La natura gode della natura; la natura trionfa sulla natura; la natura domina la natura viene - Ostanes
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«Quando farete dei due uno, e quando farete l’interno come l’esterno e l’esterno come l’interno, e il sopra come il sotto, e quando farete di uomo e donna una cosa sola, così che l’uomo non sia uomo e la donna non sia donna […] allora entrerete nel Regno.»
(V. di Tommaso)
Nella raffigurazione vengono esibiti una serie di simbolismi alchemici che culminano (in alto) con le nozze sacre , l'androgino, la conciliazione degli opposti (maschile femminile, yang e yin, sole e luna, drago rosso e drago verde) .
I personaggi che presiedono le due colonne sono due figure dei tarocchi: a sinistra un angelo femminile - 14° carta dei tarocchi - versa l'acqua della Temperanza da un calice d'oro ad uno d'argento; a destra il matto.
Le due colonne sono quelle di Jachin e Boaz, le principali del tempio di Salomone, che indicano rispettivamente il la via secca (maschile-magico-teurgica) e quella umida (femminile-mistica)
La sfera inferiore contenente un quadrato e un rombo indicano rispettivamente lo spazio (il cerchio delle possibilità indeterminate) + la preservazione, staticità [quadrato] + la dinamicità (rombo)...
Al centro è evidente il caduceo alato con la spirale dei due serpenti che risalgono la spina dorsale.
Il babbuino, secondo gli egizi , corrispondeva alla divinità Thot, che emerge dalle acque primordiali .
Oppure il babbuino (assieme all'ibis) - nell'antico egitto - era giudice delle anime e cooperava nella loro pesatura ...
Probabilmente qui indica la condizione da primati in cui riversa l'uomo che si identifica ancora con il mondo (?).
Tutti questi simboli sono tracce, indizi che gli alchimisti erano soliti giustapporre al fine di veicolare particolari messaggi a un lettore preparato... (anche se a volte il linguaggio argontico veniva utilizzato per confondere con mirabili giochi di parole , allontanare e far desistere i falsi ricercatori e i curiosi inopportuni).
fuoco (lo Spirito) e dell’acqua (la materia). Questi due elementi, provenienti da Dio, non sono distinti da Dio. Così, Egli racchiude in se stesso i principi contrari: maschile e femminile, creatore e ricettore, fuoco e acqua.
Vedi anche le trilogie del risveglio: https://risvegliodalsogno.wixsite.com/risveglio/about
«Quando farete dei due uno, e quando farete l’interno come l’esterno e l’esterno come l’interno, e il sopra come il sotto, e quando farete di uomo e donna una cosa sola, così che l’uomo non sia uomo e la donna non sia donna […] allora entrerete nel Regno.»
(V. di Tommaso)
Nella raffigurazione vengono esibiti una serie di simbolismi alchemici che culminano (in alto) con le nozze sacre , l'androgino, la conciliazione degli opposti (maschile femminile, yang e yin, sole e luna, drago rosso e drago verde) .
I personaggi che presiedono le due colonne sono due figure dei tarocchi: a sinistra un angelo femminile - 14° carta dei tarocchi - versa l'acqua della Temperanza da un calice d'oro ad uno d'argento; a destra il matto.
Le due colonne sono quelle di Jachin e Boaz, le principali del tempio di Salomone, che indicano rispettivamente il la via secca (maschile-magico-teurgica) e quella umida (femminile-mistica)
La sfera inferiore contenente un quadrato e un rombo indicano rispettivamente lo spazio (il cerchio delle possibilità indeterminate) + la preservazione, staticità [quadrato] + la dinamicità (rombo)...
Al centro è evidente il caduceo alato con la spirale dei due serpenti che risalgono la spina dorsale.
Il babbuino, secondo gli egizi , corrispondeva alla divinità Thot, che emerge dalle acque primordiali .
Oppure il babbuino (assieme all'ibis) - nell'antico egitto - era giudice delle anime e cooperava nella loro pesatura ...
Probabilmente qui indica la condizione da primati in cui riversa l'uomo che si identifica ancora con il mondo (?).
Tutti questi simboli sono tracce, indizi che gli alchimisti erano soliti giustapporre al fine di veicolare particolari messaggi a un lettore preparato... (anche se a volte il linguaggio argontico veniva utilizzato per confondere con mirabili giochi di parole , allontanare e far desistere i falsi ricercatori e i curiosi inopportuni).
IL FUOCO E L’ACQUA ALCHEMICI
(estratto dalla rivista trimestrale Pentagramma, n°2 anno 2009)
Secondo
l’insegnamento universale, fin dai tempi più remoti, l’alchimia veniva
praticata attivamente come una scienza e come un’arte: la scienza della
trasformazione e della liberazione. Tutto l’impegno dei cercatori
alchimisti – arabi e occidentali – del Medio Evo per ritrovare e
ricostruire la chiave di queste scienze perdute, comportava soprattutto
dei processi interiori. Si sono conservati fino a noi alcuni scritti che
sono splendide testimonianze.
L’alchimia,
nel corso dei tempi, non ebbe più la possibilità di svilupparsi sotto
forma di scienza riconosciuta della trasmutazione o della
trasfigurazione. Ne derivò che questa scienza interiore di purificazione
e di trasmutazione dall’inferiore al superiore sfociò – spontaneamente e
naturalmente – nella chimica, nella scienza della distillazione o
scomposizione delle materie naturali, perdendo così ogni possibilità di
aprire agli esseri umani la Via Regale della trasfigurazione.
Le scienze
originali, di cui fa parte l’alchimia, diventano di nuovo accessibili
quando ne scopriamo il fondamento spirituale, cioè una vivificazione
assolutamente nuova, in armonia con l’universo: un atteggiamento volto
alla continua ricerca del bene di tutti, quindi senza danni al prossimo e
al pianeta. Raggiunto il punto più basso del materialismo, si annuncia
attualmente un totale rivolgimento del nostro modo di vivere,
dall’esteriore verso l’interiore, e diventerà senza dubbio possibile
comprendere diversamente l’antico linguaggio alchemico.
LA CREAZIONE CON IL FUOCO E CON L’ACQUA
Qui si
fondono religione e alchimia. Le religioni monoteiste, quelle che
contano il maggior numero di seguaci oggi nel mondo, si basano sul
principio che Dio, l’Unico ed Eterno, creò il cielo, la terra, l’essere
umano e tutte le altre creature. Nel racconto biblico della creazione
(Genesi), si parla delle acque primordiali su cui aleggiava lo spirito
di Dio. Poi, dopo l’apparizione della luce e la successiva separazione
dalle tenebre, comparve il mondo, diviso tra cielo e terra. In seguito,
fu creato l’uomo a immagine di Dio, uomo e donna in un unico essere.
Questo racconto della creazione rappresenta un’idea fondamentale molto
importante, comprensibile soltanto in modo astratto. Dio, l’Uno, si
manifesta perché pensa se stesso, perché forma un’immagine di se stesso;
in seguito, dall’Uno appare immediatamente il due: il Dio nascosto e la
sua manifestazione divina, il creatore e il creato, l’attivo e il
passivo.
Questi, nell’alchimia, sono i principi simbolici del
fuoco (lo Spirito) e dell’acqua (la materia). Questi due elementi, provenienti da Dio, non sono distinti da Dio. Così, Egli racchiude in se stesso i principi contrari: maschile e femminile, creatore e ricettore, fuoco e acqua.
Soltanto
nella seconda parte della creazione (secondo capitolo di Genesi) avviene
la separazione tra uomo e donna, la separazione della donna dalla
costola dell’uomo. Questa separazione produce la loro caduta ed essi
sono cacciati dal paradiso. Per gli Gnostici, questo rappresenta la
caduta dell’essere umano nelle tenebre.
Il serpente
avrebbe suggerito a Eva di mangiare il frutto dell’albero della
conoscenza del bene e del male: perciò, la nostra mente è stata educata,
da secoli, a considerare questo comportamento moralmente errato.
Invece, al contrario, potremmo considerare questo episodio come
indicativo della nostra incompletezza, della nostra mancanza di unità e
di perfezione, stato verso il quale possediamo un profondo anelito. È
anche possibile un’interpretazione scevra da riflessioni morali. Gli
esseri umani, in quanto immagine riflessa di Dio, devono attraversare
una nuova fase evolutiva: passati dall’unità alla dualità, possono
ottenere la comprensione e, in modo cosciente e consapevole, ritornare
all’unità. Ecco l’alchimia.
Molte
rappresentazioni e racconti narrano di uomo e donna e delle diverse fasi
della loro ri-unione. L’alchimia allude a ciò usando i simboli
dell’acqua e del fuoco, del mercurio e dello zolfo, del sole e della
luna. I saggi del Medio Evo e dell’antichità erano universalisti e
conoscevano numerose discipline. Le grandiose intuizioni che
consentirono di aprire nuove vie furono appannaggio di scienziati in
grado di fare ricerche, secondo il linguaggio moderno, sulla natura e
sulla spiritualità: a volte astronomi, altre matematici, (al)chimici o
filosofi. La scarna conoscenza accademica della natura non esisteva
ancora: tutto veniva osservato e studiato come appartenente al tutto.
Chi esplorava
la profondità della natura traeva anche conoscenze sulla propria anima.
Chi vedeva la coerenza tra l’essere umano e la natura percepiva anche
come si può trascendere la materia.
Oggi, si
tende a disprezzare le visioni oscure del Medio Evo e a ritenere il
pensiero moderno più libero e più autonomo; manca, però, la visione
globale degli eruditi di quell’epoca. Le conoscenze attuali
rappresentano la somma di numerosi elementi tra loro scollegati.
Nell’alchimia,
come nelle dottrine gnostiche e nella filosofia ermetica, la
comprensione è considerata in maniera completamente diversa: si tratta
di un pensiero intuitivo, collegato con l’universalità, con la coscienza
dell’anima divina. In tutti i suoi aspetti, tale conoscenza proviene
dalla vita interiore vivente e vibrante che – quando è attivata –
manifesta i suoi effetti sull’essere umano.
Molte idee
religiose e filosofiche sono oggi obsolete, ne troviamo alcune tracce
negli antichi codici; però, chi accetta il rischio di aprire i propri
pensieri alla comprensione universale può godere di questa ricca eredità
di manoscritti. Si tratta di una conoscenza antica e atemporale,
presente in tutte le forme dei diversi linguaggi: per esempio, nel
linguaggio religioso, filosofico e alchemico. Con il termine
comprensione universale si intende la possibilità di tradurre le idee
alchemiche nel linguaggio della filosofia ermetica o in quello religioso
e viceversa.
Se traduciamo
il racconto biblico della creazione nel linguaggio alchemico, otteniamo
più o meno la seguente immagine: la materia prima, la sostanza
primordiale costituente l’universo, è un tutto: un cerchio, il caos
indistinto, la possibilità indifferenziata. Il Tutto è anche
rappresentato dall’uovo perché contiene la possibilità di uno sviluppo e
di una manifestazione. Dorme nelle profondità di ogni essere e si
dispiega… nelle forme caotiche presenti nello spazio e nel tempo di
questo mondo. La materia prima è il principio ricettore, l’acqua – resa
vitale dal fuoco spirituale divino – prende forma e si stabilizza. Da
qui il simbolo del cerchio con un punto al centro, il Sole, l’Oro. È
l’acqua misteriosa, l’acqua viva – o acqua eterna – corrispondente al
mercurio alchemico. Per questo si chiama anche acqua mercuriale. Il
simbolo precedente è dunque la rappresentazione dell’inizio e della fine
delle trasformazioni alchemiche.
Nel XVII secolo, Robert Fludd – alchimista vicino agli ambienti rosacrociani (1574 – 1637) – dichiarò: «Tutto
ciò che è velato si vuole manifestare e l’apparizione incomincia con un
punto luminoso. Prima che questo punto luminoso sorga e appaia,
l’infinito (l’ein-sof dei cabalisti) è completamente nascosto e non
emana alcuna luce.»
Quando Dio disse: «Sia la luce!»
(Gen 1:3), lo spirito, il fuoco, infiammò l’acqua primordiale. L’acqua
infiammata è spirito o acqua di luce. Allora appaiono le forme
originali, da cui l’universo viene formato.
IL MERCURIO E LO ZOLFO NELL’ORDINE DEL DUALISMO
Quando dalla
materia prima apparve una forma differenziata, infiammata dal fuoco, si
innescò in questa natura il dualismo degli elementi fuoco e acqua, cioè
maschile e femminile. Il cerchio ancora indifferenziato, il caos
ricettore – passivo, formativo, femminile – si collega
all’organizzazione vivente del cosmo attraverso il principio creatore –
attivo, impulsivo, maschile – rappresentato dal punto nel cerchio.
Grazie
all’azione del fuoco sull’acqua primordiale, apparve l’essere umano a
immagine di Dio, un microcosmo dove il maschile e il femminile sono
ancora uniti. Questi due principi si manifestarono separatamente
soltanto dopo la caduta e ciò si può constatare nel mondo in cui
viviamo. Per indicare la differenza tra il mercurio infiammato
originariamente e il mercurio inferiore del nostro piano di vita,
l’alchimia impiega due simboli: Questo simbolo del mercurio – molto noto
– è costituito, dal basso verso alto, dalla croce dei quattro elementi,
+, seguita dal cerchio sovrastato dalla mezzaluna crescente. Però,
esiste anche un simbolo del mercurio in cui, al posto della luna, si
trovano le corna dell’ariete; infatti, questo animale è un simbolo
millenario della forza del fuoco, maschile, attiva e impulsiva. In
questo simbolo, l’alchimista vede la forza del fuoco e dell’acqua
originali della manifestazione primordiale divina. La mezzaluna
crescente simboleggia il mercurio dopo la separazione, dunque il
mercurio nel dualismo cosmico. La luna di questo simbolo è quella che
riceve e riflette la luce del sole. Così, essa dirige la vita terrestre e
viene assimilata all’acqua d’argento, al mercurio; invece, il sole
all’oro fiammeggiante. Nel misticismo, la luna è la beneamata del sole e
– analogamente – l’anima umana può essere lo specchio puro dello
Spirito, fino a quando non sarà possibile la loro unione.
L’elevazione dell’anima fino a Dio, la trasmutazione alchemica del vile metallo in oro purissimo, può avvenire solo quando l’acqua ricettiva e il sole vitalizzante siano divenuti puri. L’alchimista deve essere maestro dell’acqua e del fuoco, del mercurio e dello zolfo, per far agire tali elementi nella giusta proporzione. Qui sotto è rappresentato il simbolo dello zolfo, il fuoco. Il segno dello zolfo, nell’ordine della dualità, è composto dalla croce dei quattro elementi + su cui è collocato il segno del fuoco , il triangolo orientato verso l’alto. Lo zolfo puro della manifestazione originale divina, per l’alchimista, è però simboleggiato dalle corna dell’ariete. Questo zolfo superiore è lo zolfo spirituale, detto anche zolfo non infiammabile.
L’elevazione dell’anima fino a Dio, la trasmutazione alchemica del vile metallo in oro purissimo, può avvenire solo quando l’acqua ricettiva e il sole vitalizzante siano divenuti puri. L’alchimista deve essere maestro dell’acqua e del fuoco, del mercurio e dello zolfo, per far agire tali elementi nella giusta proporzione. Qui sotto è rappresentato il simbolo dello zolfo, il fuoco. Il segno dello zolfo, nell’ordine della dualità, è composto dalla croce dei quattro elementi + su cui è collocato il segno del fuoco , il triangolo orientato verso l’alto. Lo zolfo puro della manifestazione originale divina, per l’alchimista, è però simboleggiato dalle corna dell’ariete. Questo zolfo superiore è lo zolfo spirituale, detto anche zolfo non infiammabile.
ACQUA GHIACCIATA E ACQUA CORRENTE
L’alchimia si
basa sull’idea, condivisa dai più grandi insegnamenti religiosi, che la
doppia unità non sia più quella originaria. L’alchimista non si
interessa al motivo per cui ciò sia avvenuto; egli percorre la via che –
dal dualismo – conduce all’unità, all’unione dei contrari. Per
esprimere quale di questi principi, nel dualismo, è sempre dominante,
gli alchimisti distinguono due stati: l’acqua ghiacciata e l’acqua
corrente.
L’acqua
corrente simboleggia il dominio della luna, l’effimero e il divenire,
dunque il mercurio inferiore. La natura in cui viviamo si spiega
attraverso l’attività dell’acqua corrente: le forze lunari che ci
influenzano. Nella trasmutazione alchemica, queste forze sono utilizzate
nel processo della dissoluzione (solve), seguito dalla ricostituzione
(coagula). Nelle parole di Jacob Bohme quest’ultimo fenomeno è
paragonabile all’inverno, allorché un freddo intenso trasforma l’acqua
in ghiaccio. Sotto questo aspetto, gli alchimisti parlano del fuoco
gelido oppure del freddo ardente. Quando agisce una sola di queste
forze, appare una frattura, un cambiamento: per esempio, una
dissoluzione o una ossificazione.
IL TRIONFO DELLA NATURA SULLA NATURA
Solo quando
queste due forze si riuniscono, l’essere umano ridiventa un’immagine di
Dio. Nel linguaggio religioso, troviamo questa formula nel Vangelo di
Tomaso (logion 22 e 11): Gesù disse loro: «Quando farete dei due
uno, e quando farete l’interno come l’esterno e l’esterno come
l’interno, e il sopra come il sotto, e quando farete di uomo e donna una
cosa sola, così che l’uomo non sia uomo e la donna non sia donna […]
allora entrerete nel Regno.» (logion 22) Gesù disse: «Questo
cielo scomparirà, e quello sopra pure scomparirà […] Un giorno eravate
uno, e diventaste due. Ma quando diventerete due, cosa farete?».
L’alchimia dà
esattamente la stessa definizione della trasformazione della natura. La
formula secondo cui la natura gode della natura; la natura trionfa
sulla natura; la natura domina la natura viene attribuita a Ostanes.
La natura gode della natura è lo stato in cui la forza cieca del mercurio spinge l’essere umano ad assecondare i propri istinti e i propri desideri, dunque la materia lo domina. Questo è comprensibile, se si pensa che il mercurio non stabilizzato, senza il centro, agisce nella natura inferiore come un impulso cieco, sotto forma di sete ardente, di desiderio, di fame o di edonismo cieco. L’espressione secondo cui la natura trionfa sulla natura significa che non c’è alcuna divinità superiore in grado di abilitare l’evoluzione e la trasformazione dell’essere naturale; tutto il necessario per unire i contrari è nascosto nella sua stessa natura. Secondo le regole dell’Arte, c’è un vero cambiamento quando il piombo della natura mortale diventa l’oro dello spirito. Quando si raggiunge tale terzo stato, la natura domina la natura e il cerchio acquista un centro , immagine di un essere di acqua e di fuoco; in un tale essere, materia e spirito sono stati uniti dall’acqua fiammeggiante dell’anima.
La natura gode della natura è lo stato in cui la forza cieca del mercurio spinge l’essere umano ad assecondare i propri istinti e i propri desideri, dunque la materia lo domina. Questo è comprensibile, se si pensa che il mercurio non stabilizzato, senza il centro, agisce nella natura inferiore come un impulso cieco, sotto forma di sete ardente, di desiderio, di fame o di edonismo cieco. L’espressione secondo cui la natura trionfa sulla natura significa che non c’è alcuna divinità superiore in grado di abilitare l’evoluzione e la trasformazione dell’essere naturale; tutto il necessario per unire i contrari è nascosto nella sua stessa natura. Secondo le regole dell’Arte, c’è un vero cambiamento quando il piombo della natura mortale diventa l’oro dello spirito. Quando si raggiunge tale terzo stato, la natura domina la natura e il cerchio acquista un centro , immagine di un essere di acqua e di fuoco; in un tale essere, materia e spirito sono stati uniti dall’acqua fiammeggiante dell’anima.
UROBORO, IL SERPENTE DEL MONDO
I medesimi
rapporti sono rappresentati nell’alchimia. Il cerchio del mercurio non è
diverso dall’uroboro, il serpente che si morde la coda.
In molte
rappresentazioni gnostiche, esso circonda il mondo della creazione, come
presso gli gnostici Ofiti. Il termine greco ophis significa serpente.
Il mistico Jacob Bohme descrive come il diavolo abbia sedotto l’anima
incatenandola alla ruota infuocata del fondamento della natura. Questa
ruota ardente dei desideri è un’immagine del diavolo che dice all’anima:
«Anche tu sei un tale mercurio infuocato se ti dedichi a quest’arte. Ma
devi mangiare il frutto in cui i quattro elementi regnano gli uni sugli
altri, ciascuno per sé e sono dunque in conflitto» Allora, in
quest’anima si destano tutte le caratteristiche della natura, in modo
che le bramosie e i desideri più sfrenati le diventino familiari. In
senso alchemico, è lo stato espresso dalla formula: la natura gode della
natura. Il microcosmo umano finisce dunque con il subire l’influenza
del mercurio instabile. Le parole di Jacob Bohme sopra citate evocano la
relazione tra i principi dell’alchimia e la biblica espulsione dal
paradiso terrestre. Nella Bibbia, si racconta anche del serpente che
seduce Eva. Quando Jacob Bohme parla del mercurio di fuoco, mostra il
suo effetto sull’essere umano. Per lui, il mercurio è l’acqua bruciante
che, nel suo aspetto inferiore, rappresenta il fuoco astrale del
desiderio. Occorre imparare a dominare questa forza e a trasformarla nel
mercurio superiore. Se l’acqua mercuriale non è stabilizzata, l’essere
umano rischia ancora di subire la forza fatale della caduta. Questo
corrisponde al triangolo in cui uno degli angoli è orientato verso il
basso, il simbolo dell’acqua in alchimia. L’energia dissolvente agisce
in modo indiscriminato e caotico su quanto è stabile: per questo, il
serpente si morde la coda. L’alchimista, se sa dirigerla, può utilizzare
questa attività dissolvente nel proprio processo di trasmutazione. Il
processo inizia sempre con la dissoluzione, seguito dalla coagulazione:
solve et coagula. Molti antichi miti raccontano simbolicamente la forza
incontrollabile di mercurio che deve essere superata, affinché non possa
più causare danni. Dunque, il serpente corrisponde al drago che deve
essere combattuto. Il drago e il toro sono figure ermetiche,
rappresentazioni di eroi fondamentalmente ribelli come Mithra, Giasone,
Apollo, Horus e altri guerrieri.
I draghi
vengono considerati verdi e senza direzione dagli alchimisti, perché non
sono ancora passati attraverso il processo di maturazione, cioè non
sono ancora soggetti alla forza della trasformazione che li porterà a
raggiungere un ordine superiore. In molte illustrazioni, il cerchio è
costituito da due serpenti o draghi che si mordono la coda. Uno dei due
possiede le ali. Il celebre alchimista Nicolas Flamel (1330 – 1418)
scrisse al riguardo: «Osservate bene questi due draghi, essi
rappresentano l’autentico inizio della filosofia; ai saggi non fu
concesso di rivelarlo ai propri figli. Quello in basso, senza ali,
rappresenta ciò che è fisso e stabile: quello si chiama uomo. Il
serpente di sopra rappresenta la donna, oscura, tenebrosa e volubile. Il
primo è lo zolfo, oppure il caldo e il secco; l’altro è l’argento vivo
(mercurio), oppure il freddo e l’umido. Quando i due si uniscono
trasformandosi nella quintessenza, sono capaci di vincere tutto ciò che è
duro, solido e metallico.»
IL SERPENTE SULLA CROCE
Nicolas
Flamel, nelle sue illustrazioni, mostra un serpente su una croce per
esprimere che il mercurio instabile deve essere vinto. La croce dai
quattro bracci si riferisce ai quattro elementi di cui è composto il
mondo. Nel loro punto di intersezione si trova il quinto elemento, la
quintessenza. Chi inchioda il serpente sulla croce ha stabilizzato il
mercurio. Questi simboli richiamano il caduceo di mercurio in cui i due
serpenti, strisciando verso l’alto, si intrecciano. Si tratta di un
riferimento all’unione dei contrari. L’asse verticale che si trova tra
di loro è il simbolo del fuoco del serpente, l’aspetto spirituale della
colonna vertebrale. Chi, grazie alle numerose illustrazioni e simboli,
comprende i concetti fondamentali del fuoco e dell’acqua nella
creazione, dispone di uno strumento importante. Allora, poco importa che
si parli del mercurio, dell’acqua, della luna o dell’argento; oppure
che si parli del fuoco, dello zolfo, del sole o dell’oro. Tutti questi
termini enigmatici hanno un proprio significato e fanno intuire
l’essenziale. Ne deriva un pensiero che non considera più le rigide
forme apparenti, ma il movimento delle energie, un’ideazione che
abbraccia la coerenza della creazione intera.
Il serpente
crocifisso, il mercurio fissato (cfr. pg.37). In primo piano un fiore
appassisce mentre, in secondo piano, un altro fiorisce. Abraham Eleazar,
Uraltes chymisches Werck, 1735. In alchimia, il serpente è il mercurio
volatile, i desideri umani che l’alchimista deve fissare, crocifiggere.
pentagramma@rosacroce.info – www.rosacroce.info
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