pensieri.
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Dobbiamo accorgerci quando siamo distratti … «Sto cominciando a divagare»: riconoscendo l’identità di chi si è distratto, automaticamente ritorniamo al punto di vista primordiale. Ricordare è come il momento in cui si preme l’interruttore della luce interiore.
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Anzitutto si applichi il metodo: quando si entra nello stato naturale [cioè lo stato di non distrazione] lo si lasci semplicemente continuare. Naturalmente, dopo un po’, l’attenzione comincia di nuovo a scomporsi e possiamo non accorgerci della distrazione, poiché è spesso molto sottile e arriva di soppiatto, come un ladro. Ma quando ce ne accorgiamo, dobbiamo far funzionare la presenza e rimanere in una condizione naturale. Questo stato naturale è la presenza senza sforzo.
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La capacità di riconoscere che l’essenza della mente è vuota si chiama ‘chiarezza’. Se la mente fosse solamente vacuità, spazio nudo, cosa o chi saprebbe che è ‘vacua’, ‘vuota’, ‘nulla’? Non vi sarebbe conoscenza. Vacuità e chiarezza sono indivisibili.
La mente è già sia chiarezza che vacuità.
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C’è solo un riconoscimento iniziale, che in seguito non richiede abilità né il tentativo di migliorarlo. Questa è la meditazione, o meglio la ‘non meditazione’.
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L’allenamento consiste semplicemente nel ristabilire il riconoscimento.
Se c’è il riconoscimento non c’è altro da fare.
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Quando cerchiamo di manipolare o fare qualcosa, la natura diventa artificiale.
Questo momento è qualcosa di artificioso o qualcosa che è sufficiente lasciare così com’è, in modo naturale?
Osservalo.
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Se durante la pratica cominciate a pensare: «Forse questo non è lo stato!», «Questo stato non è proprio quello giusto, dovrebbe essere un po’ diverso», oppure: «Penso che questo sia lo stato giusto», «Adesso ci sono», «L’ho appena sperimentato!», : «No, maledizione, adesso è scivolato via!»... Allora questa non è naturalezza spontanea.
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