Le migliori frasi di Georges Ivanovic GURDJIEFF + INCONTRI A PARIGI ( verbali di venti incontri inediti trascritti su richiesta del maestro Gurdjieff stesso)
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Vedi anche: Esercizi di Gurdjieff (Pratiche della Quarta Via, Rituali)
“Prendi la comprensione dell’Oriente e la scienza dell’Occidente, poi cerca.”
(G.I. Gurdjieff)
La Quarta Via è il sistema introdotto in occidente all’inizio del secolo scorso da George Gurdjieff attraverso il quale si può raggiungere un reale e completo sviluppo dell’uomo. Il nome “Quarta Via” è usato per differenziare il sistema da altri che Gurdjieff ha descritto in relazione al loro specifico lavoro sull’essere:
- La via del Fachiro, si esprime attraverso l’uso del corpo per raggiungere un livello di consapevolezza superiore.
- La via del Monaco, si esprime attraverso l’uso della componente emozionale, come la fede e il “rapimento” mistico.
- La via dello Yogi, utilizza la parte intellettuale attraverso la conoscenza.
La Quarta Via si fonda sull’uso equilibrato di tutte le funzioni attraverso il loro sviluppo simultaneo.
“L’Insegnamento di Gurdjieff parte dall’idea che l’uomo, quale noi lo conosciamo, è un essere incompleto; che lo stato in cui egli vive, agisce e crede di essere sveglio, è una specie di sonno ipnotico mantenuto da una rete d’influenze e da un insieme di forze parzialmente prodotte dall’immagine che egli ha di se stesso e che gli impedisce di vedersi com’è. Quest’Insegnamento ha senso solo per l’uomo che nutre almeno qualche sospetto di sognare a occhi aperti e che prova talvolta la penosa impressione di non essere ciò che crede di essere. L’Insegnamento di Gurdjieff realizza le condizioni propizie allo studio di sé, consentendo all’uomo di sottrarsi al potere dell’immaginazione e di prendere coscienza di ciò che egli è realmente. L’uomo, per avere almeno qualche possibilità di comprendere la realtà in maniera corretta, dovrebbe anzitutto prendere coscienza di quanto sia pienamente appagato dai luoghi comuni che costituiscono il suo “sapere” su tutte le cose, un sapere cui egli s’aggrappa con tutta la forza dell’abitudine e dell’idea che ha di se stesso. Egli allora metterebbe subito in discussione l’Immagine della propria persona e, continuando con un’osservazione semplice e imparziale, non mancherebbe di giungere a un riesame più preciso dei propri valori; in tal caso sarebbe costretto a lasciar cadere un gran numero di certezze, e si troverebbe cosi vicino al punto centrale di sé, alla sua vera essenza.”
(Henri Thomasson, L’Essenza dell’Essere)
“La condizione fondamentale dell’uomo è il sonno; l’uomo è addormentato, la sua coscienza è ipnotizzata, confusa; egli non sa chi è, non sa perché agisce, è una specie di macchina, un automa, cui tutto “succede”; non ha il minimo controllo sui propri pensieri, sulle proprie emozioni, sulla propria immaginazione, sulla propria attenzione; crede di amare, di desiderare, di odiare, di volere, ma non conosce mai le vere motivazioni di questi impulsi che compaiono e scompaiono come meteore; dice “io sono, “io faccio”, “io voglio”, credendo di avere davvero un ego unitario, mentre è frammentario in una moltitudine di centri che di volta in volta lo dominano; si illude di avere coscienza di sé, ma non può svegliarsi da sé, può soltanto sognare di svegliarsi; pensa di poter governare la propria vita, ma è una marionetta diretta da forze che ignora; trascorre l’intera esistenza nel sonno e muore nel sonno; passa tutto il tempo in un mondo soggettivo cui non può sfuggire; non è in grado di distinguere il reale dall’immaginario; spreca le proprie energie a inseguire cose superflue; e solo qualche volta si rende conto che non è soddisfatto, che la vita gli sfugge, che sta sciupando l’occasione che gli è stata offerta.”
(L’uomo secondo Gurdjieff)
“Vorrei suggerire a ciascuno di voi di porsi la domanda: “Che cosa sono?”. Sono certo che il 95% di voi si troverà in imbarazzo, e che finirete per rispondervi con un’altra domanda: “Che cosa significa?”. Questa è la prova che un uomo ha vissuto tutta la vita senza porsi tale domanda, e che ritiene scontato di essere “qualcosa”, addirittura qualcosa di molto prezioso che non è mai stato messo in dubbio. Nello stesso tempo egli è incapace di spiegare che cos’è questo qualcosa, incapace persino di darne una minima idea, dal momento ch’egli stesso l’ignora. E se l’ignora, non è forse perché questo “qualcosa” molto semplicemente non esiste, ma solamente si suppone che esista? Se un uomo sa essere sincero verso se stesso, non sincero come s’intende abitualmente, ma spietatamente sincero, allora, di fronte alla domanda: “Che cosa sei?” non conterà su una risposta rassicurante. Non è strano che le persone dedichino così poca attenzione a se stesse, alla conoscenza di se stesse? Non è strano che chiudano gli occhi con tanto sciocco compiacimento su ciò che sono realmente, e che passino la vita nella piacevole convinzione di rappresentare qualcosa di prezioso? Esse si dimenticano di guardare il vuoto insopportabile che si cela dietro la superba facciata creata dal loro autoinganno, e non si rendono conto che questa facciata ha un valore puramente convenzionale. Le parole di Socrate: “Conosci te stesso” restano il motto di tutti coloro che cercano la vera conoscenza e l’essere.”
(G.I. Gurdjieff)
“Il nostro punto di partenza è che l’uomo non conosce se stesso, che egli non è, ossia non è ciò che potrebbe e dovrebbe essere.”
(P.D. Ouspensky)
“Il Lavoro non si fonda nella fede, né nella speranza, né nell’amore, ma sulla crescita della coscienza.”
(Maurice Nicoll)
“Viviamo in una realtà ristretta, in parte condizionata dalla nostra forma di percezione e in parte fatta da opinioni che abbiamo preso in prestito, a cui è fissata la nostra autostima. Combattiamo per le nostre opinioni, non perchè ci crediamo, ma perchè coinvolgono il sentimento ordinario di noi stessi. Anche se veniamo continuamente feriti a causa della ristrettezza della realtà in cui viviamo, diamo la colpa alla vita, e non vediamo la necessità di trovare punti di vista assolutamente nuovi. La nostra immagine del mondo esterno, che consideriamo come il nostro criterio del reale, è relativa alle forme dei nostri sensi esterni. Non esiste necessariamente, anzi non può esistere come la vediamo noi. Qualunque cosa sia veramente, la vediamo semplicemente in un certo modo. Il suo aspetto è condizionato dai nostri organi di percezione. L’universo può essere concepito da altri. È evidente che viviamo in un mondo pieno di energie diverse e siamo consapevoli solo di alcune. Siamo immersi nelle apparenze. Questo è uno dei significati dell’idea di Maya, nel pensiero filosofico indiano. Il nostro pensiero è modellato sui nostri sensi, ma i nostri sensi ci mostrano solo una parte della realtà. Il mondo visto è reale ma non abbraccia la realtà. I nostri corpi stanno nel mondo visibile, nello spazio di tre dimensioni, accessibili al senso della vista e del tatto. I nostri corpi sono essi stessi tridimensionali. Hanno lunghezza, altezza e larghezza. Sono “solidi” nello spazio. Ma noi stessi non siamo in questo mondo a tre dimensioni. I nostri pensieri, per esempio, non sono solidi tridimensionali. Un pensiero non è alla destra o alla sinistra di un altro pensiero. Eppure non sono del tutto reali per noi? Se diciamo che la realtà è confinata a ciò che esiste nel mondo tridimensionale all’esterno, dobbiamo considerare tutti i nostri pensieri e sentimenti all’interno, come irreali. La nostra vita interiore, noi stessi, non ha alcuna posizione in quello spazio che è percepibile ai sensi. Ma mentre il pensiero, il sentimento e l’immaginazione non hanno una posizione nello spazio, è possibile pensare che abbiano una posizione in qualche altro tipo di spazio. L’universo non è solo esperienza sensoriale, ma anche esperienza interiore, cioè c’è la verità interiore così come la verità esteriore. L’universo è sia visibile che invisibile. Sul lato visibile sta il mondo dei fatti, sul lato invisibile sta il mondo delle idee. L’uomo stesso si trova tra i lati visibili e invisibili dell’universo, collegati all’uno attraverso i suoi sensi e all’altro attraverso la sua natura interiore. In altre parole, l’uomo è un certo rapporto tra visibile e invisibile. Per questo motivo, la scena esterna non lo completa e nessun miglioramento esterno delle condizioni della vita lo soddisferà mai veramente. L’uomo ha necessità interiori. La sua vita emotiva non è soddisfatta dalle cose esteriori. ha bisogno di idee per dare un significato alla sua esistenza. Una prospettiva sensoriale o materialistica ci limita psicologicamente, nel senso più pieno di questa parola, così che se ci sono gradi più alti di coscienza saremo incapaci di raggiungerli se crediamo solo nella “prova delle cose viste”, o cerchiamo solo prova dal lato visibile, tangibile e pratico delle cose, o consideriamo il mondo semplicemente come lo vediamo. Se ci sono potenziali gradi di “realtà” più elevata dentro di noi, niente che proviene dal lato dei sensi li aprirà da soli. Il nostro solito senso del’esistenza, deriva da cose esterne. Cerchiamo di entrare nel mondo visibile, di sentirci in qualcosa al di fuori di noi, nel denaro, nei beni, nei vestiti, nella posizione; così usciamo da noi stessi. Sentiamo che i nostri organi di senso ci delineano. Questo è naturale perchè il mondo dei sensi è ovvio. Pernsiamo, per così dire, in termini di esso, e verso di esso. La soluzione delle nostre difficoltà sembra risolversi nell’ottenere qualcosa, nell’essere onorati. Tutto ciò che è esterno a noi influisce su di noi. Siamo continuamente distratti, proprio come un cane è distratto da tutto ciò che vede, sente o odora. Oggi c’è una straordinaria svolta verso l’esterno del mondo, connessa con gli sviluppi scientifici e un’aspettativa sempre più diffusa che le nuove scoperte e le invenzioni risolveranno i probelmi dell’uomo. L’atteggiamento del materialismo scientifico ha così raggiunto le masse. L’umanità ora vede la soluzione delle sue difficoltà trovarsi in qualcosa al di fuori di se stessa e con questo atteggiamento inevitabilmente va la credenza nelle organizzazioni di massa dei popoli, e una corrispondente perdita del senso interiore dell’esistenza, l’eliminazione delle differenze individuali e una progressiva obliterazione dui tutta la ricca diversità di consuetudini e distinzioni locali che appartnegono alla vita normale. Il mondo diventa sempre più piccolo man mano che diventa sempre più uniforme. Le persone perdono il potere di ogni saggezza separata. Al posto di ciò, si imitano sempre di più. Ed è proprio questo che rende possibile l’organizzazione di massa. Da questo punto di vista, l’attitudine del materialismo scientifico aumenta davvero la debolezza interiore dell’uomo. E con questa crescente debolezza interiore egli cerca sempre di più di mettersi sotto una personalità dominante, di abbandonare, di abbandonare il suo pensiero, di cessare di essere un uomo.”
(Maurice Nicoll, Vivere il Tempo e L’integrazione della Vita)
“Se cerchiamo di spiegare l’uomo con lo studio dei suoi organi, dalle cellule che lo compongono, gli atomi e gli elettroni, perdiamo di vista l’uomo nel suo complesso. Al microscopio l’uomo stesso scompare completamente. É ovvio che possiamo spiegare una sedia dalle sue parti, ma questo è solo un modo di pensarci, una forma di verità. La sedia deve anche essere spiegata dall’idea nella mente che l’ha concepita. Nessuna indagine quantitativa, nessuna analisi chimica o esame microscopico può rilevare questa idea o darci il pieno significato dell’esistenza della sedia. Se ci chiediamo quale sia la causa della sedia, come possiamo rispondere a questa domanda? La sedia esiste davanti a noi come oggetto visibile. La sua causa ha due lati. Dal lato visibile, è causato dalle parti di legno d cui è fatto. Nell’invisibile, è causato da un’idea nella mente di qualcuno. Vi sono quindi tre termini: idea, sedia, legno. Il materialismo scientifico pone l’accento sul terzo termine. Questo punto di vista trasforma l’uomo verso l’esterno. Gli fa vedere il suo campo di attività come solo fuori di sè. Gli fa pensare che scoprendo alcuni fatti sull’universo materiale sarà in grado di conoscere tutto e placare il suo dolore. Poichè le verità e le realtà ultime sono state ricercate in qualcosa al di fuori dell’uomo, l’indagine è passata naturalmente nel mondo degli atomi. Ma l’atomo si è rivelato non costituire una base semplice, facile e non etica per “spiegare” l’universo. L’atomo si rivelò un sistema di straordinaria complessità, un piccolo universo in se stesso. La scienza ha raggiunto ulteriori misteri. L’aspetto più positivo di una cosa è la cosa nel suo complesso. Non abbiamo mai veramente spiegato o capito una cosa con la semplice riduzione di essa alle sue parti elementari. Un tale modo superficiale di “spiegare” una cosa ci dà un senso errato di potere, di presunzione. Questo primo contatto con la scienza produce in alcune persone uno straordinario disprezzo e intolleranza per qualcosa di simile all'”idealismo”, cioè di un mondo dietro questo mondo visibile. Non riescono a vedere che non possiamo davvero sapere, capire o persino spiegare qualsiasi cosa, semplicemente attraverso il metodo della scienza, e che tutte le nostre spiegazioni non sono altro che descrizioni di processi che rimangono un mistero. Ricordo il mio primo contatto con la chimica a scuola. Tutto sembrava diventare incredibilmente semplice. Tutto era semplicemente chimica, solo quantità diverse e combinazioni di particelle elementari. Un essere vivente era semplicemente una combinazione di diverse quantità di atomi, di mattoni infinitamente piccoli, di carbonio, ossigeno, idrogeno, zolfo, azoto e fosforo. Perfino una persona che si amava non era altro che “una quantità di atomi”. Le spiegazioni sembravano essere straordinariamente facili su questa base di quantità. Sembrava che il segreto dell’universo mi fosse stato consegnato, soprattutto perchè in quel momento la gente in generale sembrava ignorare completamente la chimica. Fu solo quando cominciai a riflettere sul significato della legge periodica degli elementi (la “legge dell’ottava” come il chimico inglese Newlands la chiamò) per cui lo stesso tipo di elementi si ripetono a intervalli regolari, che mi resi conto che qualcosa stava dietro tutti questi atomi e dietro ogni chimica. C’è legge, c’è “ordine”, che determina la loro azione. Dietro queste particelle elementari c’è un altro “mondo”, il mondo della legge, del’ordine, della forma e del principio, che collegava tutte queste particelle insieme e rendeva possibili tutti i cambiamenti e le relazioni chimiche.”
(Maurice Nicoll, Vivere il Tempo e L’integrazione della Vita)
“Il Lavoro c’insegna, in maniera implicita, quello che noi stessi abbiamo dimenticato. Tutto l’esoterismo inizia con l’idea che esiste qualcosa di superiore. I sistemi esoterici, come le religioni dicono che questo qualcosa di superiore è Dio, che le persone di comprensione sensoria identificano come qualcosa fuori di loro, nel cielo, per così dire. I sistemi esoterici dicono che “Questo qualcosa di superiore” è in voi – non fuori di voi, nel mondo visibile – bensì dentro di voi, in un possibile ed esistente livello superiore di voi stesso, ancora non ancora raggiunto, ma che sta già li. Per questo Cristo disse: “ Il Regno dei Cieli è dentro di voi”. “
(Maurice Nicoll)
“La civiltà moderna ha creato un universo artificiale che ricopre interamente il mondo reale, ed è soprattutto al primo che s’interessa. Si é cosi formato un “mondo parallelo” fatto di relazioni umane automatiche, un mondo in cui tutto è ormai stato previsto per la soddisfazione sempre più completa d’ogni sorta di falsi bisogni. L’uomo moderno scivola verso una cieca sottomissione ai fini elaborati da una collettività cui egli si affida senza il minimo ritegno. Anche quando incontra gli elementi del mondo reale, li distingue appena da quelli che il suo psichismo vi ha costruito sopra. Il mondo reale si è man mano coperto di un velo d’illusioni. Forse per questo motivo l’umanità, soccombendo di generazione in generazione sotto il peso di miliardi d’uomini addormentati, è caduta a poco a poco sotto l’influenza di forze meccaniche. Succede però che l’uomo s’interroghi sul posto che occupa e sul significato della sua presenza in un mondo dove non sta interamente a suo agio, ma purtroppo la domanda resta in superficie. Si è perso qualcosa d’essenziale che va ritrovato. L’uomo, strada facendo, ha dimenticato se stesso; ecco inquadrato il problema che riguarda la sopravvivenza della civiltà contemporanea. Per risolverlo, l’uomo deve certamente ritrovare il senso della propria esistenza e il sentiero della coscienza.”
(Henri Thomasson, L’Essenza dell’Essere)
“Oggi la civiltà, non conoscendo limiti d’estensione nel suo ambito di influenza, ha strappato l’uomo dalle condizioni normali in cui dovrebbe vivere. In quanto persone del nostro tempo, siamo diventati, a causa di un ambiente anormale, quasi dei semplici animali che vivono automaticamente in uno stato vegetativo. L’uomo moderno non agisce mai di propria volontà, ma manifesta solo azioni stimolate da perturbazioni provenienti dall’esterno. L’uomo moderno non pensa, ma qualcosa pensa per lui, egli non agisce, ma qualcosa agisce tramite lui, egli non crea, ma qualcosa viene creato per mezzo suo.”
(G.I. Gurdjieff)
“L’uomo è un essere che può “fare”, e “fare” significa: agire coscientemente e di propria iniziativa. Ma nell’uomo contemporaneo tutto si fa da sè, e non c’è una sola di queste “vittime della civiltà contemporanea” che possa “fare” qualcosa. Negli uomini ordinari, ciò che essi chiamano “volontà” non è nient’altro che la risultante dei loro desideri contraddittori; la vera volontà è il segno di un elevatissimo grado di essere, in confronto all’essere degli uomini ordinari. E solo coloro che possiedono un tale essere possono “fare”. Tutti gli altri non sono nient’altro che degli automi, delle macchine o dei giocattoli meccanici messi in moto da forze esterne, che agiscono soltanto nella misura in cui agisce la “molla” collocata in loro; e questa molla non possono nè allungarla, nè accorciarla, nè modificarla di propria iniziativa. Dunque pur riconscendo all’uomo le più grandi possibilità, noi gli neghiamo ogni valore in quanto unità indipendente, fino a che rimarrà ciò che è oggi. Ancora prima di intraprendere lo studio di questa meccanicità e di tutti i pincipi richiesti per una corretta osservazione di sè, l’uomo deve decidere una volta per tutte che sarà sincero verso se stesso senza alcuna riserva, che non chiuderà gli occhi su nulla, che non si tirerà indietro di fronte ad alcun risultato ovunque possa condurlo, che non avrà mai paura di trarre delle conclusioni e non si fisserà in anticipo alcun limite; dovrà avere un grande coraggio per accettare sinceramente i risultati ottenuti e non lasciarsi scoraggiare, ma sottomettervisi e perseverare con la tenacia crescente che questo studio esige. Le conclusioni a cui arriverà saranno di natura tale da mettere “a soqquadro” tutte le convinzioni e le credenze già profondamente radicate in lui, nonchè l’intero ordine del suo ordinario modo di vedere; in casi del genere un uomo può benissimo trovarsi spogliato, forse per sempre, di tutte le sue piacevoli illusioni, di tutti i “valori cari al suo cuore” che gli avevano assicurato fino ad allora una vita tranquilla e confortevole. Mediante una corretta osservazione di sè, si convincerà con tutto il suo essere che ogni cosa lo dirige, che ogni cosa lo governa. Lui non governa nè dirige proprio nulla. Vedrà chiaramente come si sono formate le sue presunte concezioni del mondo, le sue opinioni, i suoi gusti, il suo carattere… insomma come si è formata la sua individualità e sotto quali influenze può essere cambiata.”
(G.I. Gurdjieff)
“Ve ne state seduti in attesa di perle, quando in realtà quello che dovreste fare è non essere dei porci.”
(Madame Ouspensky)
“L’uomo è una macchina. Tutto ciò che fa, tutte le sue azioni, tutte le sue parole, pensieri, sentimenti, convinzioni, opinioni, abitudini, sono i risultati di influenze e impressioni esterne. Per “fare” bisogna essere. Nessuno vi crederà se gli dite che non può fare nulla. Questa è la cosa più offensiva e spiacevole che si possa dire alla gente. Ed è particolarmente spiacevole e offensiva perché è la verità e nessuno vuol conoscere la verità. Ordinariamente l’uomo vive semplicemente seguendo il flusso. Non è semplicemente addormentato: è completamente morto.”
(G.I. Gurdjieff)
“L’uomo nasce come meccanismo concepito per ricevereimpressioni d’ogni genere. La percezione di alcune impressioni ha inizio ancor prima della nascita. In seguito, durante la crescita si formano e si perfezionano altri apparati riceventi, in numero sempre maggiore. La struttura di questi apparati riceventi è la stessa in tutte le parti del meccanismo. Essa ricorda quella di rulli di cera vergine di un fonografo. Su tali rulli o bobine, vengono incise tutte le impressioni ricevute fin dal giorno della nascita, e prima ancora. Inoltre, il meccanismo possiede un dispositivo automatico, mediante il quale tutte le nuove impressioni ricevute vengono collegate alle impressioni dello stesso tipo registrate in precedenza. Contemporaneamente, viene tenuta una classificazione cronologica. In questo modo, ogni impressione ricevuta viene trascritta in più posti su più rulli, e su questi rulli si conserva intatta. Ciò che noi chiamiamo memoria è un dispositivo assai imperfetto tramite il quale possiamo disporre solo di una minima parte della nostra riserva di impressioni. Ma le impressioni, una volta sperimentate, non si cancellano più, e si conservano sui rulli dove sono state trascritte. Numerose esperienze ipnotiche hanno permesso di stabilire che l’uomo ricorda tutto ciò che ha vissuto, fin nei minimi particolari. Infatti, egli ricorda i minimi particolari del suo ambiente, persino il viso e la voce della gente che aveva intorno nella sua prima infanzia, quando ancora sembrava un essere incosciente. Mediante l’ipnosi è quindi possibile far girare tutti questi rulli, anche quelli sperduti nei recessi più profondi dell’inconscio. Ma ogni tanto, in seguito a qualche trauma più o meno evidente, succede che i rulli si mettono a girare da soli, e scene, immagini o volti apparentemente dimenticati da molto tempo risalgono di colpo alla superficie. Tutta la vita psichica dell’uomo non è altro che lo scorrere delle impressioni registrate sui rulli davanti allo sguardo della mente. Tutte le particolarità della sua concezione del mondo, tutti gli aspetti caratteristici della sua individualità dipendono dall’ordine in cui sono avvenute quelle registrazioni, e dalla qualità dei rulli che si porta dentro. Supponiamo che un’impressione qualsiasi venga recepita e registrata contemporaneamente a un’altra con cui non ha nulla in comune; per esempio, un uomo sente una musica molto allegra in un momento di intenso trauma psicologico come angoscia o tristezza. Quella musica susciterà sempre in lui la stessa emozione negativa e, viceversa, il sentimento d’angoscia gli ricorderà sempre quel motivo allegro. Dalla psicologia questo fatto è chiamato associazione di pensieri e sentimenti; ma la psicologia non si rende conto di quanto l’uomo sia impastoiato in queste associazioni, senza potersene mai liberare.”
(G.I. Gurdjieff)
“La musica oggettiva si basa sulle ottave interiori. Essa può dare risultati precisi, non solo d’ordine psicologico, ma d’ordine fisico. La leggenda della distruzione delle mura di Gerico con la musica è proprio una leggenda di musica oggettiva. La musica ordinaria, di qualunque tipo, non farà mai crollare muri, ma la musica oggettiva invece lo può. E non soltanto può distruggere, ma può anche edificare.”
(P.D. Ouspensky, Frammenti di un Insegnamento Sconosciuto)
“Ogni uomo viene al mondo simile a un foglio di carta bianca; ma le circostanze e le persone che gli stanno intorno fanno a gara per imbrattare questo foglio e per ricoprirlo di ogni genere di scritte. Ed ecco intervenire l’educazione, le lezioni di morale, il sapere che chiamiamo conoscenza, tutti i sentimenti di dovere, onore, coscienza ecc. A poco a poco il foglio si macchia, e più è macchiato di pretese “conoscenze”, più l’uomo è considerato intelligente. Più sono numerose le scritte nel posto chiamato “dovere”, più il possessore è considerato onesto; e così via per ogni cosa. Il foglio così sporcato, accorgendosi che le macchie vengono scambiate per meriti, le considera preziose. La nostra macchina mentale ha la proprietà di poter essere convinta di qualunque cosa, purché venga sottilmente influenzata nella direzione voluta in modo ripetuto e persistente. Una cosa che all’inizio può apparire assurda, finirà per sembrare razionale, purché la si ripeta con insistenza e convinzione sufficienti. E mentre un particolare tipo di uomo si limiterà a ripetere le frasi fatte che gli sono rimaste impresse nella mente, un altro cercherà prove e paradossi sofisticati per giustificare le proprie asserzioni. Ma entrambi sono da compiangere nello stesso modo. Tutte queste teorie fanno delle affermazioni che, come i dogmi, non possono essere verificate: in ogni caso, non coi mezzi che abbiamo a disposizione. L’uomo è una personalità piena di pregiudizi; non sa nulla, vive sotto comando, accetta tutte le influenze e vi crede. Noi non abbiamo delle conoscenze che ci appartengano, cioè forniteci dalla vita stessa in modo tale che non ci possano essere sottratte. Tutte le nostre conoscenze non sono altro che semplici informazioni, e possono essere tanto utili quanto inutili. Assorbendole come spugne, noi possiamo facilmente restituirle parlandone con logica e convinzione, pur senza capirci nulla. E con la stessa facilità possiamo perderle, perché non sono nostre, ma sono state riversate dentro di noi come un liquido in un recipiente. Noi non sappiamo nulla. Non facciamo alcuna distinzione tra chi sa veramente ciò che dice e chi dice solo delle stupidaggini: crediamo a qualunque cosa, senza discernimento. Non abbiamo nulla di nostro: tutto ciò che ci infiliamo in tasca non ci appartiene, e dentro di noi non c’è niente. Voi aspirate alla conoscenza, ma ciò che avete avuto finora non è conoscenza: è solo una raccolta meccanica di informazioni. È una conoscenza che non è entrata a far parte di voi, ma è fuori di voi. Non ha nessun valore. Che importanza possono avere per voi le cose che sapete, se un bel giorno vi sono piovute addosso da qualcun altro? È un sapere non creato da voi, e quindi ha scarsissimo valore. Se ci si accontenta di osservare che l’uomo non è altro che una macchina, si diventerà dei cinici. Ma se si persevera nel lavoro, si smetterà di esserlo. Si dovrà fare una scelta, si dovrà decidere cosa si vuole diventare: o completamente meccanici, o completamente coscienti. L’uomo meccanico serve l’involuzione, l’uomo cosciente l’evoluzione. Bisogna scegliere. Ma c’è un principio: servendo l’una, potete sperare di far carriera; servendo l’altra, riceverete molto, ma senza prospettive per il futuro. Questo è il bivio di cui parlano tutti gli insegnamenti tradizionali. Soltanto voi potete decidere ciò che volete fare. Domandatevi nel profondo del cuore ciò che desiderate di più: se ne siete capaci, saprete cosa fare. Rifletetteci bene, e poi procedete.”
(G.I. Gurdjieff – Vedute sul Mondo Reale)
“Il Lavoro c’insegna, in maniera implicita quello che noi stessi, abbiamo dimenticato. È per questo che il Lavoro s’inizia con l’idea che un uomo può ricordare se stesso.”
(Maurice Nicoll)
“Insegnare e suggerire ai propri figli la scienza di ingannare gli altri e di essere bugiardi in tutto, assume persino, negli esseri del pianeta Terra del giorno d’oggi, la valenza di un dovere; ed è proprio questo che essi designano col famoso nome di “educazione”. Essi “educano” i propri figli a non potere e nemmeno osare mai manifestarsi secondo la manifestazione istintiva della loro “coscienza morale”, e a fare soltanto ciò che è indicato nei manuali detti di “galateo” inventati da loro stessi. E beninteso, quando questi figli crescono e diventano esseri responsabili, agiscono e si manifestano in maniera automatica, esattamente come è stato loro insegnato nel periodo della loro formazione, cioè secondo il modo in cui sono stati “suggestionati”, “programmati”, in poche parole, in cui sono stati “educati”. Non appena i loro discendenti vengono alla luce, essi si sforzano intenzionalmente, per adattarli alle condizioni anormali dell’ambiente, di fissare con ogni mezzo in loro il maggior numero possibile di impressioni provenienti esclusivamente da percezioni artificiali dovute ai risultati della loro anormale esistenza, ed è proprio questo insieme di percezioni artificiali che ora, con ingenuità, essi scambiano per il loro vero “conscio”. Essi saturano ed infarciscono di idee effimere e fantasiose di ogni genere i “cervelli” dei nuovi nati, e proprio a causa di questa azione che essi esercitano sui propri discendenti – funesta dal punto di vista oggettivo, ma “benefica” secondo la loro ingenua comprensione soggettiva – tutti i sacri dati depositati in loro dalla Grande Natura per costituire il vero conscio esserico si isolano fin dal principio e restano per tutta la loro esistenza in uno stato quasi primitivo. Da lì in poi quel “conscio” artificiale si forma gradualmente in loro e finisce per diventare predominante nella loro presenza generale. A causa di tutto ciò, la “coscienza morale oggettiva”, che potrebbe apparire fin dalla più tenera infanzia nel conscio degli esseri di quel pianeta, viene a trovarsi in quello che essi chiamano il loro “subconscio”. E ai nostri giorni, anche se in alcuni di loro i dati divini cristallizzati nella loro presenza per questo impulso esserico si mettono a manifestarsi, per una ragione o per l’altra, fuori dal subconscio e si sforzano di partecipare al funzionamento del loro “conscio” ordinario, anormalmente costituito, appena essi se ne rendono conto prendono subito tutte le misure necessarie per evitare che ciò accada, poichè nessun essere nella cui presenza funzioni questo impulso divino di vera coscienza morale oggettiva potrebbe più ormai proseguire la propria esistenza nelle condizioni che regnano attualmente laggiù.”
(G.I. Gurdjieff – I racconti di Belzebù a suo nipote)
“Devi imparare a non conformarti a ciò che le persone che ti stanno intorno considerano buono o cattivo, impara ad agire secondo ciò che ti detta la tua coscienza. Una coscienza liberamente sviluppatasi ne saprà sempre di più di tutti i libri e di tutti i maestri messi insieme.”
(G.I. Gurdjieff)
“Siamo così preoccupati da ciò che idealmente vorremmo essere che non vediamo cosa siamo realmente adesso, nel momento attuale. Non siamo quel che crediamo di essere. Accecati dall’immaginazione, ci sopravvalutiamo e mentiamo a noi stessi. Mentiamo continuamente a noi stessi, in ogni momento, tutto il giorno, per tutta la vita. Le cose che facciamo non le scegliamo perchè ci piace farle, ma per l’esigenza di affermare e assicurare attraverso di esse il nostro io immaginario. Non esiste pensiero o sentimento che non sia motivato da questa esigenza: è tuttavia un meccanismo così sottile che non ce ne accorgiamo. Se potessimo fermarci interiormente e osservare senza preconcetti, accettando per un momento quest’idea della menzogna, allora forse ci accorgeremmo che non siamo ciò che crediamo di essere. Per sapere “cio che è” devo liberarmi di tutte le mie proiezioni immaginarie. Cerco di emergere da questo mondo di illusioni che mi nasconde la realtà, di non farmene influenzare. Sono consapevole di una realtà che non riesco a possedere. Si tratta di me stessa, di ciò che sono nel profondo dell’essere. C’è in me un’energia essenziale che è la base di tutto ciò che esiste. Non la sento, perchè la mia attenzione è occupata da tutto ciò che è contenuto nella memoria: pensieri, immagini, desideri, delusioni, impressioni fisiche. “Io” non sono qui. Per desiderare di essere presente, devo vedere che sono addormentata. Sono rinchiusa in un cerchio di interessi meschini e avidità in cui il mio “io” si perde. E rimarrà perso finchè non si relazionerà con qualcosa di più alto. È tutto in relazione a questo. Toccare la mia essenza. Il contenitore dell’energia è temporaneo, l’energia è permanente. Dietro tutte le vicissitudini della vita, dietro le preoccupazioni, le tristezze e le gioie, c’è qualcosa di più grande, qualcosa che riesco a sentire e che mi dà significato. Sento di esistere in relazione a questa grandezza. è fuori di me, ma anche dentro di me. La realtà è qui, solo che non le presto attenzione. Vivo voltando le spalle a me stessa. Devo capire che se non sono presente, servo solo il mio sè ordinario e vado verso la distruzione di ciò che realmente sono. Perciò l’unica realtà per me, oggi, è il mio sforzo di essere presente a me stessa. Nient’altro è reale. Tutto è distorto dal velo della mente che mi impedisce di essere in contatto con la natura delle cose. Devo prima di tutto andare verso la mia propria natura, risvegliarmi alla coscienza dell’io e prestare attenzione solo a questo. Quando mi apro completamente alla mia Presenza, quando “io sono”, entro in un mondo diverso, in cui tempo e spazio non esistono. Sono uno, un tutto. I pensieri cessano e la ragione scompare. Sento l’io. Comincio a capire che il mondo in cui vivo è un mondo di finzioni. Non è reale. La visione che ho di me non è la visione della mia vera realtà. Vedo me stessa attraverso il pensiero, persa nell’immaginazione di me. Nel vedere l’ego e l’io reale mi libero. La fede è la certezza vissuta di aver oltrepassato i limiti dell’io ordinario.”
(Jeanne de Salzmann, La Realtà dell’Essere)
“Un antico insegnamento dell’esoterismo s’impartiva con il nome di “Ermetismo” (da Ermete Trismegisto o Hermes). Da questo insegnamento nacque l’espressione “ermeticamente chiuso” che si usava nell’alchimia esoterica. L’alchimia esoterica si fondava nell’idea che l’uomo, considerato come metallo vile poteva essere trasformato in oro. Proprio così, l’uomo considerato come metallo, diciamo il piombo, come è nel suo stato presente, attraverso la conoscenza e la pratica poteva trasformarsi in oro. Questa era l’alchimia esoterica. Un “eremita” era una persona che seguiva l’insegnamento ermetico e cercava di appartarsi dagli effetti della vita chiudendosi in una caverna o andando nel deserto. Questa non è l’idea del Lavoro. Equivarrebbe liberarsi dalla vita artificialmente. Dobbiamo isolarci dagli effetti della vita esterna nel momento stesso in cui li sperimentiamo. Qui interviene l’idea della pratica della non identificazione. In genere, con cosa siete identificati in questo momento? Naturalmente, senza osservazione di sé, non si avrà nessuna idea su questo particolare. Senza osservazione di sé si è semplicemente identificati. In generale, se è questo caso, quasi sempre uno non si sforza d’isolarsi dagli effetti della vita esterna, ed allora non vi è nulla di chiuso. Tale persona non vive coscientemente. Detto stato rimane nell’oscurità. Non è portato alla coscienza. Però non ammetterà che si sta comportando in questo modo a meno che non lasci penetrare la luce nella sua oscurità interiore, cioè che osservi il suo stato. Quando non si conosce in che modo ci si comporta, tutto è oscurità. Questa è la cosa strana. Non siete coscienti, ma “addormentati”. In questo caso è corretto dire che una persona è una “macchina”. Bene, in una macchina non c’è nulla di chiuso, niente è ermetico agli impatti delle cose esterne. La vita vi fa girare così come una pista fa girare una macchina.”
(Maurice Nicoll, Commentari Psicologici)
“Il Lavoro si propone di accrescere la nostra coscienza. “Le tenebre dell’ignoranza e dell’incoscienza sono dissipate dalla luce della coscienza”. Sì, questa frase suona bene. Un tale linguaggio richiama le persone romantiche, pseudo spiritualiste. “Luce!”, esclamano, guardando verso l’alto. “Che meraviglia!”. Sfortunatamente questa luce è molto dolorosa nel suo modo di operare. Scopriamo che lasciar penetrare la luce dentro di sé non è per niente gradevole. Dobbiamo vedere veramente quanto siamo imbecilli. Questo é giustamente quello che significa accrescimento di coscienza. Ma, in tutti i casi, qualunque sia questo incrementare la coscienza in se stessi è una realtà molto dura e che non produce nessun piacere. Assolutamente. L’incremento di coscienza in se stessi si fa sempre a spese della propria immaginazione di sé, della propria vanità, a spese dell’“Io” Immaginario, a spese di tutti i ritratti custoditi dalla Falsa Personalità. Perché la luce della coscienza, che illumina le cose in noi, cerca di produrre la caduta di tutto il fittizio e l’irreale affinché possa svilupparsi una nuova persona. Bene, vedere la propria insensatezza è un incremento di coscienza se uno prima si considerava saggio. L’accrescimento di coscienza amplia la conoscenza di se stessi. Perché una volta che una cosa della quale non ci rendevamo conto diventa cosciente ed è vista in relazione con altre cose di cui siamo già coscienti, fa il suo esatto lavoro, e si pone nel suo posto appropriato o si apprezza come ridicola e sprovvista di potere. Questo è l’equilibrio mediante la coscienza.”
(Maurice Nicoll, Commentari Psicologici)
“Distruggere la falsa personalità è la metà dell’intera opera. Man mano che la coscienza cresce, l’importanza personale muore. Tutto il lavoro per lo sviluppo ha due lati: qualcosa di vecchio nell’uomo deve essere ucciso e qualcosa di completamente nuovo deve nascere. La preparazione per l’una e l’altra deve andare di pari passo e richiede un lavoro molto diverso. L’equilibrio è molto difficile. Può accadere (anche se molto raramente) che il vecchio possa essere ucciso in un uomo senza che il nuovo nasca; in questo caso egli è “perso in mare”, in balia di ogni influenza esterna, aperto a “sette diavoli peggiori del primo”. Può anche accadere che il nuovo possa nascere senza che il vecchio venga ucciso; allora tutte le sue nuove percezioni, intese e poteri, saranno conditi con una prospettiva personale, e serviranno la sua principale debolezza.”
(Rodney Collin, L’Armonia Cosciente)
“L’Essenza, con cui nasciamo, può svilupparsi da sola solo fino ad un certo punto e poi viene circondata dalla Personalità, che è qualcosa acquisita dalla vita e necessario per essa. Da ciò risulta che l’Essenza rimane senza svilupparsi. Questa situazione interna che deve essere stabilita prima che qualcosa possa avvenire, si esprime dicendo che la Personalità è allora attiva, l’Essenza passiva, e la Vita neutralizzante. Questa è la prima Triade. La seconda Triade è determinata dall’influenza del Lavoro e risulta in ché l’Essenza diventa attiva, la Personalità passiva, e il Lavoro neutralizzante. Quando gli uomini o le donne lavorano su di sé – interiormente (non per essere visti dagli altri) e intelligentemente, che significa vedere quello che si era prima o quello che si è ora in relazione con quello che insegna il Lavoro – allora viene registrato. Sta facendo qualcosa di speciale. Non sta lavorando per una ragione-Vita ma per una ragione-Lavoro. Momentaneamente sta usando la Forza Neutralizzante del Lavoro e non quella di Vita. Sta diminuendo la Personalità fino a farla diventare un’ombra. È per questo che è speciale e per cui viene registrato.”
(Maurice Nicoll, Commentari Psicologici)
“C’è una terza cosa fra gli opposti che è chiamata in modi diversi: Forza Neutralizzante, Forza Connettente, Forza Armonizzante, Forza Relazionante, Forza Riconciliante, o semplicemente Terza Forza. Diventare cosciente della Terza Forza é misericordia e liberazione.”
(Maurice Nicoll, Commentari Psicologici)
“Il punto del Lavoro non è di ottenere qualcosa che ancora non si ha, ma di liberarsi di qualcosa che si ha.”
(Maurice Nicoll, Commentari Psicologici)
“A causa dei nostri sensi limitati conosciamo solo un mondo di tre dimensioni che si muove nel Tempo e questo è il mondo che consideriamo come “la realtà”, come tutto quello che è o può essere. Rinchiusi nella prigione dei nostri sensi non crediamo in altre dimensioni che sono oltre lo spazio che i nostri sensi ci mostrano. Crediamo soltanto in ciò che vediamo. Fondiamo i nostri pensieri in questo visibile e tridimensionale mondo che si muove nel Tempo ed il nostro modo di pensare si modella su questa realtà che è evidente ai nostri sensi limitati. Se la nostra meta è lo sviluppo nel livello d’Essere o l’accrescimento di coscienza, è necessario cambiare il nostro modo di pensare. Affinché ciò sia possibile occorrono nuove idee che cambino la mente, per stabilirvi nuove connessioni che fin’ora non furono usate. In questo modo, realtà nuove e più ampie della mente appaiono oltre le strette realtà somministrate dai sensi, con un corrispondente accrescimento di coscienza. In patica si percepisce di più di quello che si percepiva prima, e questo in molte direzioni insolite. Non si accrescono soltanto la capacità e la comprensione della mente, ma anche la percezione di sé. Quando le si applica nella pratica, per mezzo dell’osservazione di sé, queste nuove idee stabiliscono numerose nuove connessioni nella mente, di fatto, fino a tal punto che tutte la concezione e il proprio sentire comincia a cambiare e un nuovo sé si fa percettibile, occulto e a qualche distanza oltre quello che fin’ora credevamo che era la sola forma possibile di essere noi stessi.”
(Maurice Nicoll, Commentari Psicologici)
“Per chi ha bene o male riconosciuto l’assurdità della propria vita ordinaria, e che si sforza seriamente di scoprire tutti i possibili aspetti della verità oggettiva e di farli penetrare dentro di lui per costruire su questa base la propria individualità reale e per potersi poi più tardi manifestare, in tutte le circostanze, in modo tale da corrispondere ad una creatura fatta “ad immagine di Dio”, e per l’uomo che ha già compreso con la propria ragione ciò che vale – cioè che ha riconosciuto l’esagerata importanza che egli attribuisce alla sua presunta individualità, la quale, secondo il suo stesso imparziale giudizio, non rappresenta che una quasi completa “nullità” – il lavoro essenziale consiste nell’acquisire la capacità di dedicare, per un certo tempo, tutte le sue possibilità e tutte le sue energie a individuare il numero più grande possibile di atti anomali che accadono nel corso dei vari processi fisici e psichici, in altri termini nell’attuare quella che viene definita “l’osservazione di sè”. E ciò si rivela assolutamente indispensabile affinchè la coscienza di questi fatti indesiderabili, che fin’ora solo il mentale ha saputo riconoscere, impregni gradatamente la sua natura e susciti nella sua presenza generale un’energia di grande intensità che sola rende possibile un ulteriore lavoro su se stessi. Questa energia si manifesta per mezzo di uno sforzo costante indirizzato all’acquisizione nel corso della giornata, del potere di “richiamare se stessi” per un tempo determinato. Questo potere è necessario all’uomo che con il suo solo mentale, ha riconosciuto la sua nullità e che ha deciso di lottare coscientemente contro le anomalie che egli stesso ha constatato. Queste anomalie, se sono cristallizzate nella sua individualità a causa delle inadeguate condizioni nelle quali ha trascorso l’età della preparazione, si traducono in tutta una serie di debolezze il cui insieme genera la sua mancanza di volontà, di carattere, la sua inerzia e via di seguito. Questo potere, dico, gli è necessario se vuole apprendere, nella misura del possibile, a non “identificarsi” alle condizioni ambientali e, continuando ad osservare le sue manifestazioni interne ed esterne, a dominare in se stesso i vari sentimenti di parzialità che gli sono divenuti intrinseci. Tutto ciò è indispensabile affinchè possa sorgere in lui ed accumularsi l’energia necessaria per perseverare nel lavoro con quella intensità nello sforzo e con quel potere di azione su se stesso che soli permettono di operare la trasmutazione della propria “nullità” in quel “qualche cosa” che avrebbe dovuto essere, in altri termini, di operare la trasmutazione in quella “corona della creazione” che ciascun uomo è chiamato ad essere, invece di essere, come è diventato soprattutto in questi ultimi tempi, e come si vede egli stesso nei suoi momenti di sincerità, un animale domestico le cui percezioni e manifestazioni sono automatizzate.”
(G.I Gurdjieff – La Vita Reale)
“Lo psichismo generale dell’uomo è il risultato dell’adeguamento a tre mondi indipendenti. Il primo è il mondo esteriore, in altri termini tutto quello che esiste al di fuori di lui, sia ciò che può vedere e sentire sia quello che per lui è invisibile ed intangibile. Il secondo è il mondo interiore, cioè tutti i processi automatici della sua stessa natura e le ripercussioni meccaniche di questi processi. Il terzo mondo è il mondo a lui proprio che non dipende nè dal “mondo esteriore” nè dal suo “mondo interiore” e cioè è indipendente dai capricci dei processi che si svolgono in lui così dalle imperfezioni dei processi che li scatenano. Un uomo che non possiede il mondo che gli è proprio non può fare mai nulla di sua iniziativa: tutte le azioni “si fanno” dentro di lui. Solo l’uomo nella cui presenza generale si è formata in maniera autonoma e intenzionale la totalità dei fattori necessari al funzionamento di questo terzo mondo può disporre di una propria iniziativa per le sue manifestazioni e le sue percezioni.”
(G.I Gurdjieff – La Vita Reale)
“Senza dubbio, per quanto strano appaia, ogni momento presente è eterno. Il momento presente sta a volte nel Tempo e nell’Eternità. È il luogo d’incontro del Tempo e dell’Eternità. L’Eternità penetra in ogni momento presente nel Tempo in movimento, ad angolo retto con esso. È per questo che, a volte, in uno stato di Ricordo di Sé sentiamo l’Eternità. Ciò si deve al fatto che in qualunque momento, in qualsiasi momento ordinario di tranquillità che non ha nulla che lo distingua dagli altri, si penetra nella dimensione di Eternità e per casualità abbiamo coscienza di ciò.
L’Uomo a volte è nel Tempo a volte nell’Eternità. L’Eternità è perpendicolare al Tempo, e questa è la direzione del Ricordo di Sé, il sentire che ci siamo anche noi ora. Ogni momento è eterno. Per ricordarsi di se stesso deve immettersi il sentimento di ora, “io ora sono qui”. E se la cosa ha successo si conoscerà da se stessi che l’Eternità sta sempre nel momento e può essere sperimentata come un sapore differente dal Tempo. Non si parla più del momento presente registrato dai sensi, ma di ora, di questa esperienza interna che in realtà può dare il Ricordo di Sé. L’“Io” Reale sta nell’Eternità, non nel Tempo. Il Ricordo di Sé sta fuori dal Tempo e dalla Personalità. Solo un’altra forza proveniente da un’altra direzione può far sì che la Personalità diventi passiva ed alimentare l’Essenza, la parte eterna in noi. Allora si comincia a vedere che tutto l’insegnamento esoterico deve avere la qualità dell’Eternità, e essendo così sviluppare l’Essenza, che è eterna. Lungo tutto il Tempo, lungo tutte le epoche, l’insegnamento esoterico continua ad essere sempre lo stesso. Dice sempre le stesse cose. Insegna sempre le stesse cose. Sta al di sopra del Tempo, è l’Eternità nel Tempo.”
(Maurice Nicoll, Commentari Psicologici)
“Se cambio, il mio modo di vedere il mondo cambierà. Se cambia il mio modo di vedere il mondo, io cambierò. Non posso sperimentare un cambiamento in me stesso e rimanere nello stesso mondo. Se inizio ad avere un nuovo sentimento di me stesso comincerò anche ad avere un nuovo sentimento del mondo, ed io e il mondo cambieranno allo stesso tempo.”
(Maurice Nicoll)
“La vita dell’umanità, presa come un tutto, è paragonabile al corso di un grande fiume, che si divide – in un punto che corrisponde al momento nel quale l’uomo raggiunge l’età responsabile – in due correnti, di cui una sfocia nell’oceano senza limiti, per proseguire poi un ulteriore movimento di evoluzione, e l’altra va negli abissi sotterranei per proseguire un movimento di ordine involutivo, questa volta per i soli bisogni della Natura. Per noi uomini di questo tempo, il male maggiore consiste nel fatto che a causa delle varie condizioni della nostra vita ordinaria e soprattutto a causa della nostra “educazione” anormale, possediamo, giunti all’età responsabile, presenze corrispondenti al fiume della vita destinato a perdersi negli abissi sotterranei e finiamo per cadere in questa corrente. Da allora in poi essa ci trascina dove vuole, come vuole, e noi, senza riflettere sulle conseguenze, restiamo passivi e ci lasciamo trascinare alla deriva come relitti. Finchè rimaniamo passivi, non solamente saremo costretti a restare degli strumenti al servizio di “creazioni involutive ed evolutive” della Natura, ma dovremo per il resto della nostra esistenza sottometterci, come schiavi, ai capricci ciechi di ogni specie di eventi.”
(G.I Gurdjieff – La Vita Reale)
“Non è importante quanto a lungo si vive, ma se si sviluppa qualcosa che possa dare significato alla vita. Senza un contatto reale con il vero “io”, la vostra vita non ha significato. Senza quella relazione, non siete nulla.”
(Madame de Salzmann)
“Ecco dunque l’uomo ordinario medio: uno schiavo incosciente interamente asservito a disegni d’ordine universale estranei alla propria individualità. Può restare così come è tutta la vita, poi, come tale, essere distrutto per sempre.Tuttavia la Grande Natura ha dato all’uomo la possibilità di non essere semplicemente uno strumento cieco al servizio dei disegni oggettivi di ordine universale; gli ha dato i mezzi affinché, pur servendola e attuando coscientemente ciò che era stato predestinato per lui, egli possa produrre più di quanto gli è richiesto ed utilizzare questa eccedenza per il proprio “egoismo”, cioè per la determinazione e la manifestazione della propria individualità. Anche questa possibilità gli è stata concessa per servire lo scopo comune, poiché l’equilibrio stesso delle leggi oggettive necessita di tali vite indipendenti. Dunque, la vita non è data agli uomini per loro stessi, ma per servire degli scopi cosmici elevati, ed ecco perchè la Grande Natura, nella sua lungimiranza, fu costretta a introdurre nella presenza generale dei nostri antenati un organo le cui proprietà dovevano proteggerli da qualsiasi possibilità di vedere e percepire la realtà. Essa veglia affinchè la loro vita possa scorrere in una forma più o meno tollerabile, e non finisca prematuramente. Noi uomini, non ingrassiamo forse i nostri montoni ed i nostri maiali, non li curiamo, non cerchiamo di rendere la loro vita confortevole? Ma facciamo forse tutto ciò perchè apprezziamo la loro vita in se stessa? No! Lo facciamo per poterli sgozzare un bel giorno, e ricavarne la buona carne di cui abbiamo bisogno, con la massima quantità di grasso. Nello stesso modo, la Natura prende tutte le misure affinchè noi viviamo senza essere presi da orrore, affinchè non ci impicchiamo, ma viviamo a lungo; poi, quando ne ha bisogno, ci sgozza. Nelle condizioni di vita ordinaria degli uomini, così come sono stabilite, questa è una legge incrollabile della Natura. La vita ci è stata data per uno scopo elevato, e tutti insieme siamo tenuti a servirlo; in ciò consiste la nostra ragion d’essere, e il senso stesso della nostra vita. Tutti gli uomini senza eccezione sono schiavi di questa “grandezza”, tutti devono sottomettersi senza discutere. Il vero uomo, che ha già acquisito il suo “Io”, così come l’uomo-tra-virgolette, che non lo possiede, sono entrambi ugualmente schiavi di questa “grandezza”; tuttavia esiste fra loro questa differenza: il primo, assumendo un atteggiamento cosciente verso la propria schiavitù, acquisisce la possibilità, pur servendo la realizzazione universale, di consacare una parte delle proprie manifestazioni, in conformità alle previsioni della Grande Natura, all’acquisizione di un “essere imperituro”, mentre l’altro, poichè non prende coscienza della propria schiavitù, rimane durante tutto il processo della sua esistenza una semplice cosa che, quando non se ne ha più bisogno, viene distrutta per sempre.”
(G.I. Gurdjieff)
“Ciò che viene chiamato “ragione” nell’uomo, non è altro che la concentrazione dei risultati di impressioni di qualità diverse percepite anteriormente, e la loro stimolazione e ripetizione provoca nell’essere diversi tipi di associazioni. Le impressioni registrate hanno tre sorgenti originarie e sono soggette a tre diverse influenze. Una categoria di associazioni è formata dalle impressioni percepite involontariamente e che provengono direttamente dal mondo esterno oppure scaturiscono dal mondo interiore dell’uomo in conseguenza di certe associazioni precedenti, costanti e ripetute in modo automatico. La seconda categoria è formata dalle impressioni percepite volontariamente, che provengono dal mondo esterno o che si cristallizzano nel mondo interiore dell’uomo attraverso un atto deliberato di pensiero e di verifica sulla realtà. La terza categoria scaturisce esclusivamente dal processo della cosiddetta “contemplazione-trasformata”, cioè dalla comparazione di impressioni omogenee di varia origine anteriormente già fissate, mantenendo continuamente il contatto con i loro centri interni e separati. Al terzo stato di coscienza umana può essere sicuramente attribuito, senza alcuna difficoltà, il tipo di coscienza che l’uomo moderno, desiderando sottolinearne la grande importanza e senza nutrire alcun dubbio sulla correttezza del termine usato per indicarlo, ha denominato “stato di coscienza-vigile”. Tale stato di coscienza, cui l’uomo moderno assegna il massimo livello, non è altro che il prodotto di impressioni costantemente ripetute, sia percepite accidentalmente e involontariamente sia create artificialmente e imparate meccanicamente. Oggi la maggior parte delle persone, come conseguenza del continuo deterioramento delle normali condizioni di vita, si è abituata a dare importanza solamente a questo livello di coscienza che si raggiunge tramite le impressioni già menzionate, cioè tramite le percezioni involontarie e imparate meccanicamente di impressioni accidentali ricevute dall’ambiente esterno. In altre parole, tutti i processi del mondo interiore dell’uomo moderno sono solo una rassegna automatica, in varie combinazioni, delle esperienze ripetute di impressioni per così dire “antiquate”. E le manifestazioni di quest’uomo nella vita ordinaria, gli impulsi, i pensieri, i sentimenti, le parole, le convinzioni, le credenze e i doveri sono costituiti esclusivamente dal materiale di quelle impressioni nelle loro varie combinazioni, cristallizzate nella sua totalità. Le persone finiscono per perdere persino il bisogno di cogliere nella loro interezza le cose che vedono e sentono per la prima volta. Per loro si tratta soltanto di impulsi che provocano delle associazioni basate su informazioni corrispondenti, introdotte in precedenza nella loro presenza. E così tutto ciò che vedono e sentono per la prima volta viene percepito automaticamente da solo, senza alcuno sforzo di nessun tipo proveniente dall’essenza delle loro funzioni, e non provoca in loro il benchè minimo bisogno esserico di sentire e comprendere nella sua interezza ogni fenomeno che si svolge in loro o fuori di loro. Insomma, si accontentano di ciò che qualcuno un giorno, coscientemente o incoscientemente, ha inculcato in loro”
(G.I Gurdjieff – Il Nunzio del Bene Venturo)
“Nel modo in cui viviamo meccanicamente nella vita, nessuno di noi ha il suo centro di gravità nell’Io Reale. Lo abbiamo nella Falsa Personalità, nell’”Io” Immaginario, che è una finzione di noi stessi che dobbiamo tenere davanti a noi. Così, ciascuno deve fare ogni cosa con lo scopo di mantenere questo sé immaginario, il Falso Sé, che in realtà non si trova nel profondo di noi stessi. Affinché possa nascere l’Io Reale, l’“Io” Immaginario deve essere visto così com’è, immaginario. Questo può prodursi solamente per mezzo della conoscenza di sé. La conoscenza di sé, a sua volta, si ottiene solo mediante l’Auto-osservazione. Per questo il Lavoro inizia con l’osservazione di se stessi. Vedere le illusioni che ci facciamo su noi stessi è l’unico modo per indebolirle. Per cambiare se stessi, bisogna cambiare gli atteggiamenti. Si sa, quanto sia difficile parlare con un uomo che ha dei forti atteggiamenti, sia religiosi che politici. Una volta che sì toccano questi atteggiamenti, le persone smettono di essere intelligenti. Si vede che non hanno mai pensato a queste cose, di cui parlano tanto facilmente secondo i loro atteggiamenti, e, senza dubbio, sentono che se riuscissero ad abbandonare questi atteggiamenti, cesserebbero di esistere. Ma avendo il loro senso di “Io” in questi atteggiamenti, hanno un cattivo centro di gravità; non stanno nel centro di gravità corretto, l’Io Reale, ma lo hanno in ciò che non è realmente loro stessi, in qualcosa di falso, nella Falsa Personalità.”
(Maurice Nicoll, Commentari Psicologici)
“Come riceviamo le impressioni che ci vengono dall’esterno? O meglio, su cosa cadono queste impressioni? Cadono sopra le nostre associazioni meccaniche. Le impressioni non sono sempre le stesse, è il nostro modo di riceverle che è sempre lo stesso. Di conseguenza, la vita tende a produrre lo stesso effetto giorno dopo giorno. Gurdjieff una volta disse: “Cercate di vedere le cose senza associazioni”. Bene, se potessimo vedere le cose senza associazioni, verremo trasportati in un mondo di meraviglie. Le impressioni cadrebbero nell’Essenza. Una volta si fece la seguente domanda a Gurdjieff: “Cosa succede quando le impressioni cadono sull’Essenza?” Rispose: “Diventa tutto più vivido”. Bene, così come siamo, le impressioni cadono in un meccanismo di associazioni che distribuisce le impressioni ai differenti centri, meccanicamente. Proprio così, le impressioni producono un effetto meccanico abituale e non diventano vivide come dovrebbero essere. Le associazioni sono una parte di noi. Ma non le avvertiamo. Agiscono prima di poter vedere la loro azione. Ma con l’esperienza che viene con l’osservazione possiamo vedere sia l’impressione entrante come l’associazione che sta sul punto di intervenire, ed eventualmente si può impedire che questo avvenga. Questa è una tappa che conviene raggiungere nel Lavoro, poiché il suo valore è inestimabile. Tra le altre cose, ci permette di osservare praticamente (e non di pensarlo teoricamente) che il mondo esterno ci si presenta attraverso molte lenti deformanti e che noi non vediamo realmente gli uni e gli altri ma la nostra idea della gente o le nostre associazioni con cui stiamo identificati. A ciò si deve che, quando una persona non si comporta come pensavamo, ci sentiamo sconcertati. Non corrisponde alle associazioni che avevamo di detta persona e di noi stessi. Questa è una delle ragioni per cui le persone si mettono gli uni e gli altri “in carcere”. È necessario abbandonare, rompere queste associazioni.”
(Maurice Nicoll, Commentari Psicologici)
“In generale, la donna europea, fin dal primo giorno di matrimonio, nel suo intimo considera il marito come un “bene personale”. Dopo la prima notte, credendosi ormai sicura della sua proprietà, essa consacra tutta la propria vita interiore al conseguimento di quel “qualcosa” che costituisce l’ideale incerto di cui s’invaghiscono fin dall’infanzia le fanciulle europee, grazie a quella famosa “educazione” immaginata apposta per loro, con sempre maggior raffinatezza, da certi scrittori disonesti di laggiù.”
(G.I. Gurdjieff – I Racconti di Belzebù a Suo Nipote)
“Attualmente, sul pianeta Terra, le buone o le cattive relazioni reciproche si stabiliscono unicamente in base a manifestazioni esteriori artefatte, e soprattutto in base a ciò che essi chiamano “cordialità”, cioè parole vuote, che a volte non contengono il più piccolo atomo di ciò che si chiama “risultato di un impulso interiore benevolo”. Ai nostri giorni, per quanto un essere possa provare verso un altro un sentimento benevolo, se, per qualche ragione, egli volge a quest’altro delle parole che il “galateo” considera sconvenienti, tra i due è tutto finito. Sicchè, negli ultimi tempi, è diventato indispensabile laggiù, per farsi degli amici e per evitare di attirarsi dei “nemici feroci” conoscere per prima cosa le numerose “buone maniere per rivolgersi agli altri”.”
(G.I. Gurdjieff – I Racconti di Belzebù a Suo Nipote)
“Affinchè tu comprenda meglio in che modo delle informazioni possono essere trasmesse agli esseri delle generazioni successive tramite un legamonismo, ti dirò ancora qualche parola sugli esseri del pianeta Terra che erano chiamati e che ancora continuano a chiamarsi “iniziati”. Nei tempi antichi questa parola era sempre impiegata con un solo significato; si chiamavano così gli esseri tricerebrali che avevano acquisito nella loro presenza dei dati oggettivi pressochè identici, percepibili da tutti. Ma dopo i due ultimi secoli, questo stesso termine ammette due significati: il primo indica, proprio come un tempo, gli esseri che con il loro lavoro personale cosciente e le loro sofferenze volontarie sono diventati “iniziati”, e avendo acquisito in tal modo dei meriti oggettivi percepibili dagli altri esseri, risvegliano in loro stima e fiducia. Nella seconda accezione, questa parola è il titolo onorifico che si conferiscono a vicenda gli esseri appartenenti a quelle che si chiamano “bande di briganti”, in forte sviluppo in questo periodo, e che hanno come scopo principale soltanto “spogliare” chi li circonda di valori “essenziali”. Queste “bande di briganti” prendono a pretesto certe scienze “occulte” o “soprannaturali” per portare a buon fine i loro “saccheggi”. E laggiù, ciascuno di questi “banditi” dà a se stesso il titolo di iniziato.”
(G.I. Gurdjieff – I Racconti di Belzebù a Suo Nipote)
“L’idea di iniziazione che giunge a noi attraverso sistemi pseudo-esoterici, ci è trasmessa in una forma completamente errata. Le legende relative ai riti esteriori dell’iniziazione si sono create su frammenti di informazioni concernenti gli antichi Misteri. I Misteri costituivano una via sulla quale erano date, parallelamente a un lungo e difficile periodo di studi, rappresentazioni “teatrali” di un tipo particolare, che descrivevano, in forma allegorica, l’intero processo dell’evoluzione dell’uomo e dell’universo. I passaggi da un livello di essere ad un altro erano caratterizzati da cerimonie di presentazione di natura speciale le iniziazioni. Ma nessun rito può dar luogo a un cambiamento di essere. I riti possono soltanto indicare un passaggio superato, un compimento. È solamente nei sistemi pseudo-esoterici, in cui non vi è nient’altro che questi riti, che si attribuisce loro un significato indipendente. Si suppone che un rito, trasformandosi in sacramento, trasmetta e comunichi certe forze all’iniziato, e questo si ricollega alla psicologia di una via di imitazione. Non vi è e non vi può essere alcuna iniziazione esteriore. In realtà ognuno deve iniziare sè stesso. I sistemi e le scuole possono indicare i metodi e le vie, ma nessun sistema, nessuna scuola, può fare per l’uomo ciò che lui stesso deve fare. Una crescita interiore, un cambiamento di essere, dipendono interamente dal lavoro che ognuno deve fare su di sè.”
(P.D. Ouspensky, Framenti di un Insegnamento Sconosciuto)
“Nella maggioranza degli abitanti del pianeta Terra è presente lo strano bisogno di ciò che essi chiamano “pavoneggiarsi” e di provocare negli altri l’espressione dell’impulso esserico detto “meraviglia”. Per via di questo strano bisogno, essi provano soddisfazione alla vista della meraviglia provocata negli altri dal loro aspetto esteriore, combinato esattamente secondo le esigenze di ciò che laggiù chiamano “moda”, un’usanza funesta e diventata ai nostri giorni uno dei fattori esserici il cui automatismo non lascia più loro nè il tempo nè la possibilità di vedere e di sentire la realtà. Questa usanza per loro così funesta consiste nel modificare periodicamente la forma esteriore di ciò che si chiama “il velo della loro nullità”. A quegli strani esseri è sempre piaciuto agghindarsi con perle e turchesi, come d’altronde con tante altre “preziose carabattole”, al solo fine, dicono, di “ornare” il loro aspetto esteriore. Ma se vuoi la mia opinione, lo fanno semplicemente per istinto, nella speranza di far rialzare il loro “valore interiore”, di per sè nullo. Un simile fenomeno accade anche per ciò che essi chiamano “sapere”. Quanto più qualcuno immagazzina nozioni che non ha mai verificato, e ancor meno provato personalmente, tanto più è considerato “sapiente” e rispettato dagli altri. Essi non viaggiano per acquisire più sapere e più informazioni, ma ancora una volta, per la loro vanità, per poter dire poi a voce alta, conversando con gli amici e i conoscenti: “Sono stato qui e ho visto questo, questo e quest’altro”. Di quello che hanno visto e che cosa significhi, cosa gliene importa? Essi hanno soltanto bisogno del “fatto” di essere stati in quel tal posto e di aver visto tutto a grandi linee. Tutto ciò è più che sufficiente, dato che più tardi, in qualche conversazione, ciascuno di loro potrà dire spudoratamente e con la coscienza a posto che anche lui è stato lì, lì e lì. E tutti gli altri penseranno che costui non è una “schiappa”, ma che è proprio stato in quel luogo e ha visto tutte le curiosità che qualsiasi persona “colta” deve aver visto. Quest’abitudine di giudicare i meriti degli esseri secondo la loro effimera apparenza esteriore, radicandosi in loro a poco a poco, ha continuato a sviluppare e a rinforzare la loro illusione che l’acquisizione dell'”essere-individualità” si limita precisamente a tale apparenza, e tutti, soggettivamente, si sforzano solo in tal senso. Ecco perchè, ai giorni nostri, fin dal momento della loro venuta al mondo, tutti a poco a poco cominciano a perdere perfino il “gusto”, e anche il “desiderio”, di ciò che si chiama l'”Essere esserico oggettivo”.”
(G.I. Gurdjieff – I racconti di Belzebù a suo nipote)
“Se le persone potessero sentire di più, parecchie cose sarebbero più facili per loro. Ma esse sono andate creando per lungo tempo inconsciamente tanti di quegli apparati protettivi contro il sentire che attualmente non ce ne può essere nessuno. Mediante certi sforzi per ricordare se stessi, si possono vedere cose che ora non si possono vedere. I nostri occhi non sono così limitati come riteniamo; esistono parecchie cose che essi possono vedere ma che non notano. Il progresso dell’uomo comincia dal momento in cui questi si rende conto che chi è lui è una cosa e il suo quadro immaginario di se stesso un’altra cosa. Quando si accorge di essere più piccolo, più debole di quello che pensava, che è tutto falso, egli è sulla via dello sviluppo. Non ha praticamente nulla, ma quanto basta per svilupparsi. Vedete, noi viviamo in un tempo assai strano; gli individui divengono sempre meno sani di mente. Hanno bisogno di minor verità, sono incapaci di distinguerla e più facilmente soddisfatti delle bugie. Il lavoro è importantissimo per rimanere sani di mente, o divenire sani di mente. Allorchè uno si rende conto di essere addormentato, in quel momento egli è già semidesto, ma ciò non dura a lungo; nel momento successivo qualcosa comincia a cambiare nella sua testa ed egli è trascinato di nuovo nel sonno. Questa è la ragione per cui non ci si può svegliare da soli, perchè sono necessari metodi elaborati: uno deve essere scosso ripetutamente. Un certo numero di persone che vuole destarsi si deve mettere d’accordo che quando una di loro è addormentata, qualcun’altra deve essere sveglia e deve dare gli scossoni. Ma fare un accordo del genere richiede sincerità; quelle persone debbono realmente volersi svegliare e non debbono essere arrabbiate o offese quando ricevono gli scossoni. Il risveglio non è per quelli che temono le cose sgradevoli, è soltanto per quelli che desiderano svegliarsi, rendersi conto di cosa significhi essere addormentati, e che è necessario molto aiuto, una gran quantità di scossoni. Questo è il vero punto: come fornire perpetui scossoni a se stessi e come accettarli. Ogni cosa ha una causa, ma non ogni cosa ha un obiettivo o scopo. Nella vita ordinaria non ci sono scopi; uno scopo si incrocia con un altro scopo e lo distrugge o cambia la sua natura; sicchè alla fine non ci sono scopi. I risultati nella vita sono i risultati di scopi contrastanti, non i risultati di azioni intenzionali. Ci sono tanti valori immaginari che è necessario chiarire un po’; nella vita ordinaria le cose migliori non hanno significato: la gente vede ciò che è piccolo ma le sfugge ciò che è grande, cerca sempre di cambiare le cose che non sono importanti mentre ciò che è importante viene trascurato e rimandato al domani. La gente o non si rende conto di poter cambiare o, se lo fa, lo prende troppo alla leggera. Essa ritiene che sia sufficiente rendersi conto e decidere che cambierà. Ma il rendersi conto, da sè, non produrrà un cambiamento; abbiamo troppo tendenze congenite in noi. Dobbiamo sapere come combatterle. Vedete, le persone che “non sono” non possono essere prese sul serio sotto questo punto di vista. In un momento sono serie, in un altro dimenticano tutto, in un terzo momento cercano di nuovo di trovare qualcosa, in quello successivo sono pienamente soddisfatte di quello che hanno. Ciò significa che esse “non sono”: non esistono. Prima debbono esistere.”
(P.D. Ouspensky)
“Le persone sono macchine, vengono spinte in un determinato modo e rotolano; quando urtano contro un muro si fermano e cominciano a rotolare all’indietro. La Natura ci ha fatti macchine operanti sotto influenze esterne, con una possibilità però di sviluppare il nostro motore. Se non c’è motore interiore, non faremo altro che continuare a girare sullo stesso posto. L’idea di “giustizia” e “ingiustizia” è interessante perchè la gente perde una gran quantità di energie su questo punto. Possiamo arrestare questo spreco, ma non possiamo correggere le cose del mondo. Tutta la vita dal principio alla fine è un’ingiustizia. Per esempio, dobbiamo morire: il che è ingiustissimo. Dividiamo le cose in giuste e ingiuste, ma che diritto ne abbiamo? Tutta la vita organica è basata sull’ingiustizia; essa è una fabbrica autarchica per allevare gatti e topi. I gatti mangiano i topi e i topi mangiano i gatti. Cos’è giustizia tra gatti e topi? Questa è vita. Non è niente di splendido. Il nostro scopo è di uscirne; non è una cosa che ci riguardi provare indignazione: soltanto perdita di energia. Non possiamo far nulla per cambiare questo stato di cose. Siamo sugheri sulle onde che credono di poter controllare le correnti. Non possiamo pretendere che i fatti siano diversi da quelli che sono. Non ci può essere giustizia nel nostro stato presente, non c’è giustizia in prigione. L’unica cosa cui uno può seriamente pensare quando si rende conto di essere in prigione è come evadere, non starsene a recriminare sulla giustizia in prigione. La prima lezione che dobbiamo apprendere, la prima cosa che ci impedisce di evadere, è che non ci rendiamo nemmeno conto della necessità di conoscere la nostra posizione. Chiunque la conosce si trova già in una posizione migliore.”
(P.D. Ouspensky)
“L’uomo non si conosce, non conosce nulla, tuttavia ha teorie su quasi tutto. La maggior parte di queste teorie è menzogna. La gente parla di tutto come se sapesse. Se domandate a un uomo se c’è gente sulla luna, egli avrà un’opinione su ciò. E così su qualsiasi altra cosa. Abbiamo opinioni su tutto, e tutte queste opinioni sono bugie, specialmente riguardo a noi stessi. Non sappiamo nulla, eppure pensiamo di sapere circa noi stessi. Tutto ciò che abbiamo sono opinioni. Dobbiamo renderci conto di quanto siamo governati e controllati non dalle cose stesse, ma dalle nostre idee delle cose, dalle nostre visioni delle cose, dalle nostre immagini delle cose. Noi ci attribuiamo parecchie qualità che non possediamo. Sfortunatamente non siamo ciò che siamo ma ciò che siamo divenuti; non siamo esseri naturali. Non siamo consci. Siamo troppo addormentati, mentiamo troppo, viviamo troppo nell’immaginazione, ci identifichiamo troppo. Quasi tutto ciò che sappiamo di noi stessi è immaginario. Sotto tutto questo agglomerato, l’uomo è completamente diverso. Abbiamo parecchie cose immaginarie che dobbiamo buttar via prima di poter arrivare alle cose reali. Finchè viviamo in cose immaginarie, non possiamo scorgere il valore del reale; e solamente quando arriviamo alle cose reali in noi stessi possiamo vedere cosa sia il reale fuori di noi. Proprio come in noi stessi esistono parecchie cose immaginarie, inventate, così queste ci sono anche nella vita. A causa del fatto che la gente crede in esse, queste producono un effetto. In questo senso quasi tutta la vita non è reale. La gente vive in cose inesistenti e non vede quelle reali; essa non si preoccupa nemmeno di pensarci, essendo completamente soddisfatta di quelle immaginarie. Mediante l’immaginazione creiamo parecchi falsi valori, li conserviamo e li usiamo nel nostro pensare. Ecco perchè l’immaginazione è pericolosa. Non verifichiamo le cose. Immaginiamo le cose o perchè ci piacciono, o qualche volta perchè non ci piacciono e ne abbiamo paura. Viviamo in un mondo immaginario. Tutta la nostra vita, tutte le nostre abituali maniere di pensare, hanno soltanto uno scopo: evitare shock, sensazioni sgradevoli, spiacevoli percezioni riguardanti noi stessi. E questa è la cosa principale che ci mantiene addormentati, perchè al fine di svegliarci non dobbiamo aver paura; dobbiamo essere tanto coraggiosi da vedere le contraddizioni. Quello che bisogna perdere è l’immaginazione. Qualsiasi cosa reale non è un ostacolo al risveglio. Sono le cose immaginarie che ci tengono addormentati, e ad esse dobbiamo rinunciare.”
(P.D. Ouspensky)
“La legge per l’uomo è un’esistenza nel cerchio delle influenze meccaniche, è lo stato di “uomo macchina”. La via dello sviluppo delle possibilità nascoste è una via contro la natura, contro Dio. Ciò spiega le difficoltà e il carattere esclusivo delle vie. Esse sono ardue e strette. Ma al tempo stesso nulla potrebbe esser raggiunto senza di esse. Nell’oceano della vita ordinaria, e specialmente della vita moderna, le vie sono un fenomeno piccolo, appena percettibile, che, dal punto di vista della vita stessa, non ha la minima ragione d’essere. Ma questo piccolo fenomeno contiene in se stesso tutto ciò di cui l’uomo può disporre per lo sviluppo delle sue possibilità nascoste. Le vie si oppongono alla vita di tutti i giorni, basata su altri principi e assoggettata ad altre leggi. In ciò consiste il loro potere e il loro significato. In una vita ordinaria, per quanto colma di interessi filosofici, scientifici, religiosi o sociali, non vi è nulla e non può esservi nulla che offra le possibilità contenute nelle vie. Infatti, esse conducono o potrebbero condurre l’uomo all’immortalità. La vita mondana, anche la più riuscita, conduce alla morte e non potrebbe condurre a nient’altro.”
(P.D. Ouspensky)
“Consideriamo qualche avvenimento della vita dell’umanità. Ad esempio la guerra. Cosa significa? Significa che milioni di addormentati si sforzano di distruggere altri milioni di addormentati. Si rifiuterebbero di farlo, naturalmente, se si svegliassero. Tutto quello che accade attualmente è dovuto a questo sonno. Solo cominciando a “ricordarsi di sè” l’uomo può realmente svegliarsi. Intorno a lui tutta la vita assumerebbe allora un aspetto ed un senso differenti. Egli la vedrebbe come una vita di gente addormentata, una vita di sonno. Tutto ciò che la gente dice, tutto quello che fa, lo dice e lo fa nel sonno. Nulla di questo può avere dunque il minimo valore. Solo il risveglio e ciò che conduce al risveglio ha un valore reale.”
(P.D. Ouspensky)
“L’osservazione di sé induce l’uomo a riconoscere la necessità di cambiare. Praticandola, egli si rende conto che il solo fatto di osservare sé stesso produce certi cambiamenti nei suoi processi interiori. Comincia a capire che l’osservazione di sé è per lui un mezzo per cambiare, uno strumento di risveglio. Osservando sé stesso, egli proietta in qualche modo un raggio di luce sui suoi processi interiori, che fino ad allora si erano effettuati in un’oscurità pressoché totale. E, sotto l’influenza di questa luce, tali processi cominciano a cambiare. Vi sono un gran numero di processi chimici che possono aver luogo soltanto in mancanza di luce. Esattamente nello stesso modo, un gran numero di processi psichici possono aver luogo soltanto nell’oscurità. Anche un barlume di coscienza è sufficiente a cambiare completamente il carattere dei processi abituali e rendere impossibile un gran numero di essi. I nostri processi psichici (la nostra alchimia interiore) hanno molti punti in comune con questi processi chimici nei quali la luce cambia il carattere del processo, e sono soggetti a leggi analoghe.”
(P.D. Ouspensky)
“II solo mezzo per salvare gli esseri del pianeta Terra oggi, sarebbe innestare nella loro presenza un nuovo organo dotato di proprietà tali che ognuno di quegli infelici, nel corso della sua esistenza, senta e prenda incessantemente coscienza della inevitabilità della propria morte, nonchè della morte di tutti quelli su cui si posa il suo sguardo o la sua attenzione. Solo questa sensazione e questa conoscenza possono attualmente annientare l’egoismo che si è definitivamente cristallizzato in loro ed assorbe la loro essenza, distruggendo allo stesso tempo la conseguente tendenza ad odiare gli altri, tendenza che genera tutti i rapporti reciproci esistenti tra loro, i quali sono a loro volta la causa d’ogni anomalia, indegna e dannosa per loro quanto per tutto l’universo.”
(G.I. Gurdjieff – I Racconti di Belzebù a Suo Nipote)
“La gente attribuisce al sapere un grande valore, ma non sa attribuire un valore all’essere, e non si vergogna del livello inferiore del proprio essere. Questa preponderanza del sapere sull’essere è riscontrabile nella cultura attuale. L’idea del valore e dell’importanza del livello dell’essere è stata completamente dimenticata. Nessuno capisce che il grado del sapere d’un uomo é una funzione del grado del proprio essere. In generale, oggi l’educazione si limita a formare la mente. Il bambino viene costretto ad imparare a memoria delle poesie come un pappagallo, senza capirci niente; e quando ci riesce, i genitori sono contenti. A scuola, dopo aver superato gli esami “con lode”, il ragazzo continua a non capire e a non sentire niente. Rispetto allo sviluppo della mente egli è un adulto di quarant’anni, ma nell’essenza resta un bambino di dieci. Con la mente non ha paura di nulla, ma nell’essenza è un pusillanime; la sua vita interiore è abbandonata a se stessa senza alcuna direzione. La sua morale è puramente automatica, esclusivamente esteriore. Proprio come ha imparato a ripetere le poesie a memoria, così si comporta con la morale. Se un uomo è sincero con se stesso deve ammettere che anche gli adulti, come i bambini, sono privi di morale. La nostra morale è del tutto teorica e automatica. Al bambino si insegna così: “Se qualcuno ti porge la mano, devi comportarti in questo modo”. Tutto ciò è puramente meccanico. In “questo” caso devi fare “quello”. E le cose, una volta fissate, non cambiano più. L’adulto non è diverso. Se qualcuno gli pesta un callo, reagisce sempre allo stesso modo. Gli adulti sono come i bambini e i bambini sono come gli adulti: entrambi reagiscono.”
(G.I. Gurdjieff )
“Lo scopo di questo Lavoro é quello di separarci da ciò che é falso. L’Uomo possiede ogni tipo d’illusioni, ogni tipo d’immagine di sé stesso, ed è identificato con queste illusioni ed immagini. La gente si soddisfa con le sue immagini di se stessa. Una delle ragioni è che la gente non si rende conto di forgiarsi delle immagini di sé e che con esse vivono gran parte della loro vita. Ognuno desidera essere ciò che non è. La forza poderosa dell’immaginazione forgia le immagini che governano tutti e rimpiazzano il reale con l’immaginato. Queste immagini ostacolano ogni esperienza nuova e ogni linea di sviluppo interiore. Allo stesso tempo dobbiamo essere capaci di vivere nella vita ordinaria. Per questa ragione la Personalità è una cosa acquisita, che ci permette di metterci in contatto con la vita esterna ed effettuare il nostro lavoro. Ma questo è soltanto uno sviluppo esterno. Quando un uomo è in potere della Personalità non c’è in lui un uomo vero. Se un uomo è in potere della Personalità e non in potere di qualcosa di più profondo, non è assolutamente un uomo e in lui non ci potrà essere evoluzione individuale. Quando, invece, un uomo è in potere di qualcosa che sta all’interno della Personalità è un uomo e diventa capace d’evoluzione individuale fino a diventare un essere cosciente. Nel Lavoro a volte si paragona lo stato interiore di un uomo alle tenebre. L’Osservazione di Sé lascia penetrare un minuscolo raggio di luce. Bene, molte cose smettono di prodursi alla presenza della luce. Questa semplice penetrazione della luce in una persona presenta le cose in un modo molto diverso da ciò che si credeva. Affinché l’Essenza, o la nostra parte interiore, possa crescere ed arrivare ad essere gradualmente attiva, un uomo deve essere capace di una completa sincerità con se stesso ogni volta che si presenta l’occasione. L’Essenza non può crescere da qualcosa di falso. Quando un uomo è soltanto in potere della Personalità niente di ciò che fa è sincero. È pseudo. Per esempio, da qualcosa ad un povero perché vuole apparire un uomo caritatevole, o forse lo fa segretamente ma con falsità per mantenere viva un’immagine di se o affinché la gente poi lo sappia. Ha paura di perdere la reputazione, di essere emarginato, ecc. Così, come voi vedete, non è realmente un uomo. È coperto di gelatina. Ma questa “gelatina” di vita è ipnotismo. È attraversato dall’illusione di sé. In realtà è una tragedia. Perché è una tragedia? Perché per tutto questo tempo non facciamo nulla che in realtà ci appartiene, non siamo quello che possiamo essere.”
(Maurice Nicoll, Commentari Psicologici)
“L’uomo si trova tra due mondi, un mondo esterno visibile, che vede con i sensi ed è condiviso da tutti, e un mondo interno che nessuno dei suoi sensi vede, che non è condiviso da nessuno, il cui accesso è singolarmente individuale perché può essere osservato solo da se stessi. Questo mondo interno è la seconda realtà ed è invisibile. Se dubitate dell’esistenza di questa seconda realtà, fatevi questa domanda: “i miei pensieri, sentimenti, sensazioni, timori, speranze, disillusioni, la mia allegria, i miei desideri, i miei dolori, sono reali per me?”. In quale mondo di realtà vivete voi e avete il vostro essere? Nel mondo esterno a voi, rivelato dai vostri sensi, o nel mondo che nessuno vede e che solo voi potete osservare, il mondo interiore? Credo che sarete d’accordo con me che dove realmente si vive sempre, si sente e si soffre è nel mondo interiore. Questi due mondi sono verificabili sperimentalmente, il mondo esteriore è osservabile e il mondo interiore è auto-osservabile. Il mondo esteriore è dimostrabile attraverso l’osservazione, e l’interiore con l’osservazione di sè. Così come è possibile cambiare la nostra posizione nel mondo esterno mediante lo sforzo fisico, così anche possiamo cambiare la nostra posizione nel mondo interiore attraverso lo sforzo psicologico. E nello stesso modo che un uomo può stare in un posto migliore o peggiore nel mondo esterno, così può anche stare in un posto migliore o peggiore nel mondo interiore. Ma siccome è difficile esaminare il mondo interiore e vedere dove si sta in noi, la gente si abbandona, per così dire, a stare in qualsiasi posto dentro di loro, quantunque se gli dovesse capitare, mai vorrebbe stare in qualsiasi posto nel mondo esterno. E quanto più esploro questo mondo interiore chiamato “me stesso”, tanto più comprenderò che vivo in due mondi, in due realtà, in due ambiti, esterno e interno, e nello stesso modo per cui è necessario imparare nel mondo esterno (che è osservabile) a camminare, a non cadere nei precipizi o a non smarrirsi in una palude, a non mettersi insieme a gente malvagia, a non mangiare veleno, e così via; per mezzo di questo lavoro e della sua applicazione, comincio ad imparare a camminare nel mondo interiore, cosa che si può esplorare mediante l’osservazione di sè. In questo mondo è necessario prima di tutto imparare a vedere, e a questo scopo è necessaria la luce. Per mezzo dell’osservazione di se si ottiene questa luce. Viviamo nell’oscurità dovuta alla mancanza di luce; “luce” significa coscienza. Nel Lavoro guadagniamo la luce su di noi. Tutto ciò che in questo sistema si riferisce al lavoro su di sè, al ricordo di sè, alla lotta con le emozioni negative, alla considerazione interiore, alla giustificazione di sè, e così via, ha come meta suprema di far diventare l’uomo più cosciente, permettere che la luce si faccia in lui. E questa luce è una cosa molto strana. Arrivare ad essere più coscienti di se è una strana esperienza. Arrivare ad essere coscienti degli altri è un’esperienza ugualmente strana e anche più strana. La vita, che si caratterizza con le sue passioni e gelosie, le sue meschinità, le sue antipatie e odio, si fa completamente ridicola. In realtà, ci si chiede: “Cosa diavolo ho fatto per tutta la vita?! Ero pazzo?”. Si, esattamente. Nel profondo sonno in cui viviamo siamo tutti completamente pazzi e non sappiamo cosa stiamo facendo. Svegliare è l’oggetto di questo Lavoro. E per un uomo che si sveglia anche ad una sola cosa che il Lavoro gli insegna significa che già non è più lo stesso uomo. Il livello dell’essere di un uomo attrae la sua vita. Questo detto si applica all’umanità in generale; il livello generale dell’umanità in rispetto al suo essere attrae la forma di vita corrispondente. È inutile pensare che la guerra, gli stermini e gli orrori a cui assistiamo, siano eccezionali. Il responsabile di tutto ciò è il livello di essere della gente. La storia si ripete perché l’uomo permane allo stesso livello di essere, attrae una volta e la successiva la stessa circostanza, sente la stessa cosa, dice le stesse cose, spera le medesime cose, crede nella stessa cosa. E allora in realtà non cambia nulla. Tutte le cose si ripetono nella nostra vita: diciamo le stesse cose, facciamo le stesse cose, lamentiamo le stesse cose, commettiamo le stesse cose. La nostra vera vita non consiste di eventi esteriori, ma di stati interiori.”
(Maurice Nicoll, Commentari Psicologici)
“Ognuno di noi fino a un certo punto della propria esistenza, e qualcuno fino alla morte, crede nella solidità del terreno su cui avanza durante la vita. Ma se vi rendeste conto che in voi non c’è nessun equilibrio, che la vostra stabilità morale e psichica è basata sulla cecità spirituale, che nessuno, compreso voi, è in grado di agire; se vi convinceste che state andando tutti, senza saperlo, verso un precipizio dove cadrete sparendo nel nulla, forse sentireste il bisogno di sapere dove porta la strada che state percorrendo. È vero, molti di coloro che affrontano questa Via provano la paura, ma non siete “voi” a provarla, accade al vostro interno; quella paura non appartiene al vostro “sè essenziale”. Appartiene a quegli esseri al vostro interno che vi devono abbandonare per poter continuare il cammino. Questi esseri, questi “io”, vivono nell’uomo e diventano coscienti del pericolo che li attende se l’uomo si renderà conto della realtà; sono loro che provocano in lui la paura, e fanno nascere l’impulso di mandare al diavolo tutto ciò che vi sto dicendo. È comodo stare seduti su una sedia, ma è molto più comodo starsene sprofondati in poltrona. Guai però a chi si è alzato da una sedia ma non ha ancora raggiunto la poltrona su cui voleva rilassarsi. È sopraffatto dalla sofferenza. L’insegnamento di tutti i Maestri permette ai discepoli di percorrere lo stesso processo evolutivo e di raggiungere, nella loro evoluzione, un punto particolare, in cui il contatto con la forza cosmica si presenta come possibile. È per questo che tutti i loro insegnamenti non sono, in fondo, che una sola e unica tecnica per raggiungere quella possibilità.”
(G.I. Gurdjieff, da “Tu l’Amerai” di Tchesslav Tchechovitch)
“L’Osservazione di Sé accresce gradualmente la luce. Nel Lavoro a volte si paragona lo stato interiore di un uomo alle tenebre. L’Osservazione di Sé lascia penetrare un minuscolo raggio di luce. Bene, molte cose smettono di prodursi alla presenza della luce. Questa semplice penetrazione della luce in una persona presenta le cose in un modo molto diverso da ciò che si sperava. L’insegnamento esoterico è la luce, ma solo quando lo si comprende, lo si valorizza e lo si applica.”
(Maurice Nicoll, Commentari Psicologici)
“Da un certo punto di vista bisogna pensare nel Ricordo di Sé come a una forma di elevazione di sé sopra il frastuono delle cose che si hanno dentro noi stessi come aprire una porta e andare in un’altra stanza e chiudersi e gustare la quiete. E preciso ricordare che quando siamo identificati con i nostri pensieri e sentimenti, le nostre emozioni e sensazioni, le nostre offese, i nostri monologhi interiori, le nostre auto-giustifícazioni, il nostro fare i conti con qualcuno, ecc., siamo impossibilitati a ricordarci di noi stessi.”
(Maurice Nicoll, Commentari Psicologici)
“L’ idea principale di questo Lavoro, e di tutto l’esoterismo del passato, è che esiste un livello superiore di consapevolezza possibile per l’uomo, e che egli lo può raggiungere se pulisce la sua macchina e sì libera di molte cose inutili che complicano la sua vita e lo tengono in uno stato di sonno. Un uomo deve non solo conoscere ed osservare, ma deve soprattutto “ricordare se stesso”. Solo in quello stato di consapevolezza chiamato “Ricordo di Sé”, le influenze superiori possono raggiungerlo e possono agire sul suo Essere. Il problema è che in quest’epoca si prende la conoscenza come una meta e non come un cambiamento nel livello d’essere. Ma la conoscenza non dà la comprensione: sapere non é capire. La Conoscenza e l’Essere devono crescere alla pari per poter produrre la Comprensione. Il Lavoro é lo sforzo di unire la propria Conoscenza con il proprio Essere, é lo sforzo di portare quello che uno “sa” in rapporto con quello che uno “é”.”
(Maurice Nicoll, Commentari Psicologici)
“Il macchinario interno dei nostri centri è paragonabile ad una grande fabbrica illuminata da una o due candele. Proprio così, non vediamo le associazioni e le connessioni meccaniche, né tantomeno che una cosa dipende da un’altra; così come gli atteggiamenti sbagliati, o le cose che hanno un fondo sbagliato e quando si producono perdite di energia, ecc. Se osserviamo, dopo un po’ di tempo otteniamo qualche candela di più ed allora vediamo quando certe cose funzionano male. All’inizio lavoriamo nell’oscurità ma l’osservazione di sé lascia passare un raggio di luce nelle tenebre. Qualsiasi cosa che si accetti imparzialmente, e si accetti interiormente, lascia il posto ad un fattore più nascosto, buono o cattivo, che emerge alla luce. La luce è la coscienza. Un Uomo Cosciente è differente dall’Uomo Meccanico. Non è più grande, più forte, più ricco, ecc. è una classe di uomo completamente differente. È un uomo che non si basa sulla violenza; è un uomo di un’altra classe, a cui non interessa né tocca quello che interessa o tocca l’Uomo Meccanico. Di fatto, tal volta pare un uomo molto comune. Si sa, quanto sia difficile parlare con un uomo che ha dei forti atteggiamenti, sia religiosi che politici. Una volta che sì toccano questi atteggiamenti, l’uomo o la donna, smettono di essere intelligenti. Si vede che non hanno mai pensato a queste cose, di cui parlano tanto facilmente secondo i loro atteggiamenti, e, senza dubbio, sentono che se riuscissero ad abbandonare questi atteggiamenti, cesserebbero di esistere. In altre parole, hanno il loro centro di gravità in qualcosa che non é loro stessi. L’uomo meccanico è chiuso nella propria prigione, imprigionato dai suoi atteggiamenti meccanici acquisiti, e vede solamente le cose da un solo punto di vista. L’uomo cosciente è quello libero da questi atteggiamenti, limitativi e unilaterali, vede le cose da differenti punti di vista. Di fatto può essere cosciente di tutte le oscillazioni degli opposti, di modo che, né un lato né l’altro degli opposti lo governi esclusivamente. L’Io Reale non si trova negli opposti, bensì tra gli opposti.”
(Maurice Nicoll)
“Una volta Gurdjieff disse: “Quasi il 70% delle persone sono malate a causa di ragioni psicologiche – per esempio, a causa delle impressioni sbagliate”. “Un uomo può ammalarsi a causa di un cattivo alimento d’impressioni”. Aggiunse che la maggior parte delle malattie hanno origine da questo – cioè, la maggior parte della gente si ammala innanzitutto psicologicamente. Iniziamo dicendo che ci sono tre fonti precise, di malattia, secondo l’insegnamento del Lavoro. La macchina umana assorbe tre alimenti completamente diversi – tutti necessari per essa. Comprendiamo tutti quantunque vagamente che la mancanza di alimento appropriato, nel senso ordinario di alimento, può portarci a mille ed uno tipi di malattia. Ma non comprendiamo che la macchina umana, per lavorare correttamente, non dipende unicamente da questo tipo di alimento. Dipende da altre due classi di alimento, che non sono conosciute chiaramente. Questi altri due “alimenti” dal Lavoro sono spiegati come “Aria” e “Impressioni”. Gurdjieff insegnò che l’uomo, la donna, non digeriscono l’alimento delle impressioni. L’aria nella sua qualità di alimento è digerita da uno stomaco chiamato polmoni. L’alimento è digerito dallo stomaco ordinario – e basta immaginare se tutto l’alimento che si è mangiato oggi stesse ammucchiato in massa e dentro il nostro capace stomaco senza essere stato digerito. Ma dobbiamo creare uno stomaco interno, nel piano superiore, per digerire le impressioni attraverso il Primo Shock Cosciente.”
(Maurice Nicoll)
“Molta gente pensa che la vita dell’umanità non si svolge come dovrebbe, ed essa inventa ogni sorta di teorie destinate a rinnovarla completamente. Ma non appena vien fuori una teoria, un’altra le si oppone. Ciascun fautore di una teoria pretende raccogliere tutti i suffragi. La vita, ben inteso, non per questo cambia il suo corso, ma la gente continua a credere alle proprie teorie, o a quelle che ha adottato e continua a credere che sia veramente possibile fare qualcosa. E tutte queste teorie sono completamente fantastiche, soprattutto perchè esse non tengono in alcun conto ciò che è più importante, ossia la parte molto secondaria che spetta all’umanità ed alla vita organica, nel processo cosmico. Le teorie intellettuali pongono l’uomo al centro di tutto. Come se tutto non esistesse che per lui: il sole, le stelle, la luna, la terra! Esse arrivano a dimenticare persino la misura dell’uomo, la sua nullità, la sua esistenza effimera. Ed esse asseriscono che un uomo può, se lo vuole, cambiare tutta la sua vita, cioè organizzarla su principi razionali. Vediamo così apparire continuamente nuove teorie che suscitano teorie opposte ed esse tutte assieme, con i loro conflitti incessanti, costituiscono senza alcun dubbio una delle forze che mantengono l’umanità nella condizione in cui si trova attualmente. Nella situazione attuale dell’umanità, nulla denota un’evoluzione. Al contrario, paragonando l’umanità a un uomo, vediamo chiaramente il crescere della personalità a spese dell’essenza, vale a dire la crescita dell’artificiale, dell’irreale, di ciò che non ci appartiene, a spese del naturale, del reale, di ciò che è veramente nostro. D’altronde tutte queste teorie “umanitarie” e di “eguaglianza” non soltanto sono irrealizzabili, ma sarebbero fatali se si realizzassero. Tutto, nella natura, ha il suo scopo e il suo senso, la diseguaglianza tra gli uomini così come la loro sofferenza. Distruggere la diseguaglianza porterebbe a distruggere ogni possibilità di evoluzione. Distruggere la sofferenza equivarrebbe per prima cosa a distruggere tutta una serie di percezioni per le quali l’uomo esiste, e in seguito a distruggere lo “choc”, cioè la sola forza che possa cambiare la situazione.”
(G.I. Gurdjieff)
“La maggior parte di noi è nata pigra e l’osservazione, al di là delle necessità della vita, è sempre stata uno sforzo volontario troppo grande. Ne risulta che viviamo in un mondo in cui le nostre conoscenze superano di poco quelle di un cane o di un gatto; abbiamo familiarità con alcune cose in virtù di una lunga associazione; ne conosciamo molte in modo superficiale; ma, per quanto concerne la nostra osservazione scientifica di queste cose, non possiamo nemmeno essere definiti curiosi. Proprio come in un sogno, diamo per scontato le cose più stupefacenti della vita. Circondati da miriadi di oggetti misteriosi, a malapena osserviamo il loro involucro esterno, Tra le centinaia di meraviglie che scorgiamo ogni giorno, pochi saprebbero ricordarne chiaramente più di una.”
(A.R. Orage)
“Il Lavoro insegna che siamo discesi da un livello molto alto, fuori dal Sistema Solare e ci lanciarono attraverso i mondi planetari fin sulla Terra e ci ricoprirono di carne e sangue. Poi, ci lasciammo ipnotizzare da questa vita, dalle cose mondane e dall’amore di sé e tutte queste cose ci dominarono. E senza dubbio c’è in noi qualcosa che questa vita non può soddisfare né con gli onori né con le ricchezze né con cose simili. Questa è la prima tappa verso il Ricordo di Sé. Ogni Ricordo di Sé ha a che vedere con il fatto che siamo scesi sulla terra e qui la vita non corrisponde a quello per cui siamo scesi: e in noi qualcosa lo sa, proprio così, non lo ha dimenticato: e questo vuol dire che lo ricorda.”
Maurice Nicoll, Commentari Psicologici)
“Tutto l’insegnamento esoterico tratta della preparazione dei Centri inferiori e del lavoro su essi per la ricezione dei Centri superiori che provengono da un punto molto più elevato del Raggio di Creazione. L’uomo deve preparare i suoi Centri inferiori in modo che essi possono sentire le voci dei Centri Superiori che ci stanno sempre parlando. A meno che i Centri inferiori non comincino a sentire i Centri Superiori non c’é possibilità di ottenere aiuto per l’evoluzione. Il nostro stato di veglia ordinario, con tutte le sue preoccupazioni ed ansietà, con tutte le sue innumerevoli forme d’identificazione, con i suoi stati negativi, le sue prospettive totalmente erronee, ed il modo sbagliato di prendere la sempre ricorrente serie d’avvenimenti caratteristici ai quali siamo esposti in ogni momento, ci separano completamente dalle influenze che provengono dai livelli superiori del Raggio di Creazione. L’obiettivo che si propone il Lavoro é quello di pulire i nostri Centri inferiori, di liberarli, di aprire le sue finestre, in modo tale da poter trasmetterci le idee e le direttive che provengono dai centri superiori.”
(Maurice Nicoll, Commentari Psicologici)
“Questa è la prima cosa che bisogna capire: tutto accade. L’illusione suprema dell’uomo è la sua convinzione di poter fare. Tutto ciò che sopravviene nella vita di un uomo, tutto ciò che si fa attraverso di lui, tutto ciò che viene da lui, semplicemente accade. E questo capita allo stesso modo come la pioggia cade perchè la temperatura si è modificata nelle regioni superiori dell’atmosfera, come la neve fonde sotto i raggi del sole, come la polvere si solleva con il vento. L’uomo è una macchina. Tutto quello che fa, tutte le sue azioni, le sue parole, pensieri, sentimenti, convinzioni, opinioni, abitudini, sono i risultati di influenze esteriori, di impressioni esteriori. Di per se un uomo non può produrre un solo pensiero, una sola azione. Tutto quello che dice, fa, pensa, sente… accade. È precisamente nelle manifestazioni incoscienti e involontarie che sta tutto il male. Le macchine sono obbligatoriamente cieche e incoscienti, non possono essere altrimenti. L’attività incosciente di milioni di macchine deve necessariamente concludersi in sterminio e rovina. Occorre capire che il controllo delle cose esteriori comincia con il controllo delle cose dentro di noi, con il controllo di noi stessi. Un uomo che non può controllare se stesso, ossia il corso delle cose dentro di sè, non può controllare niente. Non esiste la possibilità di un’evoluzione meccanica. L’evoluzione dell’uomo è l’evoluzione della sua coscienza. E la “coscienza” non può evolvere inconsciamente. L’evoluzione dell’uomo è l’evoluzione della sua volontà, e la “volontà” non può evolversi involontariamente. L’evoluzione dell’uomo è l’evoluzione del suo potere di fare, e “fare” non può essere il risultato di ciò che “accade”.”
(G.I. Gurdjieff)
“Se l’uomo potesse comprendere tutto l’orrore della vita delle persone ordinarie che girano in tondo in un cerchio di interessi e di scopi insignificanti, se potesse comprendere ciò che perdono, comprenderebbe che non vi può essere che una sola cosa seria per lui: sfuggire alla legge generale, essere libero. Per un uomo in prigione e condannato a morte, cosa può esservi di serio? Solo una cosa: come salvarsi, come fuggire. Nient’altro è serio.”
(G.I. Gurdjieff)
“Se le persone indagassero le reali motivazioni delle loro azioni, scoprirebbero che la maggior parte delle cose che fanno o rincorrono sono per lo più inutili.”
(Maurice NIcoll)
“Il risveglio di un uomo ha inizio dall’istante in cui si rende contro che non va da nessuna parte e che non sa dove andare. Svegliarsi significa realizzare la propria nullità, cioè realizzare la propria meccanicità, completa e assoluta, e la propria impotenza, non meno completa, non meno assoluta. E non è sufficiente comprendere queste cose filosoficamente, a parole. Bisogna rendersene conto attraverso fatti semplici, chiari, concreti, fatti che ci concernono. Quando un uomo comincia a conoscersi un po’, vede in se stesso delle cose che lo fanno inorridire. Fintanto che un uomo non si fa orrore, non sa niente di se stesso. Quando comincia a conoscere se stesso, vede che non possiede niente, tutto ciò che ha considerato come suo, le sue idee, i suoi pensieri, le sue convinzioni, le sue tendenze, le sue abitudini, le sue stesse colpe e i suoi vizi, niente di tutto questo gli appartiene: tutto si è formato per imitazione, oppure è stato copiato da qualche parte, tale e quale. L’uomo che sente tutto ciò, sente la sua nullità; sentendo la sua nullità, l’uomo si vedrà come egli è in realtà, non per un secondo, non per un momento, ma costantemente, senza dimenticarlo mai più. Se gli uomini potessero veramente rendersi conto della loro reale situazione, se potessero comprenderne tutto l’orrore, sarebbero incapaci di rimanere tali quali sono, anche per un solo secondo. Comincerebbero subito a cercare una via d’uscita, e la troverebbero molto rapidamente, perchè vi è una via d’uscita; ma gli uomini non riescono a vederla, per la semplice ragione che sono ipnotizzati. “Svegliarsi” per l’uomo, significa essere disipnotizzato.”
(P.D. Ouspensky)
“La morale e la coscienza sono cose ben differenti: una coscienza non può mai contraddire un’altra coscienza, mentre una morale può sempre contraddire e negare un’altra morale. Le morali si distruggono reciprocamente. Di solito, ciò è inevitabile. Più un uomo è “morale”, più egli considera “immorali” gli altri uomini che sono “morali” in modo differente. Per conseguenza gli uomini si sbranano e si massacrano fra di loro per “servire il bene”. La ragione è sempre la stessa: la loro ignoranza e il profondo sonno nel quale vivono. Ciò è talmente evidente che sembra strano che le persone non ci pensino. In ogni caso, resta il fatto che non possono arrivare a questa convinzione, e ognuno considera il “suo bene” come il solo bene, e tutto il resto come il male. Sarebbe ingenuo e perfettamente vano nutrire la speranza che gli uomini possano giungere a comprendere e sviluppare in loro un’idea generale e identica del bene.”
(G.I. Gurdjieff)
“È difficile per la gente, soprattutto per la gente che si è cristallizzata nel proprio sentimento del giusto e dello sbagliato, comprendere che non esiste in assoluto né il giusto né lo sbagliato, ma che il giusto e lo sbagliato sono relativi. La gente si offende quando gli si dice questa cosa, specialmente le persone molto superficiali che credono di aver ragione, che niente è sbagliato. Il giusto e lo sbagliato dipendono da un terzo fattore. Così come sono per se stessi, sono semplici opposti, che s’annullano uno con l’altro. Il terzo fattore è l’intenzione. Si ha l’intenzione di andare ad Edimburgo, allora è giusto andare verso nord e lo sbagliato è andare verso sud. Ma se la sua intenzione é di andare a Brighton è giusto andare a sud e sbagliato andare a nord. Ma alla gente piace sentirsi dire che è sempre giusto fare questo o quello – per esempio, andare a nord – e sempre sbagliato andare a sud. Molte idee inflessibili di questo genere predominano nella mente della gente e fanno sì che lo sviluppo sia sterile. La formulazione generale del giusto e dello sbagliato nel Lavoro è che tutto ciò che sveglia é giusto. Ma questa formulazione esige molta comprensione affinché possa essere compresa.”
(Maurice Nicoll)
“All’inizio un uomo deve semplicemente comprendere che è schiavo, senza necessità, di mille piccole leggi fastidiose che altri uomini hanno creato per lui o che si è creato da solo. Ma, non appena cercherà di liberarsene, si accorgerà di non potere. Lunghi e persistenti sforzi in questa direzione lo convinceranno della propria schiavitù. Le leggi alle quali l’uomo è soggetto non possono essere studiate che lottando contro di esse e sforzandosi di liberarsene. Ma occorre una grande conoscenza per liberarsi di una legge, senza crearsene un’altra in sostituzione.”
(P.D. Ouspensky)
“C’è il carcerato che, abbattuto per il suo stato, si inasprisce e si richiude in se stesso pieno di rancore e passa il resto della vita nel compatimento di sè e nel ricordo della sua gioventù in libertà. C’è il carcerato che aspetta con ansia un raggio di sole e prega per la propia libertà. C’è il carcerato che spera nella grazia e che, per essere apprezzato dai suoi carcerieri, si trasforma in leccapiedi. Diventa una spia. Ho conosciuto carcerati che allevavano ragni, topi o dividevano il pane coi passeri. Questi si erano adattati alla loro condizione, e avevano trovato il modo di fuggire non dal carcere, ma da se stessi. Colui che si riconosce imprigionato da se stesso, è fortunato. E solo il prigioniero che prepara l’evasione può sperare di evadere. Preferisce stare dovunque, eccetto che in prigione.”
(G.I. Gurdjieff, da “Tu l’Amerai” di Tchesslav Tchechovitch)
“La natura di tutte le religioni è la stessa: l’evoluzione. L’insegnamento di ogni Maestro permette ai discepoli di percorrere lo stesso processo evolutivo e di raggiungere, nella loro evoluzione, un punto particolare, in cui il contatto con la forza cosmica si presenta come possibile. È per questo che tutti i loro insegnamenti non sono, in fondo, che una sola e unica tecnica per raggiungere quella possibilità.”
(G.I. Gurdjieff, da “Tu l’Amerai” di Tchesslav Tchechovitch)
“Le sostanze psichiche sono subordinate allo stesso ordine di leggi di quelle chimiche, e una volta arrivate a saturazione, si cristallizzano, come si cristallizza il sale nell’acqua quando supera una certa proporzione. Per capire come l’immortalità possa essere acquisita bisogna sapere che l’uomo ha la possibilità di trasformare le energie grossolane in energie sempre più sottili, e può, in certe condizioni, trattenere questa energia allo scopo di saturane il proprio corpo per un’eventuale cristallizzazione. L’esempio del fiume può servire a capire meglio. Se si versa un secchio d’acqua salata in un fiume, si può ammettere che, quindici metri più a valle, esista un punto dove in un preciso momento si può attingere una tazza d’acqua e scoprire la presenza del sale. L’acqua sarà più dolce di com’era nel secchio, ma il sale sarà comunque presente. Per contro, un chilometro più lontano, il sale sarà talmente diluito che sarà impossibile, bevendo, accorgersi della sua presenza. E ora, ponendo che il fiume rappresenti la vita e il sale la sostanza immortale, possiamo concepire come il sale cristallizzato sopravviva più a lungo dell’acqua salata. Se fosse possibile estrarre i cristalli di sale dal corso del fiume e metterli in un posto dove l’acqua non potesse scioglierli, il sale sarebbe teoricamente immortale. La corrente della vita porta via tutte le energie dall’uomo, di questo è facile rendersi conto. Se l’uomo potesse sottrarsi alle influenze disastrose della vita, la sostanza che egli elabora potrebbe cristallizzarsi più in fretta e mantenersi su un piano superiore rispetto a quello della sua esistenza ordinaria. In questo caso, la sostanza della coscienza può esercitare la sua attività nel campo che le è proprio, senza doversi manifestare attraverso le funzioni dell’uomo vivente.”
(G.I. Gurdjieff, da “Tu l’Amerai” di Tchesslav Tchechovitch)
“Le masse non si preoccupano della conoscenza, non vogliono saperne, e i loro capi politici, nel proprio interesse, non lavorano che a rafforzarne l’avversione, la paura del nuovo e dell’ignoto. La schiavitù nella quale vive l’umanità è basata su questa paura. È persino difficile immaginarne tutto l’orrore. La gente non comprende il valore di ciò che perde. Ma per capire la causa di tale schiavitù basta osservare come vivono le persone, ciò che costituisce lo scopo della loro esistenza, l’oggetto dei loro desideri, delle loro passioni e aspirazioni, a che pensano, di cosa parlano, cosa servono e adorano. Se si riflette un momento intorno a questi fatti, diventa chiaro che l’umanità, così com’è ora, con gli interessi di cui vive, non può aspettarsi niente di diverso da ciò che ha. Coloro che possiedono la conoscenza fanno tutto ciò che possono per trasmetterla e comunicarla al più gran numero possibile di uomini, per aiutarli ad avvicinarsi ad essa e renderli capaci di prepararsi a ricevere la verità. Ma la conoscenza non può essere data con la forza a coloro che non la vogliono. Colui che desidera la conoscenza deve fare egli stesso gli sforzi iniziali per trovarne la sorgente, per avvicinarla, servendosi delle indicazioni date a tutti, ma che generalmente la gente non desidera vedere, né riconoscere. La conoscenza non può venire agli uomini senza che essi facciano degli sforzi.”
(P.D. Ouspensky – Frammenti di un Insegnamento Sconosciuto)
“Quando gli si domandò che cosa pensasse circa il futuro, Gurdjieff rispose che gli uomini avevano preso la direzione che portava ad una diminuzione di coscienza e che costituivano colonie d’api o colonie di formiche. Oggi esiste la tendenza generale di non tener conto dell’individuo e di mettere la vita umana al riparo di grandi piani collettivi di sicurezza sociale. Questo determina che l’Uomo dipenda sempre di più dallo Stato, che sia una persona ogni volta di più controllata dallo Stato, e certamente lo rende meno libero in nome della libertà. Come tale, si trasforma in un essere cui si dice quello che deve fare e pensare, e che vede la meta dell’Umanità nel futuro del Tempo soltanto in forma di un crescente agglomerato imponente e di un’uniformità generale che si estenderà per tutta la superficie della Terra. Dobbiamo far fronte ad un movimento generale delle idee politiche che si propongono come scopo di fare una società di api o una società di formiche, cioè, un organismo sociale in cui non si permetterà nessuna individualità. Esistono molti ‘lunatici’ nella Scienza e nella Politica – lunatici, nel senso della definizione del Lavoro: Padrone di Casa, Lunatico, Vagabondo e Hasnamous. Abbiamo già visto che molti uomini Hasnamous salirono al potere in questo secolo – uomini il cui benessere dipende dal maltrattare gli altri. Questa combinazione di Hasnamous e di Lunatici non ci prospetta nulla di buono.”
(Maurice Nicoll, Commentari Psicologici)
“La civiltà contemporanea vuole degli automi. E le persone sono certamente sul punto di perdere le proprie abitudini di indipendenza, diventando sempre più simili ad automi, a pezzi di macchine. Non è possibile dire come finirà tutto questo né come uscirne, e neppure se ci sarà una fine o un’uscita. Una sola cosa è certa, ed è che la schiavitù dell’uomo non fa che aumentare. L’uomo sta diventando uno schiavo volontario. Non ha più bisogno di catene: incomincia ad amare la sua schiavitù, a esserne fiero. E nulla di più terribile potrebbe accadere ad un uomo.”
(G.I. Gurdjieff)
“L’uomo non vede il mondo reale. Il mondo reale gli è nascosto dal muro della sua immaginazione. Egli vive nel sonno. Dorme. Tutto ciò che gli uomini dicono, tutto ciò che fanno, lo dicono e lo fanno nel sonno. Niente di ciò può quindi avere il minimo valore. Solo il risveglio e ciò che conduce al risveglio ha un reale valore.”
(P.D. Ouspensky)
“Dovete capire che le persone che conoscete vivono nei loro sogni e non hanno nessun nesso con la realtà. Chiunque abbia un contatto qualsiasi con la realtà viene definito “un idiota”. La parola idiota ha due significati: il significato vero che le fu attribuito dagli antichi saggi era “essere se stessi”. Un uomo che è se stesso sembra e si comporta come un matto per coloro che vivono nel mondo delle illusioni: sicchè quando chiamano idiota un uomo, intendono dire che egli non condivide le loro illusioni. Chiunque decida di lavorare su se stesso è un idiota in entrambi i sensi. I saggi sanno che egli è in cerca della realtà. I pazzi ritengono che abbia perduto il ben dell’intelletto. Si suppone che noi che siamo qui siamo in cerca della realtà, sicche saremmo tutti idioti: ma nessuno ti può far diventare idiota. Devi decidere da te.”
(G.I. Gurdjieff)
“Vi sono più stati di coscienza possibili per l’uomo. Ma l’uomo ordinario non vive che negli stati più bassi. Gli stati di coscienza superiori gli sono inaccessibili e, benchè egli possa averne conoscenza a sprazzi, è incapace di comprenderli e li giudica dal punto di vista degli stati di coscienza inferiori che gli sono abituali. Lo stato di coscienza più elevato è la “coscienza obiettiva”. Le religioni di tutti i popoli contengono testimonianze sulla possibilità di tale stato di coscienza che viene definito “illuminazione”, o con altri differenti nomi, ma che non può essere descritto con parole. Ma l’unica strada giusta verso la coscienza obiettiva passa attraverso lo sviluppo della coscienza di sè. Un uomo ordinario, artificialmente portato in uno stato di coscienza obiettiva e poi riportato nel suo stato abituale, non ricorderà nulla e penserà semplicemente di aver perso conoscenza per un certo tempo. Ma nello stato di coscienza di sè l’uomo può avere degli sprazzi di coscienza obiettiva e conservarne il ricordo. Per la maggior parte delle persone anche se colte e ragionevoli, il principale ostacolo sulla via dell’acquisizione della coscienza di sè è che credono già di possederla; in altri termini, sono del tutto convinti di avere già la coscienza di sè stessi e di possedere tutto ciò che accompagna questo stato: l’individualità, nel senso di un “io” permanente e immutabile, la volontà, la capacità di “fare”, e così via. Ora, è evidente che un uomo non avrà interesse ad acquisire con un lungo e difficile lavoro una cosa che, a parer suo, possiede già. Al contrario, se gliene parlate, penserà che siete pazzo, o che tentiate di approfittare della sua credulità per vostro vantaggio personale.”
(P.D. Ouspensky, Framemnti di un Insegnamento Sconosciuto)
“La maggior parte della gente crede che non esista ciò che essa ignora, ed ironizza sulla possibilità che ciò esista. Un uomo è addormentato nei confronti di ciò che non comprende. Nessun uomo può rendersi conto di nulla o percepire l’esistenza di qualcosa che richieda uno stato mentale cosciente superiore. Questi fattori limitativi ordinari confinano il genere umano nel suo stato. Quando un uomo è dominato dal mondo dei sensi, dalla vita apparente, dai fatti, dai doveri e dagli attriti dell’esistenza quotidiana, l’insegnamento riguardante l’evoluzione interiore ad un livello superiore dell’Uomo sbiadisce nella sua mente e appare remoto ed irreale. L’esteriore soffoca l’interiore. L’uomo non vive al livello più elevato di se stesso. Un livello è lì ad attenderlo. L’uomo non è completo e può completarsi. Nulla di esteriore può completarlo, cioè condurlo al suo sviluppo più elevato. Egli deve convincersi che questa è la vera spiegazione del proprio esistere e la sua mente non deve chiudersi a questa possibilità, che è qualcosa di superiore. Ciò che è superiore è in lui; ma lui non lo sa, lo ignora. Quando si convince di questa possibilità allora ecco nascere in lui un senso nuovo. Una nuova nascita è possibile. Sono possibili altri livelli di pensiero, di sensazioni, di comprensione. Un Uomo Nuovo. In ogni uomo si nasconde un Uomo Nuovo. Si può cambiare solo con un consenso interiore che nasce da una percezione interiore, che avviene nel cuore e precede ogni tentativo, aprendo la via ad una nuova comprensione. Nessuno può essere cambiato con la violenza. Nulla di ciò che è realizzato nei nuovi progetti del mondo, nei regolamenti, nei sistemi sociali, nelle normative ed altro può cambiare un uomo dentro. Solo lui, risvegliatosi alla Verità e vedendo la Verità alla luce della Verità e non più alla luce dell’interesse personale e della convenienza, può cominciare a cambiare. L’uomo può cambiare soltanto per ciò che egli ha visto valido per sè e mai per ciò che gli viene detto.”
(Maurice Nicoll)
“Ogni realizzazione di sé, ogni conoscenza di sé, che è reale, distrugge l’immaginazione di se stessi, vale a dire, la Falsa Personalità. Da questo nasce un’immensa amplificazione dei nostri poteri e non la nostra debolezza. È la Falsa Personalità che ci indebolisce tanto e ci prosciuga, ci fa diventare facilmente nervosi, meschini, e così limitati nella nostra comprensione, sia in quella degli altri come in quella di noi stessi.”
(Maurice Nicoll)
“Ciò che ci irrita nelle altre persone in generale è la loro meccanicità. Dimentichiamo che le persone sono macchine e che fanno e dicono costantemente le stesse cose, e si comportano nello stesso modo ed esprimono gli stessi pensieri, ma non ci rendiamo conto soprattutto che noi stessi siamo macchine e che la nostra reazione d’irritazione è tanto meccanica quanto la cosa è evidente nelle altre persone. Vedere un’altra persona come una macchina non è sufficiente. Al contrario, è molto pericoloso, perché allora si vede solo un lato della questione. È necessario rendersi conto della propria meccanicità. Un uomo che si rende conto delle proprie difficoltà nel Lavoro, non giudica più le altre persone come soleva farlo meccanicamente, perché tutto ciò che si comprende in se stesso libera dalle altre persone. Voglio dire che se una persona comprende le proprie difficoltà comprenderà nello stesso modo le difficoltà degli altri. Tanto meglio una persona vede se stessa, meglio vede gli altri. Quando non vi unite ai vostri pensieri e sentimenti sgradevoli riguardo agli altri, ma siete solo consapevoli di essi, voi state realmente lavorando su voi stessi. Questo è il lavoro personale.”
(Maurice Nicoll)
“Supponiamo che voi dovreste presentarvi su uno scenario in cui ci sono centinaia e migliaia di attori abbigliati con ogni tipo di vestiti, che litigano, che fanno l’amore, che si uccidono e così via, ed improvvisamente vi rendete conto con vostro orrore, che sono tutti addormentati e completamente identificati con la loro parte, che prendono se stessi come se fossero coloro che debbono rappresentare nel grande dramma. Cosa fareste? Vi avvicinereste all’attore più vicino probabilmente e lo scuotereste violentemente e cerchereste di svegliarlo. Forse gli gridereste nelle orecchie: “Non essere idiota, non affondare questo coltello in quella persona, sei addormentato, ti sei dimenticato di chi sei veramente”. E cosa risulterebbe da tutto questo? Probabilmente l’attore vi colpirebbe con il coltello!”
(Maurice Nicoll)
“Gli animali non vedono alcun significato nella vita; essi l’accettano. La mente materiale dell’uomo, similmente, non ci vede alcun significato. Ma non l’accetta! Perchè non l’accetta? Perchè è agitata da un’altra visione, quella della mente rivolta verso l’anima, che fornisce una descrizione del mondo in conflitto con quella della mente sensibile. Se non ci fosse quest’altra visione nell’uomo egli non sarebbe più agitato o diviso nello spirito di quanto lo siano gli altri animali. Ma lui non può godere della loro incomparabile disinvoltura irriflessiva. Ha visto qualcosa che essi non vedono. La materia fornisce un solo resoconto, un resoconto triste: il resoconto che l’uomo è un animale mortale. Ma l’anima, d’altra parte, sussurra nell’altro orecchio della mente che l’uomo non è mortale, nè effimero, nè materiale, e non è insignificante, bensì il contrario di tutte queste cose. Così capita che l’uomo sia continuamente preda del dubbio e in sè diviso, distratto dagli opposti giudizi della sua mente duplice e, perlopiù, incapace di credere interamente a nessuno dei due giudizi.”
(Alfred Orage, Studi sull’Anima e sulla Coscienza)
“Nel discorso della montagna Cristo conclude dicendo: “Siate perfetti come è perfetto il Padre vostro che è in Cielo”. Chi è il Padre in Cielo? Dove si trova questo Cielo? Di certo i discepoli comprendevano perfettamente che il Cielo non era un luogo situato da qualche parte; essi capivano alla perfezione che il Cielo si trova in ognuno di noi. Ed esiste un Cielo che noi condividiamo, solo che ce ne autoescludiamo. Il Padre siamo noi stessi; è quella parte di noi che si trova nel mondo incondizionato: da quella siamo venuti. Dobbiamo plasmare le nostre vite secondo il disegno, il dharma, la nostra vera essenza. Dobbiamo accettare il dharma ed obbedire ad esso.”
(John G. Bennett)
“La verità soltanto ha il potere di placare la coscienza. Fino a quando un uomo non scopre se stesso non può vedere. La sincerità è la chiave per l’auto-conoscenza ed essere sinceri con se stessi reca grande sofferenza.”
(G.I. Gurdjieff)
L’Enneagramma poteva essere utilizzato per comprendere la relazione e la trasformazione dei tre nutrimenti (cibo, aria, impressioni) nel corpo umano, per la sua evoluzione e connessione con i corpi superiori.
“L’Enneagramma ritrae una serie di trasformazioni dall’inferiore al superiore, dal grossolano al raffinato. Ora, perchè l’inferiore possa trasformarsi nel superiore, è necessario che rimanga passivo. Cioè, deve lasciare che una influenza superiore agisca su di esso. Il cibo che mangiamo viene trasformato e ritrasformato infatti in sostanze sempre più elevate, sottomettendosi a sei stadi della digestione. La digestione è trasformazione. Il lavoro è trasformazione. E affinchè le influenze superiori del lavoro possano agire sull’uomo, egli deve, in un certo senso, diventare passivo e lasciare che esse agiscano su di lui. Può rendersi conto di non poter fare, ma deve anche capire che esiste una Mente Maggiore, poichè in caso contrario egli sarebbe preda della confusione. Ma per poter divenire passivo, ovvero capace di ascoltare e quindi di accettare, in primo luogo non deve attendersi di andare oltre quello che è il suo stadio. Egli non può rendersi uguale al lavoro, non può rendersi uguale alle forze che lo stanno trasformando. Se si riflette, si vede che deve esistere sempre qualcosa di superiore a ogni uomo, e perciò deve esistere anche un altissimo che rimane inottenibile.”
(Maurice Nicoll)
“Immaginiamo un vaso o un alambicco riempito di diverse polveri metalliche. Tra queste polveri, che sono in contatto le une con le altre, non esiste alcuna relazione definita. Ogni cambiamento accidentale della posizione dell’alambicco, modifica la posizione relativa delle polveri. Se si scuote l’alambicco o gli si dà un colpo con un dito, allora la polvere che si trovava in alto può apparire in fondo, a metà, o viceversa. Non vi è nulla di permanente nella situazione rispettiva di queste polveri e in tali condizioni, non può esservi nulla di permanente. Un’immagine esatta della nostra vita psichica. Ad ogni momento, nuove influenze possono modificare. La posizione della polvere che si trova in alto e farne venire al suo posto un’altra, di natura assolutamente opposta. Questo stato relativo delle polveri viene chiamato dalla scienza stato di mescolanza meccanica. La caratteristica fondamentale delle relazioni reciproche delle polveri in questo stato di mescolanza è la loro variabilità e la loro instabilità. È impossibile rendere stabili le relazioni reciproche delle polveri che si trovano in uno stato di mescolanza meccanica. Ma esse possono essere fuse; la loro natura metallica rende possibile l’operazione. A tal fine, può essere acceso sotto l’alambicco un fuoco speciale, che, scaldando e mescolando le polveri, alla fine le farà fondere insieme. Così fuse, le polveri si trovano allo stato di composto chimico. Da questo momento, non possono più essere separate tanto facilmente come nel loro stato di mescolanza meccanica, quando bastava una piccola scossa per farle cambiare di posto. Il contenuto dell’alambicco ora è diventato indivisibile, ‘individuale’. È un’immagine della formazione del secondo corpo. Il fuoco, grazie a cui la fusione è avvenuta, è il prodotto di una ’frizione’ che a sua volta è il prodotto della lotta tra il “sì e il no” nell’uomo. Se un uomo non resiste mai ad alcuno dei suoi desideri, o è loro condiscendente, se li lusinga, se arriva persino ad incoraggiarli, allora non vi sarà mai un conflitto interiore in lui, non ”frizione”, non fuoco. Ma se per raggiungere uno scopo definito egli lotta con i desideri che lo ostacolano, giungerà allora a creare un fuoco che trasformerà gradualmente il suo mondo interiore in un Tutto.”
(Maurice Nicoll)
“Solamente attraverso la conoscenza di sè è possibile conoscere gli altri. Solamente vedendo, conoscendo e comprendendo ciò che sta in se stessi si può vedere, conoscere e comprendere ciò che sta nell’altra persona.”
(Maurice Nicoll)
“Per svegliarsi, tutto quello che è contro la meccanicità, ci aiuta. L’Osservazione di Sé è contro la meccanicità e deve venire prima di qualsiasi altra cosa. Ma è nella “non identificazione” che si trova la chiave che impedisce la perdita di forza. Ogni atto di non identificazione risparmia forza. Ci riferiamo alla forza necessaria per svegliarci. Se c’identifichiamo con tutto, interiore ed esteriore, non ci rimarrà forza sufficiente per fare o comprendere il Lavoro. L’obiettivo di questo Lavoro é quello di accrescere la coscienza. Per mezzo dell’identificazione non arriviamo ad essere più coscienti uno dell’altro, ma, al contrario, meno coscienti. Per arrivare ad essere più coscienti si richiede più forza. Per esempio, se si considera che ogni persona è pienamente cosciente si perderà continuamente forza. Non siamo coscienti. Non parliamo né facciamo le cose coscientemente. Se giungessimo ad essere più coscienti delle altre persone tutte le relazioni che manteniamo con loro cambierebbero. Se un uomo potesse mettersi al posto di tutte le persone che sta per uccidere con una bomba, gli sarebbe impossibile fare il minimo gesto. Per lui sarebbe uno shock terribile comprendere ciò che stava per fare. Questo è un aumento di coscienza.”
(Maurice Nicoll, Commentari Psicologici)
“Potete fermare il fracasso in voi stessi anche per un solo istante? Potete uscire fuori dell’ordinario sentimento di voi stessi? Potete giungere ad essere nulla per voi stessi, per un istante? O, al contrario, potete sentire l’intensa realtà di voi stessi? Potete sentire Io in tutto ciò che dovete fare, per un momento? Tutte queste cose sono differenti modi di ricordare se stessi. Qualche volta il solo guardare nel cielo la notte verso le miriadi di stelle può produrre un momentaneo stato di ricordo di sé, facendoci uscire dai nostri sentimenti personali. Se sentite la meraviglia della vostra esistenza, se sentite il miracolo del vostro corpo, della vostra consapevolezza, del mondo che vi circonda, se cominciate a chiedervi chi siete, allora entrerete nello stato necessario per il “Ricordo di sé”. Ma se siete completamente identificati con voi stessi, e prendete ogni cosa per scontata, non vi troverete nello stato necessario per il Ricordo di Sè. A meno che voi non riusciate a guardare la vita in modo diverso, non potrete ricordarvi di voi stessi. È soltanto per mezzo di un sentimento di qualcosa di più alto che potrete separarvi da qualcosa di più basso. Ma un innalzamento di se stessi sopra di se stessi è impossibile se uno non sa per certo che esistono in noi stessi stati migliori o peggiori. Non é questione di credere teoricamente che c’é qualcosa di più alto, ma della vera percezione di questo qualcosa di più alto, in noi stessi. E dopo un certo tempo, quando avrete sperimentato ciò che questo significa, farete tutto ciò che potete per conservare a tutti i costi questo sentimento di qualcosa di più alto, di più vivo dentro di voi e comincerete ad odiare quei periodi nei quali siete completamente identificati con le cose esterne.”
(Maurice Nicoll)
“Il modo in cui prendiamo la vita rappresenta la nostra stessa vita; possiamo tuttavia iniziare a lavorare sul nostro modo di prenderla, questo significa lavorare su se stessi e sulle reazioni meccaniche verso tutto ciò che accade. Perchè le nostre reazioni meccaniche alla vita siamo noi stessi e ciò che fa la nostra sfortuna o la nostra felicità in questa cosa chiamata “noi stessi” è l’apparato per vivere la vita che noi abbiamo creato, generandolo da mille cause dimenticate.”
(Maurice Nicoll)
“La forza gravitazionale della Luna è sufficientemente potente per influenzare il movimento delle maree, ecc., sulla Terra. Bene, il Lavoro insegna che, così come siamo, la “Luna” agisce psicologicamente su di noi. L’Universo esterno, rappresentato fisicamente dal visibile Sole, Luna, stelle, ecc., sono anche dentro di noi – non fisicamente, ma psicologicamente -. Così il Lavoro, parlando psicologicamente, dice: “Dobbiamo creare la Luna in noi stessi”. L’Uomo è un microcosmo – ma non completamente – che vive in un macrocosmo. L’uomo fisico, visibile e l’Universo fisico, visibile sono ambedue rappresentati in scala diversa – proprio così, una scala psicologica – non completa nell’Uomo. La Luna fisica, letteralmente, è situata più in basso della Terra; il Sole sta più in alto, la Galassia ancora più in alto e così via. Ma questo simbolo esterno dell’Universo visibile è secondo quanto dice il Lavoro, psicologicamente in noi. Proprio così, quando si dice che l’Essenza proviene dalle stelle, significa psicologicamente, che l’Essenza proviene da un livello più elevato. Così il Lavoro parla della nostra Luna psicologicamente, come di una poderosa influenza in noi, l’influenza di formare comportamenti difficili da eliminare. “L’azione della Luna”, disse succintamente G. è simile a quello di una bilancia. Controlla la Vita Organica, che copre la superficie della Terra come una pellicola sensibile. È come la bilancia di un pendolo. La sua influenza radica nel mantenere tutto come sta e come é. Utilizza la Vita Organica come alimento. Da questo punto di vista la vita sulla Terra è una fabbrica di dolore”. Agli inizi del Lavoro, il signor Ouspensky ci disse: “È necessario creare la Luna in noi stessi”. Cercate di vedere cosa significa questa cosa”. Cosa significa? Significa che è necessario fare qualcosa in se stesso che possa resistere alle influenze della vita. Se potessimo resistere al solito effetto che la vita giornaliera produce su di noi, creeremo la “Luna in noi”. Dobbiamo, pertanto, come c’insegnarono, isolarci dagli effetti che la vita produce su di noi – non dalla vita -. Se non lo facciamo, se viviamo meccanicamente – e già alcuni di voi dovrebbero conoscere veramente cosa significa questo e comprendere che si può passare il tempo seduti su una sedia senza fare nulla eppure pensare e sentire meccanicamente – se, diciamo, si vive meccanicamente, allora la “Luna ci mangia”.
(Maurice Nicoll, Commentari Psicologici)
“La vita esaurisce la gente. Le idee del Lavoro vi proteggono dalla vita e vi aiutano a creare più forza impedendo che la vita, la Luna vi “divori”. Impediscono che la vita vi trasformi in una macchina guidata dagli eventi esterni.”
(Maurice Nicoll)
“In ogni uomo c’è un aspetto centrale attorno al quale ruota tutto il resto. Si tratta in realtà della sua principale debolezza e spiega molto di quanto accade nella sua personalità. Un uomo parla troppo quando dovrebbe stare zitto, un altro rimane silenzioso pur dovendo parlare, e questo ribadisce che l’insegnamento in questo lavoro non può che essere individuale. La scoperta della propria debolezza principale e la lotta che si ingaggia con essa costituiscono una parte importante del lavoro, senonchè la “caratteristica principale” è così accuratamente protetta da “respingenti” che un uomo raramente riesce a scoprirla da solo. È perciò necessario che qualcuno gliene parli, ma non troppo precocemente, poichè questa può indurlo a rifiutare quanto gli viene detto. Negherebbe l’accusa, e tanto più vigoroso è il suo diniego, tanto più probabile è la correttezza della diagnosi.”
(Kenneth Walker – L’insegnamento di Gurdjieff)
“Se una persona vedesse improvvisamente tutte le sue contraddizioni, diventerebbe pazzo. Per fortuna, non ci è permesso vedere più di quello che potremmo sopportare. Di fatto, è soltanto permesso, in questo Lavoro, vedere un poco di quello che ci aspetta, che, per così dire, siamo capaci di sopportare. Ma se ci levassero tutti i nostri respingenti impazziremmo subito. I respingenti c’impediscono di diventare pazzi e ci producono il sentimento che vada tutto bene, giorno dopo giorno. Il bambino ha la sfortuna di essere nato tra gente addormentata, e all’inizio sente le contraddizioni, ma dopo un po’ di tempo tutto si calma appianato dalla formazione dei respingenti. I respingenti sono, come disse G., cose che ammortizzano la collisione delle contraddizioni. Fino al punto che ci si ripara in essi. Ma il bambino ha coscienza di ciò in un modo oscuro, mentre le persone addormentate non ne hanno coscienza – voglio dire, Coscienza Reale – ma naturalmente hanno acquisito coscienza e coscienza sociale. I respingenti occupano il posto della coscienza. Non importa quanto grandi o piccoli, ricchi o poveri, tutti soffriamo la malattia dei respingenti, e non vogliamo affrontare la verità. Insomma, mentiamo sempre.”
Maurice Nicoll, Commentari Psicologici)
“Nel mondo esistono due morali: l’una oggettiva, stabilita dalla vita da migliaia di anni, e l’altra soggettiva, propria tanto di singoli individui quanto di intere nazioni, imperi, famiglie, categorie sociali, ecc. La morale oggettiva nell’uomo diventa a poco a poco il principio costitutivo di ciò che è chiamato “coscienza”; e questa coscienza, a sua volta, sostiene la morale oggettiva. La morale oggettiva non cambia mai, può soltanto acquistare maggiore ampiezza col tempo. Quanto alla morale soggettiva, invenzione umana, essa è una concezione relativa, differente per ogni uomo, differente in ogni luogo, e fondata sulla comprensione particolare del bene e del male che prevale in una data epoca. Sono le convenzioni di cui siamo imbottiti che costituiscono la morale soggettiva. Se molti incidenti avvengono tra persone adulte, è perchè durante l’infanzia, nell’età in cui l’uomo futuro è ancora in via di formazione, si è riempita loro la testa di convenzioni diverse, impedendo così alla Natura di sviluppare progressivamente in loro la coscienza morale. Ma una vita vera esige la morale oggettiva, che può venire soltanto dalla coscienza. Se hai una vera coscienza, e se ad essa adegui la tua vita, dovunque tu sia, tutto andrà bene. Se sei imbevuto di concezioni relative, agirai e giudicherai gli altri sempre e dovunque secondo i modi di vedere e le nozioni convenzionali che avrai acquisiti. Devi imparare non a conformarti a ciò che le persone che ti stanno intorno considerano buono o cattivo, ma ad agire nella vita secondo ciò che ti detta la tua coscienza. Una coscienza liberamente sviluppatasi ne saprà sempre più di tutti i libri e di tutti i maestri messi insieme.”
(G.I. Gurdjieff)
“L’uomo è costituito da due parti: Essenza e Personalità. L’Essenza è ciò che è suo. La Personalità è ciò che gli è venuto dall’esterno, quello che ha appreso, quello che riflette; tutte le tracce di impressioni esteriori rimaste nella memoria e nelle sensazioni, tutte le parole e tutti i movimenti che gli sono stati insegnati, tutti i sentimenti creati dall’inflazione, tutto questo è “ciò che non è suo”, tutto questo è la Personalità. Ciò che è suo, ciò che gli è proprio, ossia la sua Essenza, si manifesta normalmente soltanto nei suoi istinti e nelle sue emozioni più semplici. L’elemento che, nell’uomo, “non è suo”, differisce da ciò che gli è “proprio” per il fatto che può essere perduto, alterato, tolto con dei mezzi artificiali. Gurdjieff aveva descritto vari modi in cui era possibile separare artificialmente l’una dall’altra, Personalità ed Essenza. Disse che nelle scuole esoteriche venivano usate a tale scopo droghe, ipnosi ed esercizi speciali. Vi erano ad esempio certi narcotici che possedevano la proprietà di far addormentare la Personalità per un certo tempo senza influire per nulla sull’Essenza, che poteva così manifestarsi liberamente. Il risultato di questo tipo di esperimenti poteva essere che un uomo solitamente pieno di idee, simpatie, antipatie e forti convinzioni, si rivelava completamente indifferente nella sua Essenza a tutte queste cose. Idee per le quali prima sarebbe stato pronto a morire ora gli apparivano ridicole, e del tutto indegne della sua attenzione. Tutto ciò che egli mostrava dopo aver preso il narcotico erano certe tendenze istintive, come un desiderio di calore, una gioia infantile per i dolci e una forte avversione per qualsiasi forma di esercizio fisico. Il narcotico rivelava quanto era immatura la parte più vera di lui. Essendo l’Essenza la parte più vera di noi, è soltanto dall’Essenza che può nascere qualcosa di vero e di nuovo come un “Io” controllante e permanente. Accade talvolta che l’Essenza di un uomo muoia mentre la sua Personalità ed il suo corpo rimangono vivi. Una considerevole percentuale delle persone che vediamo nelle strade di una grande città sono interiormente vuote; in realtà, esse sono già morte. Per nostra fortuna non vediamo tutto questo e non ne sappiamo nulla. Se sapessimo quanti uomini sono già morti e quanto numerosi sono questi cadaveri che governano la nostra vita, lo spettacolo di questo orrore ci farebbe perdere la ragione. Infatti, molti uomini sono impazziti perché hanno intravisto questa realtà senza una preparazione sufficiente: così hanno visto ciò che non dovevano vedere. Per essere in grado di affrontare senza pericoli questa visione, bisogna essere sulla via.”
(Kenneth Walker – L’insegnamento di Gurdjieff)
“Attraverso l’azione della vita in ognuno di noi si è formata una cosa complessa e composta di varie parti chiamata “personalità”. È stata formata per imitazione, per i costumi, per le influenze del periodo in cui siamo cresciuti, per esempio, per le fantasie che sono state create dai romanzi, dai drammi, dai films, dalle attrazioni e per mille e più influenze che agiscono su di noi dall’esterno ed entrano attraverso i sensi esterni, dalla vita esteriore. Pertanto cresce una nuova persona intorno all’essenza originale. Tutto ciò forma il nostro lato acquisito: questa è la personalità. L’essenza è una cosa con la quale si è nati: la personalità è quella che si acquisisce. La vita mantiene la Personalità attiva e l’Essenza passiva. Tutta il vero sviluppo interiore di sè, dipende dalla crescita dell’essenza, cioè, della parte più reale e profonda di sè. Se una persona è piena di falsi sentimenti di “Io”, d’idee inventate su se stessa, non può far crescere l’essenza. Questa è l’idea principale del lavoro pratico su di sè: la personalità, che è attiva, deve arrivare ad essere passiva in maniera che l’essenza, che è passiva, si trasformi in attiva. Il Lavoro è una seconda educazione. In conseguenza della formazione della personalità il centro di gravità della coscienza è traslocato dall’essenza (nell’infanzia) alla personalità acquisita a causa delle circostanze peculiari in cui si è stati educati e alle cose particolari che da una parte lo hanno interessato, o dall’altra hanno attratto la sua vanità. In questo modo, per dirla così, si perde la base originale e si giunge ad essere qualcosa d’acquisito, qualcosa d’inventato. Il sentimento dell’“Io” passa esteriormente a tutta la classe di sentimenti che derivano dalla vita. Un uomo non conserva ormai una vera stabilità interiore quando il suo sentimento di sè proviene dalla vita. Teme sempre che possa succedergli qualcosa, o alla sua fortuna, o alla sua posizione, o alla sua reputazione. Questo si deve al fatto che s’identifica con tutto ciò che la vita ha formato in lui e significa che sente solamente se stesso attraverso la personalità. Ma c’è la possibilità d’altri sentimenti di se che non provengono dalla vita e dalla personalità, e questi sentimenti procurano ad un uomo un senso di stabilità che nulla che è esterno a lui può fargli lasciare. Ed è da questi sentimenti che un uomo comincia a sentirsi libero, perché non dipende da nessuna cosa che sta fuori di lui, e per questo nulla può essergli levato. Quest’uomo smette di essere uno schiavo delle cose esteriori.”
(Maurice Nicoll, Commentari Psicologici)
“La gente finge di sapere qualsiasi cosa su Dio, sulla vita futura, l’universo, le origini dell’uomo, l’evoluzione; ma, in realtà, non sa nulla, neppure su se stessa. E ogni volta che uno parla di qualcosa che non sa come se la sapesse, mente. Bisogna imparare a dire la verità. Per dire la verità, bisogna essere diventati capaci di conoscere che cos’è la verità e che cos’è la menzogna, soprattutto in se stessi. Ciò che è necessario è la coscienza. Noi non insegniamo la morale. Insegniamo come si può trovare la coscienza. Alla gente non piace sentirselo dire. Dicono che non abbiamo amore, solo perché non incoraggiamo la debolezza e l’ipocrisia ma, al contrario, rimuoviamo tutte le maschere. Chi desidera la verità non parlerà mai di amore o di cristianesimo, perché sa quanto ne è lontano.”
(G.I. Gurdjieff)
“L’uomo s’illude di essere lui ad agire, a fare, a costruire, a decidere; non si rende conto di essere dominato, nelle sue scelte, da forze superiori; non vede che cosa lo induce a muoversi in un modo piuttosto che in un altro, a ripetere ciclicamente le stesse operazioni; non riconosce il suo grado di meccanicità, il suo stato di letargia, di autoipnosi, di automistificazione.”
(G.I. Gurdjieff)
“È un’altra la cosa che si deve sacrificare: è la propria sofferenza: e non vi è nulla di più difficile. Un uomo rinuncerà a qualsiasi piacere piuttosto che alla propria sofferenza. L’uomo è fatto in modo tale che vi è attaccato più che a qualsiasi altra cosa. Eppure, è indispensabile essere liberi dalla sofferenza. Chi non ne sia libero, chi non abbia sacrificato la sua sofferenza, non può lavorare. Più tardi avrò ancora molto da dire a questo proposito. Niente può essere raggiunto senza la sofferenza, ma allo stesso tempo, si deve cominciare col sacrificare la sofferenza.”
(P.D. Ouspensky)
“Le possibilità dell’uomo sono immense, ma nel sonno nulla può essere raggiunto. Nella coscienza di un uomo addormentato, le sue illusioni, i suoi “sogni”, si mescolano alla realtà. L’uomo vive in un mondo soggettivo al quale gli è impossibile sfuggire. Ecco perché non può mai fare uso di tutti i poteri che possiede e vive sempre soltanto in una piccola parte di sé stesso. Ma anche se l’uomo comprendesse nel modo più chiaro le sue possibilità, questo non lo farebbe progredire di un solo passo verso la loro realizzazione. Per essere in grado di realizzare queste possibilità, deve avere un desiderio di liberazione molto forte, deve essere pronto a sacrificare tutto, a rischiare tutto per la propria liberazione.”
(G.I. Gurdjieff)
“Prima di tutto bisogna comprendere che il sonno nel quale vive l’uomo non è un sonno normale, ma ipnotico. L’uomo è ipnotizzato e questo stato ipnotico è continuamente mantenuto e rinforzato in lui. Si potrebbe pensare che esistano delle forze per le quali sia utile e vantaggioso mantenere l’uomo in uno stato ipnotico, impedendogli di vedere la verità e di comprendere la sua condizione oggettiva.”
(G.I. Gurdjieff)
“La gente non sospetta nemmeno fino a che punto è dominata dalla paura. Molto spesso è la paura delle situazioni imbarazzanti, la paura di ciò che l’altro può pensare. In certi casi, questa paura diventa un’ossessione quasi maniacale. Bisogna che vi mettiate in testa, facendone una regola inderogabile, che non dovete far caso alle opinioni altrui. Dovete essere liberi dalla gente che vi circonda. Quando vi sarete liberati interiormente, sarete veramente liberi.”
(G.I. Gurdjieff)
“L’uomo non sa nulla, vive sotto comando, accetta tutte le influenze e vi crede. Crediamo a qualunque cosa senza discernimento. Non abbiamo nulla di nostro: tutto ciò che ci infiliamo in tasca non ci appartiene e dentro di noi non c’è niente. Abbiamo forse venti o trenta idee che abbiamo raccolto qua e là. Ci siamo dimenticati dove le abbiamo prese ma quando ci si presenta qualcosa che vagamente ce le ricorda, crediamo di capire. Ma non è che uno stampo nel cervello. Siamo davvero degli schiavi, e ai nostri pregiudizi facciamo fronte con altri pregiudizi.”
(G.I. Gurdjieff)
“Guardandoci indietro, ricordiamo sempre e soltanto i periodi difficili della nostra vita e mai quelli tranquilli. Questi ultimi non sono che sonno. I primi sono lotta, e quindi vita. L’uomo passivo serve l’involuzione, l’uomo attivo l’evoluzione. Bisogna scegliere. Ma c’è un principio: servendo l’una, potete sperare di far carriera; servendo l’altra, riceverete molto, ma senza prospettive per il futuro.”
(G.I. Gurdjieff)
“Ogni razza, ogni nazione, ogni epoca, ogni paese, ogni classe e ogni professione possiedono un numero limitato di pose caratteristiche da cui non si discostano mai e che rappresentano lo stile particolare di quell’epoca, di quella razza o di quella professione. Ogni uomo, secondo il proprio carattere individuale, prende in prestito da quello stile un certo numero di pose che gli corrispondono e, di conseguenza, ogni individuo possiede un repertorio di pose estremamente limitato. Ogni uomo, come ha un determinato numero di pose motorie, ha un determinato numero di pose intellettuali ed emozionali. Che i nostri movimenti siano volontari è un’illusione; in realtà, sono automatici. E i nostri pensieri e sentimenti sono anch’essi automatici. Quelli che chiamiamo pensieri non sono pensieri. Non abbiamo pensieri: abbiamo varie etichette, alcune brevi, altre concise, altre lunghe, ma nient’altro che etichette. Queste etichette vengono trasferite da un posto all’altro. Per osservarsi occorrono molte cose. Prima di tutto, la sincerità verso se stessi. È una cosa molto difficile: l’uomo ha paura di vedere il male. Se per caso guardandosi dentro profondamente, vede il male che ha in sè, allora scopre la propria nullità. Abbiamo l’abitudine di allontanare i pensieri che ci riguardano perchè temiamo i rimorsi di coscienza. La sincerità è una chiave per aprire le porte attraverso cui una parte di noi stessi può osservarne un’altra. Tramite la sincerità, l’uomo può guardare le cose in faccia e vederle. La sincerità verso se stessi è molto difficile, perchè sull’essenza si è formata una crosta molto spessa. Ogni anno l’uomo indossa nuovi vestiti, si mette sul viso un’altra maschera. Poco alla volta bisogna levarsi tutto quanto, liberarsi, mettersi a nudo. Finchè l’uomo non si espone alla luce, non può vedersi.”
(G.I. Gurdjieff)
“In realtà l’uomo non è capace della sia pur minima azione indipendente o spontanea. Tutto è soltanto e unicamente il risultato di influenze esteriori. Dobbiamo lottare per liberarci, se vogliamo lottare per conoscerci. Senza lotta non ci sono progressi nè risultati. Ogni volta che si rompe un’abitudine, nella macchina si verifica un cambiamento. Conoscere e sviluppare se stessi costituiscono un impegno così importante e così serio, cui bisogna dedicare uno sforzo così intenso, che assumerselo nel modo solito, in mezzo a tutte le altre cose, è impossibile. L’uomo che si assume questo impegno deve metterlo al primo posto nella propria vita, perché la vita non è così lunga da poterla sprecare in cose inutili. L’uomo che dorme non può “fare”. In esso tutto si fa nel sonno. Innanzitutto egli deve svegliarsi. Una volta sveglio, si accorgerà che, così com’è, non può “fare”. Dovrà morire volontariamente. Se muore potrà nascere. Ma l’essere appena nato dovrà crescere e imparare. Quando sarà cresciuto e avrà imparato, allora potrà “fare”.”
(G.I. Gurdjieff)
“La legge dell’unità è grande, abbraccia tutto. Nell’universo tutto è uno; ci sono solo differenze di scala. Nell’infinitamente piccolo, troviamo le stesse leggi dell’infinitamente grande. Come in alto, così in basso. Siamo arrivati al ciglio di quell’abisso che l’intelligenza ordinaria dell’uomo non può mai valicare. Senti come le parole diventano inutili e superflue? Senti come la ragione, da sola, è impotente? Ci siamo avvicinati al Principio di tutti i Princìpi. Non basta concepirlo con l’intelletto, ma si deve sentire con tutto l’essere l’esattezza assoluta e l’infallibilità di tale verità; soltanto allora si potrà dire coscientemente e con piena convinzione: io so. È la comprensione ciò che è necessaria, altrimenti si può discutere per anni sul problema più elementare senza mai arrivare a nessuna conclusione. Le speculazioni, le supposizioni, le ipotesi, non esistono per chi possiede tale Conoscenza. La ragione ordinaria non consente all’uomo di appropriarsi della Conoscenza facendone un suo bene inalienabile. Eppure per l’uomo tale possibilità esiste davvero: prima, però, deve scrollarsi la polvere di dosso, prima di avere le ali con cui volare tanto in alto egli deve fare un lavoro gigantesco e compiere immani sforzi. È certamente molto più facile abbandonarsi alla corrente e lasciarsi portare di ottava in ottava, ma è una strada infinitamente più lunga rispetto a quella di volere e di fare da sè. Poichè al mondo tutto è uno, tutto è uguale davanti alle leggi, e di conseguenza, mediante uno studio completo e appropriato, si può acquisire la Conoscenza a partire da un problema qualsiasi, purchè si sappia come “imparare”. Ciò che è più vicino a noi è l’uomo, e tra tutti gli uomini, il più vicino a te sei tu stesso. Comincia a studiare te stesso; ricorda il detto “Conosci te stesso.” Il cammino è difficile e la salita sempre più ardua, ma anche le forze man mano si moltiplicano. L’uomo si tempra, e a ogni passo scopre orizzonti sempre più vasti.”
(G.I. Gurdjieff)
“Il sapere e la comprensione sono due cose completamente differenti. Soltanto la comprensione può portare all’essere. Il sapere di per sé stesso non ha che una presenza passeggera: un nuovo sapere caccia via il precedente, e, in fin dei conti, non è altro che del nulla versato nel vuoto.”
(G.I. Gurdjieff)
“L’essere dell’uomo, sia nella vita che dopo la morte, ammesso che esista dopo la morte, può essere di qualità molto differente. L’‘uomo macchina’, per il quale tutto dipende dalle influenze esteriori, per cui tutto accade, che ora è un certo uomo, il momento dopo un altro e più tardi ancora un terzo, non ha avvenire di sorta: viene sepolto e basta. È polvere e ritorna polvere. Questo è detto per lui. Perché si possa parlare di vita futura, di qualsiasi genere, ci deve essere una certa cristallizzazione, una certa fusione delle qualità interiori dell’uomo: una certa indipendenza dalle influenze esteriori. Se in un uomo vi è qualcosa capace di resistere alle influenze esteriori, allora proprio questo qualcosa potrà resistere anche alla morte del corpo fisico. Ma i sistemi che conoscete e che parlano di ‘corpo astrale’ affermano che tutti gli uomini lo possiedono. Ciò è assolutamente falso. Ciò che può essere chiamato ‘corpo astrale’ è ottenuto per fusione, cioè per mezzo di una lotta e di un lavoro interiore terribilmente duro. L’uomo non nasce con un corpo astrale, e soltanto pochissimi uomini arrivano ad averne uno. “Fusione, unità interiore, sono ottenute nell’uomo per ‘frizione’, per mezzo della lotta tra il ‘sì’ e il ‘no’. Se un uomo vive senza lotta interiore, se in lui tutto accade senza opposizione, se va sempre seguendo la corrente, o come il vento lo spinge, allora resterà come è. Ma se una lotta ha inizio in lui e soprattutto se questa lotta ha una linea definita, allora gradualmente certe caratteristiche permanenti cominciano a formarsi in lui; egli comincia a “cristallizzare”.”
(P.D. Ouspensky, Frammenti di un Insegnamento Sconosciuto)
“Fintanto che un uomo è in un sonno profondo, interamente sommerso dai suoi sogni, non può neppure pensare di essere addormentato. Se potesse pensare di essere addormentato, si sveglierebbe. E così vanno le cose, senza che gli uomini abbiano la minima idea di tutto quel che perdono a causa del loro sonno. L’uomo, così come la natura lo ha creato, può diventare un essere cosciente di sé. Creato a questo scopo, nasce per questo scopo. Ma egli nasce fra gente addormentata e, naturalmente, cade a sua volta in un sonno profondo, proprio nel momento in cui dovrebbe incominciare a prendere coscienza di sé. Ogni cosa vi ha parte: l’involontaria imitazione degli adulti da parte del bambino, le suggestioni volontarie o involontarie e la cosiddetta “educazione”. Ogni tentativo di risveglio da parte del bambino è stroncato sul nascere. È inevitabile. Quanti sforzi più tardi per svegliarsi! E di quanto aiuto si avrà bisogno allorquando migliaia di abitudini, che spingono al sonno, saranno state accumulate. È rarissimo potersene liberare. Nella maggior parte dei casi, fin dalla prima infanzia, l’uomo ha già perso la possibilità di svegliarsi; egli vive tutta la sua vita nel sonno e muore nel sonno. Inoltre, molta gente muore assai prima della morte fisica.”
(P.D. Ouspensky)
“Al di fuori delle agitazioni della vita esiste qualcos’altro che dovrebbe essere lo scopo e l’ideale di ogni uomo più o meno capace di pensare, e questo “altro” soltanto può rendere l’uomo veramente felice e offrirgli dei valori reali, invece di quei “beni” illusori che, nella vita comune, gli vengono prodigati sempre e dovunque.”
(G.I. Gurdjieff)
La Lotta dei Maghi: Il copione dello spettacolo di danze sacre
Il sistema di Gurdjieff inizia con l’osservazione scientifica neutrale di se stessi, con l’esame del proprio corpo in modo scientifico: inizialmente, basandosi sul centro fisico; più tardi facendo osservazioni sul centro mentale e sul centro emotivo.
”Il corpo è l’unico strumento col quale lavorare. Fatene un buono strumento. Non tollerate che sia esso a controllarvi. I nostri corpi sono dei ‘fertilizzanti’ per l’anima.”
Come in ogni tradizione, anche nell’insegnamento di Gurdjieff l’idea di base è quella dell’identità fra il microcosmo ed il macrocosmo: l’uomo è l’immagine dell’universo e segue le stesse leggi. A fondamento della manifestazione vi sono due leggi cosmiche universali: la Legge del Tre (Triade) e la Legge del Sette (Ottava). La prima legge postula come ogni fenomeno risulti dall’incontro di tre differenti forze: il pensiero scientifico osserva invece solo la presenza di due forze (positivo e negativo magnetici; cellula maschio e femmina, ecc.), ma è ignaro della terza.
Gurdjieff chiama queste forze:
- Santa-Affermazione
- Santa-Negazione
- Santa-Riconciliazione,
- oppure
- Forza attiva o positiva
- Forza passiva o negativa
- Forza neutralizzante.
Le tre forze sono osservabili all’esterno ed all’interno di noi, ma non è affatto facile riconoscerle, specialmente la terza forza. In termini più ordinari si potrebbe parlare anche d’impulso, resistenza e conciliazione. Le triadi si succedono in catene in cui “il maggiore si fonde con il minore per realizzare il medio e così diviene o maggiore per il precedente minore o minore per il successivo maggiore”.
La Legge del Sette, invece, fornisce la sistematizzazione del corso dei movimenti di una forza nello svolgere il processo di completamento di un qualsiasi fenomeno: lo sviluppo della frequenza delle vibrazioni, ascendente o discendente, della forza passa attraverso sette gradi, fasi o “note” disposte lungo una scala armonica, con due prevedibili punti di stallo (proprio dove mancano i semitoni tra mi-fa-si-do nella scala maggiore mi, re, do, si, la, sol, fa, mi). Questa legge si può chiamare “legge della discontinuità delle vibrazioni”.
Nell’universo tutto è vibrazione, ma in ogni scala di trasmissione di queste, ci sono sempre due punti dove le vibrazioni rallentano e richiedono uno shock esterno per continuare nella stessa direzione.
Senza shock esterno il percorso deraglia e cambia traiettoria: questo accade all’inizio (mi-fa) ed alla fine (si-do) dell’ottava. In tal modo si spiegano, per esempio, il rilassamento dello sforzo e le deviazioni dallo scopo originale in ogni impresa umana: una stessa perversa transizione porta dal Sermone della Montagna all’Inquisizione – dalla ‘libertà, fratellanza ed uguaglianza’ rivoluzionarie, a Napoleone e a Stalin ed ancora dallo sbarco degli alleati anglo-americani e francesi (marocchini) del 1944 ad Anzio, agli stupri efferati perpetrati da quest’ultimi ai danni della popolazione della Ciociaria.
Se “ciò che è in alto è come ciò che è in basso”, anche questa legge si applica sia all’esterno che all’interno di noi: sul piano cosmico l’ottava discendente del cosiddetto “Raggio di Creazione”, che dall’Assoluto porta allo sviluppo progressivo dei mondi, colma il primo intervallo do-si con il’Fiat’ divino ed il secondo, fa-mi con la funzione della vita organica sulla Terra, vero e proprio organo di percezione del pianeta; analogamente sul piano della realizzazione umana, l’ottava ascendente che conduce l’uomo dal sonno meccanico all’essere reale, colma i due intervalli con lo sforzo consapevole e la sofferenza volontaria proposti dal Lavoro.
Nello spazio compreso fra queste due ottave è racchiuso il destino dell’uomo: essere una pedina nell’ottava discendente, svolgere passivamente il proprio ruolo di trasformatore d’energia, con tutte le creature viventi ed essere riassorbito a suo tempo nel substrato indifferenziato come parte dell’ecologia cosmica; oppure entrare di forza nell’ottava ascendente, partecipare ad un compito più alto, essere attivo.
“Nell’universo tutto è materiale e per questo motivo la Grande conoscenza è più materialista del materialismo.”
In questo modo il cerchio si chiude, niente è casuale in questo sistema in cui ognuno può scegliere se seguire la corrente generale, manifestando un’esistenza semiconscia e generando un grado d’energie rudimentali che sono usate dal cosmo ad un solo livello; o invece, cercare di “essere”, di evolversi consapevolmente e, applicando il principio “alchemico” della separazione dello ‘spesso dal sottile’, muoversi verso la capacità di ricevere e generare energie più raffinate, svolgendo un servizio più alto per le forze della creazione. In entrambi i casi niente è sprecato: tutto in natura è “cibo” per qualcosa; tutto è utilizzato.”
“Ogni volta che c’è un elemento attivo, c’è un elemento passivo. Se lei crede in Dio, crede anche al Diavolo. Che siate buoni o cattivi, non ha alcun valore. Ciò che ha valore è il conflitto tra i due opposti. Soltanto quando comincerete a lavorare, il vostro bene e il vostro male cominceranno ad esistere. Diventate voi stessi, poi Dio e il Diavolo non avranno più alcuna importanza.”
(G.I. Gurdjieff)
“Una percentuale considerevole della gente che incontriamo per via è vuota dentro, cioè, in realtà è già morta. È una fortuna per noi che non lo vediamo e non lo sappiamo. Se sapessimo quante di queste persone sono in realtà morte e quante di queste persone morte governano le nostre vite, impazziremmo dall’orrore.”
(G.I. Gurdjieff)
“Raramente vediamo ciò che guardiamo. Se lei ha sentito parlare di qualcuno prima di conoscerlo, se ne fa un’immagine, e se questa immagine ha qualche somiglianza con l’originale, è l’immagine che viene fotografata, non la realtà. L’uomo è una personalità piena di pregiudizi.”
(G.I. Gurdjieff)
“In genere l’uomo ha soltanto desideri, e ciò che chiamiamo una volontà forte o debole non è altro che la permanenza più o meno forte dei nostri desideri. La volontà autentica è un potere derivato non tanto dai vari desideri, di regola contraddittori, appartenenti ai diversi “io”, ma derivato dalla coscienza e governato da un io unico e permanente. Soltanto questa volontà agisce e trasforma; può essere definita libera, perché è indipendente dal caso e non può essere modificata o diretta dall’esterno.”
(G.I. Gurdjieff)
“Le persone sono divise in tre categorie: le persone morte, quelle addormentate, e quelle che iniziano a svegliarsi. I morti sono morti, non possono svegliarsi. Quelli che dormono hanno almeno una possibilità teorica di svegliarsi se le circostanze sono favorevoli. Ma nell’esistenza, le persone che dormono cadono facilmente sotto l’influenza delle persone morte; paragonate alle persone che dormono, esse sono molto forti, perchè non hanno alcuna coscienza nè vergogna. E cosa rende deboli le persone ordinarie? La coscienza e la vergogna. Le persone morte esercitano un’influenza straordinaria sulle persone addormentate. Queste non possono resistere. Le ammirano così tanto che vorrebbero essere come loro.”
(P.D. Ouspensky)
“In un’occasione Ouspensky disse a Gurdjieff queste parole: “Le persone si stanno trasformando in macchine. La gente non pensa più. Diventano macchine quasi perfette, in scala minore, come in una fabbrica piena di macchine, e sono contente di essere così. Di fatto, se cominciano a pensare, smetteranno di essere piccole macchine così perfette”. In risposta a questa osservazione di Ouspensky, Gurdjieff disse, con poche parole: “Sì, questo è verissimo. Ma deve ricordare che l’Uomo ha più di una mente. In realtà ha, per iniziare, cinque menti, che corrispondono ai cinque centri, che lavorano in una maniera molto differente. Tutto dipende innanzitutto da quale mente, quale centro, usano per il particolare lavoro in cui sono impegnati. Se usano la mente appropriata, saranno capaci di pensare ancora meglio in mezzo a tutto il lavoro con le macchine. Ma solo se usano la mente appropriata per questo scopo.” Disse: “Lo comprenderà più tardi”.”
(Maurice Nicoll, Commentari Psicologici)
“Quasi il 70% delle persone sono malate a causa di ragioni psicologiche – per esempio, a causa delle impressioni sbagliate.”
(G.I. Gurdjieff)
“Viviamo in un mondo completamente irreale, fittizio, discutiamo idee inesistenti, inseguiamo scopi inesistenti, inventiamo ogni cosa, persino noi stessi. È impossibile anche soltanto immaginare un uomo libero dalle suggestioni, che realmente pensi, senta e si comporti come egli stesso può pensare sentire e comportarsi. L’educazione ricevuta a casa, la famiglia, le sorelle e i fratelli più anziani, i genitori, i parenti, i domestici, gli amici, la scuola, i giochi, le letture, il teatro, i giornali, le conversazioni, l’educazione più avanzata, il lavoro, le donne (o gli uomini), la moda, l’arte, la musica, il cinema, lo sport, il gergo di un determinato circolo, il tipo di umorismo, i divertimenti obbligatori, i gusti e i tabù obbligatori – tutte queste e molte altre cose rappresentano una sorgente di suggestioni sempre nuove. Tutte queste suggestioni sono invariabilmente duali, cioè creano simultaneamente ciò che deve essere mostrato e ciò che deve essere nascosto. Nei suoi credo, nel suo modo di vedere le cose, nelle sue convinzioni, nelle sue idee, nei suoi sentimenti, nei suoi gusti, in ciò che gli piace o non gli piace, in ogni movimento e in ogni pensiero, un uomo è costretto da migliaia di suggestioni, alle quali si sottomette, anche senza notarle, autosuggestionandosi per convincersi di sentire e pensare a modo suo. Questa sottomissione a influenze esterne permea sin a tal punto l’intera esistenza di un uomo, e la sua suggestionabilità è così grande, che il suo stato ordinario può essere definito semi-ipnotico; in certe situazioni la suggestionabilità può aumentare fino a portare un uomo alla completa perdita di qualsiasi decisione o scelta indipendente.”
(P.D. Ouspensky)
“La vita interiore della società moderna, i suoi gusti e i suoi interessi, sono pieni di tratti barbari. L’uomo vive nella soddisfazione dei propri appetiti, nelle paure, nella lotta, nella vanità, nelle distrazioni e nei divertimenti, in stupidi sport, in giochi d’abilità e di fortuna, nell’avidità del guadagno, nella sensualità, nel monotono lavoro quotidiano, nelle preoccupazioni e nelle ansietà del giorno, e più di ogni altra cosa nell’obbedienza e nell’apprezzamento dell’obbedienza, poichè non vi è nulla che piaccia all’uomo medio più dell’obbedire; se egli cessa di obbedire ad una forza, immediatamente inizia ad obbedire ad un’altra. Egli è infinitamente lontano da qualunque cosa che non sia connessa direttamente con gli interessi o le preoccupazioni del giorno, da ogni cosa che stia un po’ al di sopra del livello materiale della sua vita. Se non chiudiamo gli occhi a tutto questo, capiremo che non possiamo, al meglio, chiamarci altro che barbari civilizzati, cioè barbari che posseggono un certo grado di cultura. Il selvaggio uccideva il proprio nemico con una clava. L’uomo colto ha a sua disposizione ogni sorta di apparato tecnico, esplosivi di terribile potenza, elettricità, aeroplani, sottomarini, gas venefici e così via. Tutti questi mezzi e congegni di distruzione e di sterminio non sono altro che forme evolute della clava.”
(P.D. Ouspensky – Un Nuovo Modello dell’Universo)
“In verità che cos’è l’infinito, in che modo la mente normale se lo rappresenta? È l’unica realtà e nello stesso tempo è l’abisso, è il pozzo senza fondo dentro il quale precipita la mente dopo essersi sollevata fino ad altezze a cui non è avvezza. Supponiamo per un momento che una persona cominci ad avvertire l’infinito in tutto, ogni pensiero, ogni idea lo portano a rendersi conto dell’infinito. Questo accadrà inevitabilmente a una persona che è sul punto di capire un ordine superiore della realtà. Ma in circostanze del genere che cosa avvertirà questa persona? Percepirà un precipizio, un abisso, dovunque guardi; e proverà davvero un orrore incredibile, paura e tristezza, finchè questa paura e questa tristezza non si trasformeranno nella gioia della percezione di una nuova realtà. Prima di tutto percepirà che il suo vecchio mondo, il suo comodo e consueto mondo, quello in cui nacque, quello a cui si è assuefatto e che esso immagina l’unico vero, sta andando in rovina e cade tutto a pezzi. Ogni cosa che prima sembrava vera, diventa falsa, ingannevole, fantastica, irreale. L’impressione dell’irrealtà di tutto il suo ambiente sarà fortissima. Questo senso dell’infinito è la prima e più terribile prova prima dell’iniziazione. Non esiste niente! Una piccola miserabile anima si sente sospesa in un vuoto infinito. Poi anche questo vuoto sparisce. Non esiste niente, c’è solo l’infinito.”
(P.D. Ouspensky – Tertium Organum)
“Immaginiamo una persona seduta in una normale sala cinematografica. Immaginiamo che essa non sappia niente di come è costruita la sala, niente dell’esistenza del proiettore che sta alle sue spalle, nè della piccola figura trasparente sulla pellicola in movimento. Immaginiamo che voglia studiare il funzionamento del cinema e cominci a esaminare quello che passa sullo schermo, a prendere appunti, a fare fotografie, a osservare l’ordine, a calcolare, a fare ipotesi e così via. Fin dove arriverà? Evidentemente a niente del tutto, a meno che non giri le spalle allo schermo e incominci a indagare sul motivo per cui appaiono le figure su di esso. La causa sta tutta nel proiettore (ciò nella coscienza) e nelle pellicole di immagini in movimento (nella psiche), queste bisogna studiare se si vuole capire il “cinema”.”
(P.D. Ouspensky – Tertium Organum)
“Nella nostra epoca il matrimonio, così come noi lo conosciamo, è solo un rapporto sessuale legalizzato; e poichè la maggioranza delle persone – uomini e donne – è motivata sessualmente e quindi ha bisogno di varietà, rapporti di siffatta natura raramente durano e di solito finiscono con un divorzio. Perlopiù i rapporti – legali o meno – sono semplicemente quelli tra un uomo e il suo “fazzoletto”. Questo è molto comodo; se l’uomo sente il bisogno o il desiderio improvviso di soffiarsi il naso, ha sempre il suo fazzoletto a portata di mano. E dopo essersi soffiato il naso, non deve portarsi in tasca l’escrezione; questa “donna-fazzoletto” sa camminare da sola! Molto, molto conveniente per l’uomo moderno, che ha bisogno di soffiarsi il naso molto spesso; è il suo passatempo preferito!”
(G.I. Gurdjieff)
“Gli uomini ripetono sempre gli stessi errori. All’inizio non si rendono conto di muoversi in circolo e se vengono a conoscenza di una simile idea, si rifiutano di crederci. Poi, se cominciano a intuirne la verità e ad accettarla, pensano che questo solo sia sufficiente: sono assolutamente convinti di sapere ormai tutto quel che c’è da sapere, e di poter cambiare ogni cosa. E allora trovano subito qualche ciarlatano che li assicura che tutto è facile e semplicissimo. Questa è la peggiore delle illusioni. In questo modo gli uomini perdono le possibilità acquisite sopportando molte sofferenze e a volte grandi sforzi.
Tu non puoi cambiare niente, e niente cambierà da sè. Per cambiare qualcosa devi prima cambiare te stesso. E questo è molto più difficile di quanto tu non creda. Richiede sforzi costanti per un tempo molto lungo, e anche molta conoscenza. Un uomo comune può continuare a girare sulla ruota senza che gli accada nulla fino al giorno in cui finalmente scompare. Per cambiare bisogna sapere, e per sapere bisogna imparare; e, per imparare, bisogna fare sacrifici. Non si ottiene niente senza sacrificio. Devi comprendere che da solo non puoi cambiare nulla e che devi cercare aiuto. E devi capirlo a fondo, perchè comprenderlo oggi e dimenticarlo domani non è sufficiente; bisogna vivere con questa comprensione.”
(P.D. Ouspensky – La Strana Vita di Ivan Osokin)
“La caratteristica principale della nostra esistenza è che noi siamo molti, e non uno solo. Poichè l’uomo non è del tutto cosciente di sè, non è nemmeno consapevole dei molti desideri contraddittori, credenze, sentimenti e pregiudizi che lo fanno oscillare da un istante all’altro; egli non ha un “centro di gravità” e in mancanza di questo è incapace di tenersi fermo ad una meta stabilita per un tempo di qualsivoglia durata. Sebbene possa credere di esser lui a dare una direzione alla propria vita, l’uomo è in realtà sballottato da un desiderio all’altro da un insieme di influssi esterni. L’uomo può superare questo stato solo divenendo consapevole dei suoi molteplici “io” e cercando di sviluppare il suo vero “sè” arrestando la manifestazione dei sentimenti negativi, l’identificazione, la menzogna, e gli altri elementi della falsa personalità.”
(P.D. Ouspensky)
“L’uomo qual è, non è un soggetto autentico; è un’imitazione di qualcosa e per giunta una pessima imitazione. Per diventare un essere differente, l’uomo deve desiderarlo moltissimo e per lungo tempo. Un desiderio passeggero o vago, nato da una insoddisfazione riguardo alle condizioni esteriori, non potrà generare un impulso sufficiente. Lo sviluppo non può fondarsi su una menzogna o su un inganno. L’uomo deve acquisire delle qualità che crede già di possedere, ma sulle quali si fa delle illusioni. Egli deve sapere ciò che gli è proprio e ciò che non lo è, poichè fino a quando s’immaginerà di possedere queste qualità, non farà gli sforzi necessari per acquisirle, così come un uomo non acquisterà mai degli oggetti preziosi, nè sarà disposto a pagarli a prezzo elevato, se crede già di possederli. […] Noi non possiamo sapere se quest’opera è possibile. Non vi dobbiamo rinunciare, sebbene nulla provi che essa ci affrancherà dalle tenebre. Non esiste nient’altro e quindi dobbiamo aggrapparci tutti a quest’unico appiglio.”
(P.D. Ouspensky – L’Evoluzione Interiore dell’Uomo)
“Tratto caratteristico dell’uomo raffinato è la sua capacità di recitare alla perfezione qualsiasi parte voglia nella sua vita esteriore, mentre interiormente si mantiene libero.”
(G.I. Gurdjieff)
“L’uomo, quale noi lo conosciamo, non è un essere compiuto. La natura lo sviluppa fino a un certo punto, quindi lo abbandona a se stesso e lascia che egli continui a svilupparsi con i suoi propri sforzi e di sua propria iniziativa, oppure che viva e muoia così come è nato, o che degeneri e perda la sua capacità di sviluppo. È molto difficile persuadere un uomo del fatto che egli non è cosciente e non lo può divenire quando gli pare. Ed è particolarmente difficile, in quanto la natura gli gioca in questo caso “un brutto tiro”. La crescita dell’essenza può in pratica fermarsi a un’età molto tenera, con il risultato che noi vediamo uomini e donne dall’apparenza adulta, la cui essenza si è fermata all’età di dieci o dodici anni.”
(P.D. Ouspensky – L’Evoluzione Interiore dell’Uomo)
“L’uomo vive immerso nei sogni. Tutte le assurdità e le contraddizioni degli uomini e della vita umana in generale trovano spiegazione se comprendiamo che gli uomini vivono nel sonno, agiscono nel sonno e non sanno di dormire. Se conoscessimo quante osservazioni false, quante false teorie, false deduzioni e conclusioni si fanno in tale stato, cesseremmo del tutto di credere in noi stessi. Ma gli uomini non si rendono conto di quanto le loro osservazioni e le loro teorie possano essere ingannevoli, e continuano a credervi. La menzogna è inevitabile nella vita meccanica. Nessuno può sfuggirvi, e più crediamo di essere liberi dalla menzogna, maggiormente ne siamo presi. La vita, così com’è oggi, non potrebbe esistere senza la menzogna.”
(P.D. Ouspensky – L’Evoluzione Interiore dell’Uomo)
“L’uomo si identifica con il ruolo che è costretto a vivere: padre, figlio, padrone, operaio, dirigente, impiegato, intellettuale, guru, furbo, tonto, forte, debole, ecc. Per ognuno di questi ruoli esistono comportamenti sociali, abbigliamenti, modi di pensare e di esprimersi cui ciascuno si adegua inconsapevolmente. E quindi non siamo mai individui autentici, ma veri e propri imitatori: imitiamo modelli e stereotipi prodotti dalla società in cui viviamo. Persino nei comportamenti più intimi recitiamo in realtà dei ruoli precostituiti. L’inquinamento della nostra mente è troppo esteso. Bisogna imparare a dire la verità, ma per dire la verità, bisogna essere diventati capaci di conoscere che cos’è la verità e che cos’è la menzogna, soprattutto in se stessi.”
(G.I. Gurdjieff)
“La principale anomalia o follia degli uomini sta nella divergenza tra essenza e personalità. Meglio un uomo si conosce per quello che è, più si avvicina alla saggezza. Più la sua immaginazione su se stesso diverge da quello che veramente egli è, più diventa pazzo. […] Questa è la potenzialità dell’uomo: diventare consapevole della sua esistenza e del suo rapporto con l’universo che lo circonda. Nel momento in cui è consapevole della sua esistenza, egli sa che cosa è, e che cosa non è, cioè egli conosce la differenza tra la sua essenza e la sua personalità. Nello stesso momento egli sa anche che cosa è in lui e che cosa è fuori di lui, cioè egli conosce se stesso ed il suo rapporto con il mondo. Solo il ricordo di sè rende capace un uomo di perdere la pelle esterna della personalità e di sentire e di agire liberamente dalla sua essenza, cioè di essere se stesso. In questo modo egli si può separare dalle finzioni e dalle imitazioni che lo hanno schiavizzato fin dall’infanzia, e ritornare a quello che veramente è, ritornare alla sua natura essenziale. Perchè, se un uomo non trova prima se stesso, non trova il suo destino e la sua natura essenziali, e se non comincia da questi, tutti i suoi sforzi ed i suoi successi saranno costruiti solo sulla sabbia della personalità, ed al primo shock serio l’intera struttura crollerà, forse distruggendolo nella sua caduta.”
(Rodney Collin)
“È impossibile studiare un sistema dell’universo senza studiare l’uomo. Allo stesso tempo è impossibile studiare l’uomo senza studiare l’universo. L’uomo è un’immagine del mondo. Egli è stato creato dalle medesime leggi che crearono l’insieme del mondo. Se un uomo conoscesse e comprendesse se stesso, conoscerebbe e comprenderebbe il mondo intero, tutte le leggi che creano e che governano il mondo. E inversamente, con lo studio del mondo e delle leggi che lo governano, apprenderebbe e comprenderebbe le leggi che governano anche lui. A questo riguardo, certe leggi sono comprese e assimilate più facilmente con lo studio del mondo oggettivo, e certe altre non possono essere comprese che attraverso lo studio di sé. Lo studio del mondo e lo studio dell’uomo devono quindi essere condotti parallelamente, l’uno aiutando l’altro.”
(P.D. Ouspensky, Frammenti)
“Anche dentro di noi c’è una Luna, un Sole, e così via. Noi costituiamo un intero sistema. Se voi scoprite in che cosa consiste la vostra Luna e qual è la sua azione, potete comprendere il Cosmo.”
(G.I. Gurdjieff)
“L’uomo deve rendersi conto che egli non esiste; che non può perdere nulla, perché non ha niente da perdere; deve realizzare la sua nullità nel senso più forte di questo termine.”
(P.D. Ouspensky)
“Guardandoci indietro, ricordiamo sempre e soltanto i periodi difficili della nostra vita, e mai quelli tranquilli. Questi ultimi non sono che sonno. I primi sono lotta, e quindi vita.”
(Gurdjieff)
“La sofferenza può distruggere o costruire un uomo, a seconda se egli permette alla sua attenzione di attaccarsi all’infelice carne mortale o se invece, con grande sforzo, riesce a trasformarla in quel principio di coscienza che è in grado di guardare l’organismo fisico e le sue sofferenze da un punto di vista oggettivo e distaccato. Per coloro le cui vite sono piene di sofferenza involontaria è quasi impossibile poter concepire la sofferenza come una cosa positiva. L’uso intenzionale della sofferenza diventa pratico solamente in connessione con il lavoro di una scuola di rigenerazione.”
(Rodney Collin)
“Il sapere non è che la memoria automatizzata di una somma di parole imparate in un certo ordine. La comprensione è l’essenza di ciò che si ottiene partendo da informazioni intenzionalmente acquisite e da esperienze personalmente vissute. […] Pretendere di inoculare la fede con delle parole è come pretendere che uno si sazi di pane solo a guardarlo.”
(G.I. Gurdjieff)
“La parola “idiota” ha due significati: il vero significato, che le fu dato dagli antichi saggi, era “essere sè stessi”. Un uomo che è sè stesso sembra e si comporta come un folle per coloro che vivono nel mondo delle illusioni, così quando essi chiamano idiota un uomo intendono dire che non condivide le loro illusioni. Chiunque decida di lavorare su sè stesso è un idiota in entrambi i significati. Il saggio sa che sta cercando la realtà. Lo stupido pensa che sia impazzito. Noi qui presumiamo di cercare la realtà, quindi dovremmo tutti essere idioti: ma nessuno può rendervi un idiota. Dovete sceglierlo voi stessi.”
(John G. Bennet, Elizabeth Bennet – Idioti a Parigi)
“Soltanto un egoista cosciente può aiutare gli altri. Quando un uomo si vede realmente quale è, non gli viene in mente di aiutare gli altri, si vergognerebbe di questo pensiero. Per essere capaci di aiutare gli altri, occorre innanzi tutto imparare ad aiutare se stessi.”
(G.I. Gurdjieff)
“Si deve imparare dalla Natura. L’uomo è anche un organismo. La quercia fa molte ghiande, ma la possibilità di diventare alberi esiste solo per poche di loro. La stessa cosa accade all’uomo; molti nascono, ma solo pochi crescono. La gente pensa che questo sia uno spreco, che la Natura sprechi. Non è così. Il resto diventa fertilizzante, ritorna nella terra e crea possibilità per un maggior numero di ghiande, di uomini, di alberi… per un maggior numero di uomini autentici. La Natura dà sempre, ma dà solo possibilità. Per diventare una vera quercia o un vero uomo, si deve fare sforzo.”
(Fritz Peters – La Mia Fanciullezza Con Gurdjieff)
“Colui che desidera la conoscenza, deve compiere da solo lo sforzo iniziale per trovare la sorgente di essa ed avvicinarsi usando aiuti e direzioni che sono a disposizione di tutti, ma che gli uomini regolarmente non desiderano vedere né riconoscere. La conoscenza non arriva da sola agli uomini, se loro da soli non si sforzano.”
(G.I. Gurdjieff)
“Il primo modo per accrescere la nostra comprensione sta nell’osservare e nello studiare noi stessi. Quando ti rendi conto di non essere uno, di essere molti, di poter magari essere sicuro di qualcosa al mattino e non saperne più nulla nel pomeriggio, proprio tale constatazione costituisce l’inizio.”
(P.D. Ouspesnky)
“Se gli uomini potessero veramente rendersi conto della loro situazione, se potessero comprenderne tutto l’orrore, sarebbero incapaci di rimanere tali quali sono, anche per un solo secondo. Comincerebbero subito a cercare una via d’uscita, e la troverebbero molto rapidamente, perchè vi è una via d’uscita; ma gli uomini non riescono a vederla, per la semplice ragione che sono ipnotizzati.”
(P.D. Ouspensky)
“L’uomo è un essere multiplo. Solitamente, parlando di noi stessi, diciamo “io”. Diciamo: io faccio questo, io penso quello, io voglio fare quell’altro. Ma è un errore. Questo io non esiste o, meglio, in ciascuno di noi ci sono centinaia, migliaia di piccoli io. Interiormente siamo divisi, ma soltanto con l’osservazione e lo studio possiamo riconoscere la pluralità del nostro essere. In un certo momento, agisce un “io”, il momento dopo un altro “io”. I nostri “io” sono contraddittori: ecco il motivo del nostro funzionamento disarmonico. Noi siamo delle macchine. Siamo totalmente condizionati dalle circostanze esteriori. Voi non controllate le vostre azioni. Siete macchine, e le circostanze esterne dirigono le vostre azioni senza tener conto dei vostri desideri. La macchina, in ogni uomo, è divisa in tre parti fondamentali, in tre centri. La causa principale della nostra debolezza è l’incapacità di applicare la nostra volontà ai tre centri simultaneamente. Dobbiamo acquisire la “conoscenza di sé”.”
(G.I. Gurdjieff)
“Ognuno di voi non è che un banale esemplare di automa animato. Probabilmente pensate che, per fare ciò che fate e per vivere come vivete, siano necessari un’«anima» e persino uno «spirito». Ma forse basta una chiavetta per ricaricare la molla del vostro meccanismo. La vostra razione quotidiana di cibo contribuisce a ricaricare questa molla e a rinnovare continuamente l’inutile sarabanda delle vostre associazioni. Da questo sfondo emergono dei pensieri slegati, che voi cercate di connettere insieme presentandoli come preziosi e personali. E, altrettanto, coi sentimenti e le sensazioni passeggere, con gli umori e le esperienze vissute, ci creiamo il miraggio di una vita interiore. L’uomo può nascere, ma per nascere deve prima morire, e per morire deve prima svegliarsi.”
(G.I. Gurdjieff)
“Ogni uomo ha un repertorio definito di ruoli che recita nelle circostanze ordinarie. Lo studio delle parti che ciascuno recita è un aspetto indispensabile della conoscenza di sè. Conoscere e sviluppare se stessi costituiscono un impegno così importante e così serio, cui bisogna dedicare uno sforzo così intenso, che assumerselo nel modo solito, in mezzo a tutte le altre cose, è impossibile. L’uomo che si assume questo impegno deve metterlo al primo posto nella propria vita, perché la vita non è così lunga da poterla sprecare in cose inutili.”
(G.I. Gurdjieff)
“Voi non volete abbastanza bene a voi stessi, al vostro Sè che ha bisogno e desidera emergere. Cosa servite? C’è qualcosa in voi, un’energia superiore, che merita rispetto. Senza questo servite solo i vostri piaceri. Se non rispettate e servite l’energia più fine che è in voi, e che non siete voi, il lavoro qui non ha senso. L’importante è essere. Se non c’è un vero “Io”, allora l’ego prende il sopravvento. L’energia non può essere senza relazione. Se non serve l’Io intenzionalmente, allora serve l’ego automaticamente.”
(Madame de Salzmann)
“La gente crede nel progresso e nella cultura, ma non vi è nessun progresso di nessun genere. Ogni cosa è esattamente com’era migliaia e decine di migliaia di anni fa. La forma esteriore cambia, l’essenza non cambia. L’uomo resta esattamente lo stesso. Le persone colte e civilizzate vivono con gli stessi interessi dei selvaggi più ignoranti. La civiltà moderna è basata sulla violenza, la schiavitù e le belle frasi. Ma tutte le belle frasi sulla civiltà e il progresso non sono che parole. Progresso e civiltà nel senso reale di queste parole, possono apparire soltanto al termine di sforzi coscienti. Non possono apparire come risultato di azioni incoscienti e meccaniche. Quali sforzi coscienti potrebbe fare una macchina? E se una macchina è incosciente, cento macchine lo sono pure, e mille e diecimila e milioni di macchine. L’evoluzione dell’uomo può essere considerata come l’evolversi in lui di quelle facoltà e di quei poteri che non si sviluppano mai da soli, ossia meccanicamente. Solo questo tipo di sviluppo, solo questo tipo di crescita caratterizza la vera evoluzione dell’uomo. Non c’è e non può esserci alcun altro tipo di evoluzione.”
(G.I. Gurdjieff)
“Il sesso gioca un ruolo enorme nel mantenimento della meccanicità della vita. Il 75% dei nostri pensieri proviene dal centro sessuale, e colora tutto il resto. Ecco il centro di gravità di tutte le riunioni. Che cos’è che conduce la gente nei caffè, nei ristoranti, alle feste di ogni sorta? Una cosa sola: Il sesso. Ecco la principale sorgente di energia di tutta la meccanicità. Tutto il sonno, tutta l’ipnosi, derivano dal sesso. La meccanicità è particolarmente pericolosa quando le persone non vogliono prenderla per quello che essa è e tentano di spiegarla con qualcosa d’altro. Quando il sesso è interamente conscio di se stesso, e non si nasconde dietro pretesti, non si tratta della meccanicità di cui sto parlando. Al contrario, il sesso che esiste per se stesso e che non dipende da niente è già un gran risultato. Ma il male consiste in questa continua menzogna a se stessi. Il potere del sesso sulle persone è la principale ragione della nostra schiavitù, ma offrendo molte differenti possibilità è anche la nostra principale possibilità di liberazione.”
(G.I. Gurdjieff)
“Tutta la nostra vita, tutte le nostre abituali maniere di pensare, hanno soltanto uno scopo: evitare shock, sensazioni sgradevoli, spiacevoli percezioni riguardanti noi stessi. E questa è la cosa principale che ci mantiene addormentati, perchè al fine di svegliarci non dobbiamo avere paura; dobbiamo essere tanto coraggiosi da vedere le contraddizioni.”
(P.D. Ouspensky)
“Se vuoi imparare ad amare, comincia con gli animali, perchè sono più sensibili.”
(G.I. Gurdjieff)
“Non so se vedete fino a che punto il mondo atroce in cui viviamo soffre della limitatezza e dell’assenza della coscienza, fino a che punto tutto va secondo la corrente e in senso contrario al bene reale dell’uomo. Malgrado tutto ciò che gli è stato messo a disposizione per un’esistenza orientata verso una crescita interiore, l’uomo è in caduta sempre più rapida, vertiginosa. Per il momento, nessuno può dire quale raccolto per l’avvenire rappresentano i pochi semi di verità gettati in una terra ben lavorata. Occorre da parte di ciascuno di noi molta vigilanza per non addormentarsi ad ogni istante, e questa è la cosa più difficile da chiedere ad un essere umano. Lavorate e rimanete vicini gli uni agli altri. Soltanto la presenza di una vita inteiore reale può dare qualche valore alla vita esteriore, in qualsiasi circostanza. Solo l’uomo che è interiormente attivo cessa di essere un fuscello nelle acque vorticose della vita. Volontariamente, si chiude a qualsiasi influenza inutile. Cerca di distinguere tra ciò che è realmente un nutrimento per il suo essere e ciò che è un veleno o semplicemente un ingombro senza valore.”
(Henriette Lannes – allieva di G.I. Gurdjieff)
“Tutte le solite conversazioni della vita ordinaria consistono semplicemente nel versare il vuoto nel nulla. Interrogatevi, guardate bene dentro di voi: tutte quelle discussioni vi hanno mai portato da qualche parte?”
(G.I. Gurdjieff)
“A mio parere, il vostro guaio è che fin dall’infanzia vi è stato inculcato, ed è oramai perfettamente armonizzato con il vostro psichismo generale, un modo automatico di percepire qualsiasi impressione di tipo nuovo, e funziona così bene che vi permette di sottrarvi alla necessità di fare il benché minimo sforzo individuale durante tutta la vostra vita responsabile.”
(G.I Gurdjieff)
“Se in un uomo vi è qualcosa capace di resistere alle influenze esteriori, allora proprio questo qualcosa potrà resistere anche alla morte del corpo fisico. Se in un uomo vi è qualche cosa, questo qualcosa può sopravvivere; ma se non vi è niente, allora niente può sopravvivere.”
(G.I. Gurdjieff)
“La maggior parte della gente trascorre tutta la vita senz’anima, senza padrone interiore. Per la vita ordinaria, l’anima non è affatto necessaria.”
(G.I. Gurdjieff)
“Il libero arbitrio è una funzione dell’Io reale, di colui che chiamiamo il Padrone. Chi ha un padrone ha una volontà, chi non l’ha non ha volontà. L’uomo ordinario non ha padrone: la vettura cambia continuamente passeggero, e ogni passeggero si autonomina “io”.”
(G.I. Gurdjieff)
“Esci una sera sotto il vasto cielo stellato, alza gli occhi a quei milioni di mondi sopra la tua testa. Forse su ognuno di essi formicolano miliardi di esseri simili a te, persino superiori a te per costituzione. Guarda la Via Lattea. In quell’infinità, la Terra non può nemmeno essere considerata un granello di sabbia. La Terra vi si dissolve, sparisce, e con essa sparisci anche tu. Dove sei? Chi sei? Cosa vuoi? Dove vuoi andare? L’impresa cui ti stai accingendo non potrebbe essere pura follia?”
(G.I. Gurdjieff)
“Diventa te stesso, poi Dio e il Diavolo non avranno più alcuna importanza.”
(G.I. Gurdjieff)
“Non è l’abbondanza di cibo a saziare l’uomo, ma la mancanza di avidità.”
(G.I. Gurdjieff)
“La prima ragione della schiavitù interiore dell’uomo è la sua ignoranza, soprattutto l’ignoranza di sé stesso. Senza la conoscenza di sé, senza la comprensione del moto e delle funzioni della sua macchina, l’uomo non può essere libero, non può governarsi e resterà sempre uno schiavo, in balia delle forze che agiscono su di lui.”
(G.I. Gurdjieff )
“Non credere a nulla che non puoi verificare in prima persona.”
(G.I. Gurdjieff)
“Briciole di verità sono sparse dappertutto, e per coloro che sanno e comprendono, è impressionante constatare come la gente viva a contatto con la verità, e tuttavia sia cieca e incapace di penetrarla.”
(G.I. Gurdjieff)
“Un cambiamento interiore si verifica solo a patto di cambiare atteggiamento verso il mondo esteriore.”
(G.I. Gurdjieff)
“Una cosa l’uomo deve ben comprendere: la sua evoluzione non è necessaria che a lui. Nessun altro vi è interessato, ed egli non deve contare sull’aiuto di nessuno; infatti, nessuno è tenuto ad aiutarlo e neppure ne ha l’intenzione. Al contrario, le forze che si oppongono all’evoluzione di grandi masse umane, si oppongono anche all’evoluzione del singolo. Spetta a ciascuno di noi eluderle. E se un uomo può sottrarsi ad esse, l’umanità non lo può. Comprenderete più tardi come questi ostacoli siano utili; se non esistessero bisognerebbe crearli intenzionalmente, poiché soltanto vincendo degli ostacoli l’uomo può sviluppare in sé le qualità di cui ha bisogno. Queste sono le basi per una visione corretta dell’evoluzione umana. Non esiste evoluzione obbligatoria, meccanica. L’evoluzione è il risultato di una lotta cosciente.”
(G.I. Gurdjieff)
“Di nulla l’uomo è tanto certo come di essere sveglio; in realtà, è catturato da una rete di sonno e sogni che lui stesso ha tessuto. Più fitta è la rete, più potente domina il sonno; quelli che vi restano imprigionati sono i dormienti, che attraversano la vita come un branco di animali diretti al macello: ottusi, indifferenti e spensierati.”
(G.I. Gurdjieff)
“Una certa leggenda orientale narra di un mago ricchissimo che possedeva numerosi greggi. Quel mago era molto avaro. Egli non voleva servirsi di pastori, e neppure voleva recingere i luoghi dove le sue pecore pascolavano. Naturalmente esse si smarrivano nella foresta, cadevano nei burroni, si perdevano, ma soprattutto fuggivano, perché sapevano che il mago voleva la loro carne e la loro pelle. E a loro questo non piaceva. Infine il mago trovò un rimedio: ipnotizzò le sue pecore e cominciò a suggerire loro che erano immortali e che l’essere scuoiate non poteva fare loro alcun male, che tale trattamento, al contrario, era per esse buono e persino piacevole; poi aggiunse che egli era un buon pastore, che amava talmente il suo gregge da essere disposto a qualsiasi sacrificio nei loro riguardi; infine suggerì loro che se doveva capitare qualcosa, non poteva in ogni caso capitare in quel momento e nemmeno in quel giorno, e per conseguenza non avevano di che preoccuparsi. Dopo di che il mago introdusse nella testa delle pecore l’idea che esse non erano affatto pecore; ad alcune disse che erano leoni, ad altre che erano aquile, ad altre ancora che erano uomini o che erano maghi. Ciò fatto, le pecore non gli procurarono più né noie né fastidi. Esse non lo fuggivano più, ma attendevano serenamente l’istante il cui il mago avrebbe preso la loro carne e la loro pelle.”
(G.I. Gurdjieff)
“Ti darò un sacro segreto. Ci sono due correnti, due fiumi. Tu devi attraversare da uno all’altro; sei come il pesce il cui elemento naturale è l’acqua e che è costretto a vivere nell’aria. C’è la corrente abituale che è la vita ordinaria nella quale vivi, e poi in te deve esistere l’altra corrente, che è la tua vita interiore. Devi imparare a vivere in entrambe le correnti contemporaneamente. Finora hai avuto contatto con te stesso solo quando eri da solo, va bene, ora devi imparare con gli altri. Quando sei con una persona, rimani nella tua propria corrente, la tua corrente interiore.”
(G.I. Gurdjieff)
“Gli ostacoli alla crescita dell’Essenza sono contenuti nella personalità.”
(G.I. Gurdjieff)
“Coloro che vivono come porci moriranno come cani.”
(G.I. Gurdjieff)
“Il più grande errore è credere che l’uomo abbia un’unità permanente. Un uomo non è mai uno. Continuamente egli cambia. Raramente rimane identico, anche per una sola mezz’ora.”
(G.I. Gurdjieff)
“È riduttivo parlare di magia nera, bianca, rossa, etc… non vi è, infatti, né magia rossa, né verde, né gialla. Vi è “fare”. Solo “il fare” è magico. E solo colui che può “Essere” può anche “Fare”. Tuttavia l’illusione suprema dell’uomo è la sua convinzione di poter fare. Tutti pensano di poter fare, ma nessuno fa niente. Tutto accade.”
(G.I. Gurdjieff)
“L’uomo non ha un Io individuale, al suo posto vi sono centinaia e migliaia di piccoli io separati che il più delle volte si ignorano, non hanno alcuna relazione, o, al contrario, sono ostili gli uni agli altri, esclusivi ed incompatibili. L’uomo è una pluralità. Il nome dell’uomo è legione. L’alternarsi di questi io, le loro lotte manifeste, di ogni istante, per la supremazia, sono comandate dalle influenze esteriori accidentali. Un piccolo io accidentale può, a un certo momento, fare una promessa, non a se stesso, ma a qualcun altro, semplicemente per vanità o per divertimento. Vite intere trascorrono così, per regolare dei debiti contratti da piccoli io accidentali. La Volontà vera esiste soltanto quando un solo Io governa, quando c’é un “padrone” nella casa. Un uomo comune non ha “Padrone”. Egli é governato ora dalla mente, ora dai sentimenti e ora dal corpo. Spesso l’ordine arriva dall’apparato formatorio e ancora più spesso quest’uomo riceve gli ordini dal centro sessuale. La nostra volontà é la supremazia di un desiderio su un altro. La libera volontà é la funzione del padrone in noi.”
( G.I. Gurdjieff)
“Gli esseri umani credono a tutto quel che sentono dire invece di credere soltanto a quello che hanno potuto riconoscere direttamente attraverso una giudiziosa riflessione, maturata da un “dibattito comparativo” fra tutti i dati già immagazzinati in loro.”
( G.I. Gurdjieff)
“L’uomo, come tutte le altre creature viventi, è sostanzialmente un trasformatore di energia che verrà riassorbito a suo tempo nel substrato indifferenziato dell’ecologia cosmica. Tuttavia, a differenza di altre creature, egli può scegliere se partecipare a tutto ciò in maniera attiva oppure passiva. La vita ci è data per uno scopo elevato e tutti insieme siamo tenuti a servirlo; in ciò consiste la nostra ragion d’essere. Tutti gli uomini senza esclusione sono schiavi di questa grandezza. Immaginiamo il rapporto esistente tra una cellula microscopica e il nostro corpo intero. La presenza o l’assenza di una cellula non cambia niente nella vita del corpo. Noi non possiamo esserne coscienti e questo non può avere influenza sulla vita e le funzioni dell’organismo. Esattamente nello stesso modo un individuo distinto è troppo piccolo per influenzare la vita dell’organismo cosmico, con il quale egli si trova (per quanto riguarda le dimensioni) nello stesso rapporto che una cellula ha con il nostro intero organismo.”
(G.I. Gurdjieff)
“Possiamo dire, senza alcuna esagerazione, che tutte le differenze che si notano tra gli uomini si possono riportare a differenze nei livelli di coscienza dei loro atti. Tutta la nostra visione del mondo cambia in relazione al nostro livello di consapevolezza. Più alto esso è, più la comprensione del mondo è vasta; più è basso, più essa scende fino al punto dell’identificazione, che vuol dire essere completamente focalizzati solo su una cosa; il massimo della limitazione percettiva.”
(G.I. Gurdjieff)
“Dobbiamo sempre partire da noi stessi, prendere noi stessi come esempio perchè noi non possiamo vedere l’altro attraverso al maschera che porta possiamo vedere l’altro soltanto se conosciamo noi stessi perchè interiormente gli uomini sono tutti uguali, gli altri sono come noi.”
(G.I. Gurdjieff)
“Non dimenticate mai che un bastone ha sempre due capi. Che il diavolo può condurvi in paradiso e Dio direttamente all’inferno. Le rose più belle hanno le spine, ed è questo il loro valore.”
(G.I. Gurdjieff)
“Non conoscendo le leggi cui è soggetta la sua opera, l’uomo s’illude di essere lui ad agire, a fare, a costruire, a decidere; non si rende conto di essere dominato, nelle sue scelte, da forze superiori; non vede che cosa lo induce a muoversi in un modo piuttosto che in un altro, a ripetere ciclicamente le stesse operazioni; non riconosce il suo grado di meccanicità, il suo stato di letargia, di autoipnosi, di automistificazione.
In genere l’uomo ha soltanto desideri, e ciò che chiamiamo una volontà forte o debole non è altro che la permanenza più o meno forte dei nostri desideri. La volontà autentica è un potere derivato non tanto dai vari desideri, di regola contraddittori, appartenenti ai diversi “io”, ma derivato dalla coscienza e governato da un io unico e permanente. Soltanto questa volontà agisce e trasforma; può essere definita libera, perché è indipendente dal caso e non può essere modificata o diretta dall’esterno.”
(G.I. Gurdjieff)
“In generale, oggi l’educazione si limita a formare la mente. Il bambino viene costretto ad imparare a memoria delle poesie come un pappagallo, senza capirci niente; e quando ci riesce, i genitori sono contenti. A scuola, dopo aver superato gli esami “con lode”, il ragazzo continua a non capire e a non sentire niente. Rispetto allo sviluppo della mente egli è un adulto di quarant’anni, ma nell’essenza resta un bambino di dieci. Con la mente non ha paura di nulla, ma nell’essenza è un pusillanime; la sua vita interiore è abbandonata a se stessa senza alcuna direzione. La sua morale è puramente automatica, esclusivamente esteriore. Proprio come ha imparato a ripetere le poesie a memoria, così si comporta con la morale. Se un uomo è sincero con se stesso deve ammettere che anche gli adulti, come i bambini, sono privi di morale. La nostra morale è del tutto teorica e automatica. Al bambino si insegna così: “Se qualcuno ti porge la mano, devi comportarti in questo modo”. Tutto ciò è puramente meccanico. In “questo” caso devi fare “quello”. E le cose, una volta fissate, non cambiano più. L’adulto non è diverso. Se qualcuno gli pesta un callo, reagisce sempre allo stesso modo. Gli adulti sono come i bambini e i bambini sono come gli adulti: entrambi reagiscono. La legge esige che i vostri bambini vadano a scuola. Ci vadano pure! Ma voi che siete i genitori, non dovete accontentarvi della scuola. Per esperienza sapete che la scuola fornisce solo nozioni, informazioni, ch’essa sviluppa un solo centro. Dovete quindi sforzarvi di rendere vive quelle nozioni, di colmare le lacune. È un compromesso, ma ogni tanto un compromesso è meglio di niente.”
(G.I. Gurdjieff)
“Ciò che un uomo pensa di se stesso corrisponde a ciò che egli è in realtà? Qui ci sono un medico, un ingegnere, un artista. Essi sono realmente ciò che noi pensiamo che siano? Possiamo ritenere che la personalità di ciascuno di essi sia assimilabile alla professione, all’esperienza che tramite la professione, o per la sua preparazione, essi hanno acquisito?”
(G.I. Gurdjieff)
“Più sono difficili le condizioni di vita, più sono buoni i risultati del lavoro, sempre ammesso che ti ricordi il lavoro.”
(G.I. Gurdjieff)
“In questo momento della mia vita, al declinare degli anni, dopo aver avuto a sazietà tutto ciò che l’esistenza poteva offrire ad un essere umano e dopo essermi in tal modo completamente disilluso e divenuto imparziale riguardo a tutto, proclamo ora alle orecchie di tutti che: la causa fondamentale di tutte le incomprensioni che sorgono sia nel mondo interiore dell’uomo, sia nei processi di vita in comune tra le persone, è principalmente quel fattore psichico che si forma nell’essere dell’uomo durante il periodo dell’età preparatoria esclusivamente a causa di una cattiva educazione, e la cui stimolazione nel periodo dell’età responsabile fa nascere in lui gli impulsi di Vanità e Presunzione. Affermo categoricamente che la felicità e la coscienza di sè, che dovrebbero esistere sia nell’uomo reale sia in una comune esistenza pacifica tra le persone dipendono dall’assenza in noi del sentimento della Vanità e Presunzione. Il mio più sincero desiderio a questo proposito è che ogni uomo che si sforza di giustificare di fronte alla Grande Natura il suo destino in quanto uomo, e non solo in quanto animale, quel destino assegnato tra tutti gli Esseri della Terra proprio a lui che si comporta come dovrebbe, possa in seguito vedere, tramite i miei scritti, i mezzi che lo aiutino a sradicare dalla sua totalità l’insieme di quei dati in lui cristallizzati che generano ogni tipo di sentimenti di Vanità e di Presunzione.”
(G.I. Gurdjieff – Il Nunzio del Bene Venturo)
“Il corpo vive nello spazio e nel tempo, soggetto alla materia, all’illusione e ai sensi. Lo spirito vive nell’eternità e nella verità. L’anima deve unirli insieme. Il momento presente è il punto di fuga dalla prigione tridimensionale dello spazio e del tempo. Perchè in questo momento presente, “ricordando se stessi”, ci si può mettere in contatto con un luogo fuori dal tempo, eterno. È lì ma bisogna prenderne coscienza, bisogna sentirlo, viverlo. La coscienza è la voce dello spirito che penetra attraverso l’anima verso il corpo, quando i tre stanno “vibrando” insieme. Il “ricordo di sè” fa si che corpo, anima e spirito siano momentaneamente allineati. Ecco perchè nei momenti di “ricordo di sè” non c’è tempo, nè paura, nè dubbio ma solo pura coscienza, silenzio e voce della coscienza. Quando si perde il “ricordo di sè”, il tempo, la paura e il dubbio tornano immediatamente. Il corpo è connesso attraverso l’anima allo spirito, che è fuori dal tempo, immortale. Così tutto ciò che è certezza appartiene allo spirito, tutto ciò che è lotta appartiene all’anima. L’anima è il ponte tra corpo e spirito, tra terra e cielo. Coloro che vivono interamente nei corpi, negli impulsi e nella vanità, si può dire che non hanno un’anima, o che la loro anima è addormentata.”
(Rodney Collin, L’Armonia Cosciente)
“Penso che il divieto di usare alcol, tabacco e altre sostanze non appartenga al vero esoterismo, ma piuttosto allo pseudo esoterismo. Perchè nel vero esoterismo tutto dipende non tanto da ciò che viene fatto esternamente, ma da come viene fatto, per quale motivo, e così via. Quindi molte cose apparentemente molto innocenti possono essere in realtà più pericolose e illegali in un dato momento e per certi tipi di persone, perchè sono meccaniche. Mentre altre cose e azioni che molte persone disapprovano potrebbero al contrario essere utili e persino essenziali, se c’è un significato e una consapevolezza dietro il loro uso. Nell’esoterismo le cose non sono come sembrano.”
(Rodney Collin, L’Armonia Cosciente)
“Nella Parabola del Lavoro del Cavallo, la Carrozza e il Cocchiere, ci paragonano con il Cocchiere che seduto in una taverna, sperpera tutto il suo denaro nel bere. Proprio così, è profondamente addormentato nelle illusioni, nei piaceri, negli odi e nelle fantasie, nel cui livello tutte le sue energie si disperdono senza nessun freno. Dimentica che fu creato come Cocchiere e che realmente ha una vera Carrozza e un Cavallo che lo aspetta, ma oltre o sopra il livello dello stato in cui si è abbandonato, fuori dalla taverna. Le sue energie finiscono nella taverna, mentre invece dovrebbe avere un piano per farle fluire nel Cavallo e nella Carrozza innanzitutto, e spostare tutto l’eccedente non usato ad uno scopo inferiore. Ma affinché questo succeda, il Cocchiere deve svegliarsi leggermente ed andare alla finestra con passi vacillanti e guardare fuori, per così dire, la visione esterna ed avrà bisogno di molti anni per comprenderla, e tuttavia saranno necessari molti anni per ottenere la forza della comprensione che gli permetta di lasciare la taverna e cominciare ad andare, pensare ed agire fuori da essa. Considerate che in questa Parabola sono rappresentati due livelli, l’inferiore nella Taverna, il superiore da ciò che sta fuori da essa. Il Cocchiere deve traslocare da una all’altra, ma, come evidenziato, è una questione di tempo. Dipende dall’azione graduale del lavoro su una persona, in modo tale che quello che sta più in basso, che è più facile, e così più meccanico in lui, inizi ad essere sgradevole. Perché se il sapore continua ad essere lo stesso, l’uomo continua ad essere lo stesso.”
Maurice Nicoll, Commentari Psicologici)
“Bene, perché esiste una parabola? Perché l’insegnamento dei Vangeli s’impartisce in forma di parabole? Sono immagini visive. Il cavallo capisce le immagini visive, il cocchiere comprende le parole, e la parabola mette in relazione ambedue. Le immagini visive sono un linguaggio universale. È il linguaggio dei segni. Il cavallo capisce soltanto il linguaggio universale delle immagini visive. Per questo, se sì vuole controllare il cavallo con la mente , è necessario visualizzare e non semplicemente pensare.”
(Maurice Nicoll, Commentari Psicologci)
“L’essere umano è simile ad una carrozza in cui:
il carro rappresenta il corpo fisico
i cavalli rappresentano le emozioni
il cocchiere rappresenta la mente
il padrone che sta all’interno della carrozza rappresenta l’ESSENZA (anima)
LE CONDIZIONI DEL CORPO FISICO (il carro) dipendono dall’opera di manutenzione che vi presta un cocchiere intelligente, ma anche dal modo in cui esso è trainato dai cavalli. Giacché le condizioni del nostro corpo fisico sono facilmente osservabili e misurabili, esso potrà fornire preziose indicazioni sul grado di padronanza posseduta dal cocchiere sull’insieme del suo tiro.
LE EMOZIONI (i cavalli) Nel termine “emozione” è contenuta la parola “mozione”, cioè moto, movimento. Sono le emozioni che permettono la messa in movimento e questo attraverso il fenomeno del desiderio. Anche se i desideri possono essere molto diversi, ciò non toglie che le emozioni costituiscano essenzialmente un vasto serbatoio d’energia accessibile ad ogniparte di noi. E’ proprio per questo che, in questa analogia, il cavallo rappresenta le emozioni: è lui che possiede l’energia necessaria per tirare il carro, il che lo rende essenziale per la realizzazione del viaggio.
IL COCCHIERE rappresenta la mente. Le funzioni del cocchiere sono in linea di massima queste: trasmettere al padrone del carro le informazioni che provengono dall’esterno; ascoltare gli ordini del padrone in risposta alle informazioni trasmesse. Dominare fermamente i cavalli per guidarli nella direzione indicata dal padrone del carro e prendersi cura con intelligenza del carro.
L’ESSENZA (l’anima, il sé superiore) è il padrone del carro. Comprendiamo quindi quanto sia importante il ruolo della mente, visto che è destinata a fungere da legame fra l’Essenza(anima) e la personalità, (ego), affinché quest’ultima possa esprimere concretamente la volontà del Padrone (cioè dell’Essenza) in questo mondo. Il collegamento tra l’anima e il cocchiere è quello più sottile in assoluto, cioè solo la voce. Il sentire la voce dell’anima si riferisce proprio a questo: l’anima fatica a comunicare con il cocchiere, cioè con il centro intellettuale, proprio perché il collegamento è molto sottile.
Questa analogia evidenzia un elemento molto importante delle emozioni: il comportamento del cavallo dipende essenzialmente dal modo in cui esso è condotto dal cocchiere, il che significa che i nostri stati emozionali sono in gran parte dovuti ai nostri pensieri e non a ciò che succede fuori di noi, come invece siamo abituati a credere.”
“Quando l’individuo incomincia a diventare cosciente di non essere padrone di se stesso, di vivere come uno zombi con il cervello annebbiato, ecco che si mette a considerare le varie strade che può percorrere per tentare di svegliarsi. Solitamente un uomo che cerchi il risveglio, anche se è colto e intelligente, si trova in una situazione quasi senza speranza. Il punto di partenza è la presa di coscienza della condizione disastrosa nella quale ci troviamo, primo perché non riconosciamo neppure il nostro stato di sonno; secondo, perché, anche quando ne siamo consapevoli, non sappiamo che cosa fare per uscirne. La via è data dallo sforzo cosciente e dalla sofferenza volontaria. Lo sforzo cosciente è attenzione, presenza, ricordo di sé; la sofferenza volontaria è invece l’abbandono delle proprie certezze, delle proprie opinioni, della propria affermazione meccanica di se stessi, del desiderio di rassicurazione, del conforto intellettuale del proprio senso di sé con le sue pretese di importanza e di onniscienza. L’importante in questo lavoro è la lotta interiore. Senza di essa passerà il tempo e non vi sarà alcun cambiamento. Dobbiamo imparare a non identificarci dentro, e recitare un ruolo all’esterno. Senza essere forti all’esterno, è impossibile essere forti dentro, e viceversa. Un ruolo è una sorta di croce a cui bisogna essere inchiodati per imparare ad essere attenti senza tregua; è come essere fissati in una cornice che rappresenta il proprio limite. Devo essere cosciente di questo limite, riconoscerlo. Posso allora essere ciò che sono all’interno di questa cornice. Senza il limite del ruolo non è possibile alcuna forza o concentrazione. In questo modo la mia vita esterna diventa come un rito, un servizio per quella interna. L’essenza è la nostra parte più autentica e originale, mentre la personalità è qualcosa di costruito e di posticcio, ossia tutto ciò che viene dalla cultura, dall’educazione, dall’imitazione, dalla tradizione. Come direbbe lo zen, si tratta di scoprire il nostro volto prima della nascita. Tuttavia tale scoperta non dipende soltanto da ciò che possiamo sapere, ma soprattutto da come riusciremo a utilizzare queste conoscenze per sviluppare il nostro essere, la nostra essenza.”
(Maurice Nicoll, Commentari Psicologci)
“Esistono menti che si interrogano, che desiderano la verità del cuore, la cercano, si sforzano di risolvere i problemi generati dalla vita, cercano di penetrare l’essenza delle cose e dei fenomeni, e di penetrare in loro stesse. Se un uomo ragiona e pensa bene, non ha importanza quale cammino egli segua per risolvere questi problemi, deve inevitabilmente ritornare a se stesso, ed incominciare dalla soluzione del problema di che cosa egli stesso sia e di quale sia il suo posto nel mondo attorno a lui.”
(G.I. Gurdjieff)
-Gaming Channel: ... Da Wikipedia, l'enciclopedia libera. Jump to navigationJump to search Georges Ivanovič Gurdjieff Georges Ivanovič Gurdjieff (in armeno: Գեորգի Գյուրջիև?, traslitterato: Georgi Gyowrǰiew; in russo: Георгий Иванович Гурджиев?, traslitterato: Georgij Ivanovič Gurdžiev; in greco Γεώργιος Γεωργιάδης, traslitterato Geórgios Georgiades, romanizzato in Georges Gurdjieff, [ʒɔʁʒ ɡyʁdˈʒjɛf]; Gyumri, 14 gennaio 1872[1] – Neuilly-sur-Seine, 29 ottobre 1949) è stato un filosofo, scrittore, mistico e musicista maestro di danze armeno, di origine greco-armena. Visse a lungo in Turchia e in Francia. Il suo insegnamento combina sufismo, scuola mistica dell'Islam (in particolare studi sulle danze sacre dei dervisci), e altre tradizioni religiose (cristianesimo, sikhismo, buddhismo, induismo), esoterismo e filosofia, ma non può considerarsi un sistema sincretico. La sua ricerca, infatti, guarda allo scopo ultimo di tutte le religioni, ma non realizzando mai una miscellanea: lo scopo ultimo è la coscienza e il "risveglio", favorendo il superamento degli automatismi psicologici ed esistenziali che condizionano l'essere umano. L'insegnamento fondamentale di Gurdjieff è che la vita umana è ordinariamente vissuta in uno stato di veglia apparente prossimo al sogno; e per trascendere lo stato di sonno elaborò uno specifico metodo per ottenere un livello superiore di vitalità, per giungere al ricordo di sé. Le sue tecniche non sono affidate a libri e vengono ancor oggi impartite da discepoli qualificati della sua Scuola. Nei testi, infatti, emerge solamente la parte "teorica" dell'insegnamento di Gurdjieff. Dopo aver attratto a sé un consistente numero di allievi e discepoli tra i quali vi erano persone del milieu filosofico e artistico russo, G. fondò una scuola per lo sviluppo spirituale, chiamata Istituto per lo Sviluppo Armonico dell'Uomo. Gurdjieff fu noto anche come insegnante di danze sacre, i cosiddetti Movimenti, ad uso esclusivo dei suoi allievi. La Scuola, una volta trasferitasi a Parigi, prese il nome di Institut Gurdjieff, nome che tuttora mantiene e che rappresenta il nucleo centrale della Fondazione Gurdjieff. Negli anni, l'insegnamento di Gurdjieff ha influenzato diversi personaggi della cultura occidentale: fra questi, uno dei più importanti architetti statunitensi del XX secolo: Frank Lloyd Wright, che sposò in seconde nozze Olgivanna Hinzenberg, già allieva di Gurdjieff, la quale gli tributò un pubblico riconoscimento durante un congresso svoltosi dopo la sua morte. Suoi allievi furono anche la scrittrice Pamela Lyndon Travers, nota per avere creato il personaggio di Mary Poppins e René Daumal, scrittore francese che entrò in contatto con le sue idee, negli ultimi anni della propria esistenza, mediante Alexandre Gustav Salzmann; inoltre la celebre poetessa e narratrice Katherine Mansfield che, affetta da tubercolosi, volle passare l'ultimo periodo della sua vita accanto al Maestro, vivendo quasi come un'eremita in una casetta che Gurdjieff le aveva offerto nella propria tenuta di Avon, nei pressi di Fontainebleau. L'influenza gurdjieffiana è presente anche nella pedagogia, col "Modello educativo Etievan", adattato, sulla base di iniziali indicazioni del Maestro, da Nathalie de Salzmann de Etievan (figlia di Alexandre e Jeanne de Salzmann) e applicato in diversi collegi del Sudamerica (diffusi tra Venezuela, Cile e Bolivia). Dalle idee di Gurdjieff hanno tratto spunti musicisti contemporanei quali Franco Battiato e Keith Jarrett e anche vari pensatori del milieu New Age. Indice 1 Biografia 1.1 Gli inizi 1.2 L'arrivo nell'Europa occidentale 1.3 Influenza postuma 2 Pensiero 2.1 La "Quarta Via" 2.2 Il lavoro di gruppo 3 Controversie e critiche 4 Opere 5 Note 6 Bibliografia 7 Voci correlate 8 Altri progetti 9 Collegamenti esterni Biografia Gli inizi Gurdjieff nasce in una data imprecisata (egli avrebbe indicato la mezzanotte all'inizio del giorno del nuovo anno, cioè del 14 gennaio) tra il 1866 e il 1877 nella città di Alexandropol nell'Armenia russa (oggi Gyumri, Repubblica di Armenia) da padre greco (che insieme ad altre professioni è anche “ashukh”, cantastorie) e madre armena.[2] Alcuni autori (come James Moore) optano per il 1866. Sia l'amica Olga de Hartmann che la segretaria Louise Goepfert March, credevano che fosse nato nel 1872. Un passaporto indicava il 28 novembre 1877, ma non coincide con quello da lui sostenuto. Sulla pietra tombale è comunque incisa la data del 1872.[3] Dopo che la famiglia si trasferisce nella città turca di Kars, Gurdjieff riceve un'educazione religiosa dal suo tutore, il decano Borsh, con cui studia medicina e ingegneria, e prende in considerazione il sacerdozio nella chiesa ortodossa.[2] Dall'estate del 1885 comincia un lungo percorso in diverse tradizioni spirituali, in particolare quella sufi. Il suo viaggio di ricerca iniziò a Costantinopoli (oggi Istanbul) per studiare i dervisci Mevlevi e Bektaşi.[2] Tra il 1887 e il 1907 forma un gruppo chiamato "Cercatori della verità", compie numerosi viaggi in Medio Oriente, in India, che lo portano dall'Asia Centrale fino al Tibet (dove assiste al massacro dei tibetani da parte dei britannici a Guru e alla successiva conquista di Lhasa). Il motivo (o la suggestione) che lo spinge a continuare il suo pellegrinaggio per vent'anni è la ricerca di una misteriosa "Confraternita di Sarmoung", ipoteticamente sviluppatesi nel 2500 a.C. in Babilonia, di cui aveva trovato un riferimento nel 1886. Egli conduce anche ricerche di antichi documenti egizi.[2] Gurdjieff racconta (in modo romanzato e metaforico) questo periodo della sua vita nel romanzo autobiografico Incontri con uomini straordinari da cui, nel 1978, il regista Peter Brook ricaverà l'omonimo film.[2] Nel 1907, a Tashkent, inizia a insegnare "Scienze Soprannaturali". Nel 1912 forma un primo gruppo a Mosca, e nel 1913 un altro a San Pietroburgo. Secondo un suo racconto, in questo periodo si sostentò anche con lavori bizzarri e talvolta truffaldini, tra cui il venditore di uccelli, in cui spacciava per preziosi canarini uccelli di valore inferiore.[4] Nel 1915, Gurdjieff accetta Pëtr Dem'janovič Uspenskij (autore del Tertium Organum, un trattato sulla natura dell'universo) come allievo a Mosca. Uspenskij, uomo di cultura e scrittore, fu il tramite per il pensiero di Gurdjieff in Occidente e avrebbe in seguito testimoniato nel libro Frammenti di un insegnamento sconosciuto (tradotto in Italiano da Henri Thomasson) l'esperienza dell'insegnamento di Gurdjieff. Gurdjieff nel 1922 Nel 1916 e 1917 entrano nel gruppo anche il compositore e pianista Thomas de Hartmann e sua moglie Olga Arkadievna de Hartmann. A de Hartmann Gurdjieff detterà varie composizioni per pianoforte che vennero pubblicate a nome di entrambi.[2] Dopo la rivoluzione russa Gurdjieff si rifugia a Essentuki vicino al Mar Nero, dove inizia a sperimentare con alcuni allievi il suo "Laboratorio di Consapevolezza", spostandosi poi in altre località fra cui Tiflis (oggi Tbilisi), in Georgia. Qui nel 1919 Gurdjieff incontra l'artista Alexandre Gustav Salzmann e la moglie Jeanne Matignon de Salzmann, che aveva studiato danza sotto la guida di Émile Jacques-Dalcroze.[2] In collaborazione con Jeanne, Gurdjieff elabora i suoi “movimenti”, o danze sacre, che presenta per la prima volta a Tiflis nel giugno 1919. Nello stesso anno costituisce l'Istituto per lo Sviluppo Armonico dell'Uomo.[2] Nel 1920 Gurdjieff e l'Istituto per sfuggire alla guerra civile si trasferiscono a Costantinopoli (oggi Istanbul).[2] L'arrivo nell'Europa occidentale Il 24 novembre 1921 Gurdjieff tiene a Berlino la sua prima conferenza europea. Nel frattempo Uspenskij in Inghilterra aveva divulgato il lavoro di Gurdjieff raccogliendo attorno a sé molti allievi. Gurdjieff acquistò la tenuta di le Prieuré des Basses Loges a Fontainbleu-Avon, alle porte di Parigi, dove si stabilisce nel 1922. Al Prieuré fonda una grande Casa di Studi in cui vissero e lavorarono accanto a lui artisti, scrittori, pittori, matematici, filosofi, architetti, musicisti, e ogni genere di individui, impegnati in una seria e profonda ricerca interiore. Qui organizzò una vera e propria comunità indipendente con pascoli, coltivazioni, diverse attività lavorative orientate ad un "intenso lavoro su di sé". I "Movimenti" o "danze sacre" erano il coronamento del suo insegnamento.[2] Le serate di musica e Movimenti organizzate da Gurdjieff riscuotono interesse tra numerosi intellettuali anche oltre i confini europei, tanto da organizzare nel 1924, e negli anni successivi, diverse tournée negli Stati Uniti.[2] Sempre nel 1924 ebbe un gravissimo incidente automobilistico che quasi lo uccise, e al quale fece seguito una lunga e dolorosa convalescenza, assistito dalla moglie e dalla madre (morta di cancro nel 1926). Questo cambiò anche l'orientamento del suo lavoro.[2] Gurdjieff nel periodo tra il 1925 e il 1935 Gurdjieff deve lasciare il Prieuré nel 1932, e lo perde definitivamente a causa di difficoltà economiche nel 1933. Allo scoppio della seconda guerra mondiale, Gurdjieff abita in un piccolo appartamento in Rue des Colonels-Renard al numero 6, e si rifiuta di abbandonare Parigi quando le truppe tedesche la occupano. Pare che sia riuscito a intessere rapporti anche con gli occupanti.[2] Gurdjieff continua tuttavia a insegnare le sue idee e le sue tecniche nella Parigi occupata e nei frequenti viaggi negli Stati Uniti. Nel 1924 fondò dei gruppi negli Stati Uniti diretti da Alfred Richard Orage. Iniziò a scrivere una serie di opere con lo scopo di trasmettere i fondamenti del suo insegnamento per le generazioni a venire.[2] Negli anni 1936-1937 anima il gruppo "La Corda" (The Rope), costituito da scrittrici americane lesbiche, fra cui Margaret Anderson e Jane Heap, che erano state le fondatrici della Little Review a New York.[2] Dopo la fine della Guerra, dal 1945 l'opera di Gurdjieff è volta a riunire tutti i propri allievi sparsi per il mondo (Parigi, Londra, New York), dando vita a un intenso periodo di lavoro nell'appartamento parigino di Rue des Colonels-Renard.[2] Gurdjieff sul letto di morte Nel 1948 le sue condizioni di salute si aggravano. Muore il 29 ottobre 1949 all'Ospedale Americano di Neuilly, dopo avere trasmesso le sue ultime istruzioni a Jeanne de Salzmann.[2] È lei, a partire dal 1950, seguendo le istruzioni del Maestro, a organizzare i tanti gruppi di allievi nella Scuola diffusa in tutto il mondo e nota ancora oggi sotto il nome Gurdjieff Foundation, i cui centri principali sono Parigi ("Institut Gurdjieff"), New York ("Gurdjieff Foundation"), Londra ("The Gurdjieff Society") e Caracas ("Fundaciòn Gurdjieff Caracas"), e che è presente anche in Italia con il nome di "Associazione o Centro Italiano Studi sull'Uomo G.I. Gurdjieff" e le sedi di Milano, Torino, Roma, Palermo, Cagliari. Dopo Jeanne de Salzmann, sarà suo figlio Michel de Salzmann ad occuparsi a livello internazionale della Scuola, fino alla sua morte avvenuta nel 2001. L'organizzazione denominata The Gurdjieff Foundation è dunque l'espressione delle Scuole di Parigi, New York, Londra e Caracas, che vennero create seguendo le dirette istruzioni di Georges Ivanovitch Gurdjieff. Scopo dell'Associazione Internazionale delle Fondazioni Gurdjieff, definita a volte semplicemente come "la Scuola di Gurdjieff", è di preservare l'essenza, la specificità e l'integrità dell'insegnamento del maestro. Influenza postuma Sono numerosi gli allievi anziani di Gurdjieff ad aver continuato il proprio lavoro all'interno della Fondazione dopo la sua morte. Fra questi, si ricordano Olga Arkadievna de Hartmann, Henri Tracol, Henriette Lannes, William Segal, John Pentland, Michel De Salzmann, William Welch, Louise Welch e molti altri. In Italia, l'organizzazione è stata costituita a partire dai primi anni settanta da Henri Thomasson. Le teorie di Gurdjieff furono trattate anche dal famoso mistico e guru indiano Osho Rajneesh - che non ha mai avuto contatti diretti né con lui, né con il suo insegnamento - (riprese in particolare l'uso del corpo e del movimento, la necessità di creare meditazioni adatte all'uomo moderno e occidentale e alcuni comportamenti appositamente provocatori), che tuttavia giudicò il sistema del filosofo armeno "incompleto".[5] Fra i discepoli e gli estimatori più noti, vi sono il regista teatrale inglese Peter Brook - il cui film Incontri con uomini straordinari e la sua autobiografia I fili del tempo riportano ampie testimonianze della sua vicinanza all'insegnamento di Gurdjieff, il musicista e compositore Laurence Rosenthal, il regista e produttore Jean Claude Lubchanski, il polistrumentista e compositore britannico Robert Fripp (fondatore dei King Crimson), il cantautore e regista Franco Battiato (riferimenti alle tematiche del filosofo e mistico armeno si trovano ad esempio in gran parte della sua produzione musicale, fra cui brani come Shock in my Town, Centro di gravità permanente, Chanson Égocentrique, e Voglio vederti danzare), la cantante Alice, il pianista e compositore Roberto Cacciapaglia, la cantautrice Giuni Russo, il politico e imprenditore Gianroberto Casaleggio[6], il cantante e compositore inglese David Sylvian. Nel 2017 il duo futurista di musica elettronica Die Zwei inserisce un omaggio nel loro album "Eins" con la traccia omonima "Gurdjieff". La pianista e compositrice Alessandra Celletti ha dedicato a Gurdjieff un album nel 1998 intitolato Hidden Sources[7] e nel 2018 un nuovo album dal titolo Sacred Honey.[8] Pensiero Gurdjieff affermò che l'uomo non nasce con un'anima, ma che la deve creare durante l'arco della sua vita, altrimenti «morirà come un cane», ossia senz'anima. Per "anima", egli si riferiva alla coscienza superiore, distinta dalla coscienza ordinaria degli esseri umani, definita come una forma di sonno, sostenendo che gli stati di coscienza superiori sono possibili. Fece riferimento allo strumento dell'attenzione come mezzo per accedere a nuove percezioni ed al "ricordo di sé". Insegnò attraverso lo strumento delle "danze sacre" o "movimenti" di gruppo, accompagnati da musiche composte in collaborazione con il musicista Thomas de Hartmann, musiche che Gurdjieff compose ispirandosi a ciò che aveva sentito e assimilato durante i suoi viaggi.[9] La "Quarta Via" Magnifying glass icon mgx2.svg Lo stesso argomento in dettaglio: Quarta Via. Gurdjieff propose una sua personale classificazione delle tradizioni spirituali esistenti[9]: La prima via, la "Via del Fachiro" (di derivazione sufi e indù), basata principalmente su un lavoro sul corpo. La seconda, la "Via del Monaco" (di derivazione cristiana), basata principalmente su un lavoro sul sentimento. La terza, la "Via dello Yogi" (di derivazione indù, buddhista e sikh), basata principalmente su un lavoro sulla mente. Secondo Gurdjieff[9], le "vie" tradizionali per lo sviluppo interiore dell'uomo risultano inadatte alla vita dell'uomo occidentale, in quanto richiedono l'abbandono della vita ordinaria per dedicarsi interamente ad esse.[9] La Quarta Via (termine introdotto da Ouspensky, in quanto Gurdjieff usava solo l'espressione "lavoro su di sé"), la "via dell'uomo astuto", pone l'accento sull'armonizzazione dell'uomo in tutte le sue parti costituenti, permettendogli di poter continuare la propria vita quotidiana normalmente. La sua particolarità consiste nell'essere attiva nella vita di tutti i giorni, perché propone l'apprendimento di un sapere antichissimo, tramandato esclusivamente oralmente e per pratica diretta, con il quale l'uomo addormentato può risvegliarsi dal suo torpore profondo, iniziare a conoscere se stesso, ed "aprirsi" a quelle zone luminose interiori, inesplorate e sacre, attraverso il primo raggiungimento di una nuova qualità di Essere.[10] «La Quarta Via è diversa dalle altre tre vie perché la richiesta principale che viene fatta ad un uomo è quella di comprendere. Un uomo non deve fare nulla che non abbia compreso, ad eccezione di esperimenti sotto la supervisione diretta del maestro. Più un uomo comprende che cosa sta facendo, maggiori saranno i risultati dei suoi sforzi. Questo è un principio fondamentale della Quarta Via. Il risultato del lavoro è proporzionale alla consapevolezza del lavoro. Nessuna 'fede' è richiesta nella Quarta Via; al contrario la fede di ogni tipo è opposta alla Quarta Via, nella Quarta Via un uomo deve soddisfare se stesso con la verità di quello che è detto, e fino a che non è soddisfatto non deve fare nulla.» (P.D. Ouspensky) Il lavoro di gruppo Pëtr Dem'janovič Uspenskij lo descriveva così: «Esercizi ritmici accompagnati da musica, danze dervisce, esercizi mentali, studio dei diversi modi di respirare e via di seguito. Tra i più impegnativi erano gli esercizi di imitazione di fenomeni (para)psichici: lettura del pensiero, chiaroveggenza, manifestazioni medianiche etc. Prima di iniziare questi ultimi, Gurdjieff ci aveva spiegato che lo studio di questi "trucchi" come li chiamava, era obbligatorio in tutte le scuole orientali, perché era inutile iniziare lo studio dei fenomeni di carattere paranormale senza aver prima studiato tutte le imitazioni e tutte le contraffazioni possibili... Tuttavia il nostro sforzo era indirizzato soprattutto al ritmo, e su strane danze destinate a prepararci ad eseguire in seguito gli esercizi dei dervisci. Gurdjieff non ci diceva né i suoi scopi né le sue intenzioni, ma da quello che aveva detto all'inizio, si poteva pensare che tutto questo mirasse a condurci verso un miglior controllo del corpo fisico.[9]» Controversie e critiche Secondo Pietro Citati, che ha dedicato un saggio a Katherine Mansfield[11], Gurdjieff "emanava una forza sinistra" e "torturava i suoi discepoli". Tra quei discepoli la Mansfield era stata accolta a Fontainebleau, dove incontrò anche la vedova del suo autore prediletto Anton Čechov, durante lo stadio terminale della malattia che la condusse alla morte, secondo Citati a causa delle privazioni e delle pratiche "sciamaniche" a cui si sarebbe sottoposta nella comunità di Gurdjieff, su consiglio del maestro. Restò nella comunità per circa tre mesi, fino alla morte, in una piccola casa messale a disposizione.[12] Ben diversa da quella del saggista italiano è la versione dell'eminente anglista Nadia Fusini, che sulla base di documenti autografi (tra cui i diari e le lettere della Mansfield al marito, pubblicate in un Epistolario tradotto anche in italiano) ha pubblicato una biografia accurata della scrittrice (benché inserita in un romanzo che le fa da cornice)[13]. A Fontainebleau tra danze, meditazioni, lavoro duro, incontri, la grande scrittrice neozelandese decide dove e come morire e scrive nelle sue ultime pagine di diario ”Al Sole va chi morendo pensa al Sole”. Gurdjieff venne però accusato già all'epoca di essere "l'uomo che uccise Katherine Mansfield".[14] Tuttavia autori come James Moore e il contemporaneo (amico di Gurdjieff e conoscente della Mansfield) Piotr Demianovič Ouspensky[15] affermarono che la Mansfield sarebbe comunque morta molto presto dato lo stadio avanzato e incurabile della tubercolosi, e che Gurdjieff rese invece felici e appaganti i suoi ultimi giorni di vita.[16] Secondo alcuni, Gurdjieff indossava appositamente una "maschera di apparente fraudolenza" per percorrere la via che i sufi chiamano la “via di malamat” ossia la "via del biasimo", consistente nello scandalizzare appositamente, come un maestro zen, ad esempio comportandosi anche in maniera incoerente o poco consona.[17] Henri Tracol scrisse che «per esempio, non ha mai esitato a far sorgere dubbi su se stesso con il tipo di linguaggio che usava, con le sue contraddizioni calcolate e col suo comportamento, ad un punto tale che la gente intorno a lui, in particolare chi aveva la tendenza ad idolatrarlo ciecamente, fosse finalmente costretta ad aprire gli occhi sul caos delle sue reazioni».[17] Opere I racconti di Belzebù a suo nipote (Neri Pozza) Incontri con uomini straordinari (Adelphi) La vita è reale solo quando io sono (Neri Pozza) Vedute sul mondo reale (Neri Pozza) Il nunzio del bene venturo (Astrolabio) Incontri con Gurdjieff 1941-1943 (Edizioni Tlon) Incontri con Gurdjieff 1944-1946 (Edizioni Tlon) Note ^ L'anno di nascita è incerto, posto tra il 1866 e il 1877, mentre il 1872 è la data ufficiale secondo l'anagrafe francese, e come tale incisa sulla lapide tombale. James Moore, Chronology of Gurdjieff Life Archiviato il 19 febbraio 2015 in Internet Archive. ^ Georges Ivanovich Gurdjieff (1866–1949) – Find A Grave Memorial, Findagrave.com. URL consultato il 2 marzo 2014. ^ Gurdjieff, G.I: "The Material Question", supplemento a Meetings with Remarkable Men ^ Osho, Kundalini Yoga: In Search of the Miraculous, volume I, p. 208, Sterling Publisher Ltd., 1997 ISBN 81-207-1953-0 ^ Beppe Grillo, Prefazione a G. Casaleggio, Web Ergo Sum, Sperling e Kupfer, Articolo in fondo alla pagina Archiviato il 23 settembre 2015 in Internet Archive. ^ Hidden Sources, così la critica, su www.kha.it. URL consultato il 15 giugno 2018 (archiviato dall'url originale il 9 marzo 2008). ^ | Recensioni – Alessandra Celletti: “SACRED HONEY: GURDJIEFF/DE HARTMANN COLLECTION” | di, su www.distorsioni.net. URL consultato il 15 giugno 2018. Piotr Demianovitch Ouspensky, Frammenti di un insegnamento sconosciuto, edizioni Astrolabio, Roma ^ Capitolo 3: Cos'è la Quarta Via (Maurice Nicoll) Dai Commentari Psicologici sull'Insegnamento di Gurdjieff e Ouspensky (Psychological Commentarie on the Teaching of GURDJIEFF and OUSPENSKY) ^ P. Citati, Vita breve di K. Mansfield, Rizzoli ^ Katherine Mansfield e Gurdjieff, su katherinemansfield.org.uk. URL consultato il 18 luglio 2015 (archiviato dall'url originale il 24 febbraio 2016). ^ Nadia Fusini, La Figlia del Sole. Vita ardente di Katherine Mansfield, Mondadori, 2012. ^ James Moore, Gurdjieff and Mansfield, Routledge & Kegan Paul, 1980, p. 3, ISBN 0-7100-0488-5. ^ P. Ouspensky, In search of the Miraculous, chapter XVIII, p. 392 ^ Ross Fraser, Gabrielle Hope 1916–1962, in Art New Zealand, vol. 30, Winter, Art New Zealand. Walter Catalano, Meeting with a Remarkable Man: George Ivanovic Gurdjieff Bibliografia Annabeth McCorkle, Gli anni di Gurdjieff 1929-1949: Memorie di Louise Goepfert March. 2017. P.D Ouspensky, Frammenti di un insegnamento sconosciuto (Astrolabio) P.D Ouspensky, La quarta via (Astrolabio) Jeanne de Salzmann, La realtà dell'essere (Astrolabio) Henriette Lannes, Ritorno al presente (Libreria editrice Psiche) Fritz Peters, La mia fanciullezza con Gurdijeff,ed ED, 1992 William Segal, Respirare l'istante (Tipheret) John G. Bennett, Gurdjieff. Un nuovo mondo (Astrolabio) John G. Bennett, L'enigma Gurdjieff (Astrolabio) John G. Bennett, L'uomo superiore (Astrolabio) John G. Bennet e Elizabeth Bennett, Idioti a Parigi. Alla scuola di G.I. Gurdjieff, Diari 1949 (Ed. Mediterranee) Nathalie de Salzmann de Etievan, Non sapere è formidabile (Bonanno) Fritz Peters,Alla scuola di Gurdijeff,Editoriale nuova,1983 Kenneth Walker, L'insegnamento di Gurdjieff (Astrolabio) Ravi Ravindra, Un cuore senza limiti (Libreria editrice Psiche) Henri Thomasson, Battaglia per il presente. Diario di una esperienza: 1947-1967 secondo l'Insegnamento lasciato da G.I. Gurdjieff (Libreria editrice Psiche) Tchesslav Tchechovitch, Tu l'amerai. Ricordi di G. I. Gurdjieff (Astrolabio) Dossier H, Georges Ivanovitch Gurdjieff, testi raccolti a cura di Bruno de Panafieu (Edizioni Riza) Thomas de Hartmann, La nostra vita con il Signor Gurdjieff (Astrolabio) James Moore, G.I. Gurdjieff, Anatomia di un mito (Il punto d'Incontro) Giampiero Cara, G.I. Gurdijeff: danze sacre per il benessere (Venexia edizioni) Fabio Guidi, Gurdjieff e la psicosintesi (GalassiaArte edizioni) Carvalho, Olavo de. Quem é Gurdjieff? Robert Earl Burton, Il ricordo di sé. Le tecniche della Quarta via (Astrolabio) Voci correlate Pëtr Demianovič Uspenskij Gurdjieff Foundation Jeanne de Salzmann Nathalie de Salzmann de Etievan Henriette Lannes Henri Thomasson Thomas de Hartmann Franz Anton Mesmer Arte oggettiva Franco Battiato Alessandra Celletti Altri progetti Collabora a Wikiquote Wikiquote contiene citazioni di o su Georges Ivanovič Gurdjieff Collabora a Wikimedia Commons Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su Georges Ivanovič Gurdjieff Collegamenti esterni Sito ufficiale, su gurdjieffarabic.org. Modifica su Wikidata (EN) Georges Ivanovič Gurdjieff, su Enciclopedia Britannica, Encyclopædia Britannica, Inc. Modifica su Wikidata (EN) Georges Ivanovič Gurdjieff, su The Encyclopedia of Science Fiction. Modifica su Wikidata (EN) Georges Ivanovič Gurdjieff, su Find a Grave. Modifica su Wikidata (EN) Opere di Georges Ivanovič Gurdjieff / Georges Ivanovič Gurdjieff (altra versione) / Georges Ivanovič Gurdjieff (altra versione), su Open Library, Internet Archive. Modifica su Wikidata (EN) Bibliografia di Georges Ivanovič Gurdjieff, su Internet Speculative Fiction Database, Al von Ruff. Modifica su Wikidata (EN) Georges Ivanovič Gurdjieff, su Goodreads. Modifica su Wikidata (EN) Georges Ivanovič Gurdjieff, su Discogs, Zink Media. Modifica su Wikidata (EN) Georges Ivanovič Gurdjieff, su MusicBrainz, MetaBrainz Foundation. Modifica su Wikidata (EN) Georges Ivanovič Gurdjieff, su Internet Movie Database, IMDb.com. Modifica su Wikidata Controllo di autorità VIAF (EN) 122368978 · ISNI (EN) 0000 0000 8075 3512 · Europeana agent/base/145443 · LCCN (EN) n81081347 · GND (DE) 118543679 · BNF (FR) cb13894837b (data) · BNE (ES) XX1019406 (data) · NDL (EN, JA) 00441999 · WorldCat Identities (EN) lccn-n81081347 Biografie Portale Biografie Danza Portale Danza Filosofia Portale Filosofia Letteratura Portale Letteratura Musica Portale Musica Religioni Portale Religioni GEORGE GURDJIEFF Mistico e Filosofo del 20esimo Secolo Quando ho capito che [la saggezza antica] … era stata tramandata … di generazione in generazione per migliaia di anni, eppure aveva raggiunto i nostri giorni quasi invariata …. Mi sono pentito di aver iniziato troppo tardi a dare alle leggende dell’antichità l’immenso significato che ora comprendo che hanno. George Gurdjieff Ricevi aggiornamenti via email Email ISCRIVITI PRESENTAZIONE DI GEORGE GURDJIEFF George Ivanovich Gurdjieff fu uno dei maestri spirituali più influenti del ventesimo secolo. Da giovane partecipò a spedizioni alla ricerca di antichi insegnamenti, in parte documentati nel suo libro Incontri con uomini straordinari. Tale ricerca lo portò a trovare una confraternita segreta da cui sembra sia riuscito a venire in possesso di un sistema d’insegnamento unico nel suo genere. Nel 1910 Gurdjieff portò questo sistema in Russia. Trasformò la conoscenza orientale e le esperienze acquisite in un linguaggio comprensibile all’uomo occidentale del XX secolo. Chiamò la sua disciplina la “Quarta Via”, una combinazione dei tre metodi tradizionali del Fachiro, del Monaco e dello Yogi (per saperne di più de La Quarta Via). Tuttavia la rivoluzione bolscevica e la prima guerra mondiale costrinsero Gurdjieff a emigrare e a stabilirsi in Francia, dove fondò “l’Istituto per lo Sviluppo Armonico dell’Uomo”. L’influenza di Gurdjieff si diffuse in tutta Europa e persino in America ma la situazione sociale in declino e la seconda guerra mondiale gli impedirono di istituzionalizzare ulteriormente la sua organizzazione. Fu costretto così a chiudere l’istituto e a dedicarsi nell’ultimo periodo della sua vita alla scrittura dei seguenti libri: La Vita Reale, Del Tutto e di Tutto, Incontri con Uomini Straordinari eI Racconti di Belzebù a suo Nipote. Morì in Francia il 29 ottobre 1949. Gurdjieff Angkor Wat Tempio di Angkor Wat Gurdjieff non parlava molto delle origini del suo insegnamento. Non sentiva il bisogno di rivelare il suo percorso. Non solo sosteneva che le guerre avevano cancellato ogni traccia delle scuole con le quali era venuto in contatto ma che il suo insegnamento non era destinato allo studio accademico, bensì alla trasformazione della conoscenza in pratica. Gurdjieff stesso aveva lavorato duramente per acquisire quell’insegnamento e in tal modo se ne era guadagnato, per così dire, i diritti. Tali diritti dovevano essere conquistati di nuovo da chiunque incontrasse il lavoro gurdjieffiano per la prima volta. Se la conoscenza poteva essere donata, il sapere doveva essere guadagnato. Quindi Gurdjieff, che aveva sacrificato molto per ottenere la sua di saggezza, era riluttante a trasmetterla ad altri se non al prezzo del loro duro lavoro. Per ogni individuo, una volta conquistata, la conoscenza sarebbe diventata sua e lui stesso sarebbe divenuto una di quelle antiche verità, presumibilmente riscoperte da Gurdjieff, la reiterazione di una saggezza antica, l’espressione contemporanea di una verità senza tempo. GURDJIEFF: LA MISSIONE Gurdjieff Mount Athos Monastero della Grande Lavra, Monte Athos Gurdjieff era un agente di questa Grande Arca nel ventesimo secolo e trasmetteva a chi gli stava attorno la chiara impressione di avere una missione. Non solo ai suoi studenti, ma anche a persone al di fuori della sua cerchia di influenza diretta, sembrava che fosse un agente facente parte di un piano ben più ampio. In gioventù, questo senso di missione irradiò dalla “ricerca del miracoloso” che lo aveva spinto a viaggiare in Grecia e in Egitto nell’Occidente, in Afghanistan e in Tibet in Oriente. Dal 1910, questo stesso scopo si connesse alla visione dell’Istituto che, nel 1917, fu chiamato con il nome completo di Istituto per lo Sviluppo Armonico dell’Uomo. Dal 1912 Gurdjieff pose l’obiettivo della creazione dell’Istituto al di sopra di ogni altro scopo pratico fino al momento del suo incidente e della conseguente chiusura del Prieuré. Allora riversò questo senso di missione nei suoi scritti (i tre volumi di Del Tutto e di Tutto) e alla formazione di gruppi di individui, in Europa e in America, in grado di preparare il pubblico ad accogliere queste opere. Dopo il 1925 si sforzò di mettere in parole quello che aveva sperato di mettere in atto, credendo che le sue opere letterarie sarebbero poi state lette e comprese da un vasto pubblico. Sembra che il punto di svolta tra il periodo di “ricerca” di Gurdjieff e quello nel quale si concentrò sulla creazione dell’Istituto sia avvenuto subito dopo l’intervallo trascorso con la Confraternita Sarmoung nelle montagne dell’Hindu Kush del nord dell’Afghanistan. Riuscì ad accedere al monastero Sarmoung centrale nel 1899-1900 e sembra plausibile che vi abbia poi soggiornato più lungo nel 1906-1907. Alla fine del 1907 Gurdjieff si recò a Tashkent per praticare la guarigione curando tossicodipendenti e alcolisti sia come metodo per studiare lo stato di identificazione sia come mezzo per guadagnarsi da vivere. Questa fu la sua ultima preparazione all’insegnamento. Dopo circa diciotto mesi iniziò ad attrarre studenti e, nel 1912, lasciò Tashkent per dirigersi a Mosca dove iniziò a reclutare candidati per l’Istituto. Sembra quindi che l’esperienza di Gurdjieff con la Confraternita Sarmoung lo abbia trasformato da persona alla “ricerca” a persona che ha “trovato” ciò che cercava ed è quindi pronto a insegnare. GURDJIEFF: LE ORIGINI Gurdjieff Tibet Monastero Labrong, Grande Tibet Mentre le origini della Confraternita di Sarmoung si perdono nella notte dei tempi, ci sono tracce dei Sarmoung in Babilonia sin dai tempi di Hammurabi. La parola Sarmoung significa “ape”. Si ritiene che i Sarmouni (le api) abbiano posseduto insegnamenti antecedenti al Diluvio universale. Ecco che incontriamo di nuovo la metafora dell’Arca, ed è certamente possibile che non ci sia mai stato un diluvio universale vero e proprio e che i Sarmoung si riferissero alla loro responsabilità di mantenere l’Arca dell’antica saggezza attraverso le alluvioni del tempo. Insegnavano che la conoscenza oggettiva è una sostanza materiale che può essere raccolta e conservata come il miele. Questa confraternita apparentemente aveva registrato le distruzioni e le rinascite periodiche dell’umanità credendo che la sua tradizione rappresentasse un nucleo eterno immutabile di saggezza alla quale l’umanità poteva sempre attingere. Nei momenti critici della storia, i Sarmoung distribuivano il loro “miele” in tutto il mondo per mezzo di agenti debitamente addestrati. John Bennett riteneva che il simbolo dell’enneagramma, la conoscenza della legge del sette e la dottrina del mantenimento reciproco fossero scaturiti dalla Confraternita di Sarmoung. Gurdjieff indicava che molte delle sue danze sacre provenivano dai Sarmoung. Gurdjieff-ortodosso-russoDopo il 1500 i Sarmoung si collegarono con la tradizione Sufi Naqshbandi. I Sufi Naqshbandi praticavano una disciplina nello stile “quarta via”: erano piuttosto dogmatici e il loro lavoro era sempre connesso con l’adempimento di particolari compiti storici. Erano specializzati nella recitazione. Anche se i Sufi Naqshbandi e Sarmoung non costituivano un’unica organizzazione, i singoli maestri Naqshbandi erano probabilmente associati con la Confraternita di Sarmoung. Sembra probabile che i Sarmoung abbiano trasmesso ai migliori insegnanti Naqshbandi alcune delle loro conoscenze. Nella dottrina dei Sufi Naqshbandi ritroviamo l’idea della “gerarchia celeste” e del “cerchio interno dell’umanità” che derivano probabilmente dalla loro connessione con la Confraternita di Sarmoung. Gurdjieff è noto per aver passato del tempo nelle tekke (monasteri) dei Sufi Naqshbandi. I maestri di Gurdjieff Al Prieuré, e in seguito a Parigi, Gurdjieff disse a molti dei suoi studenti, in modo piuttosto diretto, di avere un maestro. Confessò di aver consultato delle persone esperte prima di prendere decisioni nei momenti cruciali della sua vita: Devo dire che, molti anni fa, prima dell’organizzazione dell’Istituto, quando ho progettato e sviluppato questo programma nel dettaglio… ho dovuto… rivolgermi per ricevere consigli e indicazioni su diverse questioni a persone oneste e imparziali… che… avevano già superato due secoli di esistenza e alcune delle quali avevano il coraggio di superare anche il terzo secolo… (Terza Serie, p 78-79) George Gurdjieff Gurdjieff disse che, dopo l’incidente – considerando questo evento come il passaggio dalla fase di insegnamento alla scrittura – trascorreva lunghe ore a “scrivere lettere di richiesta di consigli ad alcuni stimati amici”. I suoi obiettivi per il periodo successivo sono stati creati “grazie al saggio consiglio di uno dei miei più vecchi amici, una persona molto rispettata. (Terza Serie, p 43) George Gurdjieff John Bennett sostiene che Gurdjieff abbia detto più di una volta di essere in grado di mettersi in contatto con persone che sapevano l’importanza del suo compito. Al di là di questo, ci sono alcune prove che Gurdjieff sia tornato in Asia Minore per brevi visite nei momenti cruciali della sua vita e sappiamo che tenne una corrispondenza regolare con persone che vivevano in quelle regioni, anche negli ultimi suoi anni di vita (non aveva famigliari che risiedessero in quell’area dopo il 1919) Gurdjieff: l’Istituto La visione di Gurdjieff È possibile che la visione gurdjieffiana dell’Istituto sia derivata dalla Confraternita di Sarmoung e che Gurdjieff ne fosse, in qualche modo, un agente. Gurdjieff non si è mai presentato come un grande maestro (come invece avrebbe potuto fare) ma come un agente a cui era stata affidata una missione. I Sarmoung probabilmente erano consapevoli dell’imminente fine del loro ciclo. Il regime di Kemal Ataturk in Turchia e i governi sovietici in Russia e in Afghanistan rendevano sempre più difficile il loro compito. Forse i Sarmoung, vedendo la fine incombente della loro tradizione, avevano deciso di trasmettere la saggezza orientale alla precoce civiltà occidentale, nella quale il potere aveva fortemente superato l’essere. Lo scopo di Gurdjieff Gurdjieff Chateau Chateau il Prieure a Fontainebleau Secondo i suoi aneddoti autobiografici, Gurdjieff aveva già cristallizzato i suoi scopi interiori al momento in cui giurò di rinunciare ai suoi poteri soprannaturali, ossia dopo essere stato colpito dal secondo proiettile vagante in Tibet nel 1902. Nella descrizione del suo giuramento, nella Terza Serie, definisce chiaramente il ricordo di sé come la funzione più elevata che riuscisse a ottenere. Si potrebbe dire quindi che allora per Gurdjieff la missione “interna” fosse chiara. Da quanto è stato detto sopra, sembra possibile che abbia ottenuto la missione “esterna”, la creazione dell’Istituto, durante il suo secondo soggiorno con la Confraternita di Sarmoung. Diciassette anni dopo, nel 1924, Gurdjieff chiuse ufficialmente l’Istituto. Nel 1928 arrivò persino a mandare via molti degli studenti del cerchio interno. Sentiva di aver fatto tutto il possibile in relazione allo scopo dell’Istituto e, in consultazione con “una persona molto rispettata”, fissò nuovi obiettivi per se stesso. Nel 1935, si trasferì in un appartamento a Parigi, in Rue des Colonels Reynard, dove l’ultima fase del suo insegnamento fu: seguire. Gurdjieff aveva compreso di non essere il veicolo per la creazione del nuovo ordine e così si concentrò sui suoi seguaci in modo che potessero trasmettere l’insegnamento alla generazione successiva George I. Gurdjieff George Ivanovich Gurdjieff nasce nel 1869 ad Alexandropol (Armenia russa) ed è uno dei pochi riconosciuti grandi maestri occidentali vissuti nel secolo scorso. Dopo una giovinezza passata viaggiando e studiando culture diverse allora sconosciute, Gurdjieff si dedicò interamente al lavoro sulla consapevolezza, intesa come mezzo per svegliare l'uomo dagli automatismi quotidiani per fargli riemergere potenzialità latenti. Le sue conoscenze spaziavano dalla musica (compose numerosi brani) alla matematica, ed utilizzava la danza come strumento di armonizzazione: Gurdjieff scrisse anche numerosi testi che ancora oggi sono testi importanti per chiunque voglia intraprendere un cammino verso il risveglio interiore. Ebbe l’opportunità di incontrare uomini straordinari dai quali acquisì la convinzione che qualcosa di vitale importanza mancava nella considerazione dell’uomo e del mondo nella letteratura e nella scienza europee. Era stato indirizzato agli studi di medicina e di teologia, ma l’insoddisfazione che provava per i limiti di quel tipo di educazione lo condusse a cercare altrove e per proprio conto. Con un gruppo di "cercatori della verità" viaggiò per molti anni attraverso l’Africa, l’Asia e l’Estremo Oriente, raggiungendo luoghi la cui esistenza è insospettabile anche per i più accurati esploratori. Nel 1922 Gurdjieff fondò l’Istituto per lo Sviluppo Armonioso dell’Uomo al Castello del Prieuré di Fontaineblau, nei pressi di Parigi. Qui il "lavoro su se stessi" da lui proposto prese una pianta stabile attirando, tra gli altri, diversi intellettuali e artisti europei. Organizzò una vera e propria comunità indipendente con coltivazioni, animali, svariate attività lavorative e speciali classi di esercizi per la "trasformazione delle energie" che consistevano nei famosi "movimenti" tratti da danze sacre e in conferenze sugli aspetti teorici del "lavoro". Durante la seconda guerra mondiale Gurdjieff continuò ad insegnare con gravi difficoltà ricevendo gruppi di allievi nel suo appartamento di Rue des Colonels Rénard; poi improvvisamente nel 1948 decise di riprendere l’attività più estesa: purtroppo un anno dopo sarebbe stato fermato dalla morte. Speciali di George I. Gurdjieff Totale articoli: 14 Ordina per: Ultimi Arrivi La Vita Reale — Libro La Vita Reale — Libro Tutto il mio passato e tutto quello che ancora mi aspetta esigono che IO SIA ancora (1) Autore: George I. Gurdjieff Editore: Om Edizioni Libro - Pag 124 - Marzo 2010 Nuova ristampa Solo 1 disponibile: affrettati! € 14,25 € 15,00 Risparmi € 0,75 (5 %) Disponibilità: Immediata Venerdì 26 Febbraio La Vita Reale — Libro La Vita Reale — Libro Tutti pensano di poter fare, ma nessuno fa niente. Tutto accade (1) Autore: George I. Gurdjieff Editore: Cerchio della Luna Edizioni Libro - Pag 167 - Marzo 2020 Solo 1 disponibile: affrettati! € 12,16 € 12,80 Risparmi € 0,64 (5 %) Disponibilità: Immediata Venerdì 26 Febbraio Incontri con Gurdjieff — Libro Incontri con Gurdjieff — Libro Trascrizione integrale degli insegnamenti trasmessi a Parigi in Rue des Colonels-Renard 1944-1946 (2) Autore: George I. Gurdjieff Editore: Edizioni Tlön Libro - Pag 144 - Dicembre 2017 Solo 1 disponibile: affrettati! € 12,26 € 12,90 Risparmi € 0,64 (5 %) Disponibilità: Immediata Venerdì 26 Febbraio Incontri con Gurdjieff — Libro Incontri con Gurdjieff — Libro Trascrizione integrale degli insegnamenti trasmessi a Parigi in Rue des Colonels-Renard 1941-1943 (2) Autore: George I. Gurdjieff Editore: Edizioni Tlön Libro - Pag 204 - Novembre 2016 Solo 3 disponibili: affrettati! € 12,26 € 12,90 Risparmi € 0,64 (5 %) Disponibilità: Immediata Venerdì 26 Febbraio Oltre Confine - Numero 10 — Rivista Oltre Confine - Numero 10 — Rivista Cronache dai mondi visibili e invisibili Autore: George I. Gurdjieff Editore: Oltre Confine Libro - Pag 175 - Maggio 2013 Solo 1 disponibile: affrettati! € 11,40 € 12,00 Risparmi € 0,60 (5 %) Disponibilità: Immediata Venerdì 26 Febbraio Incontri con Uomini Straordinari — Libro Incontri con Uomini Straordinari — Libro (8) Autore: George I. 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Gurdjieff Editore: Neri Pozza Libro - Pag 276 - Giugno 2000 € 16,15 € 17,00 Risparmi € 0,85 (5 %) Disponibilità: Immediata Venerdì 26 Febbraio George Ivanovitch Gurdjieff — Libro George Ivanovitch Gurdjieff — Libro Anatomia di un mito Autore: George I. Gurdjieff, James Moore Editore: Il Punto d'Incontro Libro - Pag 384 - Gennaio 1993 Nuova ristampa € 15,11 € 15,90 Risparmi € 0,79 (5 %) Disponibilità: 9 giorni Lunedì 8 Marzo La Vita è Reale solo Quando «Io Sono» — Libro La Vita è Reale solo Quando «Io Sono» — Libro (1) Autore: George I. Gurdjieff Editore: Neri Pozza Libro - Pag 183 - Gennaio 2002 Solo 1 disponibile: affrettati! € 15,20 € 16,00 Risparmi € 0,80 (5 %) Disponibilità: Immediata Venerdì 26 Febbraio Oriental Suite — Libro Oriental Suite — Libro The complete orchestral music 1923-1924 Autore: George I. Gurdjieff Editore: Basta Libro - Pag 256 pagine in lingua inglese - Febbraio 2012 € 62,61 € 65,90 Risparmi € 3,29 (5 %) Fuori Catalogo Richiesto da 6 visitatori Harmonic Development - Cofanetto 3 CD — Libro Harmonic Development - Cofanetto 3 CD — Libro The complete armonium recording 1948-1949 Autore: George I. Gurdjieff Editore: Basta Libro - Pag 144 pagine in lingua inglese - Febbraio 2012 € 43,80 € 46,11 Risparmi € 2,31 (5 %) Fuori Catalogo Richiesto da 4 visitatori La Comprensione dell'Essere — Libro La Comprensione dell'Essere — Libro Dagli isegnamenti di G.I. Gurdjieff Autore: George I. Gurdjieff Editore: Adea Libro - Pag 112 - Giugno 2003 Nuova ristampa € 15,20 € 16,00 Risparmi € 0,80 (5 %) Fuori Catalogo Richiesto da 1 visitatoreGeorge Ivanovich Gurdjieff[2] (/ˈɡɜːrdʒiɛf/, Russian: Гео́ргий Ива́нович Гурджи́ев, Greek: Γεώργιος Γεωργιάδης, Armenian: Գեորգի Գյուրջիև, Georgian: გიორგი ივანეს ძე გურჯიევი; 31 March 1866/14 January 1872/28 November 1877 – 29 October 1949[3]) was a Russian philosopher, mystic, spiritual teacher, and composer of Armenian and Greek descent, born in Alexandropol, Russian Empire (now Gyumri, Armenia).[4] Gurdjieff taught that most humans do not possess a unified consciousness and thus live their lives in a state of hypnotic "waking sleep", but that it is possible to awaken to a higher state of consciousness and achieve full human potential. Gurdjieff described a method attempting to do so, calling the discipline "The Work"[5] (connoting "work on oneself") or "the System".[6] According to his principles and instructions,[7] Gurdjieff's method for awakening one's consciousness unites the methods of the fakir, monk and yogi, and thus he referred to it as the "Fourth Way".[8] Contents 1 Biography 1.1 Early years 1.2 Travels 1.3 Business career 1.4 In Russia 1.5 In Georgia and Turkey 1.6 Prieuré at Avon 1.7 First car accident, writing and visits to North America 1.8 World War II 1.9 Final years 1.10 Children 2 Ideas 2.1 Self-development teachings 2.2 Methods 2.2.1 Music 2.2.2 Movements 2.2.3 Writings 3 Reception and influence 3.1 Pupils 3.2 Critics 4 Bibliography 4.1 Books 5 See also 6 References 7 External links Biography Early years Gurdjieff[9] was born to a Caucasus Greek father, Yiannis Georgiades (Greek: Ἰωάννης Γεωργιάδης),[10] and an Armenian mother, Evdokia (according to biographer Paul Beekman Taylor), in Alexandropol of the Russian Empire in the Transcaucasus.[11] The name Gurdjieff represents a Russified form of the Pontic Greek surname "Georgiades" (Greek: Γεωργιάδης). Greek-Georgian were also very common combinations in Kars Oblast and Georgia under Tsarist rule,[9] which is also a possible root of his surname, as Muslims around Georgia call the Georgian people "Gurdji"[12] (with Russified ending -eff). The exact year of his birth remains unknown; conjectures range from 1866 to 1877. Some authors (such as James Moore) argue for 1866. Both Olga de Hartmann, the woman Gurdjieff called "the first friend of my inner life", and Louise Goepfert March, Gurdjieff's secretary in the early 1930s, believed that Gurdjieff was born in 1872. A passport gave a birthdate of November 28, 1877, but he once stated that he was born at the stroke of midnight at the beginning of New Year's Day (Julian calendar). Although the dates of his birth vary, the year of 1872 is inscribed in a plate on the gravemarker in the cemetery of Avon, Seine-et-Marne, France, where his body was buried.[13] Gurdjieff spent his childhood in Kars, which, from 1878 to 1918, was the administrative capital of the Russian-ruled Transcaucasus province of Kars Oblast, a border region recently captured from the Ottoman Empire. It contained extensive grassy plateau-steppe and high mountains, and was inhabited by a multi-ethnic and multi-confessional population that had a history of respect for travelling mystics and holy men, and for religious syncretism and conversion. Both the city of Kars and the surrounding territory were home to an extremely diverse population: although part of the Armenian Plateau, Kars Oblast was home to Armenians, Russians, Caucasus Greeks, Georgians, Turks, Kurds and smaller numbers of Christian communities from eastern and central Europe such as Caucasus Germans, Estonians and Russian sectarian communities like the Molokans, Doukhobors, Pryguny, and Subbotniki. Gurdjieff makes particular mention of the Yazidi community. Growing up in a multi-ethnic society, Gurdjieff became fluent in Armenian, Pontic Greek, Russian and Turkish, speaking the last in a mixture of elegant Osmanlı and some dialect.[14] He later acquired "a working facility with several European languages".[11] Early influences on him included his father, a carpenter and amateur ashik or bardic poet,[15] and the priest of the town's Russian church, Dean Borsh, a family friend. The young Gurdjieff avidly read Russian-language scientific literature.[16] Influenced by these writings, and having witnessed a number of phenomena that he could not explain, he formed the conviction that there existed a hidden truth not to be found in science or in mainstream religion. Travels In early adulthood, according to his own account, Gurdjieff's curiosity led him to travel to Central Asia, Egypt, Iran, India, Tibet and Rome before he returned to Russia for a few years in 1912. He was never forthcoming about the source of his teachings. The only account of his wanderings appears in his book Meetings with Remarkable Men. Most commentators[17] leave his background unexplained, and Meetings is not generally considered to be a reliable or straightforward autobiography.[18][19] Each chapter is named after an individual "remarkable man"; many are putatively members of a society of "seekers of truth". After Gurdjieff's death, J. G. Bennett researched his sources extensively and suggested that these characters were symbolic of the three types of people to whom Gurdjieff referred: No. 1 centred in their physical body; No. 2 centred in their emotions and No. 3 centred in their minds. He asserts that he has encounters with dervishes, fakirs and descendants of the extinct Essenes, whose teaching had been, he said, conserved at a monastery in Sarmoung. The book also has an overarching quest narrative involving a map of "pre-sand Egypt" and culminating in an encounter with the "Sarmoung Brotherhood".[20] Business career Gurdjieff wrote that he supported himself during his travels with odd jobs and trading schemes (one of which he described as dyeing hedgerow birds yellow and selling them as canaries).[21] On his reappearance, as far as the historical record is concerned, he had become a businessman. His only autobiographical writing concerning this period is Herald of Coming Good. In it, he mentions acting as hypnotherapist specialising in the cure of addictions and using people as guinea pigs[22] for his methods. It is also speculated that during his travels he was engaged in a certain amount of political activity, as part of The Great Game.[23] In Russia From 1913 to 1949, the chronology appears to be based on material that can be confirmed by primary documents, independent witnesses, cross-references and reasonable inference.[24] On New Year's Day in 1912, Gurdjieff arrived in Moscow and attracted his first students, including his cousin, the sculptor Sergey Merkurov, and the eccentric Rachmilievitch. In the same year, he married the Polish Julia Ostrowska in Saint Petersburg. In 1914, Gurdjieff advertised his ballet, The Struggle of the Magicians, and he supervised his pupils' writing of the sketch Glimpses of Truth. In 1915, Gurdjieff accepted P. D. Ouspensky as a pupil, and in 1916, he accepted the composer Thomas de Hartmann and his wife, Olga, as students. Then, he had about 30 pupils. Ouspensky already had a reputation as a writer on mystical subjects and had conducted his own, ultimately disappointing, search for wisdom in the East. The Fourth Way "system" taught during this period was complex and metaphysical, partly expressed in scientific terminology. In the midst of revolutionary upheaval in Russia, Gurdjieff left Petrograd in 1917 to return to his family home in Alexandropol. During the Bolshevik Revolution, he set up temporary study communities in Essentuki in the Caucasus, then in Tuapse, Maikop, Sochi and Poti, all on the Black Sea coast of southern Russia, where he worked intensively with many of his Russian pupils. Gurdjieff said, "Begin in Russia, End in Russia". In March 1918, Ouspensky separated from Gurdjieff, settling in England and teaching the Fourth Way in his own right. The two men were to have a very ambivalent relationship for decades to come. Four months later, Gurdjieff's eldest sister and her family reached him in Essentuki as refugees, informing him that Turks had shot his father in Alexandropol on 15 May. As Essentuki became more and more threatened by civil war, Gurdjieff fabricated a newspaper story announcing his forthcoming "scientific expedition" to "Mount Induc". Posing as a scientist, Gurdjieff left Essentuki with fourteen companions (excluding Gurdjieff's family and Ouspensky). They travelled by train to Maikop, where hostilities delayed them for three weeks. In spring 1919, Gurdjieff met the artist Alexandre de Salzmann and his wife Jeanne and accepted them as pupils. Assisted by Jeanne de Salzmann, Gurdjieff gave the first public demonstration of his Sacred Dances (Movements at the Tbilisi Opera House, 22 June). In Georgia and Turkey In 1919, Gurdjieff and his closest pupils moved to Tbilisi. There, Gurdjieff's wife Julia Ostrowska, the Stjoernvals, the Hartmanns, and the de Salzmanns gathered the fundamentals of his teaching. Gurdjieff concentrated on his still unstaged ballet, The Struggle of the Magicians. Thomas de Hartmann (who had made his debut years ago, before Czar Nicholas II of Russia), worked on the music for the ballet, and Olga Ivanovna Hinzenberg (who years later wed the American architect Frank Lloyd Wright), practiced the ballet dances.[25] In 1919, Gurdjieff established his first Institute for the Harmonious Development of Man. In late May 1920, when political conditions in Georgia changed and the old order was crumbling, his party travelled to Batumi on the Black Sea coast and then traveled by ship to Istanbul.[26] Gurdjieff rented an apartment on Kumbaracı Street in Péra and later at 13 Abdullatif Yemeneci Sokak near the Galata Tower.[27] The apartment is near the kha'neqa'h (monastery) of the Mevlevi Order (a Sufi Order following the teachings of Jalal al-Din Muhammad Rumi), where Gurdjieff, Ouspensky and Thomas de Hartmann witnessed the sema ceremony of the Whirling Dervishes. In Istanbul, Gurdjieff also met his future pupil Capt. John G. Bennett, then head of British Military Intelligence in Constantinople, who describes his impression of Gurdjieff as follows: It was there that I first met Gurdjieff in the autumn of 1920, and no surroundings could have been more appropriate. In Gurdjieff, East and West do not just meet. Their difference is annihilated in a world outlook which knows no distinctions of race or creed. This was my first, and has remained one of my strongest impressions. A Greek from the Caucasus, he spoke Turkish with an accent of unexpected purity, the accent that one associates with those born and bred in the narrow circle of the Imperial Court. His appearance was striking enough even in Turkey, where one saw many unusual types. His head was shaven, immense black moustache, eyes which at one moment seemed very pale and at another almost black. Below average height, he gave nevertheless an impression of great physical strength Prieuré at Avon In August 1921 and 1922, Gurdjieff travelled around western Europe, lecturing and giving demonstrations of his work in various cities, such as Berlin and London. He attracted the allegiance of Ouspensky's many prominent pupils (notably the editor A. R. Orage). After an unsuccessful attempt to gain British citizenship, Gurdjieff established the Institute for the Harmonious Development of Man south of Paris at the Prieuré des Basses Loges in Avon near the famous Château de Fontainebleau. The once-impressive but somewhat crumbling mansion set in extensive grounds housed an entourage of several dozen, including some of Gurdjieff's remaining relatives and some White Russian refugees. New pupils included C. S. Nott, René Zuber, Margaret Anderson and her ward Fritz Peters. The generally intellectual and middle-class types who were attracted to Gurdjieff's teaching often found the Prieuré's spartan accommodation and emphasis on hard labour in the grounds disconcerting. Gurdjieff was putting into practice his teaching that people need to develop physically, emotionally and intellectually, hence the mixture of lectures, music, dance, and manual work. Older pupils noticed how the Prieuré teaching differed from the complex metaphysical "system" that had been taught in Russia.[28] In addition to the physical hardships, his personal behaviour towards pupils could be ferocious: Gurdjieff was standing by his bed in a state of what seemed to me to be completely uncontrolled fury. He was raging at Orage, who stood impassively, and very pale, framed in one of the windows.... Suddenly, in the space of an instant, Gurdjieff's voice stopped, his whole personality changed, he gave me a broad smile—looking incredibly peaceful and inwardly quiet— motioned me to leave, and then resumed his tirade with undiminished force. This happened so quickly that I do not believe that Mr. Orage even noticed the break in the rhythm.[29] During this period, Gurdjieff acquired notoriety as "the man who killed Katherine Mansfield" after Katherine Mansfield died there of tuberculosis under his care on 9 January 1923.[30] However, James Moore and Ouspensky[31] argue that Mansfield knew she would soon die and that Gurdjieff made her last days happy and fulfilling.[32] First car accident, writing and visits to North America Starting in 1924, Gurdjieff made visits to North America, where he eventually received the pupils taught previously by A.R. Orage. In 1924, while driving alone from Paris to Fontainebleau, he had a near-fatal car accident. Nursed by his wife and mother, he made a slow and painful recovery against medical expectation. Still convalescent, he formally "disbanded" his institute on 26 August (in fact, he dispersed only his "less dedicated" pupils), which he explained as an undertaking "in the future, under the pretext of different worthy reasons, to remove from my eyesight all those who by this or that make my life too comfortable".[33] After recovering, he began writing Beelzebub's Tales, the first part of All and Everything in a mixture of Armenian and Russian. The book was deliberately convoluted and obscure, forcing the reader to "work" to find its meaning. He also composed it according to his own principles, writing in noisy cafes to force a greater effort of concentration. Gurdjieff's mother died in 1925 and his wife developed cancer and died in June 1926. Ouspensky attended her funeral. According to Fritz Peters, Gurdjieff was in New York from November 1925 to the spring of 1926, when he succeeded in raising over $100,000.[34] He was to make six or seven trips to the US, where he alienated a number of people with his brash and impudent demands for money. Some have interpreted that in terms of his following the Malamatiyya technique of the Sufis, he was deliberately attracting disapproval.[35] A Chicago-based Gurdjieff group was founded by Jean Toomer in 1927 after he had trained in Prieuré for a year. Diana Huebert was a regular member of the Chicago group, and documented the several visits Gurdjieff made to the group in 1932 and 1934 in her memoirs on the man.[36] Despite his fund-raising efforts in America, the Prieuré operation ran into debt and was shut down in 1932. Gurdjieff constituted a new teaching group in Paris. Known as The Rope, it was composed of only women, many of them writers, and several lesbians. Members included Kathryn Hulme, Jane Heap, Margaret Anderson and Enrico Caruso's widow, Dorothy. Gurdjieff became acquainted with Gertrude Stein through Rope members, but she was never a follower.[37] In 1935, Gurdjieff stopped work on All and Everything. He had completed the first two parts of the planned trilogy but only started on the Third Series. (It was later published under the title Life Is Real Only Then, When 'I Am'.) In 1936, he settled in a flat at 6, Rue des Colonels-Renard in Paris, where he was to stay for the rest of his life. In 1937, his brother Dmitry died, and The Rope disbanded. World War II Although the flat at 6 Rue des Colonels-Renard was very small for the purpose, he continued to teach groups of pupils throughout World War II. Visitors recalled the pantry, stocked with an extraordinary collection of eastern delicacies, which served as his inner sanctum, and the suppers he held with elaborate toasts to "idiots"[38] in vodka and cognac. Having cut a physically impressive figure for many years, he was now distinctly paunchy. His teaching was now far removed from the original "system", being based on proverbs, jokes and personal interaction, although pupils were required to read, three times if possible, copies of his magnum opus Beelzebub's Tales. His personal business enterprises (he had intermittently been a dealer in oriental rugs and carpets for much of his life, among other activities) enabled him to offer charitable relief to neighbours who had been affected by the difficult circumstances of the war, and it also brought him to the attention of the authorities, leading to a night in the cells. Final years After the war, Gurdjieff tried to reconnect with his former pupils. Ouspensky was reluctant, but after his death (October 1947), his widow advised his remaining pupils to see Gurdjieff in Paris. J. G. Bennett also visited from England, the first meeting for 25 years. Ouspensky's pupils in England had all thought that Gurdjieff was dead. They discovered he was alive only after the death of Ouspensky, who had not told them that Gurdjieff was still living. They were overjoyed to hear so, and many of Ouspensky's pupils including Rina Hands, Basil Tilley and Catherine Murphy visited Gurdjieff in Paris. Hands and Murphy worked on the typing and retyping of the forthcoming book All and Everything. Gurdjieff suffered a second car accident in 1948 but again made an unexpected recovery. "[I] was looking at a dying man. Even this is not enough to express it. It was a dead man, a corpse, that came out of the car; and yet it walked. I was shivering like someone who sees a ghost." With iron-like tenacity, he managed to gain his room, where he sat down and said: "Now all organs are destroyed. Must make new". Then, he turned to Bennett, smiling: "Tonight you come dinner. I must make body work". As he spoke, a great spasm of pain shook his body and blood gushed from an ear. Bennett thought: "He has a cerebral haemorrhage. He will kill himself if he continues to force his body to move". But then he reflected: "He has to do all this. If he allows his body to stop moving, he will die. He has power over his body".[39] The body of Gurdjieff, lying in state, France. 'Every one of those unfortunates during the process of existence should constantly sense and be cognizant of the inevitability of his own death as well as of the death of everyone upon whom his eyes or attention rests'. After recovering, Gurdjieff finalised plans for the official publication of Beelzebub's Tales and made two trips to New York. He also visited the famous prehistoric cave paintings at Lascaux, giving his interpretation of their significance to his pupils. Gurdjieff died at the American Hospital in Neuilly-sur-Seine, France. His funeral took place at the St. Alexandre Nevsky Russian Orthodox Cathedral at 12 Rue Daru, Paris. He is buried in the cemetery at Avon (near Fontainebleau).[40] Children Although no evidence or documents have certified anyone as a child of Gurdjieff, the following seven people are believed to be his children:[41] Cynthie Sophia "Dushka" Howarth (1924–2010); her mother was dancer Jessmin Howarth.[42][43][44] She went on to found the Gurdjieff Heritage Foundation.[44] Sergei Chaverdian; his mother was Lily Galumnian Chaverdian.[45] Andrei, born to a mother known only as Georgii.[45] Eve Taylor (born 1928); the mother was one of his followers, American socialite Edith Annesley Taylor.[41] Nikolai Stjernvall (1919–2010), whose mother was Elizaveta Grigorievna, wife of Leonid Robertovich de Stjernvall.[46] Michel de Salzmann (1923–2001), whose mother was Jeanne Allemand de Salzmann; he later became head of the Gurdjieff Foundation.[47] Svetlana Hinzenberg (1917–1946), daughter of Olga (Olgivanna) Ivanovna Hinzenberg and a future stepdaughter of architect Frank Lloyd Wright.[48][49] Gurdjieff had a niece, Luba Gurdjieff Everitt, who for about 40 years (1950s-1990s) ran a small but rather famous restaurant, Luba's Bistro, in Knightsbridge, London.[50] Ideas Gurdjieff believed that people cannot perceive reality in their current condition because they do not possess a unified consciousness but rather live in a state of a hypnotic "waking sleep". "Man lives his life in sleep, and in sleep he dies."[51] As a result of this each person perceives things from a completely subjective perspective. He asserted that people in their typical state function as unconscious automatons, but that a person can "wake up" and become a different sort of human being altogether.[52] Some contemporary researchers claim Gurdjieff's concept of 'self-remembering is close to the Buddhist concept of awareness or a popular definition of “mindfulness.” The Buddhist term translated into English as “mindfulness” originates in the Pali term “sati,” which is identical to Sanskrit “smṛti.” Both terms mean “to remember.” [53] Self-development teachings Main article: Fourth Way Gurdjieff argued that many of the existing forms of religious and spiritual tradition on Earth had lost connection with their original meaning and vitality and so could no longer serve humanity in the way that had been intended at their inception. As a result, humans were failing to realize the truths of ancient teachings and were instead becoming more and more like automatons, susceptible to control from outside and increasingly capable of otherwise unthinkable acts of mass psychosis such as World War I. At best, the various surviving sects and schools could provide only a one-sided development, which did not result in a fully integrated human being. According to Gurdjieff, only one dimension of the three dimensions of the person—namely, either the emotions, or the physical body or the mind—tends to develop in such schools and sects, and generally at the expense of the other faculties or centers, as Gurdjieff called them. As a result, these paths fail to produce a properly balanced human being. Furthermore, anyone wishing to undertake any of the traditional paths to spiritual knowledge (which Gurdjieff reduced to three—namely the path of the fakir, the path of the monk, and the path of the yogi) were required to renounce life in the world. Gurdjieff thus developed a "Fourth Way"[54] which would be amenable to the requirements of modern people living modern lives in Europe and America. Instead of developing body, mind, or emotions separately, Gurdjieff's discipline worked on all three to promote comprehensive and balanced inner development. In parallel with other spiritual traditions, Gurdjieff taught that a person must expend considerable effort to effect the transformation that leads to awakening. The effort that is put into practice Gurdjieff referred to as "The Work" or "Work on oneself".[55] According to Gurdjieff, "...Working on oneself is not so difficult as wishing to work, taking the decision."[56] Though Gurdjieff never put major significance on the term "Fourth Way" and never used the term in his writings, his pupil P. D. Ouspensky from 1924 to 1947 made the term and its use central to his own teaching of Gurdjieff's ideas. After Ouspensky's death, his students published a book titled The Fourth Way based on his lectures.[57] Gurdjieff's teaching addressed the question of humanity's place in the universe and the importance of developing latent potentialities—regarded as our natural endowment as human beings but rarely brought to fruition. He taught that higher levels of consciousness, higher bodies,[58] inner growth and development are real possibilities that nonetheless require conscious work to achieve.[59] In his teaching Gurdjieff gave a distinct meaning to various ancient texts such as the Bible and many religious prayers. He believed that such texts possess meanings very different from those commonly attributed to them. "Sleep not"; "Awake, for you know not the hour"; and "The Kingdom of Heaven is Within" are examples of biblical statements which point to teachings whose essence has been forgotten.[60] Gurdjieff taught people how to increase and focus their attention and energy in various ways and to minimize daydreaming and absentmindedness. According to his teaching, this inner development of oneself is the beginning of a possible further process of change, the aim of which is to transform people into what Gurdjieff believed they ought to be.[61] Distrusting "morality", which he describes as varying from culture to culture, often contradictory and hypocritical, Gurdjieff greatly stressed the importance of "conscience". To provide conditions in which inner attention could be exercised more intensively, Gurdjieff also taught his pupils "sacred dances" or "movements", later known as the Gurdjieff movements, which they performed together as a group. He also left a body of music, inspired by what he heard in visits to remote monasteries and other places, written for piano in collaboration with one of his pupils, Thomas de Hartmann. Gurdjieff also used various exercises, such as the "Stop" exercise, to prompt self-observation in his students. Other shocks to help awaken his pupils from constant daydreaming were always possible at any moment. Methods "The Work" is in essence a training in the development of consciousness. Gurdjieff used a number of methods and materials, including meetings, music, movements (sacred dance), writings, lectures, and innovative forms of group and individual work. Part of the function of these various methods was to undermine and undo the ingrained habit patterns of the mind and bring about moments of insight. Since each individual has different requirements, Gurdjieff did not have a one-size-fits-all approach, and he adapted and innovated as circumstance required.[62] In Russia he was described as keeping his teaching confined to a small circle,[63] whereas in Paris and North America he gave numerous public demonstrations.[64] Gurdjieff felt that the traditional methods of self-knowledge—those of the fakir, monk, and yogi (acquired, respectively, through pain, devotion, and study)—were inadequate on their own and often led to various forms of stagnation and one-sidedness. His methods were designed to augment the traditional paths with the purpose of hastening the developmental process. He sometimes called these methods The Way of the Sly Man[65] because they constituted a sort of short-cut through a process of development that might otherwise carry on for years without substantive results. The teacher, more adept, sees the individual requirements of the disciple and sets tasks that he knows will result in a transformation of consciousness in that individual. Instructive historical parallels can be found in the annals of Zen Buddhism, where teachers employed a variety of methods (sometimes highly unorthodox) to bring about the arising of insight in the student. Music Gurdjieff's music divides into three distinct periods. The "first period" is the early music, including music from the ballet Struggle of the Magicians and music for early movements dating to the years around 1918. The "second period" music, for which Gurdjieff arguably became best known, written in collaboration with Russian composer Thomas de Hartmann, is described as the Gurdjieff-de Hartmann music.[66][67] Dating to the mid-1920s, it offers a rich repertoire with roots in Caucasian and Central Asian folk and religious music, Russian Orthodox liturgical music, and other sources. This music was often first heard in the salon at the Prieuré, where much was composed. Since the publication of four volumes of this piano repertoire by Schott, recently completed, there has been a wealth of new recordings, including orchestral versions of music prepared by Gurdjieff and de Hartmann for the Movements demonstrations of 1923–24. Solo piano versions of these works have been recorded by Cecil Lytle,[68] Keith Jarrett,[69] Frederic Chiu.[70] The "last musical period" is the improvised harmonium music which often followed the dinners Gurdjieff held at his Paris apartment during the Occupation and immediate post-war years to his death in 1949. In all, Gurdjieff in collaboration with de Hartmann composed some 200 pieces.[71] In May 2010, 38 minutes of unreleased solo piano music on acetate was purchased by Neil Kempfer Stocker from the estate of his late step-daughter, Dushka Howarth. In 2009, pianist Elan Sicroff released Laudamus: The Music of Georges Ivanovitch Gurdjieff and Thomas de Hartmann, consisting of a selection of Gurdjieff/de Hartmann collaborations (as well as three early romantic works composed by de Hartmann in his teens).[72] In 1998 Alessandra Celletti released "Hidden Sources[73]" (Kha Records) with 18 tracks by Gurdjieff/de Hartmann. Movements Main article: Gurdjieff movements Movements, or sacred dances, constitute an integral part of the Gurdjieff Work. Gurdjieff sometimes referred to himself as a "teacher of dancing" and gained initial public notice for his attempts to put on a ballet in Moscow called Struggle of the Magicians. Films of movements demonstrations are occasionally shown for private viewing by the Gurdjieff Foundations, and one is shown in a scene in the Peter Brook movie Meetings with Remarkable Men. Writings Gurdjieff wrote a unique trilogy with the Series title All and Everything. The first volume, finalized by Gurdjieff shortly before his death and first published in 1950, is the First Series and titled An Objectively Impartial Criticism of the Life of Man or Beelzebub's Tales to His Grandson. At 1238 pages it is a lengthy allegorical work that recounts the explanations of Beelzebub to his grandson concerning the beings of the planet Earth and laws which govern the universe. It provides a vast platform for Gurdjieff's deeply considered philosophy. A controversial redaction of Beelzebub's Tales was published by some of Gurdjieff's followers as an alternative "edition", in 1992. [See Paul Beekman Taylor's' Gurdjieff's Worlds of Words (2014) for an informed account.] On his page of Friendly Advice facing the first Contents page of Beelzebub's Tales Gurdjieff lays out his own program of three obligatory initial readings of each of the three series in sequence and concludes, "Only then will you be able to count upon forming your own impartial judgement, proper to yourself alone, on my writings. And only then can my hope be actualized that according to your understanding you will obtain the specific benefit for your self which I anticipate." The posthumous second series, edited by Jeanne de Salzmann, is titled Meetings with Remarkable Men (1963) and is written in a seemingly accessible manner as a memoir of his early years, but also contains some 'Arabian Nights' embellishments and allegorical statements. His posthumous Third Series, (Life Is Real Only Then, When 'I Am'), written as if unfinished and also edited by Jeanne de Salzmann, contains an intimate account of Gurdjieff's inner struggles during his later years, as well as transcripts of some of his lectures. An enormous and growing amount has been written about Gurdjieff's ideas and methods, but his own challenging writings remain the primary sources. Reception and influence Opinions on Gurdjieff's writings and activities are divided. Sympathizers regard him as a charismatic master who brought new knowledge into Western culture, a psychology and cosmology that enable insights beyond those provided by established science.[59] At the other end of the spectrum, some critics assert he was a charlatan with a large ego and a constant need for self-glorification.[74] Gurdjieff had significant influence on some artists, writers, and thinkers, including Walter Inglis Anderson, Peter Brook, Kate Bush, Darby Crash, Muriel Draper, Robert Fripp, Keith Jarrett, Timothy Leary, Dennis Lewis, James Moore, A. R. Orage, P. D. Ouspensky, Maurice Nicoll, Louis Pauwels, Robert S de Ropp, George Russell, David Sylvian, Jean Toomer, Jeremy Lane, Therion, P. L. Travers, Alan Watts, Colin Wilson, Robert Anton Wilson, Frank Lloyd Wright, and John Zorn.[75] Gurdjieff's notable personal students include P. D. Ouspensky, Olga de Hartmann, Thomas de Hartmann, Jane Heap, Jeanne de Salzmann, Willem Nyland, Lord Pentland (Henry John Sinclair), John G. Bennett, Alfred Richard Orage, Maurice Nicoll, and Rene Daumal. Gurdjieff gave new life and practical form to ancient teachings of both East and West. For example, the Socratic and Platonic emphasis on "the examined life" recurs in Gurdjieff's teaching as the practice of self-observation. His teachings about self-discipline and restraint reflect Stoic teachings. The Hindu and Buddhist notion of attachment recurs in Gurdjieff's teaching as the concept of identification. His descriptions of the "three being-foods" matches that of Ayurveda, and his statement that "time is breath" echoes jyotish, the Vedic system of astrology. Similarly, his cosmology can be "read" against ancient and esoteric sources, respectively Neoplatonic and in such sources as Robert Fludd's treatment of macrocosmic musical structures. An aspect of Gurdjieff's teachings which has come into prominence in recent decades is the enneagram geometric figure. For many students of the Gurdjieff tradition, the enneagram remains a koan, challenging and never fully explained. There have been many attempts to trace the origins of this version of the enneagram; some similarities to other figures have been found, but it seems that Gurdjieff was the first person to make the enneagram figure publicly known and that only he knew its true source.[citation needed] Others have used the enneagram figure in connection with personality analysis, principally with the Enneagram of Personality as developed by Oscar Ichazo, Claudio Naranjo and others. Most aspects of this application are not directly connected to Gurdjieff's teaching or to his explanations of the enneagram. Gurdjieff inspired the formation of many groups after his death, all of which still function today and follow his ideas.[76] The Gurdjieff Foundation, the largest establishment organization influenced by the ideas of Gurdjieff, was organized by Jeanne de Salzmann during the early 1950s, and led by her in cooperation with other pupils of his. Other pupils of Gurdjieff formed independent groups. Willem Nyland, one of Gurdjieff's closest students and an original founder and trustee of The Gurdjieff Foundation of New York, left to form his own groups in the early 1960s. Jane Heap was sent to London by Gurdjieff, where she led groups until her death in 1964. Louise Goepfert March, who became a pupil of Gurdjieff's in 1929, started her own groups in 1957 and founded the Rochester Folk Art Guild in the Finger Lakes region of New York State. Independent thriving groups were also formed and initially led by John G. Bennett and A. L. Staveley near Portland, Oregon. Pupils Gurdjieff's notable pupils include:[77] Peter D. Ouspensky (1878–1947) was a Russian journalist, author and philosopher. He met Gurdjieff in 1915 and spent the next five years studying with him, then formed his own independent groups at London in 1921. Ouspensky became the first "career" Gurdjieffian and led independent Fourth Way groups in London and New York for his remaining years. He wrote In Search of the Miraculous about his encounters with Gurdjieff and it remains the best known and most widely read account of Gurdjieff's early experiments with groups. Thomas de Hartmann (1885–1956) was a Russian composer. He and his wife Olga first met Gurdjieff in 1916 at Saint Petersburg. They remained Gurdjieff's close students until 1929. During that time they lived at Gurdjieff's Institute for the Harmonious Development of Man near Paris. Between July 1925 and May 1927 Thomas de Hartmann transcribed and co-wrote some of the music that Gurdjieff collected and used for his Movements exercises. They collaborated on hundreds of pieces of concert music arranged for the piano. This concert music was first recorded and published privately from the 1950s to 1980s; then first issued publicly as the Music of Gurdjieff / de Hartmann, Thomas de Hartmann, piano by Triangle Records, with 49 tracks on 4 vinyl disks in 1998, then reissued as a 3-CD set in containing 56 tracks in 1989. A more extensive compilation was later issued as the Gurdjieff / de Hartmann Music for the Piano in 4 printed volumes by Schott between 1996 and 2005, and as audio CDs under the same title in four volumes with nine discs recorded with three concert pianists, by Schott/Wergo between 1997 and 2001. Olga de Hartmann (née Arkadievna, 1885–1987) was Gurdjieff's personal secretary during their Prieuré years and took most of the original dictations of his writings during that period. She also authenticated Gurdjieff's early talks in the book Views from the Real World (1973). The de Hartmanns' memoir, Our Life with Mr Gurdjieff (1st ed, 1964, 2nd ed, 1983, 3rd ed 1992), records their Gurdjieff years in great detail. Their Montreal Gurdjieff group, literary and musical estate is represented by retired Canadian National Film Board producer Tom Daly. Jeanne de Salzmann (1889–1990). Alexander and Jeanne de Salzmann met Gurdjieff in Tiflis in 1919. She was originally a dancer, a Dalcroze Eurythmics teacher. She was, along with Jessmin Howarth and Rose Mary Nott, responsible for transmitting Gurdjieff's choreographed movement exercises and institutionalizing Gurdjieff's teachings through the Gurdjieff Foundation of New York, the Gurdjieff Institute of Paris, London's Gurdjieff Society Inc., and other groups she established in 1953. She also established Triangle Editions in the US, which imprint claims copyright on all Gurdjieff's posthumous writings. John G. Bennett (1897–1974) was a British intelligence officer, polyglot (fluent in English, French, German, Turkish, Greek, Italian), technologist, industrial research director, author, and teacher, best known for his many books on psychology and spirituality, particularly the teachings of Gurdjieff. Bennett met both Ouspensky and then Gurdjieff at Istanbul in 1920, spent August 1923 at Gurdjieff's Institute, became Ouspensky's pupil between 1922 and 1941 and, after learning that Gurdjieff was still alive, was one of Gurdjieff's frequent visitors in Paris during 1949. See Witness: the Autobiography of John Bennett (1974), Gurdjieff: Making a New World(1974), Idiots in Paris: diaries of J. G. Bennett and Elizabeth Bennett, 1949 (1991). Alfred Richard Orage (1873–1934) was an influential British editor best known for the magazine New Age. He began attending Ouspensky's London talks in 1921 then met Gurdjieff when the latter first visited London early in 1922. Shortly thereafter, Orage sold New Age and relocated to Gurdjieff's institute at the Prieré, and in 1924 was appointed by Gurdjieff to lead the institute's branch in New York. After Gurdjieff's nearly fatal automobile accident in July 1924 and because of his prolonged recuperation during 1924 and intense writing period for several years, Orage continued in New York until 1931. During this period, Orage was responsible for editing the English typescript of Beelzebub's Tales (1931) and Meetings with Remarkable Men (1963) as Gurdjieff's assistant. This period is described in some detail by Paul Beekman Taylor in his Gurdjieff and Orage: Brothers in Elysium (2001). Maurice Nicoll (1884–1953) was a Harley Street psychiatrist and Carl Jung's delegate in London. Along with Orage he attended Ouspensky's 1921 London talks where he met Gurdjieff. With his wife Catherine and their daughter, he spent almost a year at Gurdjieff's Prieuré institute. A year later, when they returned to London, Nicoll rejoined Ouspensky's group. In 1931, on Ouspensky's advice he started his own Fourth Way groups in England. He is best known for the encyclopedic six-volume series of articles in Psychological Commentaries on the Teaching of Gurdjieff and Ouspensky (Boston: Shambhala, 1996, and Samuel Weiser Inc., 1996). Willem Nyland (1890–1975) was a Dutch-American chemist who first met Gurdjieff early in 1924 during the latter's first visit to the US. He was a charter member of the NY branch of Gurdjieff's Institute, participated in Orage's meetings between 1924 and 1931, and was a charter member of the Gurdjieff Foundation from 1953 and through its formative years. In the early 1960s he established an independent group in Warwick NY, where he began making reel-to-reel audio recordings of his meetings, which became archived in a private library of some 2600 90-minute audio tapes. Many of these tapes have also been transcribed and indexed, but remain unpublished. Gurdjieff Group Work with Wilhem (sic-Willem) Nyland (1983) by Irmis B. Popoff, sketches Nyland's group work. Jane Heap (1883–1964) was an American writer, editor, artist, and publisher. She met Gurdjieff during his 1924 visit to New York, and set up a Gurdjieff study group at her apartment in Greenwich Village. In 1925, she moved to Paris to study at Gurdjieff's Institute, and re-established her group in Paris until 1935 when Gurdjieff sent her to London to lead the group C. S. Nott had established and which she continued to lead until her death. Jane Heap's Paris group became Gurdjieff's 'Rope' group after her departure, and contained several notable writers, including Margaret Anderson, Solita Solano, Kathryn Hulme, and others who proved helpful to Gurdjieff while he was editing his first two books. Kenneth Macfarlane Walker (1882–1966) was a prominent British surgeon and prolific author. He was a member of Ouspensky's London group for decades, and after the latter's death in 1947 visited Gurdjieff in Paris many times. As well as many accessible medical books for lay readers, he wrote some of the earliest informed accounts of Gurdjieff's ideas, Venture with Ideas (1951) and A Study of Gurdjieff's Teaching (1957). Henry John Sinclair, 2nd Baron Pentland (1907–1984) was a pupil of Ouspensky's during the 1930s and 1940s. He visited Gurdjieff regularly in Paris in 1949, then was appointed as President of the Gurdjieff Foundation of America by Jeanne de Salzmann when she founded that institution at New York in 1953. He established the Gurdjieff Foundation of California in the mid-1950s and remained President of the US Foundation branches until his death. Pentland also became President of Triangle Editions when it was established in 1974. Critics Louis Pauwels, among others,[78] criticizes Gurdjieff for his insistence on considering people as "asleep" in a state closely resembling "hypnotic sleep". Gurdjieff said, even specifically at times, that a pious, good, and moral person was no more "spiritually developed" than any other person; they are all equally "asleep".[79] Henry Miller approved of Gurdjieff not considering himself holy but, after writing a brief introduction to Fritz Peters' book Boyhood with Gurdjieff, Miller wrote that people are not meant to lead a "harmonious life" as Gurdjieff believed in naming his institute.[80] Critics note that Gurdjieff gives no value to most of the elements that compose the life of an average person. According to Gurdjieff, everything an average person possesses, accomplishes, does, and feels is completely accidental and without any initiative. A common everyday ordinary person is born a machine and dies a machine without any chance of being anything else.[81] This belief seems to run counter to the Judeo-Christian tradition that man is a living soul. Gurdjieff believed that the possession of a soul (a state of psychological unity which he equated with being "awake") was a "luxury" that a disciple could attain only by the most painstaking work over a long period of time. The majority—in whom the true meaning of the gospel failed to take root[82]—went the "broad way" that "led to destruction."[83] In Beelzebub's Tales to His Grandson (see bibliography), Gurdjieff expresses his reverence for the founders of the mainstream religions of East and West and his contempt (by and large) for what successive generations of believers have made of those religious teachings. His discussions of "orthodoxhydooraki" and "heterodoxhydooraki"—orthodox fools and heterodox fools, from the Russian word durak (fool)—position him as a critic of religious distortion and, in turn, as a target for criticism from some within those traditions. Gurdjieff has been interpreted by some, Ouspensky among others, to have had a total disregard for the value of mainstream religion, philanthropic work and the value of doing right or wrong in general.[84] Gurdjieff's former students who have criticized him argue that, despite his seeming total lack of pretension to any kind of "guru holiness", in many anecdotes his behavior displays the unsavory and impure character of a man who was a cynical manipulator of his followers.[85] Gurdjieff's own pupils wrestled to understand him. For example, in a written exchange between Luc Dietrich and Henri Tracol dating to 1943: "L.D.: How do you know that Gurdjieff wishes you well? H.T.: I feel sometimes how little I interest him—and how strongly he takes an interest in me. By that I measure the strength of an intentional feeling."[86] Louis Pauwels wrote Monsieur Gurdjieff (first edition published in Paris in 1954 by Editions du Seuil).[87] In an interview, Pauwels said of the Gurdjieff work: "... After two years of exercises which both enlightened and burned me, I found myself in a hospital bed with a thrombosed central vein in my left eye and weighing ninety-nine pounds... Horrible anguish and abysses opened up for me. But it was my fault."[88] Pauwels believed that Karl Haushofer, the father of geopolitics whose protégée was Deputy Reich Führer Rudolf Hess, was one of the real "seekers after truth" described by Gurdjieff. According to Rom Landau, a journalist in the 1930s, Achmed Abdullah told him at the beginning of the 20th century that Gurdjieff was a Russian secret agent in Tibet[citation needed] who went by the name of "Hambro Akuan Dorzhieff" (i.e. Agvan Dorjiev), a tutor to the Dalai Lama.[89] However, the actual Dorzhieff went to live in the Buddhist temple erected in St. Petersburg and after the Revolution was imprisoned by Stalin. James Webb conjectured that Gurdjieff might have been Dorzhieff's assistant Ushe Narzunoff (i.e. Ovshe Norzunov).[90] Colin Wilson writes about "...Gurdjieff's reputation for seducing his female students. (In Providence, Rhode Island, in 1960, a man was pointed out to me as one of Gurdjieff's illegitimate children. The professor who told me this also assured me that Gurdjieff had left many children around America.)"[91] In The Oragean Version, C. Daly King surmised that the problem that Gurdjieff had with Orage's teachings was that the "Oragean Version", Orage himself, was not emotional enough in Gurdjieff's estimation and had not enough "incredulity" and faith. King wrote that Gurdjieff did not state it as clearly and specifically as this, but was quick to add that, to him, nothing Gurdjieff said was specific or clear.[citation needed] According to Osho, the Gurdjieff system is incomplete, drawing from Dervish sources inimical to Kundalini. Some Sufi orders, such as the Naqshbandi, draw from and are amenable to Kundalini.[92] Bibliography Three books by Gurdjieff were published in the English language in the United States after his death: Beelzebub's Tales to His Grandson published in 1950 by E. P. Dutton & Co. Inc., Meetings with Remarkable Men, published in 1963 by E. P. Dutton & Co. Inc., and Life is Real Only Then, When 'I Am', printed privately by E. P. Dutton & Co. and published in 1978 by Triangle Editions Inc. for private distribution only. This trilogy is Gurdjieff's legominism, known collectively as All and Everything. A legominism is, according to Gurdjieff, "one of the means of transmitting information about certain events of long-past ages through initiates". A book of his early talks was also collected by his student and personal secretary, Olga de Hartmann, and published in 1973 as Views from the Real World: Early Talks in Moscow, Essentuki, Tiflis, Berlin, London, Paris, New York, and Chicago, as recollected by his pupils. Gurdjieff's views were initially promoted through the writings of his pupils. The best known and widely read of these is P. D. Ouspensky's In Search of the Miraculous: Fragments of an Unknown Teaching, which is widely regarded as a crucial introduction to the teaching. Others refer to Gurdjieff's own books (detailed below) as the primary texts. Numerous anecdotal accounts of time spent with Gurdjieff were published by Charles Stanley Nott, Thomas and Olga de Hartmann, Fritz Peters, René Daumal, John G. Bennett, Maurice Nicoll, Margaret Anderson and Louis Pauwels, among others. The feature film Meetings with Remarkable Men (1979), loosely based on Gurdjieff's book by the same name, ends with performances of Gurdjieff's dances known simply as the "exercises" but later promoted as movements. Jeanne de Salzmann and Peter Brook wrote the film, Brook directed, and Dragan Maksimovic and Terence Stamp star, as does South African playwright and actor Athol Fugard.[93] Books The Herald of Coming Good by G. I. Gurdjieff (1933, 1971, 1988) All and Everything trilogy: Beelzebub's Tales to His Grandson by G. I. Gurdjieff (1950) Meetings with Remarkable Men by G. I. Gurdjieff (1963) Life is Real Only Then, When 'I Am': All and Everything... ISBN 978-0140195859 by G. I. Gurdjieff (1974) Views from the Real World gathered talks of G. I. Gurdjieff by his pupil Olga de Hartmann(1973) Scenario of the Ballet: The Struggle of the Magicians ISBN 978-0957248120 by G. I. Gurdjieff Transcripts of Gurdjieff's Meetings 1941–1946 ISBN 978-0955909054 See also In Search of the Miraculous Jean Vaysse, Toward Awakening, An Approach to the Teaching Left by Gurdjieff. London: Routledge & Kegan Paul, 1980 ISBN 0-7100-07159 References "The 86 Sayings of Mullah Nassr Eddin". The Gurdjieff Foundation New York James Webb, The Harmonious Circle, Thames and Hudson, 1980, pp. 25–6 provides a range of dates from 1872, 1873, 1874, 1877 to 1886. http://www.cambridgescholars.com/download/sample/58952 Cambridge Scholars Publishing. Edited by Michael Pittman. G. I. Gurdjieff: Armenian Roots, Global Branches. During the early period after Gurdjieff's arrival in Europe in 1921 he gained significant notoriety in Europe and the United States... In October of 1922, Gurdjieff set up a school at the Prieuré des Basses Loges at Fontainebleau-Avon, outside of Paris. It was at the Prieuré that Gurdjieff met many notable figures, authors, and artists of the early twentieth century, many of whom went on to be close students and exponents of his teaching. Over the course of his life, those who visited and worked with him included the French author René Daumal; the renowned short story author from New Zealand, Katherine Mansfield; Kathryn Hulme, later the author of A Nun's Life; P. L. Travers, the author of Mary Poppins; and Jean Toomer, the author of Cane, whose work and influence would figure prominently in the Harlem Renaissance... Numerous study groups, organizations, formal foundations, and even land-based communities have been initiated in his name, primarily in North and South America and Europe, and to a lesser extent, in Japan, China, India, Australia, and South Africa. In 1979, Peter Brook, the British theater director and author, created a film based on Meetings with Remarkable Men. Ouspensky, P. D. (1977). In Search of the Miraculous. pp. 312–313. ISBN 0-15-644508-5. Schools of the fourth way exist for the needs of the work... But no matter what the fundamental aim of the work is ... When the work is done the schools close. Nott, C.S. (1961). Teachings of Gurdjieff : A Pupil's Journal : An Account of some Years with G.I. Gurdjieff and A.R. Orage in New York and at Fontainbleau-Avon. Henley, UK / London: Routledge and Kegan Paul. p. x. ISBN 0-7100-8937-6. De Penafieu, Bruno (1997). Needleman, Jacob; Baker, George (eds.). Gurdjieff. Continuum International Publishing Group. p. 214. ISBN 1-4411-1084-4. If I were to cease working... all these worlds would perish. "Gurdjieff International Review". Gurdjieff.org. Retrieved 2014-03-02. Shirley, John (2004). Gurdjieff: An Introduction to His Life and Ideas. New York: J.P. Tarcher/Penguin. p. 44. ISBN 9781585422876. 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Writings on Gurdjieff's teachings in the Elizabeth Jenks Clark Collection of Margaret Anderson Papers at Yale University Beinecke Rare Book and Manuscript Library Howarth Gurdjieff Archive at The New York Public LibraryGeorges Ivanovitch Gurdjieff Biografia Il nome di Georges Ivanovitch Gurdjieff è stato circondato da leggende fantastiche. In realtà la sua vita è quella d'un uomo interamente consacrato alla ricerca di una conoscenza perduta e all'arduo compito di farla rivivere ai nostri giorni. Georges Ivanovitch GurdjieffNacque ad Alexandropol, in Russia, vicino alla frontiera persiana, nel 1877. La sua famiglia era di origine greca. Suo padre, allevatore di grandi mandrie, aveva ereditato la tradizione orale di un'antichissima cultura, e grazie a lui l'infanzia di G. I. Gurdjieff fu tutta impregnata di racconti e poemi di un lontano passato. Distintosi ben presto agli occhi dell'arciprete della cattedrale di Kars, egli fu anche in seguito guidato da uomini capaci di risvegliare in lui il gusto dei valori essenziali, e ricevette insieme una formazione scientifica moderna e una profonda educazione religiosa. Nella zona a sud del Caucaso, dove la mescolanza di vari popoli russi, greci, iraniani, tartari, armeni, porta all'incrocio di civiltà e costumi diversi, numerosi avvenimenti lo convinsero che in passato era esistita una conoscenza reale dell'uomo e della natura, la cui traccia era stata cancellata e tuttavia doveva ancora essere possibile ritrovarla. Tutta la sua esistenza fu orientata da tale convinzione, ed egli si prodigò a condividerla con uomini animati dal suo stesso desiderio di comprendere il senso della vita umana. Coi "Cercatori di Verità", che annoveravano fra l'altro geografi, archeologi e medici, G. I. Gurdjieff, superando inaudite difficoltà, riuscì ad entrare in contatto con alcune comunità isolate d'Africa, del Medio Oriente e dell'Asia Centrale, e a raccogliere in seno ad esse frammenti sparsi di un insegnamento tradizionale. Poi, sottomettendosi al fuoco delle più rigorose discipline interiori, riuscì a viverli e a ricostruire per sé l'unità della conoscenza che cercava. Nel 1912, un uomo completamente diverso sbarca in Europa. Un nuovo compito lo attende: dove trovare i mezzi con cui trasmettere questa conoscenza, creando le condizioni in cui altri possano farne a loro volta l'esperienza. Ha circa quarant'anni. A Mosca prima, poi a Pietroburgo, intorno a lui si formano gruppi di uomini in ricerca. Uno dei suoi primi allievi, P. D. Ouspensky, avrebbe in seguito testimoniato, nel libro "Frammenti di un insegnamento sconosciuto", del valore di quello che Gurdjieff portava: "Non si tratta di un mosaico, come sono tutti gli altri sistemi filosofici, ma di un tutto indivisibile". La guerra prima, poi la rivoluzione, lo spinsero a spostare in Francia la sua residenza. Egli vi si stabilì nel 1922 al Prieuré di Avon, vicino a Fontainebleau, dove raccolse numerosi allievi, specialmente inglesi e americani. Nel 1924 un grave incidente d'automobile lo costrinse a cambiare l'orientamento della sua attività; ed egli decise di scrivere una serie di opere, e di tenere al suo fianco solo un piccolissimo gruppo di allievi. Morì il 29 ottobre 1949 all'Ospedale Americano di Neuilly; ma il suo pensiero era stato trasmesso e la conoscenza per cui egli aveva lottato continuava a vivere. Per approfondimenti: - Consigliamo la lettura dell’articolo “Guénon, Gurdjieff, Crowley e Castaneda” presente nella rubrica Riflessioni sell’Esoterismo a cura di Daniele Mansuino. - Inoltre: G. I. Gurdjieff - Incontro con un uomo straordinario di Walter Catalano. Testi presenti nel sito: - La Quarta Via - Stati di Coscienza - Vedute sul Mondo Reale - Sulla Guerra - Padri di Famiglia, vagabondi, lunatici - Riflessioni sui giornalisti Catalogo libri di Georges Ivanovitch Gurdjieff Incontri con uomini straordinari, Adelphi - 1993 Nunzio del bene venturo. Primo appello all'umanità contemporanea, Astrolabio Ubaldini - 2003 I racconti di Belzebù a suo nipote, Neri Pozza - 2007 Gurdjieff. Anatomia di un mito, Punto d'Incontro - 1993 La vita è reale solo quando «Io sono», Neri Pozza - 2002 Vedute sul mondo reale. Gurdjieff parla agli allievi 1917-1931, Neri Pozza - 2000 La Comprensione dell'Essere. Dagli isegnamenti di G.I. Gurdjieff, Adea - 2003 The Complete Piano Music of George I Gurdjieff and Thomas De Hartmann - CD, Celestial Harmonies - dicembre 2007George Ivanovitch Gurdjieff (1866?-1949), il cui insegnamento combina cristianesimo, sufismo e altre tradizioni religiose, è uno dei più influenti maestri nella storia dell’esoterismo contemporaneo. Parlare di movimenti “gurdjieffiani” suscita in genere la disapprovazione proprio di chi ne fa parte; si può quindi fare riferimento – più generalmente – a una “eredità” di Gurdjieff, tuttora viva e presente. Gurdjieff nasce in una data imprecisata che oscilla tra il 1866 e il 1877 (i biografi, pur senza sicurezza, preferiscono la data del 1866) nella città di Alexandropol (oggi chiamata Gyumri, nell’attuale Armenia) da padre greco e madre armena. Il padre – prima commerciante di legname e poi falegname – è anche un cantastorie, e questa tradizione di poesia orale influenza il figlio. Dopo che la famiglia si è trasferita a Kars, Gurdjieff è educato da sacerdoti ortodossi e prende in considerazione a sua volta il sacerdozio. Non è questa peraltro la sua via, e a partire dal 1884 comincia a esplorare altre tradizioni spirituali, in particolare quella sufi. Fra il 1887 e il 1907 si situano i “vent’anni mancanti” nella biografia di Gurdjieff. Si sa che con altri amici forma un gruppo chiamato dei “Cercatori della verità”, compie numerosi viaggi che lo portano dal Medio Oriente all’India, dall’Asia Centrale al Tibet, visitando monasteri e centri religiosi, e cercando una misteriosa “Confraternita di Sarmoung”, di cui aveva trovato un riferimento nel 1886. Più tardi, di questi anni sarà dato conto nel volume autobiografico Incontri con uomini straordinari, un testo che certamente ha in parte un significato simbolico e metaforico piuttosto che fattuale. Nel 1907 Gurdjieff è a Tashkent, dove inizia a insegnare “scienze soprannaturali”. Nel 1912 nasce il primo gruppo di Mosca, seguito nel 1913 da un altro a San Pietroburgo. Sempre nel 1912 Gurdjieff legge con interesse il Tertium Organum, una complessa opera sulla natura dell’universo pubblicata, nel 1911, dallo scrittore Piotr Demianovich Ouspensky (1878-1947). Nel 1915, Gurdjieff accetta Ouspensky come allievo a Mosca. Nel 1916 e 1917 entrano nel gruppo anche il compositore Thomas Alexandrovich de Hartmann (1885-1956) e sua moglie Olga Arkadievna de Hartmann (1885-1979). La rivoluzione russa travolge il piccolo gruppo, che si riforma nel luglio 1917 nel Caucaso, a Essentuki, spostandosi poi ripetutamente in altre località fra cui Tiflis (oggi Tbilisi), in Georgia. Qui nel 1919 Gurdjieff incontra l’artista Alexandre Gustav Salzmann (1874-1934) e la moglie Jeanne Matignon de Salzmann (1889-1990), che aveva studiato danza sotto la guida di Émile Jaques-Dalcroze (1865-1950), il creatore dell’euritmia. In collaborazione con Jeanne, Gurdjieff elabora i suoi “movimenti”, o danze sacre, che presenta per la prima volta a Tiflis nel giugno 1919. Nello stesso anno, a metà settembre, costituisce con i discepoli l’Istituto per lo Sviluppo Armonico (o Armonioso) dell’Uomo. Peggiorate le condizioni politiche in Georgia, nel 1920 Gurdjieff e l’Istituto si trasferiscono a Costantinopoli (oggi Istanbul), dove continuano dimostrazioni semi-pubbliche delle danze sacre. Nel 1920 Gurdjieff incontra a Costantinopoli il maggiore John Godolphin Bennett (1897-1974), che più tardi diventerà un suo allievo tanto brillante quanto incontrollabile e indipendente. L’interesse per l’Istituto in Turchia è peraltro modesto; nel 1921 Gurdjieff e i discepoli si trasferiscono a Berlino, quindi visitano Londra (dove Ouspensky rimane in via definitiva). Nel 1922 si stabiliscono in Francia nel castello del Prieuré a Fontainebleau-Avon, alle porte di Parigi. Poco dopo l’apertura, il Prieuré accetta come ospite permanente la celebre scrittrice neozelandese Katherine Mansfield (1888-1923). Ammalata di tubercolosi, la scrittrice muore l’anno seguente, e la stampa accusa l’Istituto – probabilmente del tutto a torto – di non averle prodigato cure adeguate. Dopo l’incidente, le cose migliorano e le serate di musica e danze sacre organizzate da Gurdjieff – al Prieuré e altrove – suscitano l’interesse di numerosi intellettuali. Nasce così l’idea, nel 1924, di una prima tournée in America, dove Gurdjieff incontra – soprattutto negli ambienti letterari – amici fedeli, che continueranno a interessarsi per molti anni alle sue idee. Ulteriori viaggi negli Stati Uniti sono organizzati negli anni successivi, con alterni successi. Non mancano tuttavia – in anni che pure per Gurdjieff sono di grande attività creativa – le difficoltà: l’Istituto deve lasciare il Prieuré nel 1932, e perderlo definitivamente a causa di difficoltà economiche nel 1933. Gurdjieff continua tuttavia a insegnare le sue idee e le sue tecniche a Parigi e nei frequenti viaggi negli Stati Uniti, incontrando nuovi successi negli ambienti letterari; negli anni 1936-1937 anima il gruppo “La Corda” (The Rope), costituito da scrittrici americane (tutte lesbiche) venute a Parigi per porsi alla sua scuola, fra cui Margaret Anderson (1886-1973) e Jane Heap (1887-1964), che erano state le fondatrici della leggendaria Little Review a New York. Solo verso la fine della Seconda guerra mondiale – nel difficile clima di Parigi occupata – iniziano ad acquistare importanza allievi francesi, fra cui lo scrittore René Daumal (1908-1944). Dopo la morte di Ouspensky – con cui i rapporti non erano mai stati facili –, nel 1947, numerosi allievi di questo si rivolgono a Gurdjieff, e nel 1948 partecipano a una riunione a Parigi. Dopo un grave incidente automobilistico, nel 1948, le sue condizioni di salute si aggravano. Muore il 29 ottobre 1949 all’Ospedale Americano di Neuilly, dopo avere trasmesso le sue ultimi istruzioni a Jeanne de Salzmann. È proprio Jeanne de Salzmann – nata a Reims, in Francia, da padre protestante e madre cattolica – a tenere le fila dell’“eredità” di Gurdjieff dopo la sua morte. Il maestro non aveva mai voluto fondare un movimento organizzato; aveva lasciato dietro di sé testi in gran parte simbolici e volutamente oscuri; certo non aveva formalmente nominato un successore. Tuttavia intorno a Jeanne de Salzmann si organizzano una serie di istituzioni che riconoscono nell’autorità di questa allieva prediletta – che morirà nel 1990, all’età di centouno anni; le succederà in un primo momento Henri Tracol (1909-1997), quindi il figlio Michel de Salzmann (1923-2001), e attualmente il celebre regista britannico Peter Brook (nato nel 1925), che nel 1979 ha diretto la riduzione cinematografica del racconto Incontri con uomini straordinari – un punto di riferimento per una rete di fondazioni e società autonome in Europa, Stati Uniti, Sud America e Australia. Le istituzioni principali di questa rete – nota complessivamente con il nome The Gurdjieff Foundation, e che conta circa 10.000 membri – sono l’inglese Gurdjieff Society, fondata nel 1955 e a lungo guidata da Henriette H. Lannes (1899-1980), e la Gurdjieff Foundation di New York, animata da Henry John Sinclair, Lord Pentland (1907-1984). La Gurdjieff Foundation e la Gurdjieff Society – cui va aggiunta la venezuelana Fundación Gurdjieff Caracas, nonché la declinazione francese di questa rete, nota come Institut Gurdjieff – hanno difeso l’integrità del lavoro di Gurdjieff creando una “ortodossia gurdjieffiana” (se questa espressione è lecita, considerate le peculiari idee del maestro) e dando vita alla International Association of Gurdjieff Foundations. Non hanno però potuto evitare la proliferazione di diverse centinaia di gruppi e movimenti “gurdjieffiani” nel mondo. Fra tali gruppi, si segnala il Centro Studi Tradizionale e di Formazione Interiore secondo il Metodo di G. Gurdjieff, fondato a Torino da Renato Zorgnotti, in passato discepolo della già menzionata Henriette H. Lannes, e oggi presieduto da Giuseppe Benenati, che conta circa una ventina di aderenti. Si può distinguere fra quattro diverse forme della “eredità” di Gurdjieff. La prima è costituita dalle società e fondazioni “ortodosse”, che raccolgono nel mondo circa diecimila persone, e con una presenza molto discreta anche in Italia tramite l’Associazione Italiana Studi sull’Uomo G. I. Gurdjieff – presente a Milano, Roma, Torino, Palermo e Cagliari. Dopo l’esordio, all’inizio degli anni 1950, del “Lavoro” gurdjieffiano da parte di un gruppo torinese coordinato da Ferruccio Albano ed Ercole Vigna (1927-1976), entrati in contatto con la Francia, a tale gruppo viene in seguito fatto divieto di continuare ad avere allievi, e questi ultimi sono chiamati a seguire l’insegnamento trasmesso nel nostro Paese, su mandato della già citata Lannes, da Henri Thomasson (1910-1997) – nato in un piccolo villaggio della regione lionese in una famiglia cattolica –, ciò che avviene a partire dal 1971 sotto la guida di Giancarlo Frassinelli (1927-1995). La seconda è costituita da discepoli di maestri che si erano già resi indipendenti da Gurdjieff durante la sua vita – tra cui Ouspensky e Bennett –, ovvero hanno fatto parte dell’area “ortodossa” dopo la morte di Gurdjieff ma la hanno poi lasciata per creare gruppi indipendenti. Dalla Fondazione proviene per esempio Margit Martinu, che – accompagnata al pianoforte da Giovanna Natalini – insegna i movimenti di Gurdjieff in Italia, particolarmente a Roma (da ambienti analoghi proviene Madhur Rotolo, il quale pure impartisce corsi legati alle “sacre danze” e ai movimenti di Gurdjieff, particolarmente in Toscana; e sempre in Italia – a testimonianza della vivacità del contesto – impartiscono seminari e insegnamenti basati sui movimenti di Gurdjieff gli associati di GurdjieffMovements.com). Non mancano poi maestri che affermano linee di discendenza da Gurdjieff che comportano numerosi passaggi più o meno diretti, quando non sono totalmente fantastiche o fittizie. Proprio alcuni di questi maestri “indipendenti” hanno costituito i gruppi più articolati e strutturati in modo gerarchico, come la Fellowship of Friends e il Centro Linbu. Nonostante tutto, è probabile che il numero di persone che si muovono in questa seconda area “indipendente” sia leggermente inferiore al totale di coloro che partecipano a quello che Gurdjieff chiamava semplicemente “il Lavoro” nell’area “ortodossa”. In terzo luogo, l’eredità di Gurdjieff vive in movimenti religiosi e in insegnamenti spirituali che non rivendicano una discendenza genealogica dal maestro greco-armeno, ma lo riconoscono fra le fonti autorevoli cui si sono ispirati: è il caso di una parte del New Age, e anche di Osho Rajneesh (Mohan Chandra Rajneesh, 1931-1990): un caso emblematico di questo ambito è il Gruppo per l’Armonioso Sviluppo dell’Uomo, nel quale gli insegnamenti di Gurdjieff e Ouspensky sono veicolati tramite l’insegnamento di Osho. In questo ambito, non si può non segnalare l’insegnamento tramite libri, seminari e originali videogiochi di Eugene Jeffrey (“E. J.”) Gold, che si definisce un sufi e un maestro della Quarta Via e che dirige l’Institute for the Development of the Harmonious Human Being (così riecheggiando l’Institute for the Harmonious Development of Man di Gurdjieff) a Nevada City, in California. Gold propone fra l’altro un “lavoro del Bardo” per imparare fin da ora ad affrontare lo stato intermedio fra la vita e la morte, proposto anche in Italia da BardoWorks Europe tramite seminari e pubblicazioni. Gold nega formalmente di essere un discepolo di Gurdjieff, ma i riferimenti impliciti a quest’ultimo sono veramente ovunque nel suo peraltro complesso insegnamento. Infine, l’“eredità” di Gurdjieff è presente in una varietà di ambiti artistici, culturali e letterari dove hanno lasciato il loro segno suoi discepoli diretti o indiretti, da Pamela Travers (1899-1996), la creatrice di Mary Poppins, che al maestro ha reso spesso esplicito omaggio, e all’architetto Frank Lloyd Wright (1869-1959), che aveva incontrato Gurdjieff e si era interessato alle sue idee dopo averne sposato una discepola. In una generazione che non ha conosciuto direttamente Gurdjieff, si può citare fra gli altri in Italia il cantautore Franco Battiato, che si è adoperato per la diffusione del pensiero del maestro – non senza successo – nel nostro paese, e che ispira a sua volta gruppi che si riuniscono in forma privata per studiare e mettere in pratica gli insegnamenti di Gurdjieff. L’insegnamento di Gurdjieff sfugge a ogni tentativo di ricostruzione: mette insieme spiritualità, filosofia, cosmologia e un modello complesso della persona umana legandoli in un sistema unificato. Il “Lavoro” di Gurdjieff è rivolto all’evoluzione personale, alla trasformazione sociale, e ultimāmente a una trasformazione su scala cosmica. L’espressione “Lavoro” si riferisce allo sforzo che è necessario perché l’allievo si “risvegli” al significato dell’esistenza umana. I frutti del “Lavoro”, che inizia come opera interiore su se stessi, devono ultimāmente trasformare la vita quotidiana. Il “Lavoro” è una forma di tradizione orale; richiede una “scuola” e la disponibilità degli “allievi” o “studenti” a porsi sotto la tutela di un maestro, senza il quale la trasformazione interiore è giudicata impossibile. La condizione umana così come si presenta oggi è lontana dalla sua verità originaria e dal suo potenziale. Nel mondo moderno in ogni persona coesistono molti “io” contraddittori, in competizione fra loro; questo conflitto rende ultimāmente impossibili il pensiero e l’azione in forma unitaria. Inoltre, in ogni persona coesistono due nature che non sono capaci di riconoscersi a vicenda: l’essenza e la personalità. La libertà, l’azione consapevole e un’autentica volontà non possono esistere in questo stato di frammentazione. Quella che chiamiamo “azione” è soltanto un fenomeno meccanico e inconscio. Questo stato comune e quotidiano è chiamato da Gurdjieff “sonno”. L’evoluzione personale è quindi il risveglio dallo stato di sonno, e il passaggio dalla frammentazione all’unità. Lo stato di “sonno” non priva soltanto la persona della libertà e della responsabilità; turba anche la sua relazione con il cosmo. Gurdjieff chiede – talora brutalmente – di prendere atto dello squilibrio e delle illusioni che impediscono di vedere la realtà della presente condizione umana. Il “Lavoro” lentamente rivela come l’entità che la persona considerava unitaria, coerente e libera è in realtà un insieme contraddittorio di pensieri, reazioni emotive, e meccanismi ripetitivi di auto-protezione. La consapevolezza di questo stato di confusione è il primo passo in direzione del risveglio. Come secondo passo, è necessario accettare quanto si è visto. Le prime fasi del “Lavoro” propongono l’osservazione, la verifica e l’accettazione della verità della condizione umana attraverso lo studio, la partecipazione a un lavoro di gruppo ed esercizi di attenzione (“ricordo di sé”). L’insegnamento di Gurdjieff non è organizzato intorno a un sistema dottrinale, ma piuttosto intorno a un metodo. Insiste che tutto deve essere messo in discussione. Vivendo in questo modo – perpetuamente critico – le capacità di osservazione e di attenzione si affinano, e le idee sono verificate nella vita. Gurdjieff insegna che le sue dottrine non possono essere trasmesse in modo univoco perché ogni persona ha un itinerario di crescita indipendente e unico, di cui si deve tenere conto. Tuttavia, è anche vero che – di fronte al rischio dell’auto-illusione – un lavoro di gruppo, con altri, è indispensabile per la trasformazione. Lavorando in gruppo l’osservazione di se stessi può essere più obiettiva; alcuni esercizi sono inoltre possibili soltanto in gruppo. I gruppi – nel “Lavoro” – dovrebbero anche sviluppare sincerità, forza interiore e nuove capacità. In concreto il “Lavoro”, nei gruppi, si concentra su metodi di auto-osservazione che hanno, tra l’altro, lo scopo di imparare a “ricordare se stessi”. Osservare come si pensa, si agisce, si provano emozioni rivela come i tre centri della persona umana – mentale, emozionale e motorio – operano a diverse velocità, e sono spesso in contraddizione tra loro. Gli esercizi del “Lavoro” rendono consapevoli delle relazioni fra i tre centri, e permettono l’emergere di momenti in cui la natura meccanica dell’uomo non è più dominante. Questi momenti in cui si emerge dallo stato di “sonno” sono effimeri, ma gradualmente si legano gli uni agli altri e offrono nuove possibilità di integrazione. Al servizio del “Lavoro” si pongono anche la musica e i movimenti del corpo. Gurdjieff e Thomas de Hartmann hanno lasciato un ampio corpus musicale, il cui scopo è trasmettere un insegnamento pratico sulle relazioni fra la vibrazione, l’esperienza del suono, e la consapevolezza. Jeanne de Salzmann ha trasmesso a sua volta un gran numero di “danze sacre” o “movimenti” creati da Grudjieff sulla base di diverse tradizioni osservate nei suoi viaggi. La musica e i movimenti offrono la possibilità di studiare e “ricordare” se stessi, creando condizioni in cui è più facile osservare la relazione fra il corpo e la qualità della nostra attenzione. Attraverso il corpo si sperimentano anche diversi livelli e qualità di energia. Gurdjieff descrive gli stati superiori dell’evoluzione personale come difficili, ma non impossibili. A differenza di altri sistemi esoterici che svalutano il ruolo del corpo, l’insegnamento di Gurdjieff insegna a integrare quelle che definisce le due nature dell’esistenza umana, la evolutiva e la involutiva, in modo da accedere a un luogo ideale collocato in una posizione intermedia fra queste due nature. Solo a questo punto è possibile riscoprire e alimentare l’essenza, quella parte della persona che rivela lo scopo della vita. Continuando nello sviluppo, cresce anche la consapevolezza delle responsabilità: la persona può mettersi al servizio di altri e del grande processo cosmico dell’evoluzione. Gurdjieff inserisce il “Lavoro” in una complessa cosmologia. Lo scopo della vita è consapevolmente trasformare energia e partecipare responsabilmente a un processo e a un dramma cosmico, in cui l’umanità ha il suo posto nella grande catena dell’essere. Le persone che non raggiungono la consapevolezza contribuiscono anche loro – ma involontariamente e passivamente – a liberare energia e a nutrire i processi cosmici, diventando – secondo l’espressione del maestro – “cibo per la Luna”. In termini più “religiosi”, alcuni interpreti del pensiero di Gurdjieff hanno affermato che si ritrova qui l’idea – comune ad altri sistemi esoterici – secondo cui non tutti hanno un’anima, ma soltanto coloro che sono in grado di costruirsela consapevolmente attraverso un faticoso processo. B.: Un pregevole studio introduttivo è quello di Constance A. Jones, G.I. Gurdjieff e la sua eredità, Elledici, Leumann (Torino) 2005. James Moore (1929-2017) è l’autore di quella che è considerata la migliore biografia di Gurdjieff, di cui esiste una traduzione italiana: George Ivanovitch Gurdjieff: Anatomia di un mito, Il Punto d’Incontro, Vicenza 1993. Tutte le opere di Gurdjieff sono state tradotte in italiano: Il nunzio del bene venturo: primo appello all’umanità contemporanea, Astrolabio, Roma 2003; I racconti di Belzebù a suo nipote. Critica oggettivamente imparziale della vita degli uomini, Neri Pozza, Vicenza 1999; Incontri con uomini straordinari, Adelphi, Milano 1992; La vita è reale solo quando “Io sono”, Neri Pozza, Vicenza 2004; Vedute sul mondo reale: Gurdjieff parla ai suoi allievi, L’Ottava, Milano 1985. Le testimonianze, i diari e le memorie degli allievi diretti di Gurdjieff costituiscono un peculiare genere letterario; fra questi, considerata l’importanza di Jeanne de Salzmann nella prosecuzione e diffusione del “Lavoro” di Gurdjieff, si veda il suo La realtà dell’essere. La Quarta via di Gurdjieff, trad. it., Astrolabio, Roma 2011; dal punto di vista storico importante è anche l’opera di Thomas de Hartmann, La nostra vita con il Signor Gurdjieff, trad. it., Astrolabio, Roma 1974; cfr. infine – fra le molte memorie dei primi allievi – Charles Stanley Nott (1887-1978), Insegnamenti di Gurdjieff. Diario di un allievo. Memorie di alcuni anni con G.I. Gurdjieff e A.R. Orage a New York e Fontainebleau-Avon, trad. it., Lantana, Roma 2012. La letteratura secondaria su Gurdjieff è vastissima: se ne troverà una bibliografia fino ai primi anni 1980 nell’opera di J. Walter Driscoll e The Gurdjieff Foundation of California, Gurdjieff. An Annotated Bibliography, Garland, New York 1985; la quarta edizione di questa guida, aggiornata al 2017, è reperibile solo online tramite il sito Gurdjieff – A Reading Guide; cfr. pure William Patrick Patterson, Georgi Ivanovitch Gurdjieff. The Man, The Teaching, His Mission, Arete, Fairfax (California) 2014. Benché si tratti di una sistematizzazione, talora criticata, soltanto di una parte delle idee di Gurdjieff, rimane comunque indispensabile per un accostamento alle dottrine l’opera di Piotr Demianovich Ouspensky, Frammenti di un insegnamento sconosciuto, trad. it., Astrolabio, Roma 1976, che resta ancora oggi per molti la prima occasione di incontrare le idee di Gurdjieff. Sui rapporti con gli ambienti letterari: Margaret Anderson, L’inconoscibile Gurdjieff, trad. it., Gremese, Roma 1996; J. Moore, Gurdjieff and Mansfield, Routledge and Kegan Paul, Londra – Boston – Henley 1980; Pamela L. Travers, George Ivanovitch Gurdjieff, Traditional Studies Press, Toronto 1973. Dal punto di vista accademico – spesso ispirato dall’atteggiamento “ortodosso”, diffuso anche in ambienti universitari – la maggiore raccolta di scritti è quella curata da Jacob Needleman e George Baker, Gurdjieff. Essays and Reflections on the Man and His Teaching, Continuum, New York 1996. Per lo sviluppo dell’eredità un’utile introduzione è quella di Kathleen Riordan Speeth, The Gurdjieff Work, Jeremy P. Tarcher, Los Angeles 1989, e Johanna J. M. Petsche, “A Gurdjieff Genealogy: Tracing the Manifold Ways the Gurdjieff Teaching Has Travelled”, International Journal for the Study of New Religions, vol. 4/1, maggio 2013, pp. 49-79; relativamente agli esordi del “Lavoro” in Italia, cfr. Alessandro Cenni, Servi d’Amore. Da Giuda a Dante a Gurdjieff, Psiche, Torino 2009; e Antonio Orefice, Un Cammino nell’Insegnamento di Gurdjieff. Cronache di un tempo vissuto, Psiche, Torino 2015. Per il punto di vista “ortodosso”, di rilievo è anche la Gurdjieff International Review.BIOGRAFIA DI GURDJIEFF LA VITA DEL MAESTRO ARMENO Tempio Armeno Thomas de Hartman al pianoforte logo Africa Logo del Prieure di Gurdjieff George Ivanovich Gurdjieff nacque nel 1869 ad Alexandropol (Armenia russa) ed è uno dei pochi riconosciuti grandi maestri occidentali vissuti nel secolo scorso. Dopo una giovinezza passata viaggiando e studiando culture diverse allora sconosciute, si dedicò interamente al lavoro sulla consapevolezza, intesa come mezzo per svegliare l'uomo dagli automatismi quotidiani per fargli riemergere potenzialità latenti. Le sue conoscenze spaziavano dalla musica (compose numerosi brani) alla filosofia, ed utilizzava la danza come strumento di armonizzazione: scrisse anche numerosi testi che ancora oggi sono testi importanti per chiunque voglia intraprendere un cammino verso il risveglio interiore. Gurdjieff ebbe l’opportunità di incontrare uomini straordinari dai quali acquisì la convinzione che qualcosa di vitale importanza mancava nella considerazione dell’uomo e del mondo nella letteratura e nella scienza europee. Era stato indirizzato agli studi di medicina e di teologia, ma l’insoddisfazione che provava per i limiti di quel tipo di educazione lo condusse a cercare altrove e per proprio conto. Con un gruppo di "cercatori della verità" viaggiò per molti anni attraverso l’Africa, l’Asia e l’Estremo Oriente, raggiungendo luoghi la cui esistenza è insospettabile anche per i più accurati esploratori. Dove realmente riuscì a spingersi non è possibile dirlo, e anche quel che lui stesso rivela nel volume "Incontri con Uomini Straordinari" è velato a tal punto da metafore che le vaghe coordinate geografiche risultano impenetrabili. Nel 1922 fondò l’Istituto per lo Sviluppo Armonioso dell’Uomo al Castello del Prieuré di Fontaineblau, nei pressi di Parigi. Qui il "lavoro su se stessi" da lui proposto prese una pianta stabile attirando, tra gli altri, diversi intellettuali e artisti europei. Organizzò una vera e propria comunità indipendente con coltivazioni, animali, svariate attività lavorative e speciali classi di esercizi per la "trasformazione delle energie" che consistevano nei famosi "movimenti" tratti da danze sacre e in conferenze sugli aspetti teorici del "lavoro". Nel 1924 organizzò in America un’altra branca dell’Istituto, dando per l’occasione una dimostrazione dei suoi "movimenti" accompagnati al pianoforte dalle musiche sacre elaborate assieme al musicista russo Thomas De Hartmann. Qui divennero suoi seguaci scrittori come Margareth Anderson, filosofi come Alfred Orage, che in quegli anni aveva fondato la rivista letteraria "The New Age", architetti come Frank Lloyd-Wright. Possiamo annoverare fra i suoi allievi famosi anche lo scrittore Louis Pauwels, Dorothy Caruso (consorte del noto tenore), la straordinaria scrittrice Katherine Mansfield e molti altri. Al ritorno rimase gravemente ferito (ma miracolosamente vivo) in un terribile incidente d’auto che lo costrinse ad interrompere il lavoro pratico al Prieuré per intraprendere la trasmissione scritta delle sue idee, che avrebbe preso poi la forma di opere come "I racconti di Belzebù al suo piccolo nipote", il già citato "Incontri con Uomini Straordinari" e "La Vita Reale". Durante la seconda guerra mondiale continuò ad insegnare con gravi difficoltà ricevendo gruppi di allievi nel suo appartamento di Rue des Colonels Rénard; poi improvvisamente nel 1948 decise di riprendere l’attività più estesa: purtroppo un anno dopo sarebbe stato fermato dalla morte. Gurdjieff ha scritto diversi libri e ha composto molte opere musicali. È possibile rinvenire ulteriori notizie sulle sue opere letterarie nella nostra sezione bibliografica.Gurdjieff e la legge del sette Avatar di Andrea Giuliodoridi Andrea Giuliodori - aggiornato il 2 Marzo 2020 Home » Abitudini16 commenti 396CONDIVISIONI Share Tweet WhatsApp Share Come instaurare nuove abitudini e raggiungere i tuoi obiettivi grazie alle lezioni di un mistico armeno. “Ti chiedo di non credere a nulla che tu non possa verificare in prima persona.” Georges Ivanovič Gurdjieff. Gur… chi?! E adesso chi è ‘sto gurciofo?! carciofo?! Georges Ivanovič Gurdjieff è stato un filosofo, scrittore, mistico e “maestro di danze” armeno. L’insegnamento di Gurdjieff ha influenzato negli anni numerosi personaggi della cultura e della letteratura: dall’architetto americano Frank Lloyd Wright, fino al nostro cantante e regista Franco Battiato. Ma perché mi vuoi parlare di ‘sto Gormita?! Che c’azzecca con la crescita personale, le buone abitudini o la voglia di cambiare vita? C’azzecca, c’azzecca ;-) . Come ormai avrai capito, ciò che mi interessa della crescita personale sono i suoi risvolti pratici: piccole, grandi tecniche di miglioramento personale che possiamo applicare alla vita di tutti i giorni. Quando ho letto per la prima volta della legge del sette di Gurdjieff, in un libro di Claudio Lamparelli, ho realizzato che questa teoria poteva essere un’ottima spiegazione per tutte quelle volte in cui ho cercato di instaurare una nuova abitudine o di raggiungere un obiettivo di medio termine e ho fallito miseramente. La legge del sette La legge del sette, anche nota come la legge delle ottave di Gurdjieff, è la legge, che secondo il mistico armeno, regola ogni processo di cambiamento. Secondo Gurdjieff (e molti fisici moderni) tutto l’universo è costituito da vibrazioni: luce, materia, calore, suoni, non sono altro che diverse forme di vibrazione. Queste vibrazioni cambiano continuamente di stato, seguendo fasi di crescita e decrescita. Queste fasi ascendenti e discendenti non si realizzano mai in modo lineare, ma sempre attraverso un movimento a gradini. Sai bene cosa penso delle vibrazioni cosmiche e della Legge di Attrazione in generale; tuttavia la legge del sette di Gurdjieff può avere interessanti applicazioni pratiche quando si tratta di realizzare importanti cambiamenti nella propria vita: diamogli un’altra chance, che ne dici? Ok, continuiamo. Secondo Gurdjieff quindi, ogni processo di cambiamento segue un percorso non lineare simile alla scala musicale dei 7 toni (DO, RE, MI, FA, SOL, LA, SI), in cui tra il MI ed il FA (all’inizio della scala) ed il SI ed il DO (alla fina della scala), non esistono semitoni, ma vi sono dei vuoti, degli intervalli, che determinano dei rallentamenti. Questa legge spiega quindi come mai nulla in natura si sviluppi in linea retta. Questo vale anche per i comportamenti umani: quando definiamo un nuovo obiettivo la nostra motivazione è alle stelle, nulla può fermarci! Ad un certo punto però, i nostri buoni propositi perdono il loro “slancio” iniziale ed entriamo in una fase di rallentamento, in cui non riusciamo a fare progressi (ti suona familiare?). Proprio durante questi intervalli molti obiettivi ambiziosi vengono abbandonati e le buone abitudini rimangono tra i buoni propositi non realizzati del nuovo anno. Vediamo allora come la conoscenza della legge del sette può esserci di aiuto per portare a compimento i nostri desideri di cambiamento. Legge del sette: applicazioni pratiche Quando diventiamo consapevoli della natura non lineare del cambiamento possiamo prepararci al meglio, dosando il nostro impegno in coerenza con la fase del cambiamento in cui ci troviamo. Quando i nostri obiettivi o le nuove abitudini che vogliamo instaurare ci richiedono uno sforzo prolungato, dobbiamo diventare consapevoli dei vuoti e degli intervalli: una volta individuati dobbiamo introdurre uno “shock addizionale“, ovvero un’ulteriore spinta a proseguire in linea retta. Purtroppo, di solito non ci rendiamo conto di questi salti, oppure siamo così pigri ed abitudinari che preferiamo scivolare lungo la linea di minor fatica. Per superare gli inevitabili momenti di crisi, di “deviazione”, gli interventi più importanti sono il ricordo (la consapevolezza) e la trasformazione delle emozioni negative in emozioni positive. Uhm… fico… mah?! In pratica cosa devo fare quando sento che la vita sta prendendo il sopravvento sui miei buoni propositi?! Ecco alcuni esempi pratici di “shock addizionali“: Tieni un diario personale. Registrare quotidianamente i tuoi pensieri, i tuoi obiettivi, i traguardi raggiunti e gli ostacoli incontrati ti aiuta a mantenere il focus sui tuoi obiettivi, mantenendo elevata la consapevolezza delle tue scelte quotidiane. Visualizza i tuoi obiettivi. Dedicare 5 minuti al giorno per visualizzare chi vogliamo diventare, dove vogliamo arrivare e come vogliamo sentirci è a mio avviso una delle migliori abitudini che puoi instaurare. Pensare vividamente alle motivazioni che ti hanno spinto a perseguire le tue mete può essere fonte di enorme motivazione. Applica la regola dell’1. Visualizzare i propri obiettivi è importante, ma agire quotidianamente per realizzarli lo è ancor di più. Non c’è “shock addizionale” più potente per i nostri traguardi del guardarsi alle spalle e vedere tante piccole azioni positive compiute quotidianamente. Smettila di procrastinare. Quando continui a rimandare un’attività importante stai pur certo che ti trovi in uno di quei famosi intervalli di cui parla Gurdjieff. In questi casi, il miglior “shock addizionale” che puoi dare alla tua vita è quello di smettere di procrastinare: il piccolo sforzo richiesto ti pagherà enormi interessi. Beh, cosa aspetti? La tua vita ha bisogno di uno “shock addizionale”! Foto tratta da internet 396CONDIVISIONI Share Tweet WhatsApp Share Questi li hai già letti? Cattive abitudini: eliminarle in 5 passi Mancanza di motivazione? 4 passi per ritrovarla Hagakure: il libro segreto dei Samurai Ricominciare da zero: la strategia Stanlio e Ollio Iscriviti alla newsletter e scarica l'estratto di Start! La guida per smettere di procrastinare Iscriviti alla newsletter di EfficaceMente! Subito in omaggio per te l'estratto di Start! la guida pratica per sconfiggere la procrastinazione. INVIAMI L'ESTRATTO 》 Già 252160 iscritti Sarai dei nostri? 16 Commenti. Lascia un Commento! Avatar Giovanni Volpe ha detto: Per conseguire un obiettivo, la motivazione riveste un ruolo di primaria importanza, alla pari con la passione. In certi contesti, ad esempio, in periodi di crisi e non solo, in cui i cittadini italiani, o meglio i sudditi, sono lasciati sempre più soli, ad affrontare tutte le avversità della vita, un momento di sconforto, di sfiducia,… è comprensibile. E’ rilevante, trovare la forza dentro di se, anche mediante lo studio, l’applicazione di consigli, tecniche, metodi, suggeriti da Persone sagge e competenti. Rispondi Avatar Umberto ha detto: Ben detto Andrea. Non conoscevo questo tizio e la sua legge del 7,però la trovo interessante e i tuoi consigli finali sono tanto saggi quanto efficaci. Io sono straconvinto che parte tutto da una visione iniziale,perchè senza di essa quello che viene dopo è soltanto fumo. Devi assolutamente immaginarti una determinata cosa,la devi già visualizzare nella tua mente e la devi focalizzare cercando di renderla sempre più chiara e nitida. Quella cosa sarà il tuo obiettivo e,per far si che diventi realtà,devi semplicemente passare all’azione;senza l’azione tutti i buoni propositi,le idee e i sogni,rimarranno tali. Commentavo proprio ieri un articolo sulla pigrizia e sulla procrastinazione dicendo che sono probabilmente i 2 mali peggiori dell’umanità;potrà sembrare eccessiva come etichetta,ma se ci pensi bene,non fare una cosa perchè sei pigro oppure rimandarla costantemente perchè hai la rimandite acuta,corrisponde praticamente alla morte della tua anima. Respiri ma è come se fossi morto in realtà. E non riesco a immaginare niente di peggio che una simile lenta agonia,perdere ogni giorno un pezzo di sè. Ovviamente mi riferisco ai tuoi sogni più ricorrenti,ai tuoi piccoli grandi desideri,quelli che soltanto tu puoi conoscere. Grazie Andrea per aver riscoperto questa antica perla di saggezza. Rispondi Avatar Antonio ha detto: Respiri ma è come se fossi morto in realtà. Sagge parole. Rispondi Avatar Ilaria Cardani ha detto: Io credo che i vuoti, gli intervalli e i rallentamenti siano da tenere in grande conto. Hanno un senso e un significato in natura e anche nelle nostre vite (del resto, un po’ siamo esseri naturali anche noi uomini, no?). Per cui, in questo contesto, di vuoto e di intervallo, la pigrizia e la procrastinazione probabilmente hanno una loro funzione specifica. Sono momenti di riflessione? Occasioni per fare un bilancio e aggiustare la rotta? Opportunità per volgere lo sguardo un istante in un’altra direzione e magari trovare nuove soluzioni? Anche, perché no. Come “shock addizionale”, ne aggiungerei uno, coerente con il primo e il secondo citati da Andrea (tieni un diario e visualizza i tuoi obiettivi). A fine giornata, a fine settimana, mese o anno scorri l’elenco dei tuoi obiettivi “minimi” (io credo che la politica dei piccoli passi sia molto utile) e chiediti: ho fatto almeno il minimo di quel che mi ero proposto/a? Ho agito nella direzione di quel che desidero o mi sono fatto/a distrarre? Di che cosa ho bisogno per mantenere la mia direzione? Rispondi Avatar ha detto: Grazie dei preziosi commenti Ilaria! ;-) Rispondi Avatar kikka ha detto: ma esiste una biografia, o qualche libro su quest’uomo lo trovo molto interessante… ultimante mi sto convicendo che leggere di vite strordinarie e farsi catturare dai piccoli gesti quotidiani di persone così fuori dal comune è il miglior modo per migliorare…:)! Rispondi Avatar ha detto: Ciao Kikka, questo libro dovrebbe soddisfare la tua curiosità: Incontri con uomini straordinari Andrea. Rispondi Avatar roberto ha detto: Ciao Andrea. Due “shock” che ho usato molto quest’anno sono stati il diario personale e la regola dell’uno. Sono stati molto utili per rimanere focalizzato e portare a conclusione tanti piccoli e grandi obiettivi. Sulla musicalità del metodo Gurdjeff…anche le grandi Arie hanno delle pause che servono a far risaltare ancora meglio le note musicali o introdurre sonate magnifiche :-) Richiama anche un pò la filosofia orintale della circolarietà degli eventi… Rispondi Avatar Monica ha detto: Trovo che durante un processo di cambiamento “i vuoti e gli intervalli” abbiano una funzione precisa e importante. Sono i cosiddetti “momenti morti” in cui o progredisci o torni indietro. Sono come delle “prove da superare” che lasciano spazio a pause di riflessione, ripensamenti, messe a punto. Certo sarebbe bello poter avanzare verso il nostro scopo dritti come un razzo, ma la realtà è un’altra! E poi se arrivassimo subitissimo alla meta, magari potremmo anche scoprire che forse non era esattamente quello che cercavamo. ;) Mentre avanzare uno scalino dopo l’altro ci consente non solo di irrobustirci sulle nostre convinzioni, ma anche di fare deviazioni importanti e non ultimo di cambiare idea, che ritengo vada vista non come una sconfitta, ma come facente parte di un percorso di crescita. Quindi, tornando all’obiettivo, dopo i momenti morti e le prove da superare occorre veramente uno shock addizionale che faccia da spinta per andare avanti. Mi permetto di dare un consiglio personale: se capisci che questi vuoti non condizionano più di tanto il tuo scopo e le eventuali interferenze che possono sopraggiungere sono superabili senza grandi sforzi, allora quella secondo me è probabilmente la strada giusta da seguire e quindi vale la insistere e impegnarsi. :) Rispondi Avatar Monica ha detto: …ho dimenticato: “vale la pena di” Rispondi Avatar Sharron Clemons ha detto: Grazie dei preziosi commenti Ilaria! ;-) Rispondi Avatar Joshua Rizzo ha detto: La mia strategia per raggirare pigrizia e procrastinazione consiste nel convincermi di odiare l’opposto del risultato ce voglio ottenere. Mi sembra che anche Umberto abbia detto una cosa simile nella sua risposta. Ha associato la pigrizia e la procrastinazione ad un’idea negativa, la morte dell’anima. E’ normale per un umano evitare le cose/idee negative, quindi associare un’idea negativa ad un risultato non desiderato e’ il miglior modo per starci lontano. Rispondi Avatar zewale ha detto: un concetto famoso di gurdjieff -e altri mistici- è che “Se tu riesci ad affrontare l’ineluttabile, la stessa morte se volete, voi diventate uomini diversi, uomini straordinari.” Questo è lo shok addizionale più coinvolgente che ci sia in sostanza lo shock addizionale (rottura della routine) può essere inteso anche come Agguato (alla Castaneda), Profondo Lavoro interiore, Deviazione dalla linea della vita corrente, Sforzo/Tensione autoindotta, Cambiamenti Consapevoli a brevi intervalli di tempo, etc. Uno shock addizionale può depotenziare temporaneamente le abituali strutture mentali di un individuo, consentendo una ristrutturazione spontanea della propria percezione. Per inciso, si possono distinguere diversi livelli di shock addizionali: – un primo shock volontario, cioè un’azione leggera che intacca leggermente la nostra percezione [ridefinire le proprie convinzioni], come una semplice meditazione, la contemplazione di uno scenario, l’auto-osservazione con ricordo di sé, etc.. – e un secondo shock cosciente, che rappresenta un atto più intenso e profondo [per alcuni può essere anche doloroso]. Alcuni esempi di secondo shock addizionale sono quegli sforzi coscienti che causano la rottura di tutti quegli schemi ripetitivi e caratteristici della vita quotidiana. Per fare un esempio banale, il fatto di provocare (volontariamente) dolore e sofferenza al proprio corpo, è una forma di secondo shock intenzionale. Oppure, un importante shock addizionale di secondo livello è quello che ci porta a trasformare le nostre emozioni negative in emozioni positive. In psicologia parlerebbero di “Sublimazione” della propria energia. In sintesi, il primo shock modifica il centro intellettuale mentre il secondo induce forti cambiamenti nel centro emozionale/motorio. Rispondi Avatar Agghiashanti ha detto: “Ti chiedo di non credere a nulla che non puoi verificare in prima persona.” … Belle parole… ma poi? G.I. Joe Gurdjieff: uomo straordinario o gran furbacchione? http://ilcredino.blogspot.com/2011/10/george-i-gurdjieff-peter-d-ouspensky-e.html Rispondi Avatar enzo ha detto: Salve a tutti scusate l’intrusione ma volevo far notare che il mi e il fa ed il si e il do non è che non hanno il semitono sono un semitono ossia tra mi e fa per esempio e do e do diesis c’è la stessa distanza e poi la parola intervallo in quel senso non ha nessun significato e G: diceva un sacco di fandonie solo per puro sadico divertimento e per trombarsi tutte le allieve, e Battiato ci ha fatto i soldi facendo il mistico mezzo sufi che scrive canzoni che poi capisce solo lui o chi ha letto Gurdjieff Rispondi Avatar Alessio ha detto: Condivido tutto :) E’ il primo articolo sotto i suoi standard che leggo di Andrea…II L'UOMO É UNA MACCHINA Quello che veniva definito «l'Insegnamento» di Gurdjieff era una cosa completamente nuova per l'élite intellettuale europea degli anni Venti e Trenta. È significativo vedere quanto afferma Louis Pauwels riguardo all'impatto che Gurdjieff ebbe al suo arrivo in Occidente: «Arrivò portando una dottrina e dei metodi indicatissimi per sedurre certi spiriti inquieti, agili e coraggiosi. È per questa ragione che la sua influenza, da circa trent'anni (calcolati nel 1954; N.d.A.), si è sviluppata considerevolmente negli ambienti intellettuali, in Francia, in Inghilterra e in America. Migliaia di uomini e di donne appartenenti all'élite occidentale sono stati influenzati dal suo "insegnamento". In realtà, George Gurdjieff offriva una risposta diretta alla Domanda. O, per essere più esatti, prometteva una risposta. La prometteva per mezzo d'una dottrina che comportava una psicologia e una fisiologia umana che erano nello stesso tempo conformi all'antica tradizione e accessibili alla comprensione dei contemporanei. Inoltre, insegnava tutta una serie di esercizi pratici, che prima di lui erano stati tenuti segreti, sperduti in certi rifugi della Tradizione, o incrostati da vecchissimi strati di interpretazioni simboliche, sentimentali e dogmatiche. Sviluppava il suo sistema cosmogonico con un'intelligenza innegabile. E infine usava, nei confronti di tutti coloro che l'avvicinavano, poteri straordinari di lucidità e d'ipnosi. Credo di non esagerare affatto affermando che, all'interno della "famiglia di spiriti" cui ho accennato, si è costituita attorno a George Gurdjieff la "società segreta" più profondamente attiva che sia sorta in tempi recenti. Questa società segreta ha annoverato tra i suoi componenti Orage, il celebre critico inglese, Ouspensky, Rowland Kenny, redattore capo del "Daily Herald", Frank Lloyd Wright, il famosissimo architetto americano, il dottor Walkey, uno dei più grandi chirurghi di New York, Sharp, fondatore del "New Statesman", il fisico J. G. Bennett, Margaret Anderson, editrice di "Joyce", Arnold Keyserling, il dottor Young, Aldous Huxley, la signora Cechov, Georgette Leblanc, prima moglie di Maeterlinck, Katherine Mansfield, Luc Dietrich, René Daumal, Louis Jouvet, Pierre Schaeffer, René Barjavel e moltissimi altri» 2. osho rajneeshVolendo restare nell'ambito dei suoi contemporanei, a questo elenco, possiamo aggiungere anche la scrittrice australiana Pamela Lyndon Travers (1899-1996), creatrice di Mary Poppins e il musicista russo Thomas de Hartmann (1885-1956). Per quanto riguarda personaggi più recenti che si sono interessati in maniera più o meno diretta a Gurdjieff, possiamo ricordare il guru Osho Rajneesh (1931-1990; vedi foto a lato), il celebre regista teatrale Peter Brook (che ha anche tratto un film da Incontri con uomini straordinari), il regista e scrittore Alejandro Jodorowsky e il grande pianista jazz Keith Jarrett (che nel 1980 ha pure inciso per la ECM il disco Sacred Hymns of G. I. Gurdjieff). In ambito rock i musicisti interessati al suo insegnamento sono stati più numerosi di quanto si pensi: Robert Fripp, il chitarrista dei King Crimson, che ha frequentato i corsi di John Godolphin Bennett (1897-1974); Richard Lloyd, il chitarrista dei Television; David Sylvian, Peter Gabriel; Kate Bush; Kevin Ayers, il fondatore dei Soft Machine; Arthur Brown, leader dei Crazy World. In Italia, una considerevole influenza gurdjieffiana si trova nei lavori Franco Battiato e, in misura minore, in quelli dei Radiodervish. frank lloyd wright thomas de hartmann rené daumal Frank Lloyd Wright Thomas de Hartmann René Daumal alfred orage katherine mansfield pamela lyndon travers Alfred Orage Katherine Mansfield P. Lyndon Travers Ma cerchiamo ora di riassumere quelli che erano i fondamenti di questo «Insegnamento». Per forza di cose si cercherà di dare un'idea di massima, visto che il sistema di Gurdjieff era piuttosto vasto e probabilmente solo una parte di esso è stata rivelata per iscritto. Per iniziare, possiamo cominciare con qualche assioma, ripreso direttamente dal libro di Ouspensky: «Tutti pensano di poter fare, vogliono fare, e la loro prima domanda riguarda sempre ciò che dovranno fare. Ma a dire il vero, nessuno fa qualcosa e nessuno può fare qualcosa. Questa è la prima cosa che bisogna capire. Tutto accade. Tutto ciò che sopravviene nella vita di un uomo, tutto ciò che si fa attraverso di lui, tutto ciò che viene da lui - tutto questo accade. E questo capita allo stesso modo come la pioggia cade perché la temperatura si è modificata nelle regioni superiori dell'atmosfera, come la neve fonde sotto i raggi del sole, come la polvere si solleva con il vento. L'uomo è una macchina. Tutto quello che fa, tutte le sue azioni, le sue parole, pensieri, sentimenti, convinzioni, opinioni, abitudini, sono i risultati di influenze esteriori, di impressioni esteriori. Di per sé stesso un uomo non può produrre un solo pensiero, una sola azione. Tutto quello che dice, fa, pensa, sente - accade. L'uomo non può scoprire nulla, non può inventare nulla. Tutto questo accade. Ma per stabilire questo fatto, per comprenderlo, per convincersi della sua verità, bisogna liberarsi da mille illusioni sull'uomo, sul suo potere creativo, sulla sua capacità di organizzare coscientemente la sua propria vita, e così via. Tutto questo in realtà non esiste. Tutto accade - movimenti popolari, guerre, rivoluzioni, cambiamenti di governi, tutto accade. E capita esattamente nello stesso modo in cui tutto accade nella vita dell'uomo preso individualmente. L'uomo nasce, vive, muore, costruisce case, scrive libri, non come lo desidera, ma come capita. Tutto accade. L'uomo non ama, non desidera, non odia - tutto accade» 3. Ecco ancora uno scambio di battute tra Ouspensky e Gurdjieff: «"Non vi è nulla, assolutamente nulla, che possa essere fatto"?, domandai. "Assolutamente nulla". "E nessuno può fare nulla"? "È un'altra questione. Per fare, bisogna essere. E bisogna per prima cosa comprendere cosa significa essere"» 4. Come conseguenza del fatto che l'uomo venga considerato una macchina, deriva la tesi che la maggior parte dell'umanità vive come se fosse in una sorta di «sonno» permanente. Per Gurdjieff, infatti, l'uomo normalmente non è padrone delle proprie azioni: non solo durante il riposo notturno (cioè in quello che viene definito «il primo stato di coscienza»), ma anche quando crede di essere sveglio («secondo stato»). La piena consapevolezza di sé si può raggiungere realmente solo in altri due stati di coscienza superiore, raggiungibili con grande fatica solo dai pochi che superano un particolare percorso di risveglio interiore. «Il terzo stato di coscienza è il ricordarsi di sé, o coscienza di sé, coscienza del proprio essere. È generalmente ammesso che noi possediamo questo stato di coscienza o che possiamo averlo a volontà. La nostra scienza e la nostra filosofia non hanno visto che noi non possediamo questo stato di coscienza e che il nostro desiderio è incapace di crearlo in noi, per quanto ferma possa essere la nostra decisione. Il quarto stato di coscienza è la coscienza obiettiva. In questo stato, l'uomo può vedere le cose come sono. Talvolta, negli stati inferiori di coscienza, egli può avere dei barlumi di questa coscienza superiore. Le religioni di tutti i popoli contengono testimonianze sulla possibilità di tale stato di coscienza, che viene definito "illuminazione", o con altri differenti nomi, ma che non può essere descritto con parole. Ma l’unica strada giusta verso la coscienza obiettiva passa attraverso lo sviluppo della coscienza di sé. Un uomo ordinario, artificialmente portato in uno stato di coscienza obiettiva e poi riportato nel suo stato abituale, non ricorderà nulla e penserà semplicemente di aver perso conoscenza per un certo tempo. Ma, nello stato di coscienza di sé, l'uomo può avere degli sprazzi di coscienza obiettiva e conservarne il ricordo» 5. Il fatto che l'illuminazione sia una esperienza per pochi eletti, non è una cosa nuova. Nel pensiero di Gurdjieff vi sono infatti molti tratti in comune con lo gnosticismo, la dottrina esoterica che dall'antichità fino ad oggi è riemersa in varie forme, mantenendo sempre un nucleo originario fondato su una visione negativa del mondo materiale, in cui solo pochi illuminati sono destinati a salvarsi. Vi sono state diverse dottrine gnostiche differenti tra loro, ma possiamo sintetizzarne seppur grossolanamente alcune caratteristiche di fondo: Il nostro mondo è stato creato a causa dell'errore di una divinità inferiore, piuttosto maldestra, il Demiurgo, che corrisponde al Dio dell'Antico Testamento o comunque del cristianesimo, il quale tiene gli uomini prigionieri; Per questo motivo il mondo materiale è visto in maniera totalmente negativa: lo stesso corpo è una prigione nella quale l'anima è caduta; La via per liberarsi passa attraverso la Conoscenza (Gnosi), non attraverso le religioni ufficiali; In alcuni uomini, non in tutti, è rimasta una scintilla divina, un riflesso della divinità originaria, a cui lo gnostico desidera ricongiungersi tramite la messa in pratica degli insegnamenti segreti della «Tradizione» esoterica originaria; Tutto quello che perpetua la vita (e perciò fa continuare il mondo materiale) è assolutamente da contrastare, quindi vi sono gnostici che predicano la castità assoluta e altri la sessualità di qualsiasi tipo, purché non sia procreativa; La divinità originaria rimane quasi irraggiungibile, e normalmente non si cura del mondo (è «al di sopra del Bene e del Male»), salvo mandare nel corso delle varie epoche alcuni maestri illuminati, con lo scopo di aiutare gli eletti a risvegliarsi e liberarsi; per alcuni gnostici anche Gesù Cristo sarebbe uno di questi maestri; In una visione dualistica dell'Universo, anche il Bene e il Male vengono visti come due aspetti complementari, quindi entrambi necessari; di conseguenza vi è un completo rovesciamento del punto di vista cristiano; Tutto questo porta lo gnostico a vari possibili punti di arrivo (che non necessariamente si escludono tra di loro): la divinizzazione di sé, il ricongiungimento al Tutto divino originario (Pleroma) o addirittura per alcuni l'adorazione di Lucifero come vero dio. Se si considera la trama di una delle opere principali di Gurdjieff, I racconti di Belzebù a suo nipote (uscito in Inghilterra con il titolo All and everything), possiamo trovare proprio alcuni di questi concetti. Per farlo abbiamo attinto da un resoconto scritto appositamente per il testo di Pauwels dallo studioso francese Denis Saurat (1890-1958), che incontrò Gurdjieff e che, sebbene non avesse seguito l'Insegnamento, lo considerava positivamente. denis-saurat.jpgPartiamo innanzitutto dalla sua premessa, utile per capire il metodo di Gurdjieff: denis saurat«Credo che non si debba considerare Gurdjieff come un maestro che abbia lo scopo di insegnare una dottrina ai suoi discepoli, ma come un educatore che cerca di formare l'intelligenza e il carattere di un piccolo numero di scelti discepoli, che considera soprattutto come bambini affidati alle sue cure. Ai bambini non si cerca mai di dire tutta la verità. Se ne dà loro qualche parte, accuratamente manipolata, che si considera capace di favorire la crescita della loro anima, e, in certi casi, si inventano cose fittizie, come Babbo Natale, che aiutano i bambini a esprimersi e a svilupparsi. Nel suo libro, "All and Everything" (pag. 901) Gurdjieff dice, parlando d'un saggio della Terra: "Avevo il diritto di dirgli la verità sul mio conto, perché era già uno degli esseri, abitanti su quel pianeta, cui le autorità superiori non ci hanno proibito di dire la verità. Ma, in quel momento, non potevo dirgliela, perché era presente anche il derviscio Hagi Bogga Eddin, che era ancora solo un essere terrestre comune, come quelli ai quali, già da molto tempo, i Tre Altissimi ci avevano vietato di dire la verità su qualunque cosa e in qualunque circostanza. Questo divieto, imposto agli esseri della nostra classe, era giustificato perché è necessario, per quegli esseri del vostro pianeta, acquisire una conoscenza delle cose. E ogni informazione, anche se e veritiera, dà generalmente agli esseri soltanto una conoscenza mentale, e questa conoscenza mentale ha un solo effetto: diminuisce la possibilità di conoscere le cose stesse. E poiché il solo mezzo che rimane a quegli esseri infelici che sono i terrestri consiste nel liberarsi completamente (dai loro errori), agli esseri della nostra classe fu dato quest'ordine, e dovettero giurare di non dire mai la verità alle creature della Terra". Questo passo seminascosto a pagina 901 (pochi lettori arrivano fino a quel punto) ci offre la chiave del comportamento di Gurdjieff verso i suoi allievi. Il suo scopo era quello di farli arrivare alla scoperta della verità con i loro mezzi, poiché la sua tesi generale era che soltanto la verità scoperta da soli ha valore […]. Evidentemente, questa bella teoria e questa bella pratica di non dire mai la verità sono egualmente al di là della portata delle forze umane; inevitabilmente Gurdjieff dice di tanto in tanto, e forse molto spesso, quella che crede essere la verità. Perciò il suo enorme libro diventa un miscuglio assai sconvolgente di storielle umoristiche, di menzogne deliberate presentate con molta serietà, e di idee delle quali Gurdjieff è profondamente convinto. Bisogna dire che il lettore si addentra in questo libro a suo rischio e pericolo, e dovrebbe essere più intelligente di Gurdjieff per sconfiggere questo metodo diabolico e per poter separare questi tre diversi strati geologici che Gurdjieff si sforza di mescolare» 6. Ma ecco come Saurat descrive il racconto che fa Belzebù, secondo il quale il mondo materiale sarebbe stato creato per sbaglio da una divinità maldestra: «In questa sede posso soltanto cercare di presentare un riassunto molto astratto della linea generale dell'opera. Si scopre, per esempio, che il mondo nel quale viviamo, il sistema planetario del nostro Sole deve la sua esistenza, in parte, ad un errore. Un personaggio che occupa un posto elevatissimo nella gerarchia degli esseri durante la creazione dei mondi, ha commesso uno sbaglio madornale. Non c'era nulla di predestinato, e la stupidità passeggera d'un essere intelligentissimo ha provocato la catastrofe. Il primo risultato è stato che le due lune che giravano attorno alla Terra hanno cominciato ad allontanarsi in modo inquietante; e se questi movimenti non fossero stati arrestati i due satelliti disordinatibelzebù cosmico avrebbero provocato guai e disastri in tutto il Sistema Solare. Gli esseri superiori che reggono l'Universo fisico si comportarono in questo caso con un egoismo clamoroso. Poiché non volevano che l'essere superiore si accorgesse del loro errore, decisero di sacrificare gli uomini. Diedero agli uomini un organo speciale che comportava la percezione della verità a rovescio, e che dava il piacere ad oggetti che in principio erano neutri. Ma quest'organo, inserito nella vitalità umana, inviava nello spazio vibrazioni che agivano come un freno sui movimenti dei satelliti indisciplinati. Dopo un certo tempo, le due lune vennero fissate stabilmente nelle loro orbite. Diventò così possibile liberare gli uomini dell'organo tanto scomodo. Ma, purtroppo, anche dopo la scomparsa di quell'organo gli uomini, che avevano preso l'abitudine di pensare sotto l'influenza di quella forza nefasta, continuarono a vedere tutto a rovescio: e questo li spinse a commettere tutti i loro errori politici e morali, specialmente le guerre. È così che accadono cose che Dio non ha né previsto né voluto, e alle quali non è in grado di porre personalmente rimedio. Questo Dio, d'altronde, non è evidentemente il Dio supremo, poiché regge soltanto una parte molto limitata dell'Universo: purtroppo per noi è appunto la parte dell'Universo nella quale ci troviamo. Dio cerca di aiutarci come può, e ogni volta che le circostanze lo permettono, ci manda esseri superiori che si incarnano in forma di profeti e vengono a rivelarci alcune verità assolute. Naturalmente, questi profeti finiscono sempre per fallire, e di solito vengono uccisi dagli uomini, perché cercano di far sì che gli uomini perdano quel loro modo errato di pensare e di agire. Tuttavia, capita qualche volta che venga compiuto un lieve progresso. Questa storia, piuttosto lamentevole viene narrata da uno degli esseri superiori, che si chiama Belzebù ad un suo discendente che si trova ancora nell'età infantile e tutto il libro, in linea di principio, è adattato alla mentalità di quel bambino» 7. E ancora più sconcertante è la rivelazione di Belzebù secondo il quale la maggior parte degli uomini nascerebbe senza un'anima immortale: «Uno degli errori principali da confutare è la convinzione che tutti gli uomini abbiano un'anima. In realtà, sono pochissimi gli esseri che possiedono un'anima immortale. Tutti gli esseri, è vero, sono necessari nel loro complesso, e coloro che si sforzano di tendere verso la virtù o l'intelligenza possono acquisire un'anima, che diventa più o meno immortale ma la stragrande maggioranza degli uomini non è molto diversa dagli animali. Né la teoria dell'evoluzione né quella della reincarnazione contengono qualcosa che non sia semplicemente una serie di errori di prospettiva. La religione cristiana è un po' più vicina alla verità. È vero che esiste un Dio supremo in tre persone: Il Padre, il Figlio e lo Spirito. Ma anche questo Dio è soggetto a certe limitazioni. Sembra che dietro la Trinità vi sia qualcosa, che si chiama il Sole Assoluto, e che emana le leggi, forse attraverso la mediazione dello Spirito. Il Figlio e lo Spirito, insieme, recuperano nello spazio ciò che il Sole Assoluto gurjieffianaperde nella sua attività creatrice. Questa perdita è causata soprattutto dagli uomini, e parte dell'opera del Figlio consiste nel recuperare nella massima misura possibile la sostanza o forza divina dispersa tra noi. Ma i nostri vizi ostacolano la riuscita di questa azione: in particolare, la nostra condotta sessuale del tutto contraria al buon andamento del mondo. L'umanità è degradata e lo spirito viene progressivamente avvilito dagli aborti e dalle precauzioni anticoncezionali, che fanno scendere l'uomo ad un livello inferiore a quello degli animali. Anzi, gli animali, che si comportano secondo natura hanno più anima degli uomini degradati. La "natura", quale esiste sulla Terra, è uno specie di divinità inferiore che, tuttavia, ha il potere di prevedere e di costruire l'avvenire entro un certo limite e che tratta l'umanità attuale come gli uomini trattano i maiali: li ingrassano, li uccidono e li mangiano. In fondo, è proprio a questo che servono gli uomini comuni. Alla sua morte l'uomo evoluto, al contrario, passa in una specie di purgatorio. Il paradiso e l'inferno sono errori prodotti dall'antico organo umano, le cui funzioni, in realtà, riguardavano la Luna. Ma l'idea del purgatorio è un'idea completamente vera: anche le anime migliori che sono riuscite a svilupparsi sulla Terra devono subire lunghe prove, dopo la loro vita sulla Terra, per poter entrare nella normalità degli spiriti. Si potrebbe ritenere, insomma, che per Gurdjieff la Terra su cui viviamo è un inferno con qualche bagliore di speranza, ma un inferno dal quale alcuni di noi usciranno per passare in un purgatorio e per purificarsi, per poi salire gradualmente al rango di spiriti elevati. È difficile dire fino a qual punto Gurdjieff vuole che si presti fede a questa costruzione fantasmagorica. Credo di potere affermare con certezza che era completamente sincero quando esprimeva la concezione generale secondo la quale il moderno spirito europeo vede le cose in un modo che deforma completamente la verità e che, in certi casi, presenta anzi il contrario della verità. Era quindi egualmente sincero nella sua critica alla nostra intellettualità e alla nostra civiltà occidentale. Ma questa critica, che avrebbe potuto esserci molto utile, non viene presentata coerentemente nel libro: noi possiamo percepirne solo alcuni frammenti, per così dire. È una critica rivolta soprattutto contro l'America e contro tutto ciò che viene dall'America, mentre la Francia è oggetto d'una simpatia molto spiccata» 8. La questione dell'esistenza o meno di una vita dopo la morte, che diventa una faccenda per pochi eletti, viene spiegata anche nel libro di Ouspensky: «Molte cose sono possibili, disse G., ma occorre comprendere che l'essere dell'uomo, sia nella vita che dopo la morte, ammesso che esista dopo la morte, può essere di qualità molto differente. L'"uomo macchina", per il quale tutto dipende dalle influenze esteriori, per cui tutto accade, che ora è un certo uomo, il momento dopo un altro e più tardi ancora un terzo, non ha avvenire di sorta: viene sepolto e basta. È polvere e ritorna polvere […]. Ma i sistemi che conoscete e che parlano di "corpo astrale" affermano che tutti gli uomini lo possiedono. Ciò è assolutamente falso. Ciò che può essere chiamato "corpo astrale" è ottenuto per fusione, cioè per mezzo di una lotta e di un lavoro interiore terribilmente duro. L'uomo non nasce con un corpo astrale, e soltanto pochissimi uomini arrivano ad averne uno. Una volta costituito, il "corpo astrale" può continuare a vivere dopo la morte del corpo fisico, e può rinascere in un altro corpo fisico: ecco la "reincarnazione". Se non è rinato, allora, nel corso del tempo muore anch'esso; non è immortale, ma può vivere molto tempo dopo la morte del corpo fisico» 9. Come in più o meno tutte le dottrine esoteriche, anche in Gurdjieff si fa riferimento a presunte potenzialità inespresse insite nell'uomo, il quale «capisce che per la stessa ragione la maggior parte delle sue possibilità restano non realizzate e la maggior parte dei suoi poteri, non utilizzati […]. L'idea dello studio di sé acquista ai suoi occhi un significato nuovo. Egli sente che forse non vale neppure la pena di studiarsi così com'è ora. Vede ogni funzione nel suo stato attuale, e come potrebbe o dovrebbe diventare. L'osservazione di sé induce l'uomo a riconoscere la necessità di cambiare. Praticandola, egli si rende conto che il solo fatto di osservare sé stesso produce certi cambiamenti nei suoi processi interiori. Comincia a capire che l'osservazione di sé è per lui un mezzo per cambiare, uno strumento di risveglio» 10. Per ottenere il risveglio, secondo Gurdjieff occorre uscire dai processi meccanici che ci imprigionano, occorre liberarsi dalle proprie abitudini, dalle proprie inclinazioni, al fine di «ricordarsi di sé» e far emergere la parte più autentica del proprio «Io». Ma la cosa non è così semplice, innanzitutto perché non c'è un solo «Io», ma molteplici, spesso in conflitto tra di loro: «Il più grande errore, egli diceva, è credere che l'uomo abbia un'unità permanente. Un uomo non è mai uno. Continuamente egli cambia. Raramente rimane identico, anche per una sola mezz'ora. Noi pensiamo che un uomo chiamato Ivan sia sempre Ivan. Ma non è così. Ora è Ivan, in un altro momento è Pietro, e un minuto più tardi Nicola, Sergio, Matteo, Simone, anche se tutti pensiamo che sia sempre Ivan. Sapete che Ivan non può commettere certe azioni, mentire per esempio, e ora scoprite che Ivan ha mentito e siete tutti sorpresi che lui, Ivan, abbia potuto fare questo. Infatti, Ivan non può mentire, è Nicola che ha mentito e a ogni occasione Nicola mentirà nuovamente, perché Nicola non può fare a meno di mentire. Rimarrete stupiti rendendovi conto della moltitudine di questi Ivan e Nicola che vivono in un solo uomo. Segurdjieff imparerete ad osservarvi non avrete più bisogno di andare al cinema […]. Ma questi Ivan, Pietro, Nicola, sono del tutto diversi: si chiamano tutti "Io", ossia si considerano come padroni e nessuno di loro vuole riconoscerne un altro. Ciascuno di essi è il Califfo per un'ora, fa ciò che gli piace senza riguardi per nessuno: saranno poi gli altri a farne le spese. Nessun ordine regna fra di loro. Colui che si impone è il padrone. Distribuisce frustate da tutte le parti senza tener conto di nulla. Il momento seguente però, quando un altro avrà preso la frusta, toccherà a lui riceverne i colpi. E cosi vanno le cose per tutta la vita. Immaginate un paese in cui ciascuno possa essere re per cinque minuti, e durante questi cinque minuti fare del suo regno tutto ciò che vuole. Ecco la nostra vita […]. Per ora vorrei chiarire come l'attività della macchina umana, cioè del corpo fisico, sia retta non da uno, ma da più cervelli indipendenti gli uni dagli altri, aventi funzioni distinte e distinti campi di manifestazione. Questa è la prima cosa da comprendere, poiché da essa dipende ogni ulteriore comprensione» 11. «L'uomo così come lo conosciamo, l'uomo macchina, l'uomo che non può "fare", per il quale e attraverso il quale "tutto accade" non può avere un "Io" permanente ed unico. Il suo "io" cambia velocemente come i suoi pensieri, i suoi sentimenti, i suoi umori, ed egli commette un errore profondo quando si considera come se fosse sempre una sola e stessa persona; in realtà egli è sempre una persona differente; non è mai quello che era un momento prima […]. L'uomo non ha un "Io" individuale. Al suo posto vi sono centinaia e migliaia di piccoli "io" separati che il più delle volte si ignorano, non hanno alcuna relazione, o, al contrario, sono ostili gli uni agli altri, esclusivi e incompatibili. Ad ogni attimo, ad ogni momento, l'uomo dice o pensa "Io". E ogni volta il suo "io" è differente. Un attimo fa era un pensiero, ora è un desiderio, poi una sensazione, poi un altro pensiero e così via, senza fine. L'uomo è una pluralità. Il nome dell'uomo è legione» 12. la rissa Fortunato Depero: La rissa (1926), Museo di Arte Moderna e Contemporanea di Trento e Rovereto. Per Gurdjieff quindi le varie funzioni umane sono regolate da più «centri» indipendenti l'uno dall'altro: «Quando si trattò l'argomento delle funzioni dei centri, la prima volta parlò soltanto di tre centri: intellettuale, emozionale, motore, e cercò di farci distinguere queste funzioni, trovare degli esempi, e così via. Solo in seguito aggiunse il centro istintivo, parlandone come di una macchina indipendente e autosufficiente, poi il centro sessuale […]. Durante le prime conversazioni sui centri, G. aggiungeva qualcosa di nuovo quasi ad ogni riunione. Come ho già detto, egli parlò prima di tre centri, in seguito di quattro, di cinque ed infine di sette centri» 13. il doppio segreto René Magritte: Il doppio segreto. Ma per risolvere il problema di questa molteplicità di centri, spesso in contrasto tra di loro, occorre adottare tutta una serie di azioni atte a favorire il risveglio (cioè quello che Gurdjieff chiama propriamente «il lavoro»), per trovare cioè un particolare stato di coscienza superiore: «Il nostro scopo era quello di diventare uomini già molto diversi dagli uomini comuni grazie ad una certa conoscenza di noi stessi, grazie alla comprensione della nostra posizione sulla scala delle possibili realizzazioni e grazie all'acquisizione, dentro di noi, d'un centro di gravità permanente. Questa espressione, che veniva usata spesso, significava che, per noi, l'idea d'acquisire l'unità, la coscienza, l'io permanente e la volontà, cioè l'idea del nostro sviluppo, sarebbe diventata un giorno più importante, ai nostri occhi, di ogni altro interesse. Allora avremmo avuto dentro di noi il nostro "angelo custode" e avremmo compreso la natura di questo personaggio del catechismo per bambini» 14. «Il lavoro su di sé, correttamente condotto, comincia dalla creazione di un centro di gravità permanente. Quando un centro di gravità permanente è stato creato, tutto il resto, subordinandosi ad esso, si organizza a poco a poco. La domanda si riassume dunque così: a partire da che cosa e come un centro di gravita può essere creato? Ed ecco la risposta che possiamo dare: solo la giusta attitudine di un uomo nei riguardi del lavoro, nei riguardi della scuola, il suo giusto apprezzamento del valore del lavoro e la sua comprensione della meccanicità e della assurdità di tutto il resto, possono creare in lui un centro di gravita permanente» 15. Si può già intuire quali possano essere le implicazioni di una tale «filosofia» applicata alla vita reale. Ma per non trarre conclusioni affrettate, meglio approfondire ulteriormente. Assai interessante è l'intervista che il già citato Denis Saurat fece a Gurdjieff durante una visita al Priorato nel 1923, e che venne pubblicata nel 1933 sulla Nouvelle Revue Française (ricordiamo ancora che Saurat nutriva una certa simpatia nei confronti di Gurdjieff): «- Denis Saurat: Quali risultati si propone di ottenere qui? - Gurdjieff: Donare la salute fisica, ampliare l’intelligenza, sottrarre la gente alla sua routine. - Denis Saurat: Ha già ottenuto per qualcuno i risultati che si propone di ottenere? - Gurdjieff: Sì, in quattro o cinque anni, alcuni discepoli sono arrivati alla mèta. - Denis Saurat: Sa che molti di loro sono ridotti all’orlo della disperazione? - Gurdjieff: Sì, c’è qualcosa di sinistro in questa casa: è necessario. - Denis Saurat: Hanno l'ambizione di diventare immortali? - Gurdjieff: Tutti hanno ambizioni, pochi le soddisfano. (Sardonico). Ciascuno possiede un io e una essenza. Molti vorrebbero trasferire il loro io nella loro essenza e cosi diventare immortali. - Denis Saurat: Qual'è lo scopo di questo lavoro fisico? E deve durare a lungo? (Gli inglesi avevano molto insistito perché gli facessi questa domanda). - Gurdjieff: Lo scopo è quello di renderli padroni del mondo esteriore. È soltanto una fase temporanea. - Denis Saurat: Cerca di dar loro poteri occulti? - Gurdjieff: Sì, cerco di dar loro tutti i poteri. Non c'è differenza tra i poteri occulti e gli altri. Gli occultisti moderni hanno torto. - Denis Saurat: Lei non appartiene ad una scuola? - Gurdjieff: No, siamo un gruppo di amici. Circa trent'anni fa, una dozzina di noi ha trascorso parecchio tempo nell'Asia centrale, e abbiamo ricostituito la dottrina: per mezzo di tradizioni orali, dello studio di antiche usanze, di canti popolari e anche di certi libri. La dottrina è sempre esistita, ma spesso la tradizione è stata spezzata. Nell'antichità alcuni gruppi, alcune caste la conoscevano. Ma era incompleta: gli antichi hanno fatto troppa metafisica, e la loro dottrina era troppo astratta. - Denis Saurat: Perché lei è venuto in Europa? - Gurdjieff: Perché voglio aggiungere allo spirito mistico orientale lo spirito scientifico occidentale. Lo spirito orientale è nel vero, ma soltanto nelle sue tendenze e nelle sue idee generali. Lo spirito occidentale è nel vero con i suoi metodi e le sue tecniche. Ma i metodi occidentali sono validi nella storia, nell'osservazione. Io desidero creare un tipo di saggio che unisca allo spirito dell'Oriente le tecniche dell'Occidente. - Denis Saurat: Esistono già saggi di questo genere? - Gurdjieff: Si, esistono alcuni sapienti europei che hanno raggiunto questo risultato. - Denis Saurat: A parte le questioni di metodo, lei insegna una dottrina positiva? - Gurdjieff: Sì. Pochi esseri umani hanno un'anima. Nessuno ha un'anima, alla nascita. L'anima va acquisita. Coloro che non ci riescono muoiono: gli atomi si disperdono, e non rimane nulla. Alcuni si danno un'anima parziale, e allora subiscono una specie di reincarnazione che permette loro di progredire. E, infine, un piccolo numero d'uomini riesce ad avere un'anima immortale. Ma sono pochissimi. In generale coloro che sono riusciti ad ottenere qualcosa non hanno ancora altro che un'anima parziale. - Denis Saurat: Crede al libero arbitrio? (Né l'inteprete né Gurdjieff sembrano sapere cosa sia il libero arbitrio. Le mie spiegazioni provocano questa risposta di Gurdjieff:) Gurdjieff: Ciascuno fa ciò che vuole. Nulla può impedirlo. Ma gli uomini non sanno volere. Gurdjieff ha modi straordinariamente cortesi. Durante questa conversazione non dà assolutamente l'impressione di essere un ciarlatano. Sembra che cerchi di spiegarsi nel modo più razionale possibile e non si rifiuta ad alcuna domanda. La sua ferocia sembra essersi trasformata in forza. Gli domando se è ancora in rapporto con gli amici che hanno ricostituito la dottrina. Risponde che ne vede ancora tre o quattro. "Che fanno"? "Esercitano professioni diverse". "Insegnano"? "No, Gurdjieff è il solo che insegna. Questa è la sua professione". I discepoli aggiungono che si è definito come un dispensatore d'energia solare, cosa che non pretendono di capire. Esiste un Dio? Sì, e Gurdjieff è in rapporto con lui più o meno come un ministro molto indipendente, ostinato e permaloso nel confronti del suo re. Le donne, dicono, non hanno una reale possibilità di acquisire un'anima, se non attraverso il contatto e l'unione sessuale con un uomo» 16. prima parte terza parte banner centro culturale san giorgio Note 2 Cfr. L. Pauwels, Monsieur Gurdjieff, Ed. Mediterranee, 1972, pagg. 28-29. Aggiungiamo qualche ulteriore precisazione su alcuni di questi personaggi. Di Aldous Huxley è sicuro che avesse avuto almeno un certo interesse per l'Insegnamento, ma non è chiaro se vi si fosse dedicato in maniera sistematica. La signora Cechov era la moglie del celebre scrittore e drammaturgo russo Anton Cechov. Katherine Mansfield (1888-1923) era la famosa scrittrice di origine neozelandese e Alfred Orage (1873-1934), il suo editore (fondatore di The New Age, un’importante rivista letteraria). René Daumal (1908-1944) fu uno scrittore francese dedito all'occulto, noto per essere stato uno degli artefici della rivista Le Grand Jeu. 3 Cfr. P. D. Ouspensky, Frammenti di un insegnamento sconosciuto, Astrolabio, 1976, pag. 27. 4 Ibid., pag. 28. 5 Ibid., pagg. 157-158. 6 Cfr. L. Pauwels, op. cit., pagg. 108-110. 7 Ibid., pagg. 111-112. 8 Ibid., pagg. 112-113. 9 Cfr. P. D. Ouspensky, op. cit., pag. 39. 10 Ibid., pag. 162. 11 Ibid., pagg. 62-63. 12 Ibid., pag. 69. 13 Ibid., pagg. 64-65. 14 Cfr. L. Pauwels, op. cit., pag. 93. 15 Cfr. P. D. Ouspensky, op. cit., pagg. 287-288. 16 Cfr. L. Pauwels, op. cit., pagg. 165-167.LA QUARTA VIA, IL «LAVORO» SU DI SÉ, LE DANZE SACRE E LA VITA AL PRIORATO Secondo Gurdjieff gli uomini da sempre hanno intrapreso tre vie per acquisire l'immortalità, ciascuna però incompleta: la via del fachiro, la via del monaco e la via dello yogi. fachiro«La via del fachiro è quella della lotta con il corpo fisico, è la via del lavoro sulla prima stanza ed è lunga, difficile e incerta. Il fachiro si sforza di sviluppare la volontà fisica, il potere sul corpo. Egli vi riesce attraverso terribili sofferenze, torturando il corpo. Tutta la via del fachiro è fatta di esercizi fisici incredibilmente penosi […]. Se non cade ammalato o non muore, si sviluppa in lui ciò che può essere chiamato volontà fisica ed egli raggiunge allora la quarta camera, vale a dire la possibilità di formare il quarto corpo. Ma le altre sue funzioni, emozionali e intellettuali, rimangono non sviluppate. Egli ha conquistato la volontà, ma non possiede niente cui applicarla, non può farne uso per acquistare la conoscenza o perfezionare se stesso. In generale, è troppo vecchio per cominciare un lavoro nuovo. Ma dove vi sono scuole di fachiri, si trovano pure scuole di yogi. Generalmente gli yogi non perdono di vista i fachiri. E allorché un fachiro raggiunge ciò a cui aspirava, prima di essere troppo vecchio, essi lo prendono in una delle loro scuole, dove per prima cosa lo curano e ricreano in lui il potere di movimento, dopo di che incominciano ad istruirlo. Un fachiro deve imparare di nuovo a parlare e a camminare come un bimbo piccolo. Ma egli possiede ora una volontà che ha superato difficoltà incredibili e che potrà aiutarlo a superare le difficoltà che l'attendono ancora nella seconda parte del suo cammino, allorché si tratterà di sviluppare le sue funzioni intellettuali ed emozionali». arme09m-khor-virap-monastero.jpg«La seconda è quella del monaco. È la via della fede, del sentimento religioso e del sacrificio. Un uomo che non abbia fortissime emozioni religiose e una immaginazione religiosa molto intensa non può diventare un "monaco" nel vero senso della parola. Pure la via del monaco è molto dura e molto lunga. Il monaco passa degli anni, decine di anni, a lottare contro sé stesso, ma tutto il suo lavoro è concentrato sulla "seconda stanza", sul secondo corpo, ossia sui sentimenti. Sottomettendo tutte le altre emozioni a una sola emozione, la fede, egli sviluppa in sé stesso l'unità, la volontà sulle emozioni, e per questa via egli raggiunge la quarta stanza. Ma il suo corpo fisico e le sue capacità intellettuali possono restare non sviluppate. Per essere in grado di servirsi di ciò che egli avrà raggiunto, dovrà coltivarsi fisicamente e intellettualmente. Questo non potrà essere condotto a buon fine se non mediante nuovi sacrifici, nuove austerità, nuove rinunce. Un monaco deve ancora diventare uno yogi e un fachiro. Rarissimi sono coloro che arrivano così lontano; più rari sono ancora coloro che superano tutte le difficoltà. La maggior parte muoiono prima o non diventano "monaci" che in apparenza». yogi«La terza via è quella dello yogi. È la via della conoscenza, la via dell'intelletto. Lo yogi lavora sulla "terza stanza" per arrivare a penetrare nella quarta con i suoi sforzi intellettuali. Lo yogi riesce a raggiungere la "quarta stanza" sviluppando il suo intelletto, ma il suo corpo e le sue emozioni restano da sviluppare e, come il fachiro e il monaco, egli è incapace di trarre profitto da ciò che ha realizzato. Egli sa tutto, ma non può fare nulla. Per diventare capace di fare deve conquistare il dominio sul suo corpo e sulle sue emozioni, ossia sulla prima e sulla seconda stanza. Per riuscirvi, deve rimettersi al lavoro ed egli non otterrà alcun risultato se non con degli sforzi prolungati. Però in questo caso ha il vantaggio di comprendere la sua posizione, di conoscere ciò che gli manca, ciò che deve fare e la direzione da seguire. Ma, come sulla via del fachiro e del monaco, rarissimi sono coloro che acquistano una tale conoscenza sulla via dello yogi, ossia raggiungono il livello in cui un uomo può sapere dove va. La maggior parte si arrestano ad un certo grado e non vanno oltre […]». Secondo Gurdjieff queste vie hanno notevoli inconvenienti: non garantiscono il risultato e inoltre richiedono una completa rinuncia alla propria vita. Ecco che allora propone come soluzione una «quarta via»: «Ma tutte le vie, la via del fachiro come le vie del monaco e dello yogi hanno un punto comune: tutte incominciano da ciò che vi è di più difficile, un cambiamento di vita totale, una rinuncia a tutto ciò che è di questo mondo. Un uomo che ha una casa, una famiglia, deve abbandonarle, deve rinunciare a tutti i piaceri; attaccamenti e doveri della vita, e partire per il deserto, entrare in un monastero o in una scuola di yogi. Fin dal primo giorno, dai primi passi sulla via egli deve morire al mondo; soltanto così egli può sperare di raggiungere qualcosa su una di queste vie. Per cogliere l'essenza di questo insegnamento, è indispensabile comprendere che le vie sono gli unici metodi che possono garantire lo sviluppo delle possibilità nascoste dell'uomo. Ciò mostra d'altronde come un tale sviluppo sia raro e difficile. Lo sviluppo di queste possibilità non è una legge. La legge per l'uomo è una esistenza nel cerchio delle influenze meccaniche, è lo stato di "uomo macchina". La via dello sviluppo delle possibilità nascoste è una via contro la natura, contro Dio. Ciò spiega le difficoltà e il carattere esclusivo delle vie. Esse sono ardue e strette. Ma al tempo stesso nulla potrebbe esser raggiunto senza di esse. Nell'oceano della vita ordinaria, e specialmente della vita moderna, le vie sono un fenomeno piccolo, appena percettibile, che, dal punto di vista della vita stessa, non ha la minima ragione d'essere. Ma questo piccolo fenomeno contiene in sé stesso tutto ciò di cui l'uomo può disporre per lo sviluppo delle sue possibilità nascoste. Le vie si oppongono alla vita di tutti i giorni, basata su altri principî e assoggettata ad altre leggi. In ciò consiste il loro potere e il loro significato. In una vita ordinaria, per quanto colma di interessi filosofici, scientifici, religiosi o sociali, non vi è nulla e non può esservi nulla che offra le possibilità contenute nelle vie. Infatti, esse conducono o potrebbero condurre l'uomo all'immortalità. La vita mondana, anche la più riuscita, conduce alla morte e non potrebbe condurre a nient'altro. L'idea delle vie non può essere compresa, se si ammette la possibilità di un'evoluzione dell'uomo senza il loro aiuto […]. Infine dall'"occultismo" o dallo "spiritismo" non c'è altro da aspettarsi che qualche ingenua esperienza. E la situazione sarebbe veramente disperata se non esistesse un'altra possibilità, quella di una quarta via». «La quarta via non richiede che ci si ritiri dal mondo, non esige la rinuncia a tutto ciò che formava la nostra vita. Essa comincia molto più lontano che non la via dello yogi. Ciò significa che bisogna essere preparati per impegnarsi sulla quarta via e che questa preparazione deve essere acquisita nella vita ordinaria, essere molto seria e abbracciare parecchi aspetti differenti. Inoltre un uomo che vuole seguire la quarta via deve riunire nella sua vita condizioni favorevoli al lavoro, o che in ogni caso non lo rendano impossibile. Infatti, bisogna convincersi che sia nella vita esteriore che nella vita interiore di un uomo, certe condizioni possono costituire per la quarta via barriere insormontabili. Aggiungiamo che questa viail lavoro di gurdjieff, contrariamente a quella del fachiro, del monaco e dello yogi, non ha una forma definita. Prima di tutto essa deve essere trovata. È la prima prova. Ed è difficile, poiché la quarta via è ben lontana dall'essere conosciuta quanto le altre tre vie tradizionali. C'è molta gente che non ne ha mai sentito parlare e altri che negano semplicemente la sua esistenza o anche la sua possibilità. Tuttavia, l'inizio della quarta via è ben più facile dell'inizio delle vie del fachiro, del monaco e dello yogi. È possibile seguire la quarta via e lavorare su di essa rimanendo nelle condizioni abituali di vita e continuando il lavoro usuale, senza rompere le relazioni che si avevano con la gente, senza abbandonare nulla. Anzi, le condizioni di vita nelle quali un uomo si trova quando inizia il lavoro - dove il lavoro, per così dire, lo sorprende - sono le migliori possibili per lui, perlomeno all'inizio. Infatti, queste condizioni gli sono naturali. Esse sono quell'uomo stesso, poiché la vita di un uomo e le sue condizioni corrispondono a ciò che egli è. La vita le ha create sulla sua misura; di conseguenza ogni altra condizione sarebbe artificiale e il lavoro non potrebbe, in questo caso, toccare contemporaneamente tutti i lati del suo essere. Così, la quarta via tocca tutti i lati dell'essere umano simultaneamente. È il lavoro sulle tre camere contemporaneamente […]. La quarta via differisce dunque dalle altre in quanto la sua principale richiesta è una richiesta di comprensione. L'uomo non deve fare nulla senza comprendere - salvo a titolo di esperienza, sotto il controllo e la direzione del suo maestro. Più un uomo comprenderà quello che fa, più i risultati dei suoi sforzi saranno validi. È un principio fondamentale della quarta via. I risultati ottenuti nel lavoro sono monastero armeniaproporzionali alla coscienza che si ha di questo lavoro. La "fede" non è richiesta su questa via; al contrario, la fede di qualsiasi tipo costituisce un ostacolo. Sulla quarta via un uomo deve assicurarsi da sé della verità di ciò che gli viene detto. E fin quando non avrà acquisito questa certezza, non deve fare nulla. Il metodo della quarta via è il seguente: se si comincia un lavoro su una camera, un lavoro corrispondente deve essere intrapreso simultaneamente sulle altre due; ossia, mentre si lavora sul corpo fisico, bisogna lavorare simultaneamente sul pensiero e sulle emozioni; lavorando sul pensiero, bisogna lavorare sul corpo fisico e sulle emozioni; mentre si lavora sulle emozioni, occorre lavorare sul pensiero e sul corpo fisico. Ciò che permette di riuscire è la possibilità, nella quarta via, di fare uso di un sapere particolare, inaccessibile nelle vie del fachiro, del monaco e dello yogi. Questo sapere rende possibile un lavoro simultaneo nelle tre direzioni. Tutta una serie di esercizi paralleli sui tre piani: fisico, mentale ed emozionale, servono a questo scopo. Inoltre, nella quarta via è possibile individualizzare il lavoro di ciascuno; vale a dire, ogni persona deve fare solo ciò che gli è necessario e nulla che sia inutile per lui. Infatti, la quarta via fa a meno di tutto il superfluo che si è mantenuto per tradizione nelle altre vie. Così, allorché un uomo raggiunge la volontà mediante la quarta via, egli può servirsene, poiché ha acquistato il controllo di tutte le sue funzioni fisiche, emozionali ed intellettuali. Egli ha risparmiato per giunta molto tempo con questo lavoro simultaneo e parallelo sui tre lati del suo essere. La quarta via è talvolta chiamata la via dell'uomo astuto. L'"uomo astuto" conosce un segreto che il fachiro, il monaco e lo yogi non conoscono. In che modo l'"uomo astuto" abbia appreso questo segreto - non si sa. Forse l'ha trovato in qualche vecchio libro, forse l'ha ereditato, forse l'ha comperato, forse l'ha rubato a qualcuno. Fa lo stesso. L'"uomo astuto" conosce il segreto, e con il suo aiuto supera il fachiro, il monaco, lo yogi» 17. Così esposta la Quarta Via sembra in qualche modo seducente, ma vedremo più avanti che le cose non stanno affatto così. Gurdjieff non si limitava però ad insegnare ai suoi discepoli questa specie di filosofia, ma nei suoi corsi al Priorato dava loro anche una serie di esercizi pratici da svolgere in gruppo: auto-osservazione, movimenti particolari e a volte delle vere e proprie danze, utili per ottenere il «ricordo di sé» e quindi il risveglio. Tutto questo avveniva costringendo il corpo e la mente ad andare contro le proprie abitudini e inclinazioni. Per far conoscere la sua attività Gurdjieff, al suo arrivo in Occidente, organizzò tutta una serie di incontri pubblici dove venne data una dimostrazione di queste «danze sacre», con le relative spiegazioni, in modo da attrarre nuovi adepti. L'impressione che questi eventi ebbero sull'élite intellettuale europea e americana fu notevole e la curiosità spinse molti a lasciare la propria attività per intraprendere l'Insegnamento. Le cronache che riportano questi eventi sono molto eloquenti: «Nell'aprile del 1924, a New York, Raymond G. Carroll, un giornalista del New Evening Post, segnalava che la prima dimostrazione americana dell'Istituto Gurdjieff era stata data da un gruppo di discepoli venuti da Fontainebleau e diretti dal professor Gurdjieff in persona, in una sala del West End di New York. E scriveva: "All'inizio ci, sono state danze eseguite da un gruppo d'uomini e di donne vestiti di costumi molto ampi e calzati di morbidi sandali. Era uno spettacolo veramente fantastico, perché ciascuno danzava in modo diverso. Un'orchestra, diretta da un uomo di nome Hardman (evidente corruzione di Hartmann) predominavano i suoni di un tamburo. I movimenti erano simbolici, ma non sensuali, poiché sembra che ci troviamo di fronte a manifestazioni di un culto nel quale non figura affatto la sensualità. È impossibile descrivere queste danze, che sembrano appartenere alle antiche religioni. Una signora ha spiegato che un tempo le danze avevano lo scopo di fare compiere all'essere autentici atti di grazia di lode o di supplica. A questo proposito ci è stata presentata "la danza vorticosa del derviscio", che potrebbe essere un numero sensazionale del circo Barnum & Bailey. Gurdjieff dirigeva i danzatori; dava loro il segnale di inizio agitando le braccia, e li interrompeva bruscamente. Allora i danzatori conservavano l’equilibrio nella posizione in cui li aveva fermati il loro capo, come se fossero statue di legno. Sembravano sotto l'incantesimo di un potere ipnotico. La musica è una specie di jazz spinto all'estremo. Le armonie e le melodie sono state trascritte da Hardman (de Hartmann) secondo le indicazioni di Gurdjieff, che le ha imparate a memoria dopo averle ascoltate in vari monasteri e presso varie sette dell'Oriente, durante la sua "ricerca della verità!". Gurdjieff afferma che queste musiche risalgono alla più remota antichità e che sono state tramandate dalle iscrizioni di certi templi. La conclusione del programma era dedicata ad una dimostrazione di vari trucchi (per metà trucchi, per metà fenomeni autentici) che derivano da cerimonie religiose e che sono fondati soprattutto sull'ipnotismo e sul magnetismo». danze sacre - gurdjieff Sopra: danze sacre gurdjieffiane. In questo periodo, l'Insegnamento di Gurdjieff esce quindi dalle ristrettissime cerchie di iniziati entro cui era rimasto fino ad allora, come racconta Pauwels. «Così, per mezzo delle singolari manifestazioni pubbliche di Parigi e di New York, si accendeva l'attenzione degli intellettuali francesi e americani. Intanto, Ouspensky continuava a Londra una serie di conferenze sulle teorie e sui metodi appresi da Gurdjieff, che attiravano scrittori, artisti, psicologi e gente del bel mondo. L'intelligenzia occidentale, in poco più di un anno, era stata letteralmente inquietata da Gurdjieff. Le danze e i movimenti erano soltanto l'aspetto esteriore del lavoro che veniva compiuto nel Priorato d'Avon. Avevano fatto di tutto per battere la grancassa, attorno a questi esercizi, per commentarli in modo ambiguo e confuso, per "mettere la pulce nell'orecchio". In effetti, si trattava soltanto di "mettere la pulce nell'orecchio". A Gurdjieff importava poco il successo materiale, e aveva organizzato le sue "sedute" senza badare a spese. Durante le due ore della dimostrazione, nel teatro degli Champs Elysées scorreva una fontana di profumi. Nel 1917, Gurdjieff aveva rinunciato a lavorare in segreto in compagnia di pochi discepoli reclutati con la massima cura. Aveva deciso di turbare lo spirito occidentale, assopito tra gli innumerevoli conformismi, anche a costo di organizzare una specie di parata da circo equestre, anche a costo di impugnare il megafono dell'imbonitore. Aveva deciso, per qualche tempo, di compiere una azione provocatoria. Certamente, come dice Ouspensky, dietro quelle manifestazioni clamorose c'era ancora la stessa ricerca esoterica dei tempi dei viaggi in Asia e dell'Insegnamento clandestino nella casetta di Essentuki. Ma era cambiato il metodo, diventato la caricatura d'una ricerca che sembra esigere, invece, il segreto. Spesso il segreto e l'imbonimento si mescolavano, nelle azioni di Gurdjieff, provocando una grande confusione tra i suoi vecchi discepoli e incantando un gran numero d'intellettuali occidentali che i modi della conoscenza della civiltà moderna, alla fine della guerra, lasciavano tuttora assetati. Io ho praticato certi movimenti identici a quelli che furono presentati al grande pubblico intellettuale di Parigi e di New York a quell'epoca. E so quali sforzi richiedevano. Sono il risultato d'una specie di crocifissione dell'essere. Immaginate di compiere, con ciascuna delle vostre membra, movimenti che si contraddicono tra loro. Questo è già molto difficile, e presuppone una certa padronanza del corpo. Immaginate che, nello stesso istante, per dare un ritmo a questi movimenti, vi dedichiate a un calcolo mentale estremamente complicato e che ripugna alla vostra conoscenza dell'aritmetica comune (un calcolo in cui uno più uno fa tre, due più due fa cinque, tre più tre fa sette con addizioni e sottrazioni su questa base assurda); e il minimo sbaglio rischia di distruggere l'insieme della coreografia. Immaginate, infine, che nello stesso istante tutte le vostre facoltà sentimentali debbano essere fissate su un dato tema di cui dovete provare, a fondo, il valore emotivo (dite, per esempio, dentro di voi: "Mio Dio, abbi pietà"!, e sentite ciò che dite) e avrete una visione approssimativa del "lavoro" rappresentato da quelle danze, accompagnate da una musica di cui bisogna interpretare ogni singola nota, secondo i riferimenti alle più alte tradizioni religiose, come simbolo d'una delle tante situazioni dell'essere nel cosmo. Uscivamo da quelle sedute fiaccati e stranamente liberati dal nostro io comune, resi straordinariamente permeabili a "qualcosa d'altro", e come pervasi da una libertà divina. Eravamo, per essere esatti, letteralmente disumanizzati. Conosco una donna che non "riconosceva" più il marito quando tornava da una di queste "sedute" e, come se fosse abbandonata, come se fosse vedova, andava piangere in camera sua, poi tornava indietro e sbirciava dalla fessura della porta, aspettando che il marito "ritornasse" […]. Io volevo solo far capire , in questa sede, che l’interesse suscitato dagli spettacoli di Parigi e di New York non era causato soltanto dal carattere insolito delle danze che venivano presentate. Gli spettatori più intelligenti intuivano, al di là di quelle danze, un metodo di atomizzazione dei fondamenti della psicologia classica e una clamorosa testimonianza di rivolta contro quella che noi, in Occidente, chiamiamo abusivamente "la persona umana", è questo che destava la curiosità appassionata di tanti spiriti elevati verso ciò che accadeva al Priorato di Avon» 18. In rete vi sono vari filmati che mostrano i movimenti e le «danze sacre» di Gurdjieff (sacre perché Gurdjieff affermava di averle apprese in alcuni monasteri dell'Oriente). In effetti, alcune di queste possono essere anche suggestive dal punto di vista coreografico, ma per chi le compie lo sforzo è immane. Qui ne presentiamo solo qualcuna per renderne l'idea, presa da un estratto del film di Peter Brook intitolato Meetings With Remarkable Men: VIDEO: Danze sacre Gurdjieff (dal film di Peter Brook) https://www.youtube.com/watch?v=UKPwZqUUrQo Ancora più dettagliata è la testimonianza di Frances Rudolph, giovane americana che, dopo gli studi al college, nei primi anni '50 assieme alla sua amica Patricia Maguire entrò nei gruppi di Gurdjieff (poco dopo la morte del «maestro», sotto la direzione della signora de Salzmann). (N.B. : i nomi dei vari personaggi sono nomi di fantasia): priorato di fontainebleau«Non riesco a ricordare come s'insegna "l'esercizio della sensazione", comunque quello fu il mio lavoro del mese di giugno e di tutta l'estate seguente. È chiaro che l'insegnante era la signora Blank. Gli esercizi cominciarono poco dopo l'incidente nella sua camera da letto. (Lasciatemi dire, per spiegare questa sorprendente perdita di memoria, che io non sono né distratta né smemorata. C'è un'altra causa che ho già ricordato, e quella causa si faceva più forte ogni volta che facevo gli "E.S.", o esercizi di sensazione.) L'E.S. costituiva, insieme ai movimenti, ciò che veniva chiamato lavoro. V'erano alcuni aspetti minori dell'E.S., come fissare l'attenzione su una certa parte del corpo, per esempio, "avere la sensazione" del braccio destro o del braccio sinistro. C'erano anche numerosi esercizi preparatori, come quello di rendersi conto, ogni volta che si entrava dalla porta. Gli esercizi di questo tipo erano innumerevoli. Ma avevano tutti lo stesso scopo: giungere a quel grado di "attenzione" che era necessario per fare gli importantissimi E.S. Importantissimi, in realtà, perché, secondo me, erano uno dei mezzi più efficaci di autoipnotismo. Poiché non sapevo assolutamente nulla di quella scienza che Gurdjieff chiamava "Mehkeness", e poiché avevo commesso il terribile errore di non leggere mai seriamente quello che diceva in proposito (e aveva molte cose da dire), feci l'E.S. quasi quotidianamente, spesso anche due volte al giorno, dal maggio al settembre 1951, e dal gennaio 1952 al gennaio 1953. Ho smesso quando mi sono resa conto di stare per morire. Contemporaneamente all'educazione delle sensazioni avevamo incominciato anche i movimenti. Una volta la settimana, andavamo alla Sala Pleyel dove, con le gambe incrociate sul pavimento, la gamba destra ripiegata sulla sinistra, il dorso e la testa bene eretti, guardando dritto davanti a noi, le mani sulle ginocchia, stavamo seduti il più possibile immobili, in venticinque file di otto. Ogni volta riprendevamo lo stesso posto. Per dieci o quindici minuti tenevamo le gambe incrociate, facendo l'educazione delle sensazioni, come preparazione ai movimenti. (Non poteva esserci una preparazione migliore ai movimenti che non avremmo potuto eseguire se fossimo stati in uno stato di coscienza normale.) L'educazione delle sensazioni consisteva in una decontrazione totale del braccio destro, poi della gamba destra, poi della gamba sinistra edanze gurdjieffiane del braccio sinistro, e poi del collo, della testa, della schiena e di tutto il corpo. Quando si decontraeva ogni parte del corpo, a turno, sempre da destra a sinistra, si concentrava l'attenzione su di essa. Quando non si riusciva più a continuare, si spostava l'attenzione sulla parte seguente. Comincio con il braccio destro. Lo sento. Sono più là che in qualsiasi altra parte del mio corpo. Mi sforzo di spingere la mia coscienza dai muscoli fino al midollo delle ossa. Provo, provo, provo, ma fingendo sempre di non farlo... una lotta disperata, in cui mi è proibito lottare. Quando sono scesa il più profondamente possibile nel mio braccio, e posso avere una sensazione eguale dalla spalla fino alla punta delle dita, allora, sempre cercando di mantenere questa sensazione, tento di aggiungervi la sensazione della gamba destra, e via di seguito, fino a quando avrò in tutto il mio corpo una sensazione equilibrata, distribuita in modo eguale. Ecco la descrizione della tecnica dell'E.S. I risultati potevano essere soltanto provati, e per arrivare a questo sono necessari mesi e mesi di lavoro, ma non consiglierei a nessuno di tentare. Nelle lezioni di movimento, l'E.S. si faceva sempre da seduti, con le gambe incrociate per terra, ma quella posizione non era obbligatoria. Lo si poteva fare anche in una comodissima poltrona. Era necessario soltanto assumere ogni volta la stessa posizione, mantenere dorso e testa bene eretti, guardare davanti a sé, senza chiudere gli occhi e, sempre e soprattutto, andare da destra a sinistra, cioè in senso contrario alla circolazione del sangue. La classe dei primi movimenti in cui entrai, doveva lavorare almeno da un anno. Era diretta dalla signora Blank. Come un anatroccolo malleabile, mi agitavo e mi sforzavo invano di fare come gli altri. La posizione a gambe incrociate mi sembrava abbastanza atroce. Tutti i miei muscoli indolenziti imploravano di potersi muovere. Il mio corpo era madido di sudore, il mio volto si contorceva, i miei occhi si riempivano di lacrime, mentre lottavo per restare immobile. In quanto ai movimenti, i miei tentativi d'eseguirli erano grotteschi. Non riuscivo a ricordare una serie rapida se non con la più grande difficoltà. Ogni movimento era distinto da un nome o da un numero, come "i primi obbligatori", "i secondi obbligatori", "il conto", "la preghiera", "il numero due", "il numero quattro", "il numero ventidue" e cosi via. Erano tutti accompagnati da una musica speciale. Spesso contavamo a voce alta, o dicevamo delle parole su di un certo ritmo. La prima volta che ci fecero ripetere delle parole mentre eseguivamo i movimenti, qualcosa si ribellò dentro di me. Non potevo pronunciare parole di cui non comprendevo il significato. Le parole erano qualcosa di questo genere: "Voglio lavorare, obbedire, sopportare, soffrire, divenire". danze gurdjieff"Che cosa e perché"?, mi domandavo. Per me, era come pregare senza comprendere la preghiera. Per quel che ne so, potevo anche pregare il dio del male. Non potevo dire quelle parole. Facevo soltanto i movimenti che potevo fare (e durante tutto il mese di giugno furono movimenti solo. con i piedi o con le mani, o solo con la testa), mai tutti e tre insieme. Non volevo parlare. Quando dissi a Pat ciò che provavo pronunciando parole che non capivo, lei mi guardò con, disprezzo, come se soltanto un'idiota potesse tormentarsi per ciò che non poteva comprendere, quando era evidente che una macchina non può comprendere tutto. Per prima cosa, era necessario cambiare In seguito, avrei compreso. Ma questa non é forse fede? Avevo letto che, nella quarta via, la fede non era necessaria. A quell'epoca, ero soltanto un'esordiente, nei, movimenti, poiché li facevo da poco più di un mese. Più tardi, l’anno dopo , dovevo perdere tutti gli scrupoli che mi impedivano di non fare ciò che non capivo. L'anatroccolo goffo e sgraziato si era trasformato in un adepto capace di eseguire i movimenti più complicati, su ritmi difficili, calcoli e successioni di parole in ordine diretto o rovesciato. Non avrei mai immaginato che io, Frances, alla quale il mondo dei numeri sembrava vietato per sempre, avrei saputo contare 1 2 3 4 – 4 3 2 1 – 3 4 5 6 - 6 5 4 3 – 5 6 7 8 – 8 7 6 5 – 7 8 9 10 – 10 9 8 7 – 9 10 11 12 – 12 11 10 9, e via di seguito, facendo contemporaneamente movimenti con le braccia, con le gambe e con la testa... Ma grazie alle condizioni particolari che. regnavano nelle classi di movimenti, come un autentico derviscio riuscivo a compiere il miracolo di muovermi e di contare; e nella mia classe tutti erano già cosi. E quella classe non era altro che un asilo infantile. Vorrei cercare di fare una descrizione completa dei movimenti, che sono molto interessanti, ma benché li abbia annotati tutti e li possa leggere, sento che non potrei spiegarli senza l'aiuto di diagrammi o di fotografie, o, meglio, di film. Comunque, anche un film, come quello girato da Zuber, dà un’idea del tutto insufficiente di ciò che sono i movimenti. Lo schermo non può rendere l'atmosfera del luogo in cui i movimenti vengono presentati: un’atmosfera creata da file e file di persone ipnotizzate che si muovono avanti e indietro, verso destra e verso sinistra, circolarmente, come guidate da un solo corpo, da un solo cuore, da un solo cervello, quello del maestro che le ha fatte precipitare nel sonno e che le ha addestrate a recitare per lui. Agli estranei che osservavano quei movimenti, coloro che vi prendono parte devono apparire, per lo meno, estremamente eccentrici. Comunque molti movimenti sono assai belli e, presi come danze, gradevoli da eseguire. Gli insegnanti li eseguivano tutti con una grazia ed una bravura meravigliose» 19. Ma come si svolgeva la vita al Prieurè? Si può farsene un'idea grazie anche ad un resoconto pubblicato nel 1924, un mese dopo gli eventi americani, sulla rivista newyorkese The Century. L'autore dello studio, G. E. Bechhofer, aveva conosciuto Gurdjieff già all'epoca di Tiflis. «Già a quell'epoca esigeva e otteneva un'obbedienza assoluta da ciascuno dei suoi allievi. Le sue parole facevano testo: regnava come un tiranno tra schiavi devoti... Mi sembra che non sia cambiato nulla dai giorni di Tiflis all'attuale magnificenza di Fointainebleau. L'iniziativa, adesso, è su di una scala enormemente più grande, il numero degli allievi è maggiore, si lavora su di un piano più esteso, e Ouspensky tiene lezioni semipubbliche che attirano all'Istituto molti estranei. Ma per chi, come me, ha conosciuto il piccolo Istituto di Tiflis, a Fointainebleau c'è ben poco di nuovo […]. gurdjieff Dopo molte ricerche, scoprì il Priorato d'Avon, nei pressi di Fontainebleau, a trenta miglia da Parigi. È una grande casa antica, dove aveva abitato, un tempo, una favorita reale, e più tardi l'avvocato di Dreyfus. La proprietà fu comprata appunto da quest'ultimo. È composta dal Priorato vero e proprio, grandi giardini e da parecchi ettari di bosco, e si trova in una magnifica valle, al limitare della foresta. La colonia vi si installò, mentre Gurdjieff si recava a Londra per ispezionare i discepoli raccolti da Ouspensky. Dovette far loro un effetto strano: parlava loro in un russo esitante ma imperioso, e li trattava con un evidente atteggiamento di superiorità. Tuttavia lo accettarono subito come l'esponente di un mondo psichico superiore, che viveva su di un piano di coscienza molto al di sopra di loro. Molti vendettero tutto ciò che possedevano, donarono il ricavato della vendita all'Istituto, e si prepararono a seguirlo a Fontainebleau. Tra loro, c'erano due psicanalisti che avevano una clientela molto vasta. Un editore abbandonò il suo lavoro, vendette la parte del giornale che possedeva e donò il ricavato alla causa 20. Altri fecero donazioni a seconda delle loro possibilità: in un paio di casi, si trattò di somme considerevoli. A piccoli gruppi emigrarono verso l'Istituto. Erano tutti convinti di sfiorare la soglia d'una nuova visione che li avrebbe innalzati al di sopra dei limiti della coscienza morale, erano certi di diventare esseri d'un ordine superiore. Così, alla fine del 1922, si aprì a Fontainebleau l'Istituto per lo sviluppo armonioso dell'Uomo, con sessanta o settanta discepoli. Di questi, circa la metà erano russi di Tiflis e di Costantinopoli, uomini, donne e bambini. Altri erano russi di Berlino e di Londra, rovinati dalla Rivoluzione; benché fossero attratti da tutte le cose mistiche, si rendevano conto che la vita nell'Istituto non era, probabilmente, meno comoda di quella degli emigranti russi. Quasi tutti gli altri erano inglesi. Se non ricordo male, le due sole francesi della colonia erano le mogli di un allievo inglese e di un allievo russo. Sembrava che nessun francese avesse raccolto l'appello della nuova legge. Gli abitanti di Avon accettavano l'Istituto come una fonte di introiti, ma ne parlavano come di una "gabbia di matti". Tanto fra gli inglesi quanto fra i russi predominavano le donne, quasi tutte del tipo "teosofico". Tra gli uomini, i più notevoli erano l'editore, i due psicanalisti e due funzionari. C'erano anche alcuni giovani, pazienti degli psicanalisti che avevano suggerito loro una visita all'Istituto […]. Poiché la via che conduce a questo risultato passa attraverso l'osservazione e la conoscenza di sé, Gurdjieff fa in modo che ciascuno possa osservarsi continuamente in condizioni variabili. Perciò obbliga i suoi intellettuali a svolgere duri lavori manuali, perché possano osservarsi durante questo sforzo insolito. Se un muratore entrasse a far parte della colonia del discepolo, probabilmente verrebbe invitato alla lettura, o costretto a non fare nulla, per potersi osservare in questa situazione insolita. Gurdjieff comincia con lo spezzare le vostre abitudini, cioè i più forti legami meccanici cui siete sottomessi. Dice che più l'abitudine è insignificante, più è difficile liberarsene. E ci riesce, mostrandovi le vostre abitudini particolari e rendendovene consapevoli. L'editore, tanto per darvi un esempio, era un fumatore inveterato. Gurdjieff gli vietò subito il tabacco. Se qualcuno esprime una preferenza per gli alimenti dolci, lo sottopone subito ad una dieta priva di zuccheri o gli dà cibi esclusivamente zuccherati, fino a quando quello si ammala. In questo modo e, naturalmente, anche con molti altri mezzi più sottili, Gurdjieff cerca d'insegnare ai suoi allievi come respingere le abitudini per diventare sempre più padroni di sé stessi. Quanto tempo occorre perché il discepolo raggiunga la padronanza di sé stesso, la conoscenza di sé e la percezione della quarta dimensione del suo essere? Dipende dalla capacità innata del soggetto e dalla misura in cui permette a Gurdjieff di aiutarlo. Bisogna abbattere tutte le barriere personali. Se un uomo è orgoglioso, Gurdjieff lo umilia deliberatamente davanti a tutti gli altri allievi. Se ha qualche affetto o qualche avversione particolare, deve distruggerli. C'è per esempio un uomo, all'Istituto, che, quando vi era entrato, non poteva sopportare la vista del sangue. Fu subito incaricato di uccidere gli animali destinati alla cucina. C'è. poi un altro metodo che Gurdjieff usa per favorire l’armonia dei centri: la danza. Cerca d'insegnare agli allievi come diventare coscienti del loro corpo e del loro spirito e, per mezzo degli esercizi ritmici e delle danze, essi imparano come corpo e spirito siano legati intimamente. È per questa ragione che l’Istituto dedica molto tempo ai balletti e alla danza di gruppo, come pure agli esercizi fisici. In sostanza, il primo scopo dell'Istituto è quello di spezzare le barriere artificiali della personalità. Allora diventa possibile sviluppare e armonizzare i vari centri mentali e fisici. I mezzi usati sono l'osservazione di sé, un corso pratico di danza, esercizi manuali e fisici, analisi psichiche d'ogni genere e una serie di test mentali e fisici applicati da Gurdjieff caso per caso. Sul plano della coscienza della quarta dimensione (noi viviamo sempre su! piano della terza dimensione) l'uomo armonizzato può continuare a svilupparsi, acquisendo il controllo dei nuovi centri psichici [...]. Per l'uomo della quarta dimensione, tutti i problemi sono chiari, perché il suo spirito è contemporaneamente cosciente della causa e dell’effetto. Per questa ragione, il suo potere sulle cose e sugli uomini è infinitamente superiore a quello del più potente tra gli uomini normali. Come possiamo noi, persone normali, giungere a questo stato straordinario? Possiamo giungervi osservando noi stessi nella solitudine della nostra stanza? No. Anzi, può essere pericoloso. Perché il tentativo di cambiare radicalmente il lavoro del proprio meccanismo mentale può produrre risultati imprevedibili: come se si cercasse di cambiare, diciamo, il funzionamento d'una macchina a combustione interna senza capirne nulla. È quindi necessario che il lavoro d'armonizzazione di sé venga intrapreso sotto lo sguardo d'un maestro che ha imparato, nelle scuole occulte dell’Oriente, a diagnosticare e a correggere i difetti di questa macchina umana. Questa, secondo Gurdjieff, è la ragione dell'esistenza dell'Istituto [...]. È forse utile illustrare l'attuazione pratica di queste idee descrivendo una giornata a Fontainebleau. I pensionanti si svegliano alle otto o alle nove. È un'ora piuttosto tarda, per una vita monacale, ma bisogna ricordare che si sono addormentati alle quattro o alle cinque del mattino. Secondo Gurdjieff, delle sette od otto ore di sonno abituali per un uomo normale, almeno la metà è sprecata nel pre-sonno, mentre il solo periodo che conta è quello del sonno profondo. È possibile ottenere subito il sonno profondo se ci si corica al momento estremo della stanchezza. Restereste sbalorditi nel vedere la nudità delle camere. I letti sono duri giacigli (parlo naturalmente di quelli dei coloni, non di quello di Gurdjieff), con due o tre coperte grossolane. C'è qualche fuoco acceso, ma i camini sono quasi inutilizzabili, e il combustibile scarseggia. Nei corridoi, qualche volta, ci sono uno o due bracieri accesi, ma il Priorato resta umido e freddo anche nei mesi più duri dell'anno. Qualche volta c'è un tappeto sul pavimento; due sedie barcollanti e un pezzo di specchio completano di solito l’arredamento della stanza. All'Istituto non si cercano le comodità. I due o tre occupanti della stanza indossano gli abiti che si erano tolti per dormire e scendono, ancora insonnoliti, per mettersi al lavoro. Alcuni devono curare i maiali, le mucche o le pecore o altri animali acquistati recentemente da Gurdjieff (fra parentesi, dobbiamo ricordare che qui gli animali non se la passano bene: può darsi che l'Istituto sappia dare il benessere fisico, morale e psichico agli esseri umani, ma non è in grado di tenere in buone condizioni gli animali), altri devono trasportare pietre da una parte all’altra della proprietà. Oppure, possono essere impegnati nella costruzione di un muro per un nuovo edificio ideato da Gurdjieff: un teatro, un bagno turco, o un nuovo porcile. Ci sono sempre edifici nuovi in corso di costruzione. Mi ricordo che, durante il soggiorno di Katherine Mansfield, Gurdjieff propose di costruire un ballatoio nella stalla, perché la scrittrice potesse sdraiarsi e respirare l'odore delle mucche che, ci assicurava, avrebbe potuto aiutarla a guarire dalla tubercolosi. Oppure, i discepoli possono venire incaricati di pulire le stalle o il pollaio. Oppure debbono tagliare gli alberi, o riparare una fontana. Uno di loro può essere scelto per fare lo sguattero o il cameriere del refettorio. Le donne hanno un loro refettorio, e vi lavorano a turno [...]. Finalmente, a mezzogiorno, c'è il pranzo. I lavoratori si mettono in fila e vanno al refettorio. Il pasto è composto da un solo piatto: una minestra con un po' di farina d'avena, servita in abbondanza. Quando ho mangiato al Priorato, ho condiviso il cibo di Gurdjieff nella vecchia, comoda cucina dell'Istituto. Posso quindi parlare della qualità della minestra degli allievi. Qualche favorito ha diritto a un boccone di budino di riso o a qualche altra leccornia del genere. Sono rimasto impressionato, nel refettorio, dalle occhiate avide lanciate dagli altri ai favoriti. Mi sembrava di essere tornato a scuola, con la differenza che io ero lo zio, e gli altri erano i bambini. Certe volte, naturalmente, Gurdjieff ordina a qualche allievo di digiunare. In questo caso, essi continuano a lavorare, ma non prendono cibo durante tutto il tempo (giorni o settimane) che Gurdjieff considera necessario. Dopo il pranzo, un breve riposo, poi si riprende. Il lavoro fino a sera; allora, ad eccezione di coloro che sono. di servizio, i coloni si ritirano nelle loro stanze fino a quando incominciano le danze. Alle nove o alle dieci, si riuniscono nella sala più grande del Priorato e si dedicano a lunghe serie di esercizi che vengono ripetuti con monotonia per mesi e mesi e, nel caso di superstiti di Tiflis, per anni e anni. Qualche volta, ma molto di rado, Gurdjieff cambia programma. Tiene una conferenza, o meglio risponde in modo più o meno evasivo alle domande che gli vengono rivolte dagli allievi curiosi o scettici. Le danze sono di due specie: esercizi o balletti. I primi consistono di vari movimenti degli arti e in certe prove di resistenza come camminare attorno a una stanza con le braccia tese, cosa che alcuni riescono a fare anche per un'ora, senza fermarsi mai. Altri esercizi derivano dal metodo Dalcroze. Proprio nel bel mezzo d'un movimento complicato, Gurdjieff grida improvvisamente "stop". Immediatamente gli esecutori si immobilizzano nell'atteggiamento di quell'attimo, senza badare alla fatica, e rimangono così fino a quando non ricevono l’ordine di riprendere il movimento. Questo, naturalmente, ha lo scopo di permettere a ciascuno di osservare se stesso in azione. Un altro esercizio comporta il movimento fisico abbinato all'aritmetica mentale. I progressi spirituali dipendono in buona misura dalla pratica di questi esercizi. I balletti sono, in generale, riproduzioni di danze sacre orientali. Perciò ogni balletto ha, secondo Gurdjieff un significato segreto che non è comprensibile ai non iniziati. Dicono che Gurdjieff ha veduto e studiato queste danze durante i suoi viaggi in Oriente, e che le riproduce esattamente come le ha viste e con la musica originale, suonata da un musicista russo, Hardman (de Hartmann), fedelissimo al maestro fin dai tempi di Tiflis [...]. Il lavoro si conclude la sera, a Fontainebleau, con una ripetizione degli esercizi e di alcune danze; poi i coloni, stanchissimi, vanno a dormire» 21.georges ivanovitch gurdjieff Georges Ivanovitch Gurdjieff nacque nel 1866 (ma secondo altre fonti nel 1877) ad Alexandropol, all'epoca città russa situata nel Caucaso (oggi Gyumri, in Armenia), da padre greco e madre armena. In gioventù frequentò il seminario e studiò medicina, ma la sua vita prese una direzione assai diversa quando decise di intraprendere una serie di viaggi attraverso varie località dell'Asia e del Nord Africa, per seguire una propria via di «ricerca spirituale». Questo suo peregrinare, in compagnia di un'altra dozzina di persone (il gruppo si definiva «Cercatori di Verità»), durò circa vent'anni. Di questo periodo si sa poco, se non che venne in contatto con molte tradizioni spirituali ed esoteriche (come ad esempio il sufismo), allo scopo di ritrovarne le radici. Alcune di queste vicende sono state narrate nel suo libro autobiografico Incontri con uomini straordinari (pubblicato postumo nel 1960). Si tratta di un resoconto avventuroso in cui si mescolano i ricordi personali, le vicende vissute con i compagni di viaggio e qualche accenno a quella che diverrà la sua dottrina. La narrazione lascia però molto spazio alla fantasia e alla voglia di stupire, per cui è assai difficile capire quando Gurdjieff racconta la verità e quando cerca di sviare il lettore. Tra le numerose attività che gli sono state attribuite, pare vi siano state anche quelle di agente segreto zarista, di mercante di tappeti, nonché di medico ipnotista 1. Molto importante fu l'incontro che Gurdjieff ebbe nel 1915 con il filosofo Pëtr Demianovič Ouspensky (1878-1947), che rimase suojeanne de salzmann discepolo per otto anni e che, pur prendendo in seguito una strada indipendente, continuò comunque a diffonderne i principî attraverso numerose conferenze (soprattutto in Inghilterra), che attirarono l'attenzione di molti dei più noti intellettuali dell'epoca. Per divulgare la sua dottrina, in quegli anni Gurdjieff viaggiò molto: a Mosca, a San Pietroburgo, ad Essentuki (sul Mar Nero), poi a Tiflis (Tbilisi), dove fondò il suo primo «Istituto per lo sviluppo armonioso dell’uomo». In seguito alla Rivoluzione russa fu costretto poi ad emigrare e cercare una nuova sede per la sua attività. Tentò prima a Costantinopoli, poi a Berlino, a Londra, finché nel 1922 si stabilì definitivamente in quello che in precedenza era stato il Priorato di Avon a Fointainebleau, non lontano da Parigi, dove pose il nuovo quartier generale del suo Istituto e dove l'insegnamento veniva impartito in maniera più sistematica agli allievi che vi risiedevano. Nel 1924, Gurdjieff fondò una filiale dell'Istituto anche a New York. A causa di un gravissimo incidente d'auto oltre che per il sopraggiungere di difficoltà economiche, nel 1933 Gurdjieff vendette il Prieuré di Avon e nel 1934 si stabilì in un appartamento di Parigi, dove continuò ad insegnare, ma solo a piccoli gruppi di persone. Tra gli altri suoi scritti vale la pena di ricordare almeno la lunghissima allegoria fantascientifica I racconti di Belzebù al suo piccolo nipote, uscita anch'essa postuma nel 1950. Morì nel novembre 1949 a Neully, ma il suo lavoro fu comunque portato avanti dalla Fondazione Gurdjieff, diretta dalla sua allieva Jeanne de Salzmann (1889-1990). Un altro discepolo, John Godolphin Bennett (1897-1974), diffuse l'Insegnamento in Inghilterra. incontri con uomini straordinari - i racconti di belzebù al suo piccolo nipote Incontri con uomini straordinari e I racconti di Belzebù al suo nipote. Oggi in giro per il mondo vi sono molti altri gruppi, ufficiali e non, che ne divulgano a vario titolo le idee. Volendoci basare il più possibile su testimonianze dirette, per il nostro lavoro abbiamo attinto prevalentemente da due fonti: Il libro di Pëtr Demianovič Ouspensky (1878-1947), che fu il principale divulgatore delle idee gurdjieffiane, e precisamente Frammenti di un insegnamento sconosciuto (pubblicato nel 1949). In esso vengono esposte le principali teorie del «maestro» e vengono descritte molte conversazioni e lezioni che l'autore ebbe con lui durante il periodo precedente all'arrivo in Francia. Questo testo viene normalmente consigliato dai seguaci di Gurdjieff a tutti coloro che vogliono dedicarsi a questa materia. Monsieur Gurdjieff (l'originale francese venne pubblicato nel 1954, ma l'edizione italiana uscì solo nel 1972 per le Edizioni Mediterranee), testo scritto dal noto giornalista francese di origine belga Louis Pauwels (1920-1997), collaboratore di diverse pubblicazioni letterarie (ma non solo: si pensi ad esempio a Le Figaro). Per molto tempo Pauwels si dedicò all'occultismo. Nel 1948, egli entrò a far parte dei gruppi di Gurdjieff, ma li abbandonò dopo quindici mesi a causa di una spiacevole esperienza. Alcuni decenni dopo (all'inizio degli anni '80) Pauwels si convinse a ritornare al cattolicesimo, ma all'epoca della stesura di questo testo era ancora fortemente influenzato dal mondo dell'esoterismo. Il suo libro è un'interessante raccolta di testimonianze di ex adepti più o meno famosi. Anche se in esso vi sono scritti sia a favore che contro Gurdjieff, va detto che i pareri negativi sono in prevalenza. Ovviamente alla sua uscita è stato osteggiato dagli adepti. In ogni caso è caldamente consigliato a chiunque avesse l'intenzione di intraprendere lo studio sistematico di Gurdjieff. pëtr demianovič ouspensky john godolphin bennett louis pauwels Pëtr D. Ouspensky John Godolphin Bennett Louis Pauwels La dottrina gurdjieffiana era una strana combinazione di filosofia e psicologia, oltre che di nozioni cosmologiche e chimiche, che però poco o nulla avevano da spartire con la scienza ufficiale. Eccone alcuni punti cardine: L'uomo è una macchina e non è né consapevole, né padrone delle proprie azioni; anzi, vive perennemente in uno stato di sonno: i suoi atti sono meccanici e sono solamente il frutto di abitudini e di influenze esteriori; Per risvegliarsi dallo stato di sonno e giungere per gradi all'illuminazione (la coscienza obiettiva) occorre attuare una serie di operazioni, che prendono il nome di «lavoro»: vi sono particolari tecniche di osservazione di sé, azioni necessarie a rompere le proprie consuetudini, nonché particolari esercizi, denominati «movimenti», oltre che specifiche «danze sacre»; L'uomo non è un essere unitario, ma è costituito da una pluralità di «io» in perenne conflitto tra loro; anche le varie funzioni sono regolate da diversi centri (centro emozionale, centro intellettuale, centro motore, ecc...); La maggior parte degli uomini non possiede un'anima; pochi ne possiedono a malapena un embrione, che però va sviluppato. Essi subiscono una reincarnazione che permette di progredire, mentre sono ancora meno quelli che riescono ad avere una vera e propria anima immortale; Vi sono varie vie per raggiungere l'immortalità: la via del fachiro (lotta contro il corpo fisico), la via del monaco (quella dell'emozione e del sentimento religioso), e la via dello yogi (quella della conoscenza). Ma tutte e tre per Gurdjieff hanno delle mancanze, per cui egli ne propone una ulteriore. La Quarta Via, detta anche la «via dell'uomo astuto» è una via dello sviluppo delle qualità nascoste. Essa non richiede di ritirarsi dal mondo.L'INSEGNAMENTO E LE SUE IMPLICAZIONI MORALI Se si analizzano alcuni aspetti dell'Insegnamento visti fin qui, si possono dedurre quali siano le implicazioni morali che conseguono da questa filosofia. Innanzitutto, se l'uomo è una macchina, se non possiede il libero arbitrio, è evidente che l'individuo viene in questo modo de-responsabilizzato, non deve più rispondere delle sue azioni. Chi le ha compiute realmente? Il suo «Io» di adesso o quello prevalente un'ora fa? E se ha compiuto un atto, ne era veramente consapevole o è semplicemente «accaduto»? Tutto questo genera inevitabilmente un relativismo assoluto riguardo all'esistenza e alla morale. In questa nostra epoca il relativismo è divenuto ormai dominante e viene purtroppo accettato da molti senza grosse difficoltà, ma non è sempre stato così: nel corso della storia infatti molti filosofi hanno considerato il concetto di «legge naturale», cioè di un insieme di regole inscritte nel cuore di ogni uomo, indipendentemente dalla sua cultura, razza o religione (si pensi ad esempio a Kant, che dava per scontata l'esistenza di una legge morale valida per tutti e per sempre). gurdjieff2.jpgQueste implicazioni vengono ammesse in maniera piuttosto esplicita dallo stesso Gurdjieff: «Non vi è niente di generale nel concetto di moralità. La moralità è fatta di "ammortizzatori". Non vi è una morale generale. Ciò che è morale in Cina, è immorale in Europa, e ciò che è morale in Europa è immorale in Cina. Ciò che è morale a Pietroburgo è immorale nel Caucaso, e ciò che è morale nel Caucaso non lo è a Pietroburgo. Ciò che è morale per una classe sociale è immorale per un'altra e viceversa. La morale è sempre e dovunque un fenomeno artificiale. Essa è fatta di molteplici "tabù", cioè di restrizioni e di esigenze varie, che talvolta sono sensate nei loro principi, altre volte hanno perduto ogni senso o non ne hanno mai avuto, essendo stabilite su basi false, su un terreno di superstizioni e di terrori immaginari» 1. Il relativismo insito in questi ragionamenti porta a delle gravi conseguenze, facilmente prevedibili, come ad esempio sul modo di distinguere tra morale e coscienza (quest'ultima va qui intesa nel senso di consapevolezza): gurdjieff«Molte persone dicono che non comprendono "il lato morale del vostro insegnamento", disse uno di noi. E altri dicono che "il vostro insegnamento non comporta alcuna morale". "Certamente no", disse G. Le persone amano molto parlare di morale, ma la morale è semplicemente autosuggestione. Ciò che è necessario, è la coscienza. Noi non insegniamo la morale. Insegniamo come si può trovare la coscienza. Le persone non sono contente quando diciamo questo. Dicono che non abbiamo amore. Semplicemente perché non incoraggiamo la debolezza e l'ipocrisia, ma al contrario, strappiamo tutte le maschere. Chi desidera la verità non parlerà mai di amore o di cristianesimo, perché sa quanto ne è lontano. La dottrina cristiana è per i cristiani. E i cristiani sono quelli che vivono secondo il Cristo, vale a dire che fanno tutto secondo i suoi precetti. Possono vivere in conformità con i precetti del Cristo quelli che parlano di amore e di morale? Naturalmente essi non lo possono; ma ci saranno sempre discussioni di questo tipo; ci saranno sempre persone per le quali le parole conteranno più di qualsiasi altra cosa. Ma questo è un segno che non inganna: quelli che parlano così sono uomini vuoti; perciò non vale la pena perdere il proprio tempo con loro. La morale e la coscienza sono cose ben differenti. Una coscienza non può mai contraddire un'altra coscienza, mentre una morale può sempre contraddire e negare un'altra morale. Le morali si distruggono reciprocamente. Un uomo in cui si sono costituiti degli "ammortizzatori" può essere molto morale. Ma gli "ammortizzatori" possono essere differenti; sicché, due uomini moralissimi possono considerarsi l'un l'altro immoralissimi. Di solito, ciò è inevitabile. Più un uomo è "morale", più egli stima "immorali" gli altri uomini che sono "morali" in modo differente. L'idea di morale è connessa all'idea di buona e cattiva condotta. Ma la nozione del bene e del male differisce da un uomo all'altro; essa è sempre soggettiva presso l'uomo 1, 2 o 3; e ogni volta dipende dal momento o dalla situazione. Un uomo soggettivo non può avere una concezione generale del bene e del male. Per un uomo soggettivo, il male è tutto ciò che si oppone ai suoi desideri, ai suoi interessi o alla sua concezione del bene. Si può dire che per l'uomo soggettivo il male non esiste affatto, esistono per lui soltanto differenti concezioni del bene. Nessuno fa mai deliberatamente qualcosa per servire il male, per amore del male. Ognuno agisce per servire il bene come egli lo intende. Ma ognuno lo intende in modo differente. Per conseguenza, gli uomini si sbranano e si massacrano fra di loro per servire il bene. La ragione è sempre la stessa: la loro ignoranza e il profondo sonno nel quale vivono. Ciò è talmente evidente che sembra strano che le persone non ci pensino. In ogni caso, resta il fatto che non possono arrivare a questa convinzione, e ognuno considera il "suo bene" come il solo bene, e tutto il resto come il male. Sarebbe ingenuo e perfettamente vano nutrire la speranza che gli uomini possano giungere a comprendere e sviluppare in loro un'idea generale e identica del bene» 2. Ci permettiamo qui una banale obiezione. Gurdjieff afferma che non ci può essere una morale comune, né che gli uomini possano condividere tra loro una concezione generale del Bene e del Male. Ma se ci si riflette, i fatti lo smentiscono. Possiamo prendere come esempio qualcuno dei grandi Santi che hanno realmente vissuto in conformità con i precetti del Cristo, come San Francesco Saverio o la beata Madre Teresa di Calcutta, che con la loro dedizione e con l'amore per gli altri hanno portato l'insegnamento cristiano a popoli lontani, con una cultura e una morale molto diversa. È accaduto spesso infatti che, dopo una iniziale ostilità, anche molti non cristiani abbiano compreso la bontà di quegli insegnamenti e senza costrizioni si siano poi convertiti, avendo evidentemente riconosciuto nella religione di Cristo dei valori universali da condividere. Gurdjieff chiarisce ancora meglio la sua idea di Bene e di Male: «"Ma il bene e il male non esistono di per sé stessi, al di fuori dell'uomo"?, domandò una delle persone presenti. "Sì", disse G., soltanto che ciò è molto lontano da noi e non vale la pena perdere il nostro tempo a cercare di comprenderlo ora. Ricordatevi semplicemente questo: la sola possibile idea permanente del bene e del male, per l'uomo, è connessa all'idea dell'evoluzione: non certo all'idea dell'evoluzione meccanica, ma all'idea dello sviluppo dell'uomo per mezzo dei suoi sforzi coscienti, del cambiamento del suo essere, della creazione in lui dell'unità e della formazione di un Io permanente. Un'idea permanente del bene e del male si può formare nell'uomo solo in relazione a uno scopo permanente e a una comprensione permanente. Se un uomo comprende di essere addormentato e se ha desiderio di svegliarsi, tutto ciò che potrà aiutarlo, sarà il bene, e tutto ciò che glielo impedirà, tutto ciò che prolungherà il suo sonno, sarà il male. Nello stesso modo, distinguerà ciò che è bene e ciò che è male per gli altri. Ciò che li aiuta a svegliarsi è il bene, e ciò che glielo impedisce è il male. Ma è così solo per coloro che vogliono svegliarsi, vale a dire per coloro che comprendono di essere addormentati. Gli uomini che non si rendono conto di essere addormentati e che non possono avere il desiderio di svegliarsi, non possono avere la comprensione del bene e del male. E siccome le persone, nella loro immensa maggioranza, non si rendono conto di dormire e non se ne renderanno mai conto, né il bene né il male potranno mai esistere per loro. Ciò contraddice le idee generalmente conosciute. La gente ha l'abitudine di pensare che il bene e il male debbano esser il bene e il male per tutti, e, soprattutto, che il bene e il male esistano per tutti. In realtà, il bene e il male non esistono che per pochi, per coloro che hanno uno scopo e che tendono verso questo scopo. Allora, per costoro, ciò che va contro il loro scopo è il male, e ciò che li aiuta è il bene» 3. relatività - escher Relatività (1953), di Maurits Cornelis Escher. Il processo di risveglio non è affatto semplice, anzi, il cammino è assai duro e non tutti possono arrivare a destinazione, ma la promessa è che chi giunge alla fine, può diventare una specie di superuomo, posto al di là del bene e del male e che non deve più rispondere alle leggi umane. Siamo ben oltre al Principe di Machiavelli e al Raskolnikov di Delitto e castigo di Dostoevskij. «"È necessario il sacrificio", disse G. Se niente è sacrificato, niente può essere ottenuto, ed è indispensabile sacrificare ciò che è prezioso al momento stesso, sacrificare molto e per molto tempo. Tuttavia, non per sempre. Questo di solito non è capito, invece è importantissimo. Occorrono sacrifici, ma quando il processo di cristallizzazione è compiuto, le rinunce, le privazioni e i sacrifici non sono più necessari. Un uomo può allora avere tutto ciò che vuole. Per lui non vi è più legge: egli è per se stesso la propria legge» 4. In pratica, tutto viene giudicato in base ai propri scopi e alla propria utilità. E se non esistono né una morale, né una legge naturale, se il bene è solo ciò che serve a risvegliarsi e il male ciò che lo impedisce, ovvio che anche il concetto di «verità» viene a cadere: «L'idea del bene e del male è talvolta legata all'idea della verità e della menzogna. Ma come il bene e il male non esistono per l'uomo ordinario, così non esistono verità e menzogna. La verità permanente e la menzogna permanente non possono esistere che per l'uomo permanente. Se un uomo cambia continuamente, per lui anche la verità e la menzogna cambieranno continuamente. E se, ad ogni momento, gli uomini sono tutti in uno stato differente, i loro concetti della verità dovranno essere differenti quanto i loro concetti del bene. Un uomo non nota mai in quale modo incomincia a considerare come vero ciò che considerava ieri come falso, e viceversa. Egli non nota questi cambiamenti come non nota il passaggio da uno dei suoi "io" ad un altro. Nella vita dell'uomo ordinario, la verità e la menzogna non hanno alcun valore morale, perché un uomo non può mai attenersi ad una sola verità. La sua verità cambia. Se per un certo tempo, essa non cambia, è semplicemente perché è trattenuta dagli "ammortizzatori". Un uomo non può mai dire la verità. Qualche volta, "qualcosa dice" la verità, qualche volta "qualcosa dice" una menzogna. Così la sua verità e la sua menzogna sono egualmente prive di valore. Né l'una, né l'altra dipendono da lui; esse dipendono tutte e due da cause accidentali. Questo è altrettanto vero per ciò che concerne le parole dell'uomo, i suoi pensieri, i suoi sentimenti, e i suoi concetti di verità e di menzogna. Per comprendere la relazione tra verità e menzogna, nella sua vita, un uomo deve arrivare a comprendere la sua menzogna interiore, le incessanti menzogne che egli dice a sé stesso» 5. bivio bene e male È naturale a questo punto che, se l'unico scopo è quello di «ricordarsi di sé», senza porsi alcun problema sulla moralità del proprio agire, tutto quello che non serve a questo fine allora diventa inutile, se non dannoso. Chi vuole risvegliarsi, pur senza vivere da asceta, deve mantenere un cinico distacco dal mondo e dai suoi problemi. «Abbiamo già abbastanza parlato della "nascita". Nascere sta a significare l'inizio di una nuova crescita dell'essenza, l'inizio della formazione dell'individualità, l'inizio dell'apparizione di un "Io" indivisibile. Ma per essere capaci di giungervi o perlomeno di intraprendere questa via, l'uomo deve morire; questo vuoi dire che deve liberarsi da una moltitudine di attaccamenti e identificazioni che lo mantengono nella situazione in cui è. Nella sua vita egli è attaccato a tutto, attaccato alla sua immaginazione, attaccato alla sua stupidità, attaccato persino alle sue sofferenze, forse più alle sue sofferenze che ad ogni altra cosa. Egli deve liberarsi da questo attaccamento. L'attaccamento alle cose, l'identificazione con le cose, tengono vivi nell'uomo migliaia di "Io" inutili. Questi "Io" devono morire, perché il grande Io possa nascere. Ma come si possono far morire? Essi non lo vogliono. È qui che la possibilità di svegliarsi viene in nostro aiuto. Svegliarsi significa realizzare la propria nullità, cioè realizzare la propria meccanicità, completa e assoluta, e la propria impotenza, non meno completa, non meno assoluta» 6. E coerentemente con questi principi, si arriva ad affermazioni piuttosto spietate come queste: «Tra gli scopi formulati, il più giusto è senz'altro quello di essere padrone di sé, perché, senza questo, nient'altro è possibile. E, in confronto a questo scopo, tutti gli altri non sono che sogni infantili, desideri di cui un uomo non potrebbe fare alcun uso, anche se fossero esauditi. Qualcuno ha detto, per esempio, che voleva aiutare gli altri. Per essere capaci di aiutare gli altri, occorre innanzitutto imparare ad aiutare sé stessi. Un gran numero di persone, di fronte all'idea di portare un aiuto agli altri, si lasciano prendere da ogni sorta di pensieri e di sentimenti, semplicemente per pigrizia. Sono troppo pigri per lavorare su sé stessi, però li lusinga il pensare di essere capaci di aiutare gli altri. È un modo di essere ipocrita e falso verso sé stessi. Quando un uomo si vede realmente qual'è, non gli viene in mente di aiutare gli altri - si vergognerebbe di questo pensiero. L'amore per l'umanità, l'altruismo, sono delle belle parole, ma non hanno senso che quando un uomo è capace, seguendo la sua propria scelta e la sua propria decisione, di amare o di non amare, d'essere altruista o egoista. Allora la sua scelta ha un valore. Ma se non ha scelta, se non può fare diversamente, se è soltanto ciò che il caso ha fatto o sta facendo, oggi altruista, domani egoista e di nuovo altruista dopodomani, che valore può avere? Per aiutare gli altri, un uomo deve imparare per prima cosa ad essere egoista, un egoista cosciente. Soltanto un egoista cosciente può aiutare gli altri. Così come siamo, non possiamo fare nulla. Un uomo decide di essere egoista, ed ecco che regala la sua ultima camicia. Avendo poi deciso di dare la sua camicia, prende quella dell'uomo al quale voleva darla. Oppure, avendo deciso di dare la sua camicia, vuole dare quella di un altro e va su tutte le furie se l'altro gliela rifiuta. E così va la vita. Per fare ciò che è difficile, occorre innanzitutto imparare a fare ciò che è facile. Non si può cominciare dal più difficile» 7. Per concludere, il discorso sulla morale e sulla responsabilità delle proprie azioni, è doveroso riportare almeno un accenno ad una teoria cosmologica assai complessa formulata da Gurdjieff (rimandando al testo di Ouspensky per una trattazione più sistematica). La tesi in questione considera i corpi celesti come esseri viventi, posti in un ordine gerarchico particolare e di conseguenza sottoposti ad un numero diverso di leggi. Tra queste le due fondamentali sono la Legge del Tre, secondo la quale ogni azione sarebbe il risultato dell'azione di tre forze (positiva, negativa e neutralizzante) e la Legge del Sette o dell'ottava, secondo la quale l'Universo consiste di vibrazioni che si sviluppano in modo non uniforme. In questa gerarchia di mondi, la Luna pur occupando il ruolo più basso, allo stesso tempo eserciterebbe un influsso assai negativo per l'intera razza umana: «La Luna è un gigantesco essere vivente che si nutre di tutto ciò che respira, di tutto ciò che germoglia sulla terra […]. La liberazione che viene con la crescita dei poteri e delle facoltà mentali è una liberazione dal giogo della Luna. La parte meccanica della nostra vita dipende dalla Luna, è soggetta alla Luna. Ma se noi sviluppiamo in noi stessi la coscienza e la volontà e sottomettiamo ad esse la nostra vita meccanica e tutte le nostre manifestazioni meccaniche, sfuggiremo al potere della Luna» 8. Alla fine Gurdjieff arriva a delle conclusioni che lasciano a dir poco perplessi: «Per esempio, l'evoluzione dell'umanità oltre un certo limite, o più esattamente oltre una certa percentuale, sarebbe fatale alla Luna. Attualmente la Luna si nutre della vita organica, si nutre dell'umanità. L'umanità è una parte della vita organica; questo significa che l'umanità è un nutrimento per la Luna. Se tutti gli uomini divenissero troppo intelligenti, non vorrebbero più essere mangiati dalla Luna» 9. luna E la de-responsabilizzazione dell'agire umano diviene pressoché assoluta: «C'era una domanda intorno alla guerra: Come impedire le guerre? Non si possono impedire le guerre. La guerra è il risultato della schiavitù nella quale gli uomini vivono. Ad essere esatti, le guerre non avvengono per colpa degli uomini. Alla loro origine stanno forze cosmiche, influenze planetarie. Ma negli uomini non vi è alcuna resistenza a quelle influenze, e non vi può essere, perché gli uomini sono schiavi. Se fossero degli uomini, se fossero capaci di "fare", sarebbero capaci di resistere a queste influenze, e di trattenersi dall'uccidersi l'un l'altro» 10.V IL CONDIZIONAMENTO DEGLI ADEPTI E IL CASO DI KATHERINE MANSFIELD A questo punto ci si può chiedere come sia possibile che così tante persone, tutte mediamente dotate di una intelligenza e di una cultura superiore alla media, abbiano accettato senza discutere un tale sistema. In effetti da un lato va considerato il fascino che una personalità carismatica come quella di Gurdjieff esercitava sugli ascoltatori, dall'altro va detto che per chi iniziava «il lavoro» vi era tutta una serie di regole (anzi, vere e proprie trappole) che impedivano di esercitare il proprio senso critico e di opporre eventuali obiezioni ai superiori. Il quadro che emerge presenta molte delle caratteristiche che si riscontrano normalmente con le sètte: La messa in atto di azioni volte a spersonalizzare l'individuo (con la scusa di fargli cessare le abitudini gli si impedisce di essere se stesso); Il plagio, se non addirittura l'uso di tecniche di ipnosi nei confronti dei discepoli (sistemi che Gurdjieff conosceva benissimo); La tirannia assoluta del maestro-guru, il cui insegnamento e le cui azioni non si possono mai mettere in discussione; Il vincolo di segretezza su quanto viene insegnato e su quanto avviene all’interno dei gruppi. Tutto ovviamente viene teorizzato ed esposto con una certa logica, in modo che l'adepto, desideroso di raggiungere un progresso spirituale, sia portato ad accettare queste imposizioni di buon grado fin dall'inizio. «Un uomo solo non può fare niente […]. Un uomo, dunque, che voglia svegliarsi, deve cercare altre persone che vogliano esse pure svegliarsi, al fine di lavorare con esse […]. II lavoro deve essere organizzato. E non può esserlo che da un uomo che ne conosca i problemi, gli scopi e i metodi, essendo lui stesso passato a suo tempo attraverso un tale lavoro organizzato. Il lavoro comincia di solito con un piccolo gruppo. Questo gruppo è generalmente in rapporto con tutta una serie di gruppi analoghi di differenti livelli che costituiscono, presi nel loro insieme, ciò che può essere chiamato una "scuola preparatoria" […]. Nessun lavoro di gruppo è possibile senza un maestro, e il lavoro di gruppo con un cattivo maestro può produrre soltanto risultati negativi. La seconda importante caratteristica del lavoro dei gruppi, è che questi possono essere in relazione con qualche scopo, del quale coloro che incominciano il lavoro non hanno la minima idea, e che non può essere loro spiegato sino a che essi non comprenderanno l'essenza del lavoro, i suoi principi e le idee ad esso connesse. Ma questo scopo verso il quale essi vanno e che servono senza conoscere, è il principio equilibrante necessario al loro proprio lavoro e senza il quale il lavoro stesso non potrebbe esistere […]. gurdjieffAi membri di un gruppo che sta per organizzarsi vengono imposte delle condizioni: condizioni generali per tutti e condizioni speciali per i singoli. Le condizioni generali poste all'inizio del lavoro sono abitualmente di questo tipo: si spiega dapprima a tutti i membri dei gruppi che devono tenere segreto tutto ciò che intendono o imparano nel gruppo, e non solamente fino a quando ne sono membri; ma una volta per tutte e per sempre […]. La semplice ragione di questa condizione è il fatto che essi sono incapaci di trasmettere correttamente ciò che è detto nei gruppi […]. Si esige inoltre dai membri di un gruppo che dicano al loro maestro tutta la verità. Anche questo è un punto che deve essere ben compreso. Le persone non realizzano il posto immenso che nella loro vita prende la menzogna, o per lo meno la soppressione della verità. Sono incapaci di essere sinceri sia verso sé stessi che verso gli altri. E non comprendono neanche che imparare a essere sinceri quando ciò è necessario è una delle cose più difficili al mondo […]. Dire una deliberata menzogna al maestro, o essere insinceri con lui, o semplicemente nascondergli qualcosa, rende la loro presenza nel gruppo del tutto inutile, ed è persino peggio di una condotta grossolana e incivile nei suoi confronti o comunque in sua presenza. Ai membri di un gruppo viene inoltre richiesto di ricordarsi la ragione per la quale sono venuti al gruppo. Ed essi vi sono venuti per imparare e per lavorare su se stessi; per imparare e lavorare non a modo loro, ma come viene loro ordinato di fare. Se, perciò, non appena sono nel gruppo, incominciano a sentire o ad esprimere sfiducia verso il maestro, a criticare le sue azioni, a trovare che essi comprendono meglio di lui come il gruppo dovrebbe essere condotto, e soprattutto se dimostrano mancanza di considerazione esteriore verso il maestro, mancanza di rispetto, asprezza, impazienza, tendenza a discutere, tutto ciò mette subito fine a ogni possibilità di lavoro, poiché il lavoro è possibile nella misura in cui le persone si ricordano di essere venute per imparare e non per insegnare» 1. Queste che abbiamo visto sono le regole teoriche, ma ancora più sconcertanti sono le applicazioni pratiche. Ad esempio, ecco quanto riporta il già citato G. E. Bechhofer nel suo resoconto a proposito di due psicanalisti inglesi che avevano cominciato a nutrire dei dubbi sul «Maestro»: «La disputa scoppiò in seguito alla malattia d'una pensionante che, secondo uno dei dottori inglesi, vomitò sangue. Secondo Gurdjieff, non era affatto sangue. Il dottore, senza visitarla, disse che secondo lui la donna soffriva d'ulcera intestinale. Gurdjieff lo negò e fece una diagnosi del tutto diversa. Dopo circa un mese, la donna fu operata in un ospedale londinese, e si scoprì la causa della malattia: si trattava appunto d'ulcera. Quando il dottore lo riferì a Gurdjieff, quest'ultimo gli rimproverò la sua mancanza di fiducia. Il dottore si confidò all'editore, che era suo compagno di stanza, e quello dichiarò che, come al solito, il maestro aveva voluto mettere alla prova il discepolo. "Gurdjieff - gli disse - sapeva benissimo che quella donna aveva vomitato sangue e che si trattava di un'ulcera ma fa parte di un suo metodo affermare certe non-verità per vedere come reagisce un allievo". Non dobbiamo immaginare, sulla base di questo episodio che l'editore sia un uomo privo di esperienza e di discernimento. Al contrario, è uno scrittore lucido e informato che possiede una grande esperienza e uno spirito spesso mordente. Quasi tutti i lettori riconoscerebbero il suo nome, se lo citassi. Durante la sua esistenza aveva seguito molte strade, anche quella della Teosofia, prima di arrivare a Fontainebleau. Ma ritengo che volesse credere ancora, con tutte le sue forze, nell'autenticità di Gurdjieff e che lottasse contro i propri dubbi. L'atteggiamento di Katherine Mansfield non era molto diverso, credo, da quello dell'editore. Quando la vidi l'ultima volta, pochi giorni prima della sua morte, fragile e fatale figura che osservava le danze dell'Istituto, mi assicurò di essere completamente felice. Aveva molta fiducia nella propria guarigione e mi confidò che aveva intenzione di scrivere un altro libro. Non mi disse che in quel libro avrebbe parlato anche di Gurdjieff e della sua colonia, ma mi sembrò, forse a torto, che il lieve sorriso sardonico nei suoi occhi volesse significare che, prima o poi, avrebbe volto in ridicolo quelle esperienze. Posso dire che l'Istituto lascia i suoi discepoli tali e quali erano prima di entrarvi? Acquistano forza fisica, ma perdono parte della loro importanza mentale, diventano quasi automi. Imparano a danzare, ma dimenticano in parte ciò che facevano prima. Perdono tutte le vecchie abitudini, ma ne acquistano di nuove. Più cambiano, più restano eguali a se stessi. O almeno, così mi è sembrato» 2. Ancora più precisa e impressionante la testimonianza del Dr. Young, stimato psichiatra inglese discepolo di Jung, pubblicata sulla rivista New Adelphi nel settembre 1927. Young, dopo aver ascoltato Ouspensky e Gurdjieff a Londra, aveva deciso di seguire l'insegnamento per ampliare le sue conoscenze nel campo della psicologia, e nell'agosto 1922 era partito per Parigi. «Sebbene la faccenda avesse assunto una piega assolutamente diversa da quella che avevo previsto (la natura bizzarra, per non dire esotica, del "palazzo" di studio, per esempio), mi ero accontentato, durante i primi sei mesi, di reprimere e di tenere per me le mie critiche e il mio sbalordimento, in parte perché, in teoria, quella pratica mi sembrava una reazione "meccanica" priva di valore, e in parte, forse, perché volevo che il mio bicchiere si riempisse gradualmente prima di traboccare e di spingermi a una reazione violenta. Inoltre, era appassionante seguire i bruschi, innumerevoli cambiamenti di direzione che Gurdjieff imprimeva alla sua attività, come se obbedisse ad una volontà precisa che non riuscivo a valutare perfettamente. Tuttavia, mi sentivo inquieto. Mi rendevo conto che, spesso, anch'io ero vittima d'una specie di ipnotismo senza il quale non avrei potuto reprimere facilmente il mio senso critico. Negli altri, l'influsso di questo ipnotismo era anche troppo visibile. Gurdjieff era una personalità straordinaria: un tipo d'uomo che non avevo mai incontrato, prima. La sua prodigiosa abilità in moltissimi campi era indubitabile. Era un uomo eccezionale. Incontrarlo era un avvenimento notevole, nella vita d'uno psicologo come me. Volevo arrivare fino in fondo all'enigma che rappresentava. Appena cominciai a reagire e a prendere in considerazione le mie critiche, le mie osservazioni precedenti gettarono olio sul fuoco. Alcune di queste osservazioni contribuirono a dimostrare il grado d'ipnotismo subito da tutti gli adepti. Gurdjieff decise di acquistare una macchina. Questo produsse una certa sensazione. Inconsciamente, gli allievi sentivano che la vita del mondo normale si intrometteva in un mondo che era diventato rapidamente disumano e irreale. Pensavamo che Gurdjieff non sapesse guidare, il che era probabilmente vero. Molti, comprese alcune inglesi piuttosto intelligenti, credevano che Gurdjieff non sarebbe stato costretto a imparare a guidare nel modo abituale. Imparava a guidare, per così dire, per ispirazione. Avevano la convinzione superstiziosa che Gurdjieff fosse dotato di poteri misteriosi ed eccezionali. Quando sentivano un ingranaggio che grippava, i fedeli dichiaravano che il maestro voleva provare in quel modo la fiducia e la lealtà degli scettici come me. Scoprii presto che era impossibile lottare contro un simile sofisma, contro una fede così cieca. Perciò, con una soddisfazione interiore e, senza dubbio, con un senso di superiorità, mi convinsi che Gudjieff era felice con quell'automobile nuova come un bambino che ha un nuovo giocattolo, e che l’avrebbe rotta ben presto, proprio come avrebbe fatto un bambino. In verità non potevo impedirmi di provare una certa comprensione per il suo divertimento. Mi ricordava la gioia che avevo provato quando, per la prima volta avevo posseduto una bicicletta. Nello stesso tempo, ero impressionato dal potere che tocca in sorte a un uomo quando ha ricevuto gli attributi magici di "Padre Onnipotente" o quando ha proiettato sugli altri il suo archetipo magico, come diceva Jung. Le persone che sono oggetto di questo transfert diventano incapaci di critica, perché indirizzano verso il proiettore il loro potere inconscio d'illusione. Il guru, come viene chiamato in India il maestro, non può mai avere torto. È infallibile. Ogni atto del mago ha sempre un significato meraviglioso e segreto che nessuno può valutare esattamente. Era appunto il caso di Gurdjieff. Un altro esempio: i genitori d'un bambino idiota si misero in mente che Gurdjieff avrebbe potuto fare qualcosa per lui, e arrivarono dall’Inghilterra. Il bambino ebbe un attacco di diarrea pochi giorni dopo il suo arrivo, dovuto probabilmente al cambiamento di regime. In questo caso particolare rimasi veramente sbalordito nel sentire parecchie persone affermare che Gurdjieff aveva incominciato a lavorare su di lui. Intendevano dire che, con qualche mezzo misterioso noto a lui solo, Gurdjieff aveva provocato la diarrea. Era inutile lottare contro un'interpretazione di questo genere. Dovevo limitarmi a difendermi da quella crescente atmosfera di sofismo. Ben presto, i miei amici del Priorato cominciarono ad assalirmi con sofismi d'altro genere. Continuavano a dichiararmi che io soffrivo d'orgoglio spirituale, che ero limitato, che non avevo mai accettato lo spirito di quel luogo, che non avevo mai realmente "lavorato" nel vero senso della parola, e via discorrendo. Cominciai a intuire che si avvicinava, per me, il momento di andarmene. Ma ero ancora affascinato dalla personalità enigmatica dell’uomo che suscitava quella proiezione. Ne trassi la conclusione che la violenza e il carattere enigmatico di questa personalità derivavano dal fatto che Gurdjieff perseguiva con intensità prodigiosa un fine recondito e personale. Non avevo la minima idea di quale potesse essere quel fine, ma mi ero convinto che non avesse nulla a che vedere con il fine dichiarato e che fosse probabilmente l'opposto dei miei sentimenti dominati dalla preoccupazione di fare del bene agli altri. Sentivo che si trattava di impresa personale, per lo meno per quanto riguardava Gurdjieff. Cominciai a confidare questa convinzione ad alcuni visitatori di passaggio, e trovai un'eco sincera in uno scrittore, un uomo degnissimo. Entrammo in corrispondenza. Non ho le copie delle mie lettere, ma alcuni brani delle risposte possono dare un'idea essenziale delle mie stesse conclusioni. Dopo il mio ritorno, le mie varie impressioni si sono gradualmente consolidate. Ciò che mi è sembrato subito certo è il fatto che il retroterra è autentico. Voglio dire che Gurdjieff possiede realmente una grande sapienza e la volontà di comunicarla ad una o due persone che se ne rivelino degne. In altre parole, Gurdjieff conosce una delle "vie che conducono allo sviluppo". Nella mia mente, le domande si sono ridotte a una sola: "Quale via"? Ci sono due vie: una che porta a Dio, l'altra che porta al "Potere" o a quello che gli indù chiamano Siddhis. Ebbene, tutto, in me e nei giudizi degli amici con cui ho parlato, induce a credere che si tratti proprio di questa seconda via. I metodi, la nozione di "capo", la brutalità dei suoi corollari, la totale mancanza d'amore, di compassione, di cuore, tutto conduce a questa via tenebrosa, luciferina, che viene insegnata in certi monasteri della Mongolia, dove probabilmente è stato iniziato Gurdjieff. È la Via dei Poteri (Siddhus); e, quando si arriva in fondo (se ci si arriva), quando si sono ottenuti i frutti della "volontà del Potere", non c'è la minima apertura dell'anima verso Dio. Si giunge alla "festa nuziale" senza quell'attributo essenziale e necessario che è l'amore. Lei capirà cosa voglio dire, perché è stato lei stesso a dirmelo, tante volte. Un uomo che conosco e che ha studiato a fondo queste cose, benché non ne abbia la conoscenza che dice di avere, mi ha detto che, in molte scuole della Mongolia, la brutalità mentale, la collera, il pessimo carattere, le bestemmie (che conosciamo bene, grazie a Gurdjieff) vengono portati scientemente al massimo, e che vengono usati anche la violenza fisica, i bastoni, le corde, i pugni. Questo può dare qualche risultato, ma il progresso avviene allora non nella direzione del Bene, bensì in quella della Potenza. La vecchia Blavatsky, che ha attinto il suo sapere dalla Mongolia, era famosa per le sue collere, le sue parolacce, e via discorrendo. La Via percorsa da questi istruttori conduce o pretende di condurre al potere di dirigere il mondo, e se le capiterà di leggere il libro "Beasts, Men and Gods" 3, prenda in considerazione i capitoli conclusivi che parlano del Re del Mondo: sono stranamente allusivi. Le mie intuizioni, le mie conclusioni circa l'Istituto possono essere sbagliate, ma posso basarmi esclusivamente sulle mie ragioni e sulle mie intuizioni, che mi portano allo stesso risultato. La completa assenza d'amore, di compassione, in quel metodo, è un'assenza significativa. Non può trattarsi della Via che conduce a ciò che io chiamo Dio... Un altro allievo mi ha detto che queste virtù sono inutili senza il potere: cioè l'amore e la compassione, senza potere, sono soltanto chiacchiere e sentimentalismi. Aggiungo che se l'amore e la compassione hanno un fondamento reale in qualcuno, potranno sopravvivere all'addestramento compiuto sotto la direzione di Gurdjieff. Sono disposto a credere che Gurdjieff sia capace di insegnare, in una certa direzione, ma sono convinto che questo insegnamento verrà impartito da lui o dai suoi istruttori solamente a coloro che lo sfrutteranno per lo scopo voluto da Gurdjieff, vale a dire per lo scopo luciferino. Gli allievi, in maggioranza, possono trascorrere tutta la vita senza imparare nulla. Le esprimo il mio punto di vista, cosi come ci parlavamo con assoluta franchezza, secondo la nostra abitudine. In risposta a un'altra lettera, il mio amico mi scriveva: "La sua lettera mi ha molto interessato. La rileggerò più volte e l'assimilerò lentamente. È molto importante, per me. Non ho più dubbi circa Gurdjieff e il suo Istituto. È un ambiente pieno di tracce di zoccoli e di corna e la mia diffidenza, che aumentava di giorno in giorno quando mi trovavo lì, trova conferma da qualunque parte io mi volti. Molte cose rimangono inspiegabili, e talluciferoi resteranno per sempre. Gurdjieff si tiene in disparte, per qualche ragione. È inaccessibile. Non sapremo mai la verità sui suoi moventi. Sono convinto che si tratti di un movente esclusivamente egoista. Le promesse superano sempre le realizzazioni. Non si può fare a meno di osservare, in coloro che lo attorniano, l'impronta della paura anziché quella dell'amore: è troppo evidente. Ha conosciuto un certo russo, che si chiama P., e che è stato recentemente all'Istituto? Io non lo conosco, ma ho sentito dire che si è recato all'Istituto il mese scorso, in compagnia di un amico. M'hanno detto che la sera era costretto a chiudersi in camera sua per nascondere le risate. E racconta d'essere stato colpito sfavorevolmente dalla paura insita nell'atteggiamento degli allievi. "Tutti schiavi di Gurdjieff", dice. Le ragioni che spingono K. a restare nell'Istituto sono, ne sono sempre più convinto, del genere "conversione". Oppure ci resterà da uomo schifato e disgustato del mondo, ma troppo debole per lottare da solo e alla vana ricerca d'una protezione. L'accanimento con cui si sforza di trovare spiegazioni magiche al minimo gesto, alla minima parola di Gurdjieff conferma la mia convinzione. Per ritornare alla nostra critica fondamentale, non posso assolutamente credere che un istruttore sincero si abbandonerebbe a tanto strepito e determinerebbe una persistente mancanza di fiducia, sempre crescente, come quella che avverto in me. Chiunque può avere qualche dubbio, ma non si tratta mai di dubbi simili a quelli che la fantasia, le parate spettacolari di Gurdjieff, la sua megalomania fanno nascere in tutti» 4. Ma se qualcuno nutrisse ancora qualche dubbio, possiamo tirare in ballo anche la testimonianza di uno scrittore politico della destra francese, Paul Sérant (1922-2002), che scrisse un romanzo intitolato Le Meurtre rituel (Parigi, 1951), solo vagamente ispirato alla sua esperienza con Gurdjieff. Questo libro fu aspramente criticato ed ostracizzato da molti adepti. Eppure Serant in linea generale non vedeva in maniera del tutto negativa l'Insegnamento, come si può notare da queste righe, scritte in seguito: «Questo romanzo, che ho scritto poco tempo dopo aver abbandonato l'Insegnamento, ha provocato un furore incredibile tra molti adepti dei gruppi. Tuttavia, se l'atmosfera del libro mi è stata ispirata dall'Insegnamento (ma esistono romanzieri che non si siano ispirati ai loro ricordi?) non si trattava né di una storia "cifrata" né d'un racconto autobiografico. La trama di "Le Meurtre" (una giovane coppia che vede il suo amore distrutto dall'influenza di un "maestro spirituale" che condurrà la donna al suicidio e l'uomo al cinismo) era completamente immaginaria. Una certa somiglianza tra il linguaggio del mio "maestro" e quello di G. non significava affatto che avessi voluto raffigurare quest'ultimo e condannare la sua influenza. Il romanziere che descrive un cattivo prete mette necessariamente in discussione la Chiesa e il cristianesimo? L'Insegnamento non ammetteva forse che esistevano altre scuole, naturalmente perniciose, di cui bisognava diffidare? Tutto ciò non impedì alle persone in questione di sentirsi immediatamente prese di mira […]. Queste reazioni mi hanno fatto riflettere. Se quelle persone si sentivano direttamente colpite, non era, per caso, perché avevo messo il dito sulla piaga e avevo rievocato con grande esattezza il clima dell'Insegnamento e i suoi pericoli? Ma bisogna precisare che queste reazioni odiose sono state l'opera degli imbecilli dell'Insegnamento, e che sarebbe disonesto, da parte mia attribuirle a un ordine di coloro che, dopo la scomparsa di G. hanno assunto la direzione dei gruppi. Le persone di cui parlo appartengono a quella categoria di borghesi parigini descritti così bene da Max Jacob: "Ci sono anche famiglie che pensano seriamente a Dio: possono essere un po' buddhiste, un po' musulmane, un po' scienziati-cristiani, o semplicemente discepoli di Madame Durand, la neovegetariana di Rue Beaubourg: l'essenziale è non essere cattolici". Il caro Max Jacob avrebbe potuto includere nel suo elenco anche i discepoli di G. E l'inevitabile deformazione di questi devoti settari consiste nel credere sempre che si parli di loro, che non si pensi che a loro» 5. Serant ammette anche i suoi problemi con l'Insegnamento e arriva ad una riflessione lucidissima che coglie appieno l'essenza di un tale sistema: «E tuttavia mi sono distaccato dall'Insegnamento. Per quali ragioni? Dirò subito che certe resistenze psichiche mi hanno forse impedito di ricevere l'insegnamento nel modo migliore. La natura mi ha dotato di una diffidenza spiccatissima, di un senso critico che, di fronte a qualunque impegno, finisce per diventare imbarazzante […]. Ma la mia diffidenza cominciò veramente a destarsi quando ebbi constatato le strane condizioni di spirito che regnavano tra la maggioranza di coloro che appartenevano ai gruppi da molto più tempo di me. Mi accorsi che lo sforzo di coscienza aveva creato in quelle persone un miscuglio sospetto di pretenziosità, d'egoismo e d'orgoglio (o, più esattamente, di soddisfazione di sé). Questi difetti sono evidentemente comuni a tutti i mortali, ma ciò che mi sembra grave era il fatto che venivano coltivati metodicamente in nome della non-identificazione, della lucidità e della coscienza di sé. È evidente che quando si dà per certo che tutti gli uomini siano macchine e che si incomincia a non esserlo più, rischia di nascere una tentazione pericolosa: se gli altri sono macchine, perché non usarli come tali? La duplicità diventa allora una forma legittima dell'addestramento verso una coscienza più acuta di sé. m. c. escher - circle limit IV, 1960A questo punto interviene una specie d'inversione spirituale, infinitamente più pericolosa dell'immoralismo accettato come tale. Quando Machiavelli consiglia agli uomini di Stato la menzogna e l'astuzia, lo fa in nome del realismo: non dice loro che la menzogna e l'astuzia sono mezzi per pervenire alla vita spirituale; al contrario, spiega loro che purtroppo gli uomini sono quello che sono, e che è necessario usare quei metodi per governarli. Quando Don Giovanni cerca di possedere tutte le donne della terra, non pensa affatto d'avviarsi sulla via della santità; al contrario, pensa che sta rinunciando alla santità per la voluttà. In entrambi i casi, l'essenza della morale non viene toccata, la gerarchia dei valori non viene discussa, la distinzione tra le nozioni rimane intatta. Il Male si chiama Male, il Bene si chiama Bene. Il vero pericolo spirituale incomincia nel momento in cui il Bene è chiamato Male, e il Male è chiamato Bene. La perversione creata in questo modo è quasi irrimediabile: ed è, credo, la responsabile di parecchi drammi, alcuni del quali vengono narrati in questo libro» 6. Come si evince da queste considerazioni e da quanto visto finora, si capisce che, seguendo l'Insegnamento, a furia di concentrarsi sul proprio «Io» più autentico e di considerare solo quello che è utile al risveglio, si rischia di arrivare all'auto-deificazione di sé. Di conseguenza, è naturale che con simili premesse anche i rapporti tra gli stessi adepti fossero problematici. Come spesso avviene nelle sètte, i membri venivano messi uno contro l'altro. Lo descrive ancora una volta assai bene Frances Rudolph, della quale abbiamo già citato in precedenza una parte della sua testimonianza scritta per Pauwels: «Ogni membro del nostro gruppo veniva incoraggiato a diventare ostile e sospettoso nei confronti di tutti gli altri discepoli […]. Pat ed io eravamo continuamente indotte a una rivalità insensata, ma io resistevo meglio di lei a quella strategia. Ciascuno doveva pensare di possedere capacità potenziali per il lavoro superiori a quelle di tutti gli altri: era come se dividesse con la signora Blank un piacevole segreto, a spese di tutti. Ciascuno di noi rispondeva a quell'appello all'orgoglio, così come aveva risposto all'appello di Ouspensky. Ma, per ognuno di quei momenti di esaltazione, quando la conoscenza di essere qualcosa ci trasportava nelle regioni celesti, noi pagavamo con lunghi periodi di scoraggiamento completo e senza speranza. La nostra stella ci abbandonava, ci lasciava vagare soli nelle tenebre più assolute. Allora ci sentivamo niente, meno che niente» 7. Ma affinché non si pensi che questi fossero casi isolati riguardanti solo persone che non avevano del tutto accettato l'Insegnamento, è illuminante vedere cosa affermava lo stesso Ouspensky e cosa rispondeva Gurdjieff: «Non tardammo ad accorgerci che i nostri amici ritenevano che noi fossimo cambiati in peggio. Ci trovavano molto meno interessanti di un tempo. Dicevano che eravamo diventati insipidi e scialbi, che avevamo perso la nostra spontaneità, la nostra sensibilità sempre desta, che stavamo diventando delle macchine, che stavamo perdendo la nostra originalità, la nostra capacità di vibrare e infine che non facevamo altro che ripetere come pappagalli tutto quello che avevamo inteso da G. G. rideva molto quando gli raccontavamo queste cose. "Aspettate, diceva, il peggio deve ancora venire. Capite che cosa significa tutto ciò? Significa che avete smesso di mentire o comunque che non mentite più così bene come un tempo: non potete più mentire in un modo così interessante come nel passato. Colui che mente bene è un uomo interessante. Ma voi avete già vergogna di mentire. Siete ora nella condizione di confessare a voi stessi che ignorate certe cose, che ormai non potete più parlare come se comprendeste tutto. Ciò equivale a dire che siete diventati meno interessanti, meno sensibili, come essi dicono. Così ora potete veramente vedere che tipo di gente sono i vostri amici. Oggi essi si rattristano per voi, e dal loro punto di vista hanno ragione: voi avete già cominciato a morire (e mise l'accento su questa parola). Il cammino che conduce alla morte totale è ancora lungo; tuttavia voi vi siete già spogliati di un certo strato di stupidità. Non potete più, in ogni caso, mentire a voi stessi con tanta sincerità come una volta. Adesso avete il gusto della verità" » 8 . In alcuni casi gli effetti dell’Insegnamento sugli adepti sono stati tragici. In particolare secondo Pauwels la situazione precipitò soprattutto dopo che Gurdjieff chiuse il Priorato e si ritirò in un appartamento Parigi per insegnare a poche persone, lasciando ad alcuni incaricati il compito di istruire i discepoli. Il tutto a suo dire fu aggravato anche dalla pubblicazione del libro di Ouspensky, che gettò le sue dottrine esoteriche, fino ad allora rimaste confinate entro una ristretta cerchia di seguaci, in pasto alla curiosità del grande pubblico. Ma ecco cosa afferma Pauwels: «Non si tratta soltanto dei testi, ma anche della forma che l'Insegnamento assume, del modo in cui viene impartito, del disprezzo sempre maggiore in cui vengono tenuti gli allievi ed i curiosi. Durante gli anni 1939-49, data della morte di Gurdjieff, questo Insegnamento avrà l'influenza più notevole. Intendo notevole per estensione, non certo per profondità. Ma quest'influenza assumerà spesso aspetti temibili. Molte volte si sfiora lo scandalo. Malattie strane e la morte si abbattono su alcuni discepoli. Non pretendo di spiegare il cambiamento dell'atteggiamento di Gurdjieff. Non pretendo neppure di descriverli in modo adeguato. Mi sembra tuttavia che arrivando in Occidente all'inizio degli anni Venti, avesse deciso di presentarsi con una maschera, di dare alla sua iniziativa un aspetto caricaturale per farla penetrare meglio in un'epoca, in una forma di civiltà che lui odiava. I germi della distruzione radicale possono venire introdotti soltanto di contrabbando. Spaventato da questa astuzia, convinto che la falsificazione non poteva essere soltanto esteriore, Ouspensky decise di rompere con Gurdjieff. louis pauwelsMi sembra inoltre che, a partire dal 1934 e in quegli ultimi anni di totale sovvertimento del mondo, di completo naufragio delle idee e delle credenze, dei metodi di pensiero e d'azione, di disintegrazione di tutti i fattori intellettuali, morali, politici, religiosi e scientifici, Gurdjieff modificasse un'altra volta il suo atteggiamento, disperdesse i segreti a tutti i venti, scegliesse il disordine, lasciasse che il bene e il male ottenessero le stesse possibilità, con un disprezzo accresciuto, con una volontà deliberatamente orientata verso il polo negativo. "Devo erigere - diceva Nietzsche - una barriera attorno alla mia dottrina, per impedire ai porci di entrarvi". Parole da chierichetto! Gurdjieff, con una grande risata cinica, più devastatrice della risata di Zarathustra, abbatte la barriera perché i malintesi dell'epoca giungano al colmo, dentro il suo regno. Entrino pure i porci! Siano i benvenuti come gli agnelli! Esistono ancora, gli agnelli? Entrate! Entrate! Che i maiali s'ingozzino e crepino! Ciò che era stato il bene, sotto la loro direzione, diventa il male! E che gli agnelli trovino il loro pascolo, se ci riescono, e se rimane ancora qualcosa! Credo che guardasse tutta quella gente che si ingozzava con una soddisfazione tenebrosa, e, tra quella folla, alcuni che morivano avvelenati ed altri che prosperavano, con un'assoluta indifferenza […]. Non tento affatto di sottrarre Gurdjieff, di fronte all'opinione pubblica, alla responsabilità dei mali che soffrirono e soffrono ancora parecchi suoi allievi. A migliaia, in diversi Paesi, si sono lanciati in questa iniziativa che è sopravvissuta molto bene alla scomparsa del maestro. Altre migliaia stanno per lanciarvisi. Ne va della salute fisica e mentale d'una minoranza importante dell'élite occidentale. Ma, ancora oggi, rifiuterei di scegliere tra gli evidenti vantaggi della salute e l'apprendistato segreto contenuto nei gravissimi disagi cui può condurre l'avventura Gurdjieff» 9. Mansfield.jpgTra i casi drammatici a cui Pauwels accenna, la vicenda più nota è senz’altro quella della scrittrice neozelandese Katherine Mansfield (1888-1923), i cui ultimi mesi di vita trascorsi al Priorato d'Avon sono sempre stati oggetto di controversie tra i detrattori e i sostenitori di Gurdjieff. La scrittrice, da tempo ammalata di tubercolosi e ormai senza grandi speranze, dopo che nel 1922 ebbe assistito alle conferenze londinesi di Ouspensky, decise di rivolgersi a Gurdjieff nell'illusione di trovare una guarigione. Quasi sicuramente la sua scelta venne influenzata dal fatto che anche l'editore dei suoi primi racconti, Alfred Orage, fosse anch'egli un seguace dell'Insegnamento. Entrò al Priorato il 17 ottobre 1922. Secondo i discepoli più fedeli, la Mansfield era stata accettata al Priorato di malavoglia e solo a causa delle sue insistenze. Ed effettivamente il «lavoro» che venne assegnato alla scrittrice malata era sicuramente ridotto rispetto agli standard normali. In ogni caso, la cura Gurdjieff non sortì alcun effetto, visto che la Mansfield morì a Fointainebleau il 9 gennaio 1923 all'età di trentaquattro anni. Da allora vi furono molti che accusarono Gurdjieff di averne provocato il decesso, ma forse è più probabile che, vista la fase avanzata della tubercolosi, la dura esperienza a cui fu sottoposta e l'ambiente malsano in cui viveva, la sua morte sia stata semplicemente affrettata. Lo confermano anche biografi e studiosi, come ad esempio Pietro Citati, uno dei massimi critici letterari italiani, autore di una Vita breve di Katherine Mansfield (Rizzoli, 1980), dalla quale riportiamo alcuni estratti: «Per diventare una "figlia del Sole", sarebbe entrata all'Istituto per lo sviluppo armonioso dell'uomo, che George Gurdjieff - "il gran lama del Tibet" - aveva appena aperto presso Fontainebleau. Questi toni trionfanti non debbono illuderci. Quando risolse di entrare all'Istituto, la Mansfield non aveva fiducia nemmeno in Gurdjieff: era disperata, e puntava tutta sé stessa, tutto il passato, il presente e il futuro, "andando avanti, arditamente e da sola", sfidando qualsiasi rischio, su una carta ignota, l'unica che le fosse rimasta […]. katherine mansfieldDapprima la Mansfield abitò in una stanza bella e sontuosa: poi il capriccio sovrano di Gurdjieff la trasferì in uno stanzino freddo, piccolo e povero, uno di quei covili dove dormono nella sporcizia i personaggi di Dostoevskij e di Kafka. Mentre un inverno freddissimo avanzava sopra i boschi di Fontainebleau, si raggomitolò nella sua pelliccetta, chiedendo in russo agli ospiti del castello la carta per accendere il fuoco, la legna e i fiammiferi: finché un altro capriccio la restituì alla gloria della sua prima stanza. Aveva appreso la prima lezione dell'Istituto: doveva staccarsi da tutte le cose, vivere come una fuggiasca sotto le tende, sopportare il disordine, la povertà, la sporcizia e i cattivi odori come fossero effluvi del Paradiso. La mattina si alzava presto e si lavava con l'acqua gelata, facendo colazione con gorgonzola e marmellata di mele cotogne. Passava la giornata vivendo la vita fisica e laboriosa, che negli ultimi tempi aveva desiderato - curava le pecore, i maiali "mistici" dalle lunghe setole dorate, i conigli "cosmici", le oche così piene di intelligenza, le galline e le capre: andava in cucina a raschiare carote e a sbucciar cipolle fino a rovinarsi le mani, o semplicemente "guardava" il lavoro degli altri; osservava il falegname piallare e fabbricare ruote, pensando che presto anche lei avrebbe lavorato il legno; cuciva i costumi per il teatro, lavava il bucato, faceva dei tappeti con lunghi steli di grano; e ascoltando musica imparava una libera aritmetica mentale dove due per due faceva uno, tre per tre faceva dodici, quattro per quattro tredici, cinque per cinque ventotto. A pranzo mangiava fagioli e cipolle, vermicelli con zucchero e burro, vitello avviluppato in foglie di lattuga e cotto nella panna. Alle dieci andava a letto, sebbene Gurdjieff cambiasse sovente gli orari, perché nessuna delle sue vittime riposasse mai nell’abitudine. Allora gli abitanti di Brobdingnag ballavano fino all'alba "danze assire", o costruivano febbrilmente il bagno turco o l'hangar-convento. Quando scorse per la prima volta Gurdjieff, calvo, con grandi mustacchi e l’aria possessiva e losca, le sembrò "un commerciante di tappeti di Tottenham Court Road". Poi si abituò a dipendere da lui come da un astro terrificante e tenebroso che regnava sopra ogni istante della sua esistenza. Era onnipresente. In cucina insegnava come si faceva il kumiš o la minestra di cavolo, nella stalla insegnava a mungere le mucche le capre, nella bottega del falegname insegnava a piallare: progettava bagni turchi, disegnava e tagliava vestiti, riparava tappeti, edificava muri, spegneva incendi, componeva musica, dirigeva danze. Sapeva tutto, capiva tutto. agiva nel preciso istante in cui se ne aveva bisogno. Il grande mistificatore, il sinistro cialtrone, il beffardo mistagogo dovette divertirsi a scorgere quella piccola neozelandese tremante di freddo, raggomitolata nella sua pelliccetta, piena di zelo e di dedizione; e preparò uno spettacolo apposta per lei. Aveva fatto costruire nella stalla una galleria sopra le mucche: un pittore di Brobdingnag affrescò i muri e il soffitto con una variopinta decorazione orientale, fiori, uccelli, farfalle, alberi con animali sui rami, un ippopotamo, un elefante col volto di Orage: dipinse sul soffitto l’"enneagramma" di Gurdjieff; e qualcuno vi portò due divani ricoperti da tappeti di Persia. La Mansfield doveva stare là sopra, sdraiata sopra le mucche: dapprima solo il giorno, poi anche la notte; e la "radiazione del magnetismo animale", la calda esalazione delle mucche, del letame e del fieno avrebbe dato nuova forza ai suoi polmoni malati. Spezzando il riserbo, un giorno Gurdjieff salì anche lui nella galleria, tra i fiori orientali, gli ippopotami e gli elefanti, e le disse che aveva comprato una scimmia, che avrebbe dovuto addestrare a pulire le mucche. Poi, nel suo inglese da venditore di tappeti, aggiunse che sembrava star meglio. "Ora avete due dottori a cui obbedire. Il dottor Stalla e il dottor Latte-appena-munto. Non pensare, non scrivere... Riposare, riposare. Vivere di nuovo nel vostro corpo" […]. Una leggenda circonda gli ultimi mesi di Katherine Mansfield. Il suo volto, felice e radioso di "inesprimibile bellezza", splendeva come "fosse stata sul Sinai", ripetono a gara Middleton Murry, Orage e Ida Baker. Aveva dunque raggiunto la "vita solare" a cui aveva aspirato? La nube di angoscia, di terrore e di disperazione, nella quale era stata avvolta negli ultimi mesi si era completamente dissolta? "Il gran lama del Tibet" l’aveva salvata? Dietro le piccole grazie e il gergo infantile le lettere degli ultimi mesi parlano un altro linguaggio. La Mansfield sembra una bambina stupita e spaurita, attonita e balbettante. Prendeva tutto sul serio, anche le abitudini alimentari imposte da Gurdjieff: con una ingenuità che stringe il cuore, credeva a tutto, perfino all'effetto salvifico del fiato delle mucche, o alla danza indiana, che durava sette minuti e le insegnò "più cose sulla vita della donna di qualunque libro o poema" […]. Questa vita non durò a lungo. La sera del 9 gennaio 1923, quando il marito andò a trovarla all'Istituto, ebbe un accesso di tosse mentre rientrava nella propria stanza. Un gran fiotto di sangue le uscì dalla bocca e parve soffocarla. Il marito la distese sul letto, e corse a chiamare un dottore. In pochi minuti Katherine Mansfield era morta, "con gli occhi spalancati dal terrore". Qualche tempo prima, Ida Baker, che lavorava in una fattoria normanna, era stata svegliata dalla voce di lei che la chiamava nella notte, mentre il vento soffiava. La mattina del 10 gennaio ricevette un telegramma da Fontainebleau, e prese il treno. Quando la scorse distesa nella bara, il legno le parve così freddo, così spoglio e nudo, che lo coprì con un nero scialle spagnolo vivacemente ricamato, che Katherine aveva comprato nella giovinezza. Tutto era finito. Quella creatura così leggera e delicata, così dura e avida, appassionata e implacabile, quella farfalla maldestra, che aveva provato le sue ali nel vento, quella remota figurina cinese dipinta sul fondo della tazzina, era scomparsa» 10. Del resto, le conseguenze che certi esercizi potevano avere sulla salute fisica degli adepti non erano certo una delle preoccupazioni di Gurdjieff, anzi: «"Dovete comprendere - disse - che gli sforzi ordinari non contano. Solo i super sforzi contano. E così sempre e per tutto. Per coloro che non vogliono fare "super sforzi", la cosa migliore è che abbandonino tutto e prendano cura della loro salute". "I super sforzi non rischiano di essere dannosi"?, domandò uno degli uditori, abitualmente preoccupato della propria salute. "Naturalmente possono esserlo - disse G. - ma è preferibile morire facendo degli sforzi per svegliarsi che vivere nel sonno. Ecco una ragione. D'altronde, non è poi così facile morire per degli sforzi eccessivi. Abbiamo molta più forza di quanto non pensiamo. Ma non ne facciamo mai uso"» 11. Anche nell'ambiente letterario del tempo, se da un lato molti erano attirati dal Priorato, altri ne erano disgustati e consideravano Gurdjieff un ciarlatano, come ricorda la saggista Nadia Fusini nel suo La figlia del sole. Vita ardente di Katherine Mansfield (Mondadori, 2012), una biografia della scrittrice in forma di romanzo. Le voci che circolavano, a volte vere, a volte forse un po' enfatizzate, erano di questo tenore: «Vivienne Eliot, la moglie del poeta, scrive a Pound che Lady Rothermere di sua spontanea volontà si è ricoverata in un "manicomio chiamato Le Prieuré" e danza nuda in mezzo ai maiali insieme con Katherine Mansfield» 12. katherine mansfield Anche secondo la Fusini, la Mansfield, ormai senza possibilità di guarigione, decise di entrare al Priorato forse più che altro per cercare di dare un senso alla vita che le restava, nonostante Gurdjieff le suscitasse impressioni contrastanti: «Come che sia, KM fiuta un certo effetto posticcio, e tra sé e sé commenta: "Sembra un venditore di tappeti di Tottenham Court Road". Ma ne è anche attratta, quell'aria feroce la incanta – perché le è subito chiaro che è un despota, un megalomane, oltre che un venditore di tappeti. E insieme, di una cosa è sicura: ha carisma…"» 13. Come abbiamo visto, ad un certo punto, proprio mentre pensa di lasciare il Priorato, alla scrittrice viene preparato un alloggio sopra la stalla, affinché possa beneficiare delle esalazioni delle mucche, cioè «dalle radiazioni del magnetismo animale». Se poi la Mansfield ci credesse sul serio, è tutto da vedere. Ecco cosa scrive ancora la Fusini: «Ci crede e non ci crede. O forse valuta: sempre meglio essere lì che in una corsia di ospedale, meglio quella compagnia che la solitudine degli alberghi. Vedi, Zoe, credere e non credere, l’illusione e la realtà possono confondersi. Così, non saprei dire con certezza se ci crede o non ci crede, se finge… Ho studiato attentamente le lettere che scrive, e cosa emerge? Che forse mente, perché pensa che la sua corrispondenza venga controllata, e non si scopre…» 14. Le discussioni sull'esperienza della Mansfield al Priorato resteranno probabilmente sempre aperte, visto che vi erano anche cose che affascinavano la scrittrice neozelandese, come ad esempio le danze, e visto che c'era chi, come la sua nuova amica Olga Ivanovna Milanoff e P. D. Ouspensky, affermavano che la Mansfield fosse realmente felice a Fointainebleau 15. Ma il marito, John Middleton Murry, invece vedeva le cose in modo assai diverso: «Murry arriva il 9 gennaio, e sai qual'è, secondo lui, la prima cosa che KM gli chiede? "Portami via". Se è vero si confermerebbe la versione che KM vuole scappare: e cioè la versione di Murry» 16. Sempre secondo la Fusini, pare che le perplessità di Murry si fossero almeno in parte placate, una volta giunto al Priorato. Ma solo temporaneamente: «Murry arriva e lì per lì sembra apprezzare, e comprendere. Sono anni che non vedeva Orage, e lo trova cambiato: dolce, gentile. Altrettanto cortesi sono Olgivanna, Adèle, gli Hartmann, i Salzmann. I suoi pregiudizi lì per lì tacciono, l’ostilità, lo scetticismo vacillano. In verità, durerà poco, subito dopo la morte di lei cambierà idea, condannerà, accuserà…» 17. Pur rimanendo i dubbi su quale fosse la reale opinione di Katherine Mansfield nei confronti di Gurdjieff e della vita al Priorato, e pur considerando il fatto che fosse già gravemente ammalata, crediamo non si possa fare a meno di ritenere che una tale esperienza fosse la meno indicata per le sue condizioni. Se consideriamo poi il fatto che, con la solita scusa di rompere le abitudini meccaniche, le era stato vietato di fare quello che amava di più, cioè scrivere, possiamo affermare che nei suoi confronti sia stata applicata anche una certa dose di crudeltà. La pietà cristiana nei confronti del moribondo è ben altra cosa… Ma per completare il quadro riportiamo anche le conclusioni di Pauwels: «Qualche mese dopo la morte di Katherine, John (Middleton Murry) si fidanzò. Nel maggio dell'anno seguente, sposò una ragazza d'origine francese, Violette Le Maistre. In quanto a Gurdjieff, se lo interrogavano su Katherine Mansfield, rispondeva sempre con un grande accento di sincerità: "Me non conoscere" […]. Per Gurdjieff, Katherine Mansfield non aveva ancora una esistenza vera nel significato che lui intendeva, non era ancora un io reale, un'anima, mentre agonizzava sotto il suo tetto. Al livello della creatura umana normale, qualunque sia la nobiltà dell'ambizione, la grandezza dell'avventura tentata, l'immensità delle sofferenze, l'acutezza dei sentimenti, non c'è nulla, assolutamente nulla, non c'è altro che "merdità"» 18.GURDJIEFF E IL CRISTIANESIMO Come si può immaginare, negli scritti gurdjieffiani il cristianesimo viene spesso travisato, se non apertamente criticato, come ad esempio si può notare nel testo di Ouspensky: «Un'altra domanda era: come diventare un cristiano? Innanzitutto, è necessario comprendere che un cristiano non è un uomo che si dice cristiano, o che altri dicono cristiano. Un cristiano è un uomo che vive in conformità ai precetti del Cristo. Così come siamo, non possiamo essere cristiani. Per essere cristiani, dobbiamo essere capaci di "fare". Noi non possiamo "fare"; per noi, tutto "accade". Il Cristo dice: "Amate i vostri nemici", ma come amare i nostri nemici, quando non possiamo nemmeno amare i nostri amici? Qualche volta "qualcosa ama", e qualche volta "qualcosa non ama". Così come siamo, non possiamo neppure desiderare realmente di essere cristiani, perché, ancora, qualche volta "qualcosa desidera" e qualche volta "qualcosa non desidera". E un uomo non può desiderare a lungo una sola cosa, perché improvvisamente, invece di desiderare di essere cristiano, gli viene in mente un tappeto molto bello ma molto caro che ha visto in un negozio. E invece di desiderare di essere cristiano, comincia a pensare al modo di acquistare questo tappeto, dimenticando tutto ciò che concerne il cristianesimo. O se qualcun altro rifiuta di credere quale buon cristiano egli sia, sarà pronto a mangiarlo o a farlo arrostire su carboni ardenti. Per essere cristiano, occorre "essere". Essere significa: essere padrone di sé. Se un uomo non è padrone di sé stesso, non ha nulla e non può avere nulla. E non può essere un cristiano. È semplicemente una macchina, un automa. Una macchina non può essere un cristiano. Riflettete: è possibile che un'automobile, una macchina da scrivere o un fonografo siano cristiani? Essi sono semplicemente delle cose controllate dal caso. Non sono responsabili. Sono delle macchine. Essere cristiano significa essere responsabile. La responsabilità viene dopo, quando un uomo, anche parzialmente, cessa di essere una macchina e comincia effettivamente, non soltanto a parole, a desiderare di essere un cristiano. "Qual è il rapporto dell'Insegnamento che voi esponete con il cristianesimo quale noi lo conosciamo"?, domandò qualcuno. "Non so quello che sapete del cristianesimo - rispose G., accentuando questa parola - Sarebbe necessario parlare molto a lungo per chiarire che cosa intendete con questo termine. Ma per coloro che sanno, dirò, se volete, che questo è cristianesimo esoterico. Parleremo a tempo debito del significato di queste parole. Per il momento, continuiamo ad esaminare le nostre questioni"» 1. Vediamo quindi un altro stralcio, per avere un'idea di cosa intendesse Gurdjieff per «cristianesimo esoterico»: «Dovete capire - diceva - che ogni vera religione, parlo di quelle create con uno scopo preciso da uomini veramente sapienti, comporta due parti. La prima insegna ciò che deve essere fatto. Questa parte rientra nella sfera delle conoscenze generali e si corrompe col tempo man mano che si allontana dalla sua origine. L'altra parte insegna come fare ciò che insegna la prima. Essa è conservata segretamente in certe scuole e col suo aiuto è sempre possibile rettificare ciò che è stato falsato nella prima parte, o reintegrare ciò che è stato dimenticato. Senza questa seconda parte, non può esistere conoscenza della religione o, in ogni caso, questa conoscenza resta incompleta e molto suggestiva. Questa parte segreta esiste nel cristianesimo, così come in tutte le altre religioni autentiche, e insegna come seguire i precetti del Cristo e ciò che essi realmente significano» 2. Se ricordiamo la trama de I racconti di Belzebù a suo nipote, abbiamo visto però che in Gurdjieff l'influenza delle dottrine gnostiche, che si contrappongono radicalmente al cristianesimo stravolgendone i fondamenti, è notevole. Concetti come l'amore per il prossimo, la compassione, il libero arbitrio sono del tutto estranei all'Insegnamento. E soprattutto non dovrebbe esistere un cristianesimo esoterico, per il semplice fatto che lo stesso Gesù Cristo lo ha escluso in maniera inequivocabile: «Non li temete dunque, poiché non c'è niente di nascosto che debba esser rivelato, e nulla di segreto che non si debba sapere. Quel che vi dico nelle tenebre, ditelo nella luce del sole; e quello che vi è stato detto all'orecchio, predicatelo sui tetti» (Mt 10, 26-27). Ma Gurdjieff non si limita a smontare solamente l'idea di considerasi cristiani. Riguardo alla Chiesa espone una teoria assai bizzarra: «"La chiesa cristiana è una scuola e nessuno sa più che lo sia. Immaginatevi una scuola, dove i maestri tengano le loro lezioni e le loro dimostrazioni senza sapere che si tratta di lezioni e di dimostrazioni e dove gli allievi o i semplici auditori considerino questi corsi e dimostrazioni come cerimonie, riti o "sacramenti", ossia magia. Questo assomiglierebbe molto alla chiesa cristiana dei nostri giorni. La chiesa cristiana, la forma cristiana del culto, non sono state inventate dai Padri della Chiesa. Tutto è stato preso in Egitto, ma non dall'Egitto a noi noto: bensì da un Egitto che non conosciamo. Quell'Egitto era nello stesso luogo dell'altro, ma era esistito molto tempo prima. Solo infime vestigia sono sopravvissute nei tempi storici, ma furono conservate in segreto, e così bene che non sappiamo nemmeno dove. sfingeVi sembrerà strano se dico che questo Egitto preistorico era cristiano molte migliaia d'anni prima della nascita di Cristo, o per meglio dire che la sua religione si fondava sugli stessi principi, sulle stesse idee del vero cristianesimo. In questo Egitto preistorico, vi erano speciali scuole chiamate "scuole di ripetizione". In quelle scuole si davano a date fisse, e in alcune di esse anche tutti i giorni, delle ripetizioni pubbliche, in forma condensata, del corso completo delle scienze insegnate. La "ripetizione" durava talvolta una settimana intera o anche un mese. Grazie a queste "ripetizioni" coloro che avevano seguito i corsi conservavano il contatto con le scuole e potevano così ritenere tutto ciò che avevano imparato. Alcuni venivano da molto lontano per assistere a queste "ripetizioni" e ripartivano con un sentimento nuovo della loro appartenenza alla scuola. Nel corso dell'anno, c'erano giornate speciali consacrate a delle ripetizioni molto più complete, che si svolgevano con una solennità particolare e questi stessi giorni prendevano un senso simbolico. Queste scuole di ripetizione servirono di modello alle chiese cristiane. Nelle chiese cristiane le forme di culto rappresentano, quasi interamente, "il ciclo di ripetizione" delle scienze che trattano dell'Universo e dell'uomo. Le preghiere individuali, gli inni, il responsorio, tutto aveva, in queste ripetizioni, il suo proprio senso così come le feste e tutti i simboli religiosi; ma il loro significato è stato perso da molto tempo […]". L'idea era che, sin dalle prime parole, la liturgia ricorda, per così dire, tutto il processo cosmogonico, ripetendo tutte le tappe e tutte le fasi della creazione […]. Mettendo in evidenza ciò che era stato conservato fino ai giorni nostri, G. indicava contemporaneamente ciò che era stato perduto e dimenticato. Ci parlava delle danze sacre che accompagnavano i "servizi" nei "templi di ripetizione" e che oggi non sono incluse nella forma del culto cristiano» 3. Anche in un passo di Incontri con uomini straordinari Gurdjieff raccontava di aver conosciuto un prete armeno che gli aveva mostrato una fantomatica mappa, appartenuta alla sua famiglia da diverse generazioni, raffigurante quello che veniva chiamato «L’Egitto-di-prima-delle-sabbie» 4. Queste affermazioni di Gurdjieff sono pura fantasia e del tutto indimostrabili, per cui lasciano il tempo che trovano. Quello che Gurdjieff sicuramente conosceva (ma faceva finta di dimenticare) era il vero significato della liturgia cristiana: non una ripetizione del processo cosmogonico, bensì il rinnovarsi incruento del Sacrificio di Cristo sul Calvario presente nell'Eucarestia. Quello che viene chiamato «cristianesimo esoterico» non avrebbe alcun senso senza la morte e la risurrezione di Cristo, che sono il cardine del cristianesimo. Si tratterebbe dunque di un altro culto che non potrebbe assolutamente definirsi cristiano. la disputa sul ss. sacramento Raffaello: La Disputa sul SS. Sacramento (1509), Stanze Vaticane. la disputa del santissimo sacramento.jpgMa Gurdjieff non si ferma qui. Ecco cosa afferma riguardo all'Ultima Cena: «Durante una riunione qualcuno gli domandò se negli insegnamenti e nei riti delle religioni esistenti vi fosse qualcosa di reale o che permettesse di raggiungere qualcosa di reale. "Sì e no", disse G. Immaginate che un giorno ci troviamo qui a parlare di religione e che la donna di servizio Masha ascolti la nostra conversazione. Ovviamente la comprenderà a modo suo e ripeterà quello che avrà potuto capire a Giovanni, il portinaio; Giovanni la comprenderà anche lui a modo suo e ripeterà ciò che avrà afferrato a Pietro, il cocchiere della casa vicina. Pietro se ne va in campagna e racconta in paese cosa dicono quei signori in città. Pensate che quello che racconterà avrà conservato qualche somiglianza con ciò che avremo detto? Questo è precisamente il rapporto tra le religioni esistenti e ciò che erano all'origine. Gli insegnamenti, le tradizioni, le preghiere e i riti non ci giungono di quinta mano, ma di venticinquesima mano, e naturalmente quasi tutto è stato deformato al punto da essere irriconoscibile; l'essenziale si è perso da lungo tempo. Per esempio, in tutte le confessioni cristiane una parte importante spetta alla tradizione dell'Ultima Cena del Cristo con i suoi apostoli. Le liturgie e tutta una serie di dogmi, di riti e di sacramenti traggono di qui la loro origine. Questa tradizione ha provocato scismi, separazioni di Chiese, formazioni di sètte. Molta gente è morta perché rifiutava di accettare questa o quella interpretazione. Ma resta il fatto che nessuno comprende veramente ciò che Cristo ha compiuto con i suoi discepoli quella sera. Non vi è spiegazione che assomigli, anche approssimativamente, alla verità, innanzi tutto perché il testo stesso dei Vangeli è stato snaturato dai copisti e dai traduttori, inoltre perché essi sono stati scritti per coloro che sanno. Per coloro che non sanno, i Vangeli non possono spiegare nulla. Più si sforzano di comprenderli, più affondano nell'errore. Per comprendere ciò che accadde durante l'Ultima Cena è indispensabile innanzi tutto conoscere certe leggi. Ricordate ciò che ho detto sul corpo astrale? Riassumiamolo brevemente. Gli uomini che hanno un "corpo astrale", possono comunicare l'uno con l'altro a distanza, senza ricorrere a mezzi fisici, ma affinché tali comunicazioni siano possibili essi devono stabilire qualche "legame" tra di loro. Con questo intento, quando qualcuno di loro va in un'altra regione, prende talvolta con sé un oggetto appartenente alla persona con la quale desidera rimanere in relazione, di preferenza un oggetto che sia stato in contatto con il suo corpo e sia permeato delle sue emanazioni. Nello stesso modo, per mantenere una relazione con una persona morta, i suoi amici hanno l'abitudine di conservare degli oggetti che le sono appartenuti. Questi lasciano in qualche modo una traccia dietro di sé, qualcosa come dei fili o dei filamenti invisibili, che rimangono tesi nello spazio. Questi fili legano quel determinato oggetto alla persona, viva o morta, alla quale l'oggetto apparteneva. Gli uomini hanno avuto questa conoscenza fin dalla più remota antichità e ne hanno fatto gli usi più svariati. Se ne possono trovare tracce nei costumi di molti popoli. Sapete, per esempio, che sono numerosi quelli che praticano il rito della fraternizzazione per mezzo del sangue. Due o più uomini miscelano il loro sangue nella stessa coppa e ne bevono. In seguito sono considerati fratelli di sangue. Ma l'origine di questa usanza deve essere ricercata su di un piano più profondo. Nei tempi primitivi si trattava di una cerimonia magica per stabilire un legame tra "corpi astrali". Il sangue ha qualità speciali. Alcuni popoli, per esempio gli ebrei, attribuiscono al sangue un significato particolare e proprietà magiche. Ora capite che secondo le credenze di certi popoli, se si stabilisce un legame tra "corpi astrali", esso non è spezzato dalla morte. Il Cristo sapeva di dover morire. Questo era stato deciso prima. Lo sapeva ed anche i suoi discepoli lo sapevano. E ciascuno di essi sapeva qual era la sua parte. Ma al tempo stesso essi volevano stabilire un legame permanente con il loro Maestro. A questo fine il Cristo diede loro da bere il suo sangue e da mangiare la sua carne. Non erano affatto pane e vino, ma realmente la sua carne ed il suo sangue. La Santa Cena fu un rito magico analogo ad una "fraternizzazione per mezzo del sangue" per stabilire un legame tra i "corpi astrali". Ma chi saprebbe ancora ritrovarne la traccia e comprenderne il senso nelle religioni attuali? Da lungo tempo tutto è stato dimenticato e al senso originale sono state sostituite interpretazioni completamente diverse. Le parole sono rimaste, ma il loro significato si è perso da secoli» 5. ultima cena L'Ultima Cena (1517), Cattedrale di San Giorgio dei Greci, Venezia. Certe affermazioni di Gurdjieff potrebbero sconcertare e al limite far venire qualche dubbio a qualcuno, specie quando egli afferma che le fonti dei Vangeli sono di «venticinquesima mano», e che perciò quello che fu detto da Gesù col passare del tempo è stato stravolto. Ovviamente, più tempo passa da un accadimento e dalla sua stesura in forma scritta, più aumentano le probabilità che qualche particolare venga omesso o distorto, non solo per malafede, ma anche per semplice dimenticanza o per errori di trascrizione. Tutti gli storici lo sanno, infatti uno dei criteri per valutare la bontà di una qualsiasi fonte storica è la sua vicinanza temporale ai fatti in essa narrati. E qui possiamo confutare le affermazioni di Gurdjieff, grazie ad alcune scoperte archeologiche ed agli studi che seguirono, avvenute più o meno negli ultimi anni di vita del «maestro». Nel 1947 in una grotta di Qumran, una località desertica sulla costa occidentale del Mar Morto, un pastore beduino trovò alcune giare molto antiche, contenenti dei rotoli manoscritti. Negli anni successivi nella zona vennero esplorate numerose altre grotte e saltarono fuori altri documenti. Si trattava prevalentemente di testi ebraici, tra cui alcune copie dell'Antico Testamento, probabilmente appartenenti della comunità degli Esseni. La scoperta fu ovviamente un evento eccezionale, tanto che i cosiddetti «rotoli del Mar Morto», divennero oggetto di studio di tutti i più importanti biblisti mondiali. Il fatto sorprendente è che mediamente questi testi coincidono in maniera straordinariamente precisa con quelli utilizzati oggi. Sulla veridicità storica delle Sacre Scritture sono stati scritti poi molti libri interessanti. Ne suggeriamo un paio dedicate ai Vangeli, a carattere divulgativo, ma molto ben documentati: Ipotesi su Gesù (SEI, 1976) e Patì sotto Ponzio Pilato? (SEI, 1992), entrambi di Vittorio Messori, il quale ricorda come per gli ebrei vi fosse la particolare preoccupazione di riportare fedelmente i testi sacri: «Che così fosse lo mostra anche l’analisi dei 4.600 antichi manoscritti greci che ci sono giunti di testi o di parti di testi del Nuovo Testamento. Il quale conta circa 140.000 parole: ebbene, quelle che danno serie difficoltà perché tramandate diversamente in qualcuno di quei 4.600 manoscritti sono soltanto 140, pari dunque solo a un millesimo del totale! Le variazioni irrilevanti o di poco conto sono ovviamente più numerose, ma il numero estremamente basso delle difficoltà testuali serie conferma quale fosse la cura nel trasmettere quanto era stato ricevuto da chi aveva il compito ufficiale del "servizio della Parola"» 6. Ma quello che colpisce ancora di più sono i reperti della grotta nº 7 di Qumran. Diversamente dalle altre in cui furono ritrovati documenti vetero-testamentari, qui vennero alla luce dei frammenti riportanti alcuni versetti del Vangelo di Marco e della Prima Lettera a Timoteo di San Paolo Apostolo. La datazione di questi reperti li fa risalire all’incirca all'anno 50 d. C. In pratica, questi risultano essere i più antichi frammenti del Nuovo Testamento mai ritrovati. Cosa vuol dire questo? Vuol dire che sono stati scritti quando i testimoni oculari delle vicende di Gesù Cristo erano ancora vivi, il che ci garantisce un'altissima attendibilità storica, (anche perché gli avversari del cristianesimo nascente avrebbero potuto facilmente confutare eventuali manipolazioni) 7. E questo senza star qui a ricordare che molti altri passi delle Sacre Scritture hanno trovato una ulteriore conferma della loro veridicità grazie alle scoperte archeologiche degli ultimi decenni. I seguaci di Gurdjieff non potevano ovviamente sapere queste cose, ma almeno oggi, chi avesse qualche dubbio, prima di dar retta in maniera acritica ad un Gurdjieff o ad un Dan Brown qualsiasi, dovrebbe sfruttare la possibilità di approfondire certe questioni senza pregiudizi. Alla fine si può affermare tranquillamente che mentre la tesi di Gurdjieff è di tipo «dogmatico», non ha cioè alcuna verificabilità scientifica, chi sostiene la veridicità dei Vangeli ha almeno delle prove storiche certe. Poi si sa che, come diceva Blaise Pascal, Dio «ha sparso abbastanza luce per chi vuol credere, ma anche abbastanza buio per chi non vuol credere». qumran A sinistra, uno dei rotoli del Mar Morto ritrovati: a destra, gli scavi di Qumran. . In fin dei conti, si può concordare con quanto scritto da San Paolo nella sua Seconda Lettera a Timoteo: «Verrà il tempo in cui gli uomini non sopporteranno più la sana dottrina, ma solleticati in ascoltar cose piacevoli, si circonderanno di una folla di dottori secondo i loro capricci e, distogliendo l'orecchio dalla verità, si volgeranno a favole» (2 Tm 4, 3-4). enneagramma.gifPurtroppo però con i suoi trabocchetti Gurdjieff ha insinuato il dubbio anche tra alcuni cattolici. Un esempio lo si può vedere a proposito di un simbolo che nel suo sistema aveva un ruolo assai importante: l'Enneagramma, come riportato da Ouspensky: «In senso generale, bisogna comprendere che l'Enneagramma è un simbolo universale. Ogni scienza ha un posto nell'Enneagramma e può essere interpretata per mezzo dell'Enneagramma. Sotto questo rapporto si può dire che un uomo non conosce veramente, cioè non comprende, se non quello che è capace di inserire nell'Enneagramma. Ciò che non è in grado di porre nell'Enneagramma non lo comprende. Per un uomo che sappia utilizzarlo, l'Enneagramma rende libri e biblioteche del tutto inutili; ogni cosa può essere inclusa e letta nell'Enneagramma. Un uomo isolato nel deserto che tracci l'Enneagramma sulla sabbia, può leggere in esso le leggi eterne dell'Universo. E ogni volta egli può imparare qualcosa di nuovo, qualcosa che prima ignorava del tutto […]. dance mov. 11.jpgL'Enneagramma è un diagramma schematico del moto perpetuo cioè una macchina dal movimento eterno. Ma naturalmente è necessario sapere come leggere questo diagramma. La comprensione di questo simbolo e la capacità di farne uso dà all'uomo un grandissimo potere. È il moto perpetuo ed è anche la pietra filosofale degli alchimisti […]. gurdjieff_dance_eneagram.jpgMolto più tardi, nel 1922, allorché G. organizzava il suo Istituto in Francia e i suoi allievi studiavano le danze dei Dervisci, G. mostrò loro degli esercizi che si riferivano al "movimento dell'Enneagramma". Sul pavimento della sala in cui questi esercizi avevano luogo, era stato tracciato un grande Enneagramma e gli allievi occupavano i posti contrassegnati dai numeri dall'1 al 9. Ad un dato momento essi si misero a muoversi da un posto all'altro secondo l'ordine indicato dal periodo dei numeri, in un movimento molto affascinante, girando l'uno intorno all'altro nei punti di incontro, cioè nei punti di intersezione delle linee dell'Enneagramma» 8. enneagramma Enneagramma. Non è chiara l’origine di questo simbolo. Alcuni la attribuiscono al sufismo, ma non tutti sono d’accordo con questa ipotesi. L'Istituto Arica di Oscar Ichazo e lo psicologo Claudio Naranjo lo hanno utilizzato per classificare i tipi psicologici umani. Questo simbolo purtroppo è diventato popolare anche in certi ambienti cattolici, tanto che in un documento ufficiale emesso dal Pontificio Consiglio della Cultura e dal Pontificio Consiglio per il Dialogo Interreligioso, dal titolo Gesù Cristo portatore dell'acqua viva. Una riflessione cristiana sul «New Age» ne viene espressamente indicata l'inconciliabilità con la fede cattolica. «Un adeguato discernimento cristiano del pensiero e della pratica "New Age" non può non riconoscere che, come nello gnosticismo del secondo e terzo secolo, esso rappresenta una specie di compendio di posizioni che la Chiesa ha identificato come eterodosse. Giovanni Paolo II mette in guardia sulla "rinascita delle antiche idee gnostiche nella forma del cosiddetto New Age. Non ci si può illudere che esso porti a un rinnovamento della religione. È soltanto un nuovo modo di praticare la gnosi, cioè quell'atteggiamento dello spirito che, in nome di una profonda conoscenza di Dio, finisce per stravolgere la Sua Parola sostituendo parole che sono soltanto umane. La gnosi non si è mai ritirata dal terreno del cristianesimo, ma ha sempre convissuto con esso, a volte sotto forme di corrente filosofica, più spesso con modalità religiose o parareligiose, in deciso anche se non dichiarato contrasto con ciò che è essenzialmente cristiano". Se ne può vedere un esempio nell'Enneagramma, lo strumento per l'analisi del carattere secondo nove tipi, il quale, quando viene utilizzato come mezzo di crescita spirituale introduce ambiguità nella dottrina e nella vita della fede cristiana» 9. danze gurdjieffiane - enneagramma Del resto, non si dovrebbe dimenticare che lo stesso San Paolo aveva messo in guardia i cristiani nella sua Lettera ai Colossesi: «Vi dico questo perché nessuno vi inganni con discorsi seducenti. Poiché, sebbene sia assente da voi col corpo, sono con voi con lo spirito, mentre godo nel vedere il buon ordine che regna fra di voi e la fermezza della vostra fede in Cristo. Vivete dunque in Cristo Gesù, il Signore, quale vi è stato fatto conoscere. Siate in lui radicati e su di lui edificati, sostenuti e resi stabili dalla fede, quale vi fu insegnata, sovrabbondando nel rendimento di grazie. State attenti che nessuno vi faccia sua preda con sottili ragionamenti filosofici e con vane astuzie basate sulla tradizione degli uomini o sugli elementi del mondo, ma non su Cristo; perché è in lui solo che abita corporalmente tutta la pienezza della divinità, ed è in lui che voi siete ripieni, essendo egli il capo di ogni Principato e Potestà» (Col 2, 4-10).GURDJIEFF E L'OCCULTISMO 8sabba1.jpgGurdjieff ha sempre avuto un atteggiamento molto astuto riguardo all'occultismo. La sua dottrina è una cosa completamente diversa da quella esplicitamente satanista di Aleister Crowley, e lui stesso criticava le varie forme di occultismo moderno, lo spiritismo, la Teosofia, ecc... (come del resto faceva anche il massone René Guenon). Allo stesso modo, però, faceva intendere di aver conosciuto benissimo molte pratiche magiche (e sicuramente ne aveva fatto uso). Anche lo scrittore Aldous Huxley (1894-1963) definiva gli scritti di Gurdjieff «l'opera classica di un mago» 1. Lo stesso Ouspensky inoltre racconta di come il «maestro», durante il periodo di soggiorno ad Essentuki, insegnasse ai suoi discepoli a riconoscere le manifestazioni soprannaturali dai trucchi: «Quando fummo tutti riuniti, nel marzo 1918, vennero stabilite nella nostra casa regole molto rigide; era proibito allontanarsi, si stabilirono turni di guardia giorno e notte, e così via. E cominciarono i lavori più vari. Nell'organizzazione della casa e delle nostre vite furono introdotti principi molto interessanti. occultismoGli esercizi, questa volta, erano molto più difficili e vari di quelli dell'estate precedente: esercizi ritmici accompagnati da musica, danze di dervisci, esercizi mentali, studio dei diversi modi di respirare, e così di seguito. Particolarmente impegnativi erano gli esercizi di imitazione dei fenomeni psichici: lettura del pensiero, chiaroveggenza, manifestazioni medianiche, ecc... Prima di cominciare tali esercizi, G. ci aveva spiegato che lo studio di questi "trucchi", come li chiamava, era obbligatorio in tutte le scuole orientali, perché senza aver prima studiato tutte le imitazioni e contraffazioni possibili, non era pensabile cominciare lo studio dei fenomeni di carattere sopranormale. Un uomo non può distinguere il reale dal falso in questo campo, se non quando conosca tutti i trucchi e sia in grado di riprodurli egli stesso. G. diceva inoltre che uno studio pratico dei "trucchi psichici" era di per sé un esercizio insostituibile, e che era quanto di meglio si potesse desiderare per lo sviluppo della perspicacia, dell'acutezza dell'osservazione, dell'avvedutezza e di altre qualità ancora, che il linguaggio della psicologia ordinaria ignora, ma che certamente devono essere sviluppate. Ciononostante, il nostro sforzo era soprattutto basato sulla ritmica, e su strane danze destinate a prepararci a fare in seguito degli esercizi di dervisci» 2. Ma Ouspensky è ancora più esplicito in questo passo, quando riporta l’opinione di Gurdjieff sulla magia nera: «Mi è stato spesso chiesto che cosa sia la "magia nera", e ho risposto che non vi è nessuna magia rossa, né verde, né gialla. Vi è meccanicità, cioè "ciò che capita", e vi è il "fare". "Fare" è magico, e non vi è che un modo di "fare". Non possono esservene due. Ma può esservi una falsificazione, una imitazione delle apparenze esteriori del "fare", che non può dare alcun risultato oggettivo, ma che può ingannare le persone ingenue e suscitare in esse la fede, l'infatuazione, l'entusiasmo e persino il fanatismo. Questo è il motivo per cui, nel vero lavoro, cioè nel vero "fare", non è più possibile alcuna infatuazione. Ciò che definite magia nera è fondato sull'infatuazione e sulla possibilità di giocaremano - magia nera sulle debolezze umane. La magia nera non significa, in nessun modo, una magia del male. Vi ho già detto che nessuno fa mai del male per amore del male o nell'interesse del male. Ognuno fa sempre tutto nell'interesse del bene così come egli lo comprende. Nello stesso modo, è del tutto erroneo affermare che la magia nera è necessariamente egoista, che nella magia nera l'uomo mira obbligatoriamente ad ottenere dei risultati per sé stesso. Niente è più falso. La magia nera può essere molto altruista, può perseguire il bene dell'umanità, può proporsi di salvare l'umanità da mali reali o immaginari. Ma ciò che può essere chiamato magia nera ha sempre un carattere definito. Questo carattere è la tendenza a servirsi delle persone per qualche scopo, anche il migliore, senza che essi lo sappiano o senza che comprendano, sia suscitando in essi la fede e l'infatuazione, sia agendo su di essi con la paura. Ma a questo riguardo occorre tener presente che un "mago nero", buono o cattivo che sia, ha dovuto passare attraverso una scuola. Egli ha imparato qualche cosa, ha inteso parlare di qualche cosa, sa qualche cosa; egli è semplicemente un "uomo educato a metà" che è stato allontanato da una scuola, oppure che l'ha lasciata avendo deciso che ne sapeva ormai abbastanza, che si rifiutava di restare più a lungo sotto la tutela di qualcuno, e che poteva lavorare indipendentemente e anche dirigere il lavoro degli altri. Ogni lavoro di questo genere può produrre solamente risultati soggettivi, cioè non può che deludere sempre di più e aumentare il sonno invece di diminuirlo. Si possono nondimeno apprendere certe cose da un mago nero, sebbene in modo sbagliato. Può persino capitargli, per caso, di dire la verità. È per questo motivo che io vi dico che vi è ben peggio della "magia nera". Per esempio, tutte le specie di società "spiritistiche", "teosofiche" e altri gruppi "occultistici". Non soltanto i loro maestri non sono mai stati in una scuola, ma non hanno nemmeno mai incontrato qualcuno che sia stato in contatto con una scuola. Il loro lavoro non è che scimmiottatura. Ma un lavoro imitativo di questo genere procura una grande soddisfazione. Qualcuno si prende per un "maestro", gli altri si prendono per "discepoli" e tutti sono contenti. Nessuna realizzazione della propria nullità può essere ottenuta in questo modo; e se qualcuno afferma di aver raggiunto questo risultato, non fa che illudere e ingannare sé stesso, quando non si tratti di pura menzogna. Al contrario, anziché realizzare la propria nullità i membri di queste società realizzano la loro propria importanza e accrescono la loro falsa personalità» 3. In un libro pubblicato in Inghilterra da Rom Landau, in cui l'autore intervistava alcuni uomini considerati maestri spirituali (come Rudolf Steiner, Krishnamurti, ecc...) vi era riportato un curioso episodio riguardante proprio Gurdjieff e che conferma non solo la conoscenza, ma anche l'uso effettivo delle pratiche occulte: «Prima del colloquio, avevo pranzato con un notissimo letterato americano che, a quanto m'avevano detto, conosceva Gurdjieff da parecchi anni. Gli chiesi che cosa ne pensava. - "In realtà non gli ho mai parlato - mi rispose - ma ho assistito spesso alle sue conferenze, e devo ammettere che per me quell'uomo è un enigma". - "È vero, secondo lei, che qualche volta si serve dei suoi strani poteri per fini tutt'altro che spirituali"? - "Sarebbe ingiusto affermarlo. Tutti i fatti poco ortodossi di cui si parla potrebbero integrarsi in un sistema spirituale di portata profondissima. Non dimentichi che anche Madame Blavatsky cercava spesso di ottenere dai suoi allievi certe reazioni autentiche insultandoli o scandalizzandoli. Forse Gurdjieff agisce nello stesso modo. Una volta, Orage e altri adepti di Gurdjieff cercarono di farmi partecipare al movimento. Ho sempre rifiutato, e devo dire d'essere contento di non avere avuto nulla a che fare con loro". - "È vero che Gurdjieff è cambiato radicalmente dopo quell'incidente automobilistico"? - "Sembra che sia veramente cambiato. È rimasto per molto tempo tra la vita e la morte, e può darsi che un'esperienza tanto dolorosa l’abbia trasformato. Come forse lei sa già, è uscito il suo primo libro, e mi ha abbastanza sorpreso, perché mostra un Gurdjieff nuovo, più altruista, meno materiale". - "Dove potrei procurarmi quel libro"? - "In nessun posto, purtroppo. È un'edizione privata, e Gurdjieff la manda soltanto a quei pochi che giudica degni d'essere istruiti da lui. Me ne ha mandato una copia, ma lo stile è tanto orribile che ho. faticato parecchio ad arrivare fino in fondo". - "Lei l’ha visto, In questi ultimi tempi"? - "Si, a un ricevimento, la primavera scorsa. Le racconterò un fatto molto curioso accaduto quel giorno. Una mia amica, una famosa romanziera, era seduta alla mia tavola. Le indicai Gurdjieff, che era seduto ad una tavola vicina, e le chiesi se lo conosceva. "No, chi è"?, rispose lei, guardandolo. Gurdjieff colse il suo sguardo e subito lo vedemmo aspirare ed espirare in un modo particolare. Sono troppo abituato a questo genere di trucchi per non capire subito che Gurdjieff stava servendosi di un metodo orientale. Qualche attimo dopo mi accorsi che la mia amica impallidiva e sembrava sul punto di svenire. È una donna che di solito sa controllarsi perfettamente, e il suo atteggiamento mi sorprese. Dopo un istante, si riprese, e le chiesi che cosa le fosse successo. "Quell'uomo è fantastico", mormorò. "È successa una cosa spaventosa", riprese. Poi, all'improvviso, si mise a ridere, della sua risata cordiale. "Dovrei vergognarmi, ma non importa, le dirò che cos'è successo. Ho guardato il suo "amico", e lui ha sorpreso il mio sguardo. Allora mi ha fissata a sua volta, in modo tale che, dopo un istante, mi sono sentita toccata al centro del mio sesso. È ignobile!"» 4. Ma al riguardo ci sono racconti ben più inquietanti di questo, che tutto sommato fa sorridere. Vogliamo riprendere ancora una volta la testimonianza di Frances Rudolph, che oltre ad aver subito notevoli pressioni psicologiche, ad un certo punto comincia ad accusare anche molti problemi fisici. Il racconto è un esempio allarmante di quelli che erano i metodi usati nei gruppi di Gurdjieff. Ad un certo punto Frances inizia a star male e a sentire brividi, seguiti da febbri. «Mentre facevo progressi notevoli nella sensazione di me stessa, le mie condizioni di salute peggioravano. Non associai mai, consciamente, questo progresso parallelo; ma sapevo, senza capire perché, che sarebbe stato inutile per me andare da un medico. Sapevo che nessun medico avrebbe potuto aiutarmi» 5. Solo grazie all’insistenza dell'amica Pat (assieme alla quale era entrata nel gruppo gurdjieffiano), Frances si fa visitare da un medico del gruppo, che le prescrive un riposo assoluto di sei settimane nonché una cura comprendente molti sedativi, medicinali e iniezioni per il cuore. Ma questa non si rivelerà una grande idea... (N.B.: Blank, Fish e Vide sono nomi di fantasia) «Quando uscii dallo studio del dottor Fish, non sapevo se dovevo seguire o no i suoi consigli. Come una falena attirata da una lampada, andai subito a incontrarmi con una persona per cui provavo una crescente attrazione. Durante quel breve appuntamento mi fu fatta una dichiarazione d'amore che io accettai senza esitare neppure per un attimo. Non ero innamorata, ma avevo un grande bisogno d'amore. Desideravo essere furba e prendere ciò che mi occorreva. Chi annega non rifiuta l'aiuto che gli viene offerto. Potei restare con M. solo per pochi minuti, poi saltai su di un tassì per andare dalla signora Blank candele.jpg[…]. All'improvviso decisi di essere veramente esaurita e di avere veramente bisogno di riposo. Sì, avrei lasciato temporaneamente il lavoro e sarei rimasta a letto per sei settimane. M. sarebbe venuto a trovarmi e mi avrebbe portato dei fiori. Benché non fossi innamorata, speravo di potermi salvare, grazie all'amore, dai maghi che volevano la mia pelle e le mie ossa. Non mi rendevo conto che il potere dei maghi era così grande che tutti i miei sforzi penosi e ostinati di amare sarebbero stati vani. Per nove mesi avevo tentato, senza riuscirci, di stabilire l'identità. Interiormente, ero morta come una pietra. Esteriormente, dovevo dare la stessa impressione, perché coloro che non mi avevano conosciuta prima mi guardavano e poi dicevano a Pat, con molto tatto, che io stavo per morire. Quando mi fui messa a letto, come mi aveva prescritto il dottor Fish, mi accorsi che era molto difficile alzarmi di nuovo. L'enorme quantità di sedativi mi manteneva sempre in uno stato crepuscolare, e la borsa d'acqua calda sul fegato contribuiva e indebolirmi. Dopo un numero incalcolabile d'iniezioni e di pillole per il cuore, per la prima volta incominciai a rendermi conto della presenza di quell'organo dentro il mio corpo. Incominciò a ballare un boogie-woogie impazzito, saltando e battendo selvaggiamente, per poi calmarsi e ricominciare daccapo quando meno me lo aspettavo. Pensai: "Fish è proprio un medico meraviglioso: ha scoperto che avevo qualcosa al cuore, e io non lo avevo mai sospettato"!. Piombai in una specie di letargo e rimasi a letto per sette od otto settimane. Alzarmi mi era praticamente impossibile. Restavo a letto e sentivo la morte che saliva dentro di me. Nella nebbia dei sedativi, mi sentivo spaventosamente allarmata. Non volevo morire per una ragione inspiegabile e "non naturale". Non potevo comprendere che cosa mi era successo. Mentre seguivo la cura prescritta dal dottor Fish, M. mi veniva a trovare. Benché mi fosse quasi insopportabile non potere sentire quasi nulla per lui, sono convinta che gli sforzi che feci per provare qualcosa mi salvarono la vita. Quando capii che, se fossi rimasta ancora a letto, non sarei mai guarita, mi alzai. Questo avvenne all'inizio di dicembre. Tutto il coraggio che possedevo lo concentrai su di un unico scopo: cercare d'aprire una breccia nel muro del richiamo di sé e della non-identificazione che mi impediva di amare. Lottare per amare... chi ha mai sentito parlare d'una cosa simile? Dovrebbe essere naturale come respirare e come mangiare. Non esistono parole che possano descrivere l'orrore della mia situazione. Dissi a Pat d'informare la signorina Vide che rinunciavo al lavoro, non perché mi rendessi conto che mi aveva portata tanto vicino alla morte, ma semplicemente perché non potevo fare altro che combattere per restare in vita. Istintivamente, sapevo che sarei stata spacciata, se non avessi potuto amare. Tutta la mia energia si impegnò in quella lotta. Invano: ero sconfitta; ero schiacciata sotto il pollice del demonio. Il lavoro mi aveva vinta. Pat cercò abilmente d'indurmi a ritornare al lavoro. Resistetti fino alla metà di gennaio, ma poi seppi che ero soltanto una macchina, una macchina che non poteva amare. Dove potevo andare se non al lavoro, per trovare un po' di aiuto? […]. Ci incontravamo nella stanza d'albergo della signorina Vide, che dava sulla Senna. Per quanto mi impegnassi molto nel lavoro, non riuscivo ad accontentarla, benché ogni volta mi sembrava di essere molto vicina al successo. Quella promessa di qualcosa d'imminente mi spingeva a continuare. Ormai, non potevo più tornare indietro. Dovevo andare fino in fondo. Dovevo seguire la mia strada, fino a quando fossi arrivata al bivio finale. La vita era una monotonia lunga e dolorosa. Non potevo scrivere. La signorina Vide aveva detto che era inutile scrivere, se non si è pagati per farlo. Chi sarebbe stato disposto a pagare le mie poesie? Smisi di comporle. La poesia era la sola cosa che potevo ancora amare nella vita, ma non potevo più scrivere. Il lavoro mi aveva mostrato quanto fosse ignominioso essere uno strumento creativo. Bisognava essere Dio, o niente. Io ero niente, niente, niente. Quando i "profani" mi chiedevano che cosa facevo a Parigi, non potevo mai dirlo. Considerato quanto fosse pazzesco il costo della vita a Parigi per uno straniero, soprattutto per un americano, i lavoretti che facevo per guadagnare qualche franco erano ridicoli. E non potevo parlare delle mie "attività nei gruppi". Non si dice: io faccio il lavoro. Non potevo leggere... a parte la letteratura del gruppo, non c'era nulla che valesse la pena di essere letto. Non potevo scrivere: non ero pagata per farlo. Non potevo amare... una macchina non può amare. Che cosa facevo? Sembrava che non facessi niente, e invece la lotta che conducevo giorno e notte stava quasi per uccidermi. Ma cos'era quella lotta? Non lo sapevo. Non potevo dirlo» 6. Frances comincia a rendersi conto di essere in qualche modo ipnotizzata e di essere pericolosamente vicina alla morte: «Quando compresi per la prima volta la vera natura del lavoro l’improvvisa rivelazione spinse la morte a lottare. Con orrore feci l’esperienza dei sintomi fisici della morte. La notte mentre ero a letto e tentavo di addormentarmi, le mie gambe e le mie braccia scattavano, lanciate bruscamente in aria. In tutto il corpo, il mio sangue balzava e saltava come un fagiolo messicano. Tutto in me, sembrava aspirato dall'alto. Continuavo a vedere l’immagine d’un uccellino morto, a zampe all'aria. E sempre, dentro di me, risuonava la "preghiera" di Belzebù per la nonna morta: "Possa riposare con i santi adesso che ha tirato le cuoia". gurdjieff1_small.jpggurdjieffPer una decina di giorni, il mio corpo sembrò sul punto di morire. Ero convinta che "loro" sapessero che avevo scoperto la verità sul loro conto e che, per mezzo della magia nera, volessero punirmi. Durante il giorno, riuscivo a conservarmi relativamente tranquilla. Ma la notte era il loro regno, e allora giacevo madida d'un sudore angoscioso, torturata, quando mi addormentavo, dagli incubi dell'orrore senza fine del lavoro. Avevo tanta paura che potessero vendicarsi che decisi d'inventare una magia bianca, da contrapporre alla loro magia nera. Non voglio dire quale magia bianca abbia usato. Dirò soltanto che, per quanto ciò possa apparire puerile, i miei esercizi mi aiutarono a superare quel periodo iniziale di terrore. Non era necessario che esortassi Pat ad adottare quella magia bianca difensiva: se mai c'è stata una ragazza protestante fino al midollo delle ossa, quella è Pat. Comunque, non vide nulla di superstizioso nelle nostre armi improvvisate per difenderci dai maghi. A lei come a me, sembravano e sembrano tuttora assolutamente ragionevoli. A parte le "formule magiche", il solo modo per proteggermi che conoscessi consisteva nel comprendere sempre più chiaramente. Quando si conosce il diavolo e tutte le sue astuzie, il demonio è ridotto all'impotenza. Mentre ero a letto, combattevo il mio terrore pensando. Riesaminavo nella mia mente tutto ciò che era accaduto, inserendo i singoli avvenimenti in un quadro complessivo sempre più coerente. Gli scritti di Gurdjieff e molti passi dell'opera di Ouspensky mi apparivano improvvisamente chiari. A proposito del problema che l'ossessionava, lo "scopo della vita umana", Gurdjieff dice: "Ho la convinzione chiara e assoluta che le risposte che cercavo, e che nella loro totalità potevano gettare luce su quei problemi fondamentali dell'io, si possono trovare soltanto se sono del tutto accessibili all'uomo, nella sfera dello spirito inconscio dell'uomo. Quindi, ebbi la convinzione che, a questo scopo, era indispensabile per me perfezionare la mia conoscenza di tutti i particolari della formazione e del meccanismo della manifestazione dell'anima generale dell'uomo […]. Dopo aver liquidato tutti i miei affari, cominciai a raccogliere tutte le opere scritte e tutte le informazioni orali che ancora sopravvivevano in certe zone dell'Asia su questo particolare ramo della scienza, che era stata molto sviluppata nei tempi antichi e che si chiamava Mehkeness cioè "l'azione di togliere la responsabilità", della quale la civiltà occidentale conosceva solo una parte insignificante sotto il nome di "ipnotismo", fino a quando tutta la letteratura esistente sull'argomento mi diventò perfettamente familiare […]". Con mio grande spavento, compresi il vero compito degli "insegnanti" dei movimenti, e l'esercizio della sensazione. Compresi perché il mio corpo incominciava a morire. Non compresi esattamente in che modo mi era stato fatto tutto questo, ma sapevo che me l'avevano fatto. Pensai agli immensi greggi di agnelli ipnotizzati dai maghi e ancora controllati a Parigi, Lione, Londra, nell'America meridionale e nelle principali città americane. Il mio cuore provava pietà per i membri del gruppo di Parigi, che nel caso d'una guerra sarebbero stati abbandonati a sé stessi, mentre i loro "capi" se ne sarebbero andati negli Stati Uniti o nel Sud America» 7. Frances Rudolph a questo punto racconta la sua vicenda a Louis Pauwels, del quale aveva letto un articolo su Gurdjieff tempo prima. Anch'egli aveva avuto una esperienza terribile. Decidono di raccogliere le testimonianze. Poi, un po' alla volta, con il suo aiuto e quello di altre persone, Frances riuscirà a venir fuori da questo incubo. Un altro episodio perlomeno dubbio narrato da Pauwels è quello di una ragazza russa di nome Irène-Carole Reweliotty, morta a venticinque anni in un modo che desta molti sospetti. Anche Irène era malata di tubercolosi, si era curata nell'Alta Savoia, sul pianoro d'Assy, dove aveva conosciuto gli scrittori Luc Dietrich e René Daumal, che la condussero verso Gurdjieff. «Quando ritornò a Parigi, lei si slanciò nei "gruppi" con la frenesia che metteva in tutte le cose. Tuttavia cominciò a trovarsi a disagio. Conobbe la rivolta e la disperazione […]. Qualche giorno prima di morire, Luc Dietrich le scrisse per consigliarle di allontanarsi un po' dal "lavoro". La sentiva intimamente straziata, turbata, e all'improvviso s'era spaventato. Lei continuò a frequentare i gruppi per fedeltà alla sua memoria. Mori anche René Daumal. Lei esitò, pensò di rompere con il "lavoro". E allora, nel momento in cui incominciava a dubitare della sincerità di alcuni membri della società Gurdjieff cui s'era legata, della possibilità di raggiungere quello stato sovrumano che le avevano promesso, una discepola decise di presentarla a Gurdjleff. Non lo aveva mai incontrato. Dubitava di certuni, ma non dell’uomo di cui Dietrich e Daumal parlavano con estrema venerazione. Era veramente Colui che apre la porta, il Maestro. Fu invitata a cena in Rue du Colonel-Renard. Ecco, la grande avventura stava veramente per incominciare. Era senza dubbio il primo giorno di "un'altra vita". La cena si svolse come al solito. Durante quella cena, all'improvviso, parlandole in russo, che nessun altro dei convitati capiva, il vecchio le chiese di fingere d'andarsene con gli altri, alla fine del pasto, e di ritornare subito. Irène non sapeva come interpretare quella richiesta. Aveva paura. Se ne andò con gli altri. Telefonò a Gurdjieff da un caffè di Avenue Wagram. Gli disse che sua madre l'aspettava e che non poteva tornare da lui. Allora Gurdjieff l'insultò con parole che non nascondevano nulla delle sue intenzioni. Era Rasputin furioso. Lei provò una scossa tremenda, un grande orrore, una disperazione totale. Il giorno dopo, andò a trovare la discepola che l'aveva presentata a Gurdjieff e le dichiarò che rompeva con l'Insegnamento. Quella le rispose che ciò poteva causarle molti guai, la schiaffeggiò, la mise alla porta. Sconvolta, distrutta, Irène parti per il pianoro di Assy, per tentare di ritrovare la calma. Qualche giorno dopo il suo arrivo, ebbe una crisi cardiaca che niente faceva prevedere. La sua ultima lettera alla madre, datata 2 agosto, comincia cosi: "Cara mamma, finirò per credere che G. mi abbia fatto un sortilegio". Mori il giorno 11, senza che i medici capissero il perché. Suo fratello, un noto musicista di jazz, mentre la vegliava nella camera mortuaria, credette di vedere apparire Gurdjieff, che non aveva mai visto, ma che riconobbe. Uno dei suoi amici andò a trovare uno scrittore celebre, perfettamente in grado di parlare di Gurdjieff. Volle interrogarlo sulla morte d'Irène. "Se tiene a sé stesso, non si immischi in questa faccenda", gli rispose lo scrittore. Irène-Carole Reweliotty era entrata alla rivista Carrefour subito dopo la Liberazione. Félix Garras, direttore di quel settimanale, e il suo amico Henry Muller hanno pubblicato il diario intimo della ragazza, nelle edizioni La Jeune Parque» 8. Per concludere la nostra trattazione su Gurdjieff, abbiamo scelto di riportare proprio un estratto di questo diario, molto breve ma particolarmente toccante. In esso emergono la lotta interiore e i dubbi avuti da Irène pochi giorni prima della morte, quando ormai la ragazza sembrava aver deciso definitivamente da che parte stare: 27 luglio 1945 «Sono una contadina. Appartengo alla terra. Dalla terra vengo alla terra ritornerò. O Dio, in questo dialogo con il vento tu m'hai risposto. No, la mia esaltazione non era artificiale. Ti ho pregato, parlato. Ritornerò a battermi perché tu lo vuoi. Ma è a te che appartengo soprattutto, perché tu solo mi salvi e conosci il mio vero posto, tu solo saprai mettermi là quando verrà il momento. Quegli individui, che orgogliosi (il gruppo Gurdjieff; N.d.R.)! Non bisogna dire "Io sono", ma "Egli è". Non riconosco a nessun uomo il diritto d'impicciarsi della mia vita spirituale. La mia salvezza è una faccenda che verrà regolata tra Dio e me. È tutto. E ho capito che amavo Dio. Io dormo al centro del mondo» 9. Abbiamo visto che nel mondo della cultura più di qualcuno si è lasciato sedurre da Gurdjieff, le cui idee hanno esercitato un'influenza molto più profonda di quanto non appaia a prima vista. Ma l’Insegnamento propugnato da Gurdjieff conduce ad una vera elevazione spirituale o non è forse un percorso mirante a realizzare l'auto-divinizzazione di sé? Si può forse supporre di avvicinarsi a Dio in questo modo? Noi riteniamo di no; del resto, per ammissione dello stesso Gurdjieff, la Quarta Via è una via «contro la natura e contro Dio». L'Insegnamento prevede una serie di tecniche assai pesanti (movimenti, osservazione di sé, danze, ecc...) finalizzate ad ottenere uno stato superiore di coscienza. Nel misticismo cristiano invece è Dio che si rivela di Sua iniziativa all'uomo e lo fa manifestando il Suo amore. Quella di Gurdjieff è una via che relativizza la verità, che distorce la morale secondo i propri scopi, che inverte il concetto di Bene e di Male, che non contempla l'amore per il prossimo, che sovverte l'intero sistema di valori della società. Una via che provoca gravi conseguenze fisiche e psichiche nei suoi adepti, se non addirittura la morte nei casi più gravi, è una via oscura, pericolosa e luciferina. Ma per fortuna quello di Gurdjieff non è l'unico cammino «spirituale» a disposizione dell'umanità. Ce n'è uno di molto più sicuro e luminoso, che ci insegna la bellezza dell'amore per il prossimo e del dono gratuito di sé, quello di Gesù Cristo: «Io sono la via, la verità e la vita» (Gv 14,6). domine jesu christe, agnus dei Per chi volesse approfondire ulteriormente il personaggio Gurdjieff, nonché l'azione dei vari gruppi che in epoca più recente si rifanno al suo «Insegnamento», e soprattutto i danni provocati agli adepti, segnaliamo questo sito francese: http://www.prevensectes.com/gurdj.htm In particolare, raccomandiamo la terza parte del saggio Le Système Gurdjieff (2006): http://ns4005993.ip-192-99-13.net/gurdj3.pdfGeorges Ivanovitch Gurdjieff A cura di Antonio Marchi “Esistono menti che si interrogano, che desiderano la verità del cuore, la cercano, si sforzano di risolvere i problemi generati dalla vita, cercano di penetrare l’essenza delle cose e dei fenomeni, e di penetrare in loro stesse. Se un uomo ragiona e pensa bene, non ha importanza quale cammino egli segua per risolvere questi problemi, deve inevitabilmente ritornare a se stesso, ed incominciare dalla soluzione del problema di che cosa egli stesso sia e di quale sia il suo posto nel mondo attorno a lui.” Cenni Introduttivi Non esiste letteralmente parlando una combinazione di aggettivi adatti per definire e racchiudere dentro una banale e sistematica definizione il personaggio, l'uomo, lo studioso che è stato Georges Ivanovitch Gurdjieff. È senza dubbio possibile affrontare la presentazione di questo incredibile essere umano sotto moltissimi punti di vista. Potremmo avere un approccio totalmente scientifico, ci ritroveremmo allora ad usare termini quali filosofo, oppure psicologo od esoterico, od ancora scrittore o compositore musicale. Tuttavia ci sarebbe anche la possibilità di lasciare da parte la scienza e seguire una strada più facile, più emotiva. Potremmo adoperare qui accezioni più ampie quali studioso dell'essere umano, o stregone esoterico, o persona dotata di particolari poteri e capace di chissà quali diavolerie. È irrilevante perdersi nel cercare quale, tra le soluzioni possibili, è quella più adeguata e consona nell'intraprendere una elaborazione di ciò che questo individuo è stato capace di trasmettere. Intraprendere un' analisi biografica e filosofica della vita e del pensiero di Gurdjieff, senza scendere in inutili enfatismi ed insicure proiezioni soggettive, lasciando lontana la ricerca spasmodica di miti e di demoni, sposando un atteggiamento di assoluto rispetto, è forse la via più giusta da seguire. Certo, una puntualizzazione è necessaria: si richiede una “predisposizione ad avere una mente ed uno spirito critico” per tentare di comprendere la vita e le idee diffuse da Georges Ivanovitch Gurdjieff, perchè sicuramente i suoi principii riguardanti l'essere umano e la sua condizione vita in genere, nel pianeta Terra, non hanno apparentemente intersezioni comuni con nessun altro uomo di scienza del XIX secolo. Armeno della parte caucasica, di origine greca, incarna nella sua inconoscibile personalità l'ultimo grande Maestro comparso in Occidente. Per Maestro si intende l'uomo, che con la sua carica emotiva, attua il carisma che detiene innato nell'esposizione delle sue idee, in virtù delle quali rende vivo un pensiero oggettivamente riconosciuto dalla massa. Precisamente, Maestro è chi guida una scuola, o addirittura chi erige una scuola. Senza dubbio per Gurdjieff la scuola è stata una costante della sua esistenza. Ne risulta infatti che dopo la prima fase della sua vita votata alla ricerca ed all'apprendimento della conoscenza, intesa come l'antica conoscenza umana, in quasi tutti i territori del continente asiatico, in particolar modo l'India, il Tibet e la parte sud caucasica della Russia, si sia concentrato nel provare a distribuire il suo sapere al mondo Occidentale. Qui, per più di trent'anni ha lottato all'interno del sistema Europeo sconvolto dai vari fenomeni politici, ed ha fatto della sua scuola, Lo Sviluppo Armonico dell'uomo, un strumento ed un mezzo per sopravvivere fuori dalle ipocrisie, all'insegna della determinazione e del lavoro, enfatizzando assiduamente una imprescindibile attività psicologica finalizzata a solidificare in ogni momento il ricordo di noi stessi. Creare scuole, gruppi di lavoro, cercare sedi e strutture adatte per erigere il suo Istituto, è stato per Gurdjieff il solo scopo del suo percorso; il sistema della Quarta Via trova infatti la sua espressione nel lavoro del Maestro con il gruppo, perchè l'uomo per cercare la Via della comprensione, da solo non può far niente, ha bisogno di una guida dotata di un grado di consapevolezza superiore. Il saper guardare ogni singolo giorno della vita di Gurdjieff rappresenta forse l'aporia più vicina alla sua concettualizzazione di scuola. Fece la sua presenza in Europa intorno al 1913, dopo che per tutta la sua giovinezza numerosi avvenimenti lo convinsero che in passato era esistita una conoscenza reale dell'uomo e della natura, la cui traccia era stata cancellata e che tuttavia, doveva ancora essere possibile ritrovarla. La sua ricerca fu orientata da tale convinzione, ed egli si prodigò a condividerla con uomini animati dal suo stesso desiderio di comprendere il senso della vita umana. Coi "Cercatori di Verità", che annoveravano fra l'altro geografi, archeologi e medici, G. I. Gurdjieff, superando inaudite difficoltà, riuscì ad entrare in contatto con alcune comunità isolate d'Africa, del Medio Oriente e dell'Asia Centrale, e a raccogliere in seno ad esse frammenti sparsi di un insegnamento tradizionale. A costo di enormi sacrifici e sforzi sottomise la sua personalità ed il suo spirito al fuoco delle più rigorose discipline interiori, riuscì a ricavare dal lavoro lo sviluppo dell'energia racchiusa nella natura dell'essere umano, poté così ricostruire per sé, l'unità della conoscenza che cercava. L'insegnamento di Gurdjieff, come lo conosciamo oggi, è arrivato a noi soprattutto grazie all'abilità letteraria ed alla grande intelligenza del suo allievo più famoso, Piotr Demianovich Ouspensky. Infatti Gurdjieff anche se nella seconda metà della sua esistenza, si è dedicato tra l'altro, all'arte della scrittura, credeva fermamente che le sue idee e i concetti portanti sui quali il suo pensiero era basato, non potevano essere trasmessi con i libri, ma bensì nella pratica quotidiana, e nella trasmissione orale. Attraverso i testi di Ouspensky, “Frammenti di un insegnamento sconosciuto”, e la “Quarta Via”, abbiamo oggi un quadro abbastanza organico e potremmo dire completo del lavoro e del pensiero di Gurdjieff, se non fosse che la completezza nella trasmissione dell' insegnamento del maestro caucasico forse non è mai stata raggiunta nemmeno da egli stesso. Tutt'oggi a testimonianza di quanto costruito in vita da Gurdjieff, ci sono in giro per il mondo centinaia di fondazioni e associazioni che vivono e perseguono il suo insegnamento e le sue teorie. Molte forse usano il suo nome in una maniera non proprio consona, altre invece ne racchiudono i concetti ma non sono in grado di svilupparli, moltissimi personaggi celebri, contemporanei e non solo, sono stati influenzati dai suoi principii e dalle sue linee guida. Chi lo ha conosciuto spesso né è rimasto totalmente impressionato, quasi assuefatto, ma c'è anche chi invece non lo ha capito e non lo ha apprezzato, ricavando un'impressione ambigua e scettica di quanto andava sostenendo. La vera essenza dell'insegnamento Gurdjieffiano si attua nel prendere coscienza che l'uomo, così com'è, nel suo stato di vita ordinario, è un essere prettamente limitato, ingannato dalla sensazione e dalla presunzione di essere e di fare, ma dietro alla quale invece, si cela crudelmente una verità diametralmente opposta. Gurdjieff paragona lo stato di vita dell'uomo ad uno stato di sonno profondo, stato nel quale l'individuo passa la totalità della sua esistenza, ingabbiato dalla meccanicità e dall'accadere degli eventi. Secondo Gurdjieff infatti, l'uomo pensa costantemente di fare e di decidere, ma in realtà non fa e non decide assolutamente niente, tutto accade e tutto è sottoposto a determinate leggi universali appartenenti al cosmo nel quale viviamo. La teoria del Sistema della Quarta Via promossa da Gurdjieff, e arrivata ai giorni nostri grazie soprattutto agli scritti di Ouspensky, è genialmente concepita nella sua più profonda accezione filosofica e pratica, perchè tratta le possibilità di sviluppare il livello d' essere di ognuno di noi, attraverso il quotidiano svolgimento delle nostre attività, senza necessariamente abbandonare il nostro comune modo di vivere, escludendo la via dell'isolamento e della solitudine, ma bensì trarre lo spunto da tutte le azioni che giornalmente compiamo, per rendersi conto che niente viene eseguito da noi in maniera davvero consapevole, ma anzi che tutto, dalla più semplice azione pratica, alla più complessa attività intellettuale, viene svolta dall'essere umano in maniera meccanica. È qui che si trova la grandezza del pensiero di Georges Ivanovitch Gurdjieff. La psicologia, la filosofia, le scienze sociali e del pensiero cognitivo in genere sono solite trattare le varie tematiche riguardanti la natura, il ruolo e lo scopo dell'essere umano nel pianeta Terra, facendo uso sovente di paradigmi ed approcci succubi di prospettive omologate all'individuazione di percorsi volti all'analisi delle più sofisticate intersezioni tra ragione ed istinto, capacità fisiche ed intellettuali, scissione tra mente e corpo, anima e spirito. Tutto questo nel pensiero del Maestro venuto dall'Armenia non esiste. Esiste solo, nuda e cruda, la realtà oggettiva di quello che l'essere umano veramente è; una macchina funzionalmente organizzata e priva di unità, che come tale agisce, ma che nella sua natura ordinaria, sfrutta solo una piccolissima parte delle sue autentiche potenzialità: proprio partendo da questa presa di coscienza oggettiva e reale, l'uomo detiene la possibilità di incamminarsi verso un graduale risveglio, verso un graduale cambiamento del suo stato stato di essere, verso una possibile evoluzione. La Vita Nacque ad Alexandropol, in Russia, vicino alla frontiera persiana, nella zona a sud del Caucaso, dove la mescolanza dei vari popoli russi, greci, iraniani, tartari, armeni, porta all'incrocio della civiltà un'onda surreale di culture, credenze, usi e costumi diversi. Purtroppo non c'è molta chiarezza sulla data esatta della nascita, si dice sia il 1877, o forse il 1872 o addirittura il 1866. La sua famiglia era di origine greca. Suo padre, allevatore di grandi mandrie, aveva ereditato la tradizione orale di un'antichissima cultura, e grazie a lui, l'infanzia di G. I. Gurdjieff fu tutta impregnata di racconti e poemi di un lontano passato. Distintosi ben presto agli occhi dell'arciprete della cattedrale di Kars, egli fu anche in seguito guidato da uomini capaci di risvegliare in lui il gusto dei valori essenziali, e ricevette insieme una formazione scientifica moderna e una profonda educazione religiosa. Suo padre era Greco, sua madre Armena. Il padre era un Ashokh, un ordine appartenente ai preti bardi. Come parte della sua preparazione il padre aveva memorizzato l’intero poema epico di Gilgamesh che gli era stato trasmesso oralmente. Il giovane Gurdjieff ascoltò suo padre recitare porzioni dell’epica di Gilgamesh durante tutta la sua giovinezza. Istruito dal decano della cattedrale militare in studi accademici Russa, Gurdjieff fu preparato per la carriera di medico e prete. Fu testimone in svariate occasioni, durante la sua infanzia e la prima adolescenza, di eventi straordinari che non poteva razionalmente spiegare, da qui nacque e crebbe quotidianamente nella sua coscienza il desiderio di dedicarsi alla scoperta della verità che si celava dietro queste esperienze. Intorno al 1842 negli scavi di Babilonia furono ritrovate alcune tavolette in cuneiforme che riportavano l’epica storia di Gilgamesh, datate circa 2000 anni prima di Cristo, furono tradotte grazie al lavoro dell' assiriologo inglese George Smith nel 1872. Gurdjieff lesse, si pensa verso il 1890, 1891, degli estratti dalla traduzione pubblicata in un giornale locale e fu colpito profondamente dallo scoprire che parola dopo parola quello che leggeva era identico a quello che il padre gli aveva recitato nella sua infanzia. Per circa 4000 anni questo racconto epico era stato preservato intatto, grazie alla trasmissione orale tramandata dai preti bardi. Quale era la verità dietro il mito? Quale civilizzazione aveva dato vita a questa grande leggenda? Il desiderio di Gurdjieff di comprendere l’origine e il significato della vita e del posto dell’umanità nello schema dell’universo lo portarono a lasciare la sua casa natale in cerca della "conoscenza nascosta". Gurdjieff sapeva che in remote regioni dell’Asia vi erano monasteri di differenti ordini che avevano lo scopo di preservare la conoscenza che stava cercando. Considerando che Babilonia, conosciuta per le sue antiche rovine, avrebbe potuto essere il luogo di nascita della civiltà, Gurdjieff si diresse in quella direzione. Lungo la strada, attraverso una serie di eventi descritti nel suo libro, “Incontri con Uomini Straordinari”, ad un sorpreso Gurdjieff venne mostrata, da un prete armeno, una pergamena ben conservata che mostrava la mappa dell’ ”Egitto prima delle sabbie”, al tempo in cui la regione era punteggiata da corsi d’acqua e possedeva una ricca vegetazione. Su quella mappa dell’Egitto prima delle sabbie era chiara l’immagine della Sfinge. Per apprezzare completamente lo stupore di Gurdjieff è necessario analizzare il fatto che tale periodo sarebbe dovuto risalire al 7500 AC. Questo portò Gurdjieff a pensare che l’origine della civilizzazione dovesse trovarsi in Egitto piuttosto che a Babilonia, e dunque si diresse in questa direzione. Verso la metà dell'ultimo decennio del 1800 Gurdjieff e altri compagni vissero fra le rovine di Giza, Tebe e Edfu, imparando a decifrare alcuni dei geroglifici che trovarono nei muri in rovina. Una storia parlava di “7 saggi” che arrivarono nell’antico Egitto e fondarono la società che costruì I grandi templi. I saggi arrivarono su un’"imbarcazione del sole" dallo sprofondato continente di Altantide. Nell’epica saga di Gilgamesh, ci sono storie simili circa l’arrivo di emissari di una antica cultura spirituale. Ci sono forti evidenze che la civilizzazione Egiziana, fra le altre, fosse stata trasmessa in questo modo piuttosto che come accademicamente si pensa attraverso una “evoluzione” spontanea. Purtroppo il linguaggio egiziano e il suo significato a livello spirituale non è più conosciuto. Avendo preso dalle rovine tutte le informazioni che gli erano necessarie, Gurdjieff fece ritorno in Medio Oriente per continuare le sue ricerche. Gli inizi del 1900 erano tempi di grandi movimenti politici, per un certo periodo Gurdjieff viaggiò attraverso l’Eurasia in qualità di spia russa, quest’occupazione gli premise di avere abbastanza denaro e possibilità per passare attraverso confini che altrimenti sarebbero stati invalicabili. La “spia” ovviamente, rappresentava solo un espediente per poter continuare nel suo indomito viaggiare, le sue missioni erano per lui il suo unico scopo di vita In una data imprecisata di inizio 1900, riuscì ad arrivare in Tibet, dove studiò, sembra molto intensamente e per svariati anni con i Rinposhe (Lama) del Buddismo Tibetano. Durante questo periodo Gurdjieff testimoniò di aver acquisito la capacità di “accumulare forza vitale sufficiente ad uccidere uno yak a distanza”. Successivamente trascorse molto tempo lavorando sulle condizioni del suo essere in vari ordini Dervisci, dove imparò l’arte della perseveranza e del sacrificio, volto ad ottenere un alto grado di consapevolezza interiore. Da qui le notizie sulla vita e sulle esperienze di Georges Ivanovitch Gurdjieff si perdono e si mescolano in tortuoso ed incomprensibile alternarsi, è certo che per alcuni anni del Maestro armeno non si è saputo più nulla, e nemmeno lui stesso ha voluto fornire dettagli che avrebbero potuto far luce su alcuni passaggi della sua straordinaria esistenza. Riapparve, come per incanto, in Russia nel 1913 dove iniziò quasi immediatamente ad insegnare e trasmettere le idee riguardanti un Sistema, che avrebbe permesso all'uomo di avvicinarsi a capire quale fosse la sua vera natura all'interno del disegno Divino. Mosca e San Pietroburgo furono le sedi principali dei suoi primi due anni di insegnamenti. Proprio a San Pietroburgo nel 1915, incontrò colui, che sarebbe stato destinato a diventare il suo più grande ed autorevole allievo, nonché lo studioso che ha fatto conoscere al mondo moderno le idee della Quarta Via, Piotr Demianovich Ouspensky. Lasciò la Russia durante la rivoluzione nel 1917 per tornare dalla famiglia ad Alexandropol. Durante la Rivoluzione Bolscevica creò una comunità di studio a Essentuki nel Caucaso, poi a Tuapse, Maikop, Sochi e Poti, tutte sulle rive del Mar Rosso nel sud delle Russia, dove con un gruppo di studenti lavorò molto intensamente fino alla metà del Gennaio 1919. Nel Febbraio 1919 si spostò con I suoi allievi più stretti a Tbilisi dove rimase per più di un anno. Alla fine del 1920 quando le condizioni politiche in Georgia cambiarono e il precedente ordine crollò, Gurdjieff con alcuni dei suoi più seguaci allievi arrivò a piedi a Batumi sulle coste del Mar Nero in Péra e in seguito ad Abdullatif Yemeneci Sokak vicino ala torre di Galata. Visse in questo periodo vicino al Tekke dell’ordine Sufi dei Mevlevi fondato da Jalal al-Din Muhammad Rumi, dove Gurdjieff, Ouspensky e Thomas de Hartman testimoniarono la cerimonia dei Dervisci Rotanti, dalla Quale Gurdjieff prenderà spunto per dar vita al famoso ballo conosciuto come le “Danze sacre”. Ad Istanbul Gurdjieff incontrò John G. Bennett, colui che darà vita al movimento della New Age, e che ne rimase profondamente influenzato. Nell’Agosto del 1921 Gurdjieff viaggiò attraverso l’Europa Occidentale, dando letture e dimostrazioni dei suoi lavori e delle teorie del Sistema della Quarta Via in città come Berlino e Londra. Nell’Ottobre del 1922, creò, grazie all'aiuto ed al contributo di alcuno suoi studenti, l’Istituto per lo Sviluppo Armonico dell’Uomo
nel sud della Francia al Prieurè Des Basses Longes a Fontainbleau-Avon vicino al famoso Château de Fontainebleau. All’arrivo all’istituto, tutti gli allievi comprendevano che erano lì per un solo obiettivo: rendersi liberi dalla schiavitù della meccanicità nella quale la vita di ogni essere umano è prigioniera. Accettavano volontariamente di sottoporsi a condizioni intensive, che includevano duro lavoro fisico, lunghe ore di letture e la pratica delle Danze Sacre la sera. Il tempo destinato al sonno era minimo. Attraverso questo lavoro le persone imparavano a fare “super sforzi”, come evitare le perdite inutili di energia e come accedere ad alti stati di coscienza. L’istituto attrasse molte persone dell’ “intelligentia” del tempo. Molte di loro abbandonarono le loro prestigiose carriere per dedicarsi al lavoro interiore. Nel 1924 Gurdjieff visitò gli Stati Uniti, dando letture e dimostrazioni delle sue Danze Sacre a New York, con la speranza di stabilirvi un ramo dell’istituto. Lo stesso anno però, rischiò di morire in un incidente automobilistico, capitatogli in Francia, a pochi chilometri dalla sede del suo Istituto. Dopo l’incidente, la natura del suo insegnamento cambiò completamente. Il recupero fu lungo e incompleto. In quel periodo fu costretto a chiudere l’Istituto di Fontainbleu e si dedicò alla stesura dei suoi libri. Sembrava non dovesse riprendersi più dall'incidente, ma grazie ad una forza d'animo straordinaria, riuscì a tornare alla normalità fisica e a poco a poco riprese il lavoro di insegnamento del Sistema, con fatica riuscì nel giro di qualche anno a riformare un consistente gruppo di studio. Gli inizi degli anni '30 per Gurdjieff trascorsero all'insegna della scrittura, si concentrò assiduamente nel trascrivere tutto ciò che per anni aveva trasmesso oralmente. Anche se un po' confusamente riuscì a dar vita a progetti e manoscritti a dir poco incredibili. Il corpus della sua opera "Tutto e Ogni Cosa"(“All and Everything”) fu originariamente scritto in Armeno e Russo. Smise di scrivere nel 1935 quando completò le prime due parti della sua trilogia e aveva iniziato la Terza Serie che sarebbe stata pubblicata postuma con il titolo “Life is Real Only Then, when I Am”.(La Vita è Reale solo quando Io Sono). Ormai stabilitosi in pianta stabile a Parigi, Gurdjieff visse in Rue des Colonels-Rénard. Fece del suo appartamento lo studio dove era solito tenere gli incontri con gli studenti, incontri che sebbene le sue condizioni non fossero più al cento per cento, non decise mai di interrompere. Anzi negli anni precedenti alla seconda Guerra Mondiale, e perfino durante tutto il periodo del Conflitto, continuò a trasmettere ed insegnare le idee della Quarta Via. Morì il 29 Ottobre nel 1949 all’Ospedale Americano di Neully-sur-Seine, Parigi, Francia, dopo avere trasmesso le sue ultime istruzioni a Jeanne de Salzmann. È lei, a partire dal 1950, ad organizzare i tanti gruppi di allievi nella scuola diffusa in tutto il mondo e nota ancora oggi sotto il nome Gurdjieff Foundation, i cui centri principali sono Parigi ("Institut Gurdjieff"), New York ("Gurdjieff Foundation"), Londra ("The Gurdjieff Society") e Caracas ("Fundaciòn Gurdjieff Caracas"), e che è presente anche in Italia con il nome di "Centro Italiano Studi sull'Uomo G.I. Gurdjieff".
L’organizzazione denominata The Gurdjieff Foundation è, dunque, l'espressione delle Scuole di Parigi, New York, Londra e Caracas, che vennero create seguendo le dirette istruzioni di Georges Ivanovitch Gurdjieff. Scopo della "International association of Gurdjieff Foundations", definita, a volte, semplicemente come "la Scuola di Gurdjieff", è di preservare l’essenza, la specificità e l’integrità dell’insegnamento del maestro. Pensiero e Cosmologia* Chi ha incontrato Gurdjieff lo ha visto come un maestro, capace di praticare il Ricordo di Se e di lavorare sulla propria anima, un individuo in grado di essere conscio di se stesso. Era anche visto come un esoterico e occultista. Gurdjieff ammetteva apertamente che il suo insegnamento fosse di origine esoterica, sosteneva che nessun insegnamento esoterico fosse tenuto segreto per principio, ma per prevenire la mala interpretazione dei concetti più avanzati che il Sistema insegnava. L’evidenza di questo può essere osservata ai giorni nostri dove allegorie avanzate e specialmente i simboli del Sistema, sono presi al di fuori del loro contesto, creando una inadeguata distorsione riguardo al loro reale significato. In relazione al suo insegnamento, Gurdjieff una volta disse, “Cha cosa insegno? Io insegno alle persone come ascoltare se stesse”. L’insegnamento apriva la questione del posto dell’uomo nell’Universo e del suo possibile sviluppo attraverso un percorso spirituale e pratico. Gurdjieff diceva che le persone vivono la loro vita in una forma di sonno ad occhi aperti, e che questo rappresentava il più alto livello di consapevolezza possibile in cui la natura porta l’uomo in condizioni ordinarie. Nel diventare più consapevoli di se stessi durante la propria vita quotidiana si trova invece un nuovo modo di vivere che può arricchire le nostre esperienze di vita e le percezioni della nostra coscienza, evadere dall'ordinario e passare dal sonno alla veglia, dall'essere macchine, all'essere Uomini, attraverso lo Sviluppo delle possibilità interiori della natura umana . “Conosci te stesso” inteso in modo organico piuttosto che con un fine intellettuale. L’abilità di essere ‘presenti’ più spesso (invece di essere assenti come solitamente siamo), non accade automaticamente e richiede un lavoro su di se nel tempo, guidato inizialmente da un maestro preparato nella pratica dell’insegnamento o da un individuo che abbia un grado di consapevolezza comunque più alto dellla media. Gurdjieff disse che facendo sforzi frequenti per accrescere e perfezionare la propria capacità di portare attenzione alle piccole cose, come camminare, parlare, sedersi etc. le persone potevano gradualmente iniziare a diventare più consapevoli di loro stesse come esseri viventi. E' indispensabile sviluppare dell’attenzione verso il Ricordo di Se, piuttosto che passare le proprie vite addormentati in sogni ad occhi aperti. Per creare le condizioni in cui questa attenzione possa essere sviluppata più intensivamente Gurdjieff insegnò le “Danze Sacre” o “movimenti” come un aiuto nel focalizzare l'attenzione del proprio cervello su ogni piccola contrazione dei muscoli, in ordine di ottenere il pensiero continuamente fisso su ciò che facciamo e perchè lo facciamo. Ha lasciato un corpus di musiche composte per pianoforte in collaborazione con il suo allievo Thomas de Hartman, inspirate da ciò che poté udire visitando remoti monasteri, antiche cerimonie, riti e celebrazioni segrete. La Presenza di Se stessi è l’inizio di un processo possibile di trasformazione, il cui scopo è quello di cambiare l’intera natura dell’essere umano, per prepararlo, parlando simbolicamente, ad essere un servitore conscio del disegno divino celato dietro la creazione dell'intero universo. *Cosmologia (tratto da un testo di Walter Catalano) Come in ogni disciplina tradizionale, anche nell’insegnamento di Gurdjieff, l’idea di base è quella dell’identità fra il microcosmo ed il macrocosmo: l’uomo è l’immagine dell’universo e segue le stesse leggi. Alla complessa psicologia, la sola aperta alle nostre possibilità esplorative, si connette una ancor più complessa cosmologia. Uno storico delle religioni, in termini tecnici, la etichetterebbe probabilmente come “emanazionista” e “gnostica”. A fondamento della manifestazione di ogni forma di vita sulla Terra vi sono due leggi cosmiche universali: la Legge del Tre (Triade) e la Legge del Sette (Ottava). La prima legge postula come ogni fenomeno risulti dall’incontro di tre differenti forze: il pensiero scientifico osserva invece solo la presenza di due forze (positivo e negativo magnetici; cellula maschio e femmina, ecc.), ma è ignaro della terza. Gurdjieff chiama queste forze: Santa-Affermazione, Santa-Negazione, Santa-Riconciliazione, oppure forza attiva o positiva, forza passiva o negativa, forza neutralizzante. Le tre forze sono osservabili all’esterno ed all’interno di noi, ma non è affatto facile riconoscerle, specialmente la terza forza. In termini più ordinari si potrebbe parlare anche di impulso, resistenza e conciliazione. Le triadi si succedono in ‘catene’ in cui: “il maggiore si fonde con il minore per realizzare il medio e così diviene o maggiore per il precedente minore o minore per il successivo maggiore”. Inutile dilungarsi sulle analogie con altre tradizioni: la Trinità cristiana di Padre, Figlio e Spirito Santo in cui, non a caso, quest’ultimo è il “Paracleto”, l’intercessore; la Trimurti indù di Brahma, Shiva e Vishnu; i tre Gunas del Sankhya, Rajas il principio dinamico, Tamas il principio statico e Sattva l’equilibrio; il Sale, Zolfo e Mercurio dell’Alchimia; lo Yin e lo Yang unificati nel Tao; i Tre Triangoli della Quabbalah; ecc.. La legge del Sette, invece, fornisce la sistematizzazione del corso dei movimenti di una forza nello svolgere il processo di completamento di un qualsiasi fenomeno: lo sviluppo della frequenza delle vibrazioni, ascendente o discendente, della forza passa attraverso sette gradi, fasi o “note” disposte lungo una scala armonica, con due prevedibili punti di stallo (proprio dove mancano i semitoni tra mi-fa si-do nella scala maggiore mi, re, do, si, la, sol, fa, mi). Questa legge si può chiamare “legge della discontinuità delle vibrazioni”. Nell’universo tutto è vibrazione, ma in ogni scala di trasmissione di queste, ci sono sempre due punti dove le vibrazioni rallentano e richiedono uno shock esterno per poter continuare nella stessa direzione. Senza shock esterno il percorso deraglia e cambia traiettoria: questo accade all’inizio (mi-fa) ed alla fine (si-do) dell’ottava. In tal modo si spiegano, per esempio, il rilassamento dello sforzo e le deviazioni dallo scopo originale in ogni impresa umana: una stessa perversa transizione porta dal Sermone della Montagna all’Inquisizione o dalla ‘libertà, fratellanza ed uguaglianza‘ rivoluzionarie a Napoleone e a Stalin. Se “ciò che è in alto è come ciò che è in basso”, anche questa legge si applica sia all’esterno che all’interno di noi: sul piano cosmico l’ottava discendente del cosiddetto “Raggio di Creazione“, che dall’Assoluto porta allo sviluppo progressivo dei mondi, colma il primo intervallo do-si con il ‘Fiat’ divino ed il secondo fa-mi con la funzione della vita organica sulla Terra, vero e proprio organo di percezione del pianeta; analogamente sul piano della realizzazione umana, l’ottava ascendente che porta l’uomo dal sonno meccanico all’essere reale, colma i due intervalli con lo sforzo consapevole e la sofferenza volontaria proposti dal Lavoro. Nello spazio compreso fra queste due ottave è racchiuso il destino dell’uomo: essere una pedina nell’ottava discendente, svolgere passivamente il proprio ruolo di trasformatore di energia, con tutte le creature viventi, e venire riassorbito a suo tempo nel substrato indifferenziato come parte dell’ecologia cosmica; oppure entrare di forza nell’ottava ascendente, partecipare di un compito più alto, essere attivo. «Nell’universo tutto è materiale e per questo motivo la Grande Conoscenza è più materialista del materialismo….». In questo modo il cerchio si chiude, niente è casuale in questo sistema in cui ognuno può scegliere se seguire la corrente generale, manifestando un’esistenza semi conscia e generando un grado di energie rudimentali che vengono usate dal cosmo ad un solo livello; o invece cercare di “essere”, di evolversi consapevolmente, e, applicando il principio “alchemico” della separazione dello ’spesso dal sottile’, muoversi verso la capacità di ricevere e generare energie più raffinate, svolgendo un servizio più alto per le forze della creazione. In entrambi i casi niente viene sprecato: tutto in natura è “cibo” per qualcosa; tutto viene utilizzato. L’azione universale e coordinata delle due leggi è esemplificata dal simbolo dell’ Enneagramma: un cerchio che include un triangolo equilatero intrecciato con un’altra figura a sei lati. Dei nove lati che lo compongono, sei sono ottenuti da 1 diviso per 7 (che produce un numero infinito in cui non compare mai il 3, il 6 e il 9), gli altri da 1 diviso per 3 (che produce una serie infinita di 3, di 6 e di 9). I punti in cui i lati toccano il cerchio sono numerati da uno a nove. Il cerchio simbolizza lo zero, il serpente ermetico che si morde la coda: in realtà non si tratta di un cerchio ma di una spirale, perché il simbolo non è statico ma dinamico. L’ Enneagramma rappresenta ogni processo che si mantiene da solo per auto rinnovamento: per esempio la vita. Per questo, secondo Gurdjieff, è “il moto perpetuo ed anche la pietra filosofale degli alchimisti”. Tutto questo una volta detto lo si può anche dimenticare: si tratta adesso di riscoprirlo, non perché ci viene spiegato o lo leggiamo da qualche parte, ma perché lo verifichiamo con la nostra esperienza. L’insegnamento in realtà è soltanto pratico e viene trasmesso esclusivamente per via orale o tramite esempi diretti che evitano anche la parola. Tutto ciò che Gurdjieff ha scritto è terribilmente preciso, ma così analogico che solo la personale comprensione, nata dall’esperienza, può condurre il cercatore al cuore dell’insegnamento. Chi si limita ai libri otterrà ben poco, in altre parole dobbiamo trovare il modo di esercitare il nostro buon senso nell’attrito effettivo con la vita senza riferirsi a schemi e concetti astratti. Enneagramma portato alla conoscenza del mondo occidentale da G.I Gurdjieff a partire dal 1913 “La conoscenza dell' Enneagramma è stata preservata per molto tempo in segreto e se adesso, per così dire, è resa disponibile a tutti, è solo in una forma incompleta e teorica della quale nessuno può fare alcun uso pratico senza istruzioni da parte di chi sa”. Riflessione autonoma La quotidiana idiozia risiede nei dubbi implacabili, essi si insediano nell'uso comune. I poli della nostra identità sono esattamente orientati, l'attenzione ingegnosa dei nostri sensi è troppo subordinata ad un legge, per così dire di ordine naturale, che rientra in un concetto assoluto, senza quasi avere alcuna possibilità di poter pensare ad una scappatoia. Per questo è dunque fondamentale avvicinarsi alle idee addette ad investigare il ruolo ed il compito che riassume il nostro pressoché impercettibile passaggio all'interno del cosmo infinito. Nell' accezione di cosmologia si intersecano sottili linee sondabili, approcci e flussi di pensiero possono indicare svariati significati con diverse visioni. Nel mio immaginario, amo pensare spesso al legame che aleggia interno ai principi cognitivi del pensiero e dell' azione in corrispondenza con le percezioni sensitive messe in atto della nostra vita emozionale. Esse, protagoniste nella dimensione ideologica contenente i processi della psiche umana, hanno anche, tra le tante, la proprietà, talvolta, di farci pensare al tempo che stiamo vivendo. Avere la padronanza emotiva di sentire e di poter quindi dare ad esso una denotazione complementare tra la nostra individualità ed il resto dell'infinito circostante le nostre teste, può rivelarsi di notevole valenza nello scoprire quanto a questa fisica percezione temporale, sia consequenzialmente legate anche una complessa serie di dinamiche mentali poste in atto a suscitare quesiti invadenti, sul principio e sullo scopo della vita degli esseri umani sul pianeta Terra. I pensieri relativi le presunte finalità della nostra esistenza, sono però, per la maggior parte delle persone, deboli riflessi contenenti sporadici interrogativi che si dissolvono insolubili negli oceani sensitivi quotidiani. La vita degli individui consumata dal soffio dell'eternità scivola lineare nel flusso continuo dell ricorrenza. È nella natura dell'uomo del ventesimo secolo creare il proprio centro di gravità attorno a quei punti di riferimento di ordine materiale che per molti, e potremmo dire per tutti, contribuiscono tangibilmente a definire la propria vita all'interno di determinati contesti e canali della collettività organizzata. Nello strato sociale, nei rapporti personali, nella totalità delle attività dell'uomo moderno possiamo scorgere l' opprimente attenzione che ognuno è solito riservare alla pura ed inequivocabile materialità oggettiva. Tutto detiene un prezzo, a tutto è necessario dare un prezzo, ed incredibile è prendere coscienza di come talvolta, davanti a quelle sfumature ideologiche che ancora fortunatamente resistono alla pressione della commercializzazione, come i sentimenti o rare capacità intellettive, l'uomo si senta quasi in imbarazzo ad affrontare un elemento che non può essere comprato o venduto, giudicato od analizzato per la firma che porta, copiato o riprodotto dalle tecnologie digitali. Il soffocamento è tangibile, soprattutto negli stati economicamente sviluppati l'esistenza degli individui ruota ormai intorno a quei tre-quattro assi portanti palesemente riconosciuti dalla massa e dalla pubblica opinione. Un esercito di soldati, forse sarebbe meglio di dire di schiavi, ma forse è un'accezione inadeguata, schiavo è chi consapevolmente soffre, ed allo stesso tempo lotta, cerca una soluzione per uscire dalla sua situazione o comunque capisce il disagio di essere un essere imprigionato. Noi invece viviamo in una società dove la folla è felice, dove i popoli parlano di crisi ma al contempo spendono denaro e risorse in futilità gigantesche. I media, il cibo, l'apparenza, l'incontrollabile corsa verso il comprare, la supersonica cavalcata tecnologica. La natura umana apparentemente è così perfetta, sincronizzata e lineare che sarebbe impossibile depredare la massificata mentalità e linea di azione. Solamente in rarissime eccezioni troviamo individui che riescono a decodificare tra linee infinite gli enigmi, i paradossi, le dissolvenze, e soprattutto le inadeguatezze cui la vita moderna è sottoposta. Possiamo parlare di ragione, possiamo parlare di istinto, la mente, il corpo, lo spirito e l'anima, infinite disquisizioni ci conducono a solcare i confini delle più alte scuole di pensiero e di investigazione, ma secondo il mio modestissimo e sicuramente inutile parere, tutto è più vicino di quanto pensiamo, tutto è molto più comprensibile di quanto fin ora non abbiamo mai creduto. La base però per provare a capire qualcosa riguardo l'essere umano ed i suoi comportamenti sta nel mettere a fuoco che è necessaria un'ottica diversa di considerazione di esso. È basilare sposare un punto di vista critico, che fino ad adesso solo raramente è stato esplorato. Forse sono proprio quegli avvicinamenti di cui parla Ernest Junger a rivelarci segreti lontani ed inattesi. Tutto con l'ebbrezza riaffiora, tutto sembra venir fuori da uno strato che solitamente rimane nascosto. Non siamo soliti indagare concretamente tutte le nostre segrete, gli strati di cui è composta la nostra personalità rimangono sovente inesplorati. Disillusi e meccanici dirigiamo la nostra mente continuamente in direzioni già suggerite, proposte. Dove riversiamo le nostre attenzioni, perchè? Riflettiamo sul nostro agire, sul nostro pensare? Sogniamo ad occhi aperti orizzonti precostituiti, spendiamo gran parte delle nostre risorse nel progettare ed organizzare finalità consequenziali corrispondenti ad inerzie. Solo e semplicemente inerzie. Nell'azione dell'uomo comune si materializza la vera inconsistenza del vivere. È un vivere aleggiante su linee labili, fluttuanti, senza mettere a fuoco mai la concretezza dell nostro tempo: uno sprofondamento continuo all'interno del divenire cosmico. Le categorie si erigono intatte, spazi univoci, segnali semantici. Sarebbe bello indagare le scale, capire le leggi intorno alle quali si categorizza il nostro fatal destino. Avvicinarsi ingenuamente significa comunque essere pronti a recepire. I significati sospesi, sono pesanti ma gloriosi. Saperli cogliere, assaporare, sintetizza nient'altro che udire il proprio battito cardiaco. La sua pienezza, il suo ritmo la sua energia, il suo significato appunto. L'energia rappresenta lo scalino da dove iniziare la salita! È difficile percepire l'esistenza della sottile e fragile soglia protagonista delle umane utopie. Un salto nel vuoto, un' illusione lucidamente predisposta dalla natura, perdiamo il nostro sguardo nel velo della consuetudine. Austero ci appare il ricorrere dei passi, pesanti sono le catene che vincolano la nostra espansione. Tutto si rifà al perchè?, al come? E al dove?. I quesiti ci spalancano gli orizzonti dove affondare le presunzioni e soggiogare le nostre paure. Tutto è più vicino di quanto sembra, tutto è più facile di come appare. Non so se siamo degni di allargare la nostra anima. Sò che la Natura è stata ambigua ma noi esseri umani siamo stati ambigui con chi, più di ogni altro prima e dopo, ha tentato di metterci in guardia, ponendo davanti al vincolo sacro del disegno divino la possibilità dell'uomo di scaricare il peso di una meccanicità innata e correre verso uno svilupo armonico dell'essere. Ma si sa la società antica e moderna mai è pronta per sacrificare il banale, il superfluo, l'inopportuno e l'ingiusto. Ed allora non rimane che far altro che compatire gli eroi moderni specchi riluttanti delle masse inebetite. C'è stato un passato dove tutto è sembrato incredibilmente più vicino, reale e forse anche possibile. Per far sì che ci sia la possibilità che in futuro si ripresenti questa emozionante occasione, non ci sono alternative se non quelle di prendere a cuore nel presente le idee di un uomo che si è chiamato semplicemente Georges Ivanovitch Gurdjieff. Bibliografia OPERE SCRITTE DA Gurdjieff “DU TOUT ET DE TOUT - DEL TUTTO E DI TUTTO - ALL AND EVERYTHING” Récits de Belzébuth à son petit-fils. Critique objectivement impartiale de la vie des hommes. Trad. it. di Letizia Comba e Igor Legati: Racconti di Belzebù al suo piccolo nipote. Critica oggettivamente imparziale della vita degli uomini (L'Ottava, Milano, 2 volumi, 1988-1990). Titolo inglese: Beelzebub's Tales to His Grandson. Rencontres avec des hommes remarquables. Trad. it. di Gisèle Bartoli: Incontri con uomini straordinari (Adelphi, Milano, 1977). Titolo inglese: Meetings with Remarkable Men. La vie n'est réelle que lorsque "Je suis". Trad. it. di Danilo Cassina e Mariella Fumagalli: La vita è reale solo quando «Io sono» (Neri Pozza, Vicenza, 2002). Rimasta incompiuta, uscì la prima volta nel 1975 a New York col titolo “ Life is real only then, when «I am»”. Esiste anche una precedente traduzione italiana non molto felice di Maria Grazia Giovannini: La vita reale (Basaia, Roma, 1987). The Herald of Coming Good. First Appeal to Contemporary Humanity. Trad. it. di Maurizio Toshen Graziani: Il nunzio del bene venturo. Primo appello all'umanità contemporanea (Astrolabio, Roma, 2003). Probabilmente scritta da Gurdjieff in russo, uscì nel 1933 a Parigi tradotta in inglese presumibilmente da un suo allievo. Fu successivamente ritirata dalla circolazione. Rimane l'unico libro scritto da Gurdjieff uscito quamdo il Maestro era ancora in vita RACCOLTE DI DIALOGHI Gurdjieff parle à ses élèves 1917-1931.Trad. it. di Igor Legati: Vedute sul Mondo Reale - Gurdjieff parla ai suoi allievi (L'Ottava, Milano, 1985). Titolo inglese: Views from the Real World. Esperienze del tempo trascorso con Gurdjieff sono state scritte da A. R. Orage, Charles Stanley Nott, Thomas and Olga de Hartmann, Fritz Peters, René Daumal, John G. Bennett, Maurice Nicoll, Louis Pauwels, Robert S. Deropp, James Moore...e molti altri. Tantissimi individui di fama mondiale sono stati influenzati dale sue idée, personaggi come : Frank Lloyd Wright, Kathryn Hulme, P.L. Travers, Katherine Mansfield, Jean Toomer, il pianista Keith Jarettn, non chè il cantautore italiano Franco Battiato Per avere maggiori informazioni sulla bibliografia riguardante Gurdjieff e la su vita si consulti il link http://www.superzeko.net/doc_dariochioli_saggistica/DarioChioliBibliografiaItalianaSuGurdjieff.htm INDIETROIL MAGNETISMO DI GEORGES I. GURDJIEFF Dario Lodi Tuttora vivono e in qualche modo prosperano gli insegnamenti di Georges Ivanovic Gurdjieff (1877?-1949), filosofo, scrittore, mistico e maestro di danze armeno (pare sia stato il creatore di quella spettacolare danza dei dervisci, tanto cara, fra gli altri, al nostro Battiato). Gurdjieff, operante in varie località nel tempo e infine approdato nei pressi di Parigi, tramandava i suoi insegnamenti oralmente e li corredava con esibizioni musicali e danzanti permeate volutamente di misteriosofia: era una sorta di tributo all’ineffabile cui questo personaggio singolare ricorreva per cercare di familiarizzare con il soprannaturale. Siamo, con lui, nei dintorni dell’ermetismo classico, reso “casalingo” da creazioni in sedicesimo di quella disciplina mentale e fisica tanto presente in ogni cerimonia trascendentale. Gurdjieff passò alla descrizione letteraria della sua formazione esoterica dopo aver subito un grave incidente automobilistico nel 1924, sicuramente nel timore che la sua lezione di vita potesse andare perduta. Il suo libro forse più importante (pubblicato postumo) è “Incontri con uomini straordinari”. Vi si narra con uno stile del tutto personale, ammantato di stilemi favolistici, tipici della letteratura orientale (basti pensare alle “Mille e una notte), dell’incontro fra il Nostro e molteplici, variegatissimi, personaggi, nel corso del suo apprendistato esistenziale. La lettura, semplice, naturale, è incantevole e sotto sotto impegnata. Gurdjieff, in fondo, parla di esistenza: la vita individuale è al servizio della stessa, non può prevalere. D’altra parte, una comunione con il concetto esistenziale, con il tutto insomma, va a sostenere la stessa idea vitale, promuovendola a fatto primario e non secondario come è nella realtà tradizionale. Il mistico armeno raccomanda un’autoanalisi che porti alla coscienza di sé nella sua totalità, nel suo essere nell’essere. L’autoanalisi non è solo di tipo intellettuale, ma deve essere anche fisico, nel senso che il proprio corpo deve essere portato ad interagire con la mente. Così facendo, il soggetto acquista una consapevolezza personale e arriva a comportarsi con convinzione vissuta, con scelta ben ponderata, nei confronti delle proprie idee e delle proprie azioni. All’inizio del libro, Gurdjieff pone bene in evidenza la necessità di una conoscenza aperta della realtà in essere e da costruire, contrastando adeguatamente il sistema vigente che poggia sulla sola intelligenza mercantile. Nei pressi di Parigi, egli riuscì a resistere circa una decina di anni, poi dovette fare le valigie. Il problema economico era ormai irrisolvibile. Il suo “Istituto per lo sviluppo armonico del mondo” rimase tuttavia ben presente nell’immaginazione del tempo, dando vita a vari presidi, grazie soprattutto ai suoi allievi Henri Thomasson e Jeanne dei Salzmann (quest’ultima vissuta 101 anni, mostrando sino all’ultimo grande dedizione al maestro). Nel 1945, dopo la guerra, Gurdjieff ridiede vita ad un intenso lavoro di proselitismo nel suo appartamento di Parigi: il proselitismo veniva spontaneo nel corso della sue lezioni. L’uomo era credibile, magnetico. Non disdegnava il ricorso ad un’ampia gamma esoterica, includendo qualcosa di alchemico: ma tutto era fatto in buona fede. Il libro citato trasuda di questa buona fede e trasmette un entusiasmo per la narrazione di fatti puntualmente mirabolanti (ma conta lo spirito, non il fatto in sé) che non è mai dozzinale. Personalità di spicco, anche italiane (Franco Battiato ad esempio), furono attratte dal suo felice magnetismo: fra esse, il grande architetto Frank Lloyd Wright, il regista teatrale Peter Brook (che dal libro cavò un film), lo sfortunato scrittore e filosofo René Daumal (morì a 36 anni per un’infezione polmonare), Katherine Mansfield, la maggiore scrittrice neozelandese. Quest’ultima, volle vivere gli ultimi mesi in una casetta messagli a disposizione di Gurdjieff. La Mansfield era ammalata di TBC al’ultimo stadio. Sulla sua morte, ci sono tuttavia delle ombre. Il nostro Pietro Citati, uno scrittore e intellettuale di sicuro affidamento, rivelò certi metodi usato da Gurdjieff per scuotere la poveretta. Ad esempio, la convinse a denudarsi e a stare così, nuda, in un recinto di maiali per appropriarsi dello spirito naturale emanato dagli animali. La rivelazione, insieme ad altre, crea intorno alla sua figura un che di sciamanico che va a scontrarsi con il suo impegno sincero. Forse è più vera la buona fede di questo interessante cultore della personalità umana calata nel tutto e aspirante al tutto con buone probabilità di riuscita a patto di frequentazioni gnostiche sia palesi, sia probabili da raggiungere, sia segrete. Dello stesso autore: Fatti e misfatti, 2011, Prospettiva Editrice La rivoluzione cristiana, 2010 Prospettiva Editrice Dentro la storia, 2010, Mjm Editore Variazioni sul tema, 2009 Prospettiva Editrice Magazzino 51 (ebook), Note a margine, Notte senza fine, Poesie per un attimo (Novantuno Virgole su un Punto) Dentro la pittura, ed. Abel (ebook) Il problema dell'equilibrio, ed. Abel (ebook) Testi di Gurdjieff La vita reale Gurdjieff Georges I., 2010, Europa Libri (Roma) La vita è reale solo quando «Io sono» Gurdjieff Georges I., Neri Pozza, 2006 Incontri con uomini straordinari Gurdjieff Georges I., 1993, Adelphi I racconti di Belzebù a suo nipote Gurdjieff Georges I., 2009, Neri Pozza Nunzio del bene venturo. Primo appello all'umanità contemporanea Gurdjieff Georges I., 2003, Astrolabio Ubaldini Testi su Gurdjieff Georges Ivanovitch Gurdjieff, 2002, Riza Gurdjieff. Vita e opere di un uomo straordinario Maggi Luigi, 2006, Crisalide Gurdjieff. Le sue tecniche e la conoscenza di sé Maggi Luigi, 2006, Re Nudo Le pratiche di Gurdjeff. Esercizi, rituali e danze sacre per sviluppare la consapevolezza Martin Bruno, 2011, Edizioni Mediterranee Gurdjieff. Un nuovo mondo Bennett John G., 1981, Astrolabio Ubaldini Gurdjieff e Orage. Fratelli in Elisio Beekman Taylor Paul, cur. De Turris G., 2004, Edizioni Mediterranee Gurdjieff e le donne del gruppo della Cordata Patterson William P., 2012, La Tartaruga Gurdjieff e la psicosintesi Guidi Fabio, 2013, Galassia Arte G. I. Gurdjieff e la presa di coscienza Claustres Solange, 2007, Edizioni Mediterranee George I. Gurdjieff: danze sacre per il ben-essere Cara Giampiero, cur. Ferri B., 2003, Venexia Daddy Gurdjieff. Alcuni ricordi inediti Stjernvall Nicolas de, cur. Zoccatelli P. L., 2007, Edizioni Mediterranee Insegnamenti di Gurdjieff. Diario di un allievo Nott Charles S., cur. Ass. italiana studi sull'uomo, 2012, Lantana Editore Georges I. Gurdijeff e la sua eredità Jones Constance A., 2005, Elledici I miei anni con Gurdjieff. Storia di un incontro con un uomo straordinario Peters Fritz, 2001, Adea Incontri con Gurdjieff Orage Alfred R., cur. Ponzetta F., 2012, AH! Idioti a Parigi. Alla scuola di G. I. Gurdjieff. Diari 1949 Bennett John G., Bennett Elizabeth, 1996, Edizioni Mediterranee Monsieur Gurdjieff Pauwels Louis, 1986, Edizioni Mediterranee La vera domanda vive. G. I. Gurdjieff un richiamo vivente Tracol Henri, 2010, Psiche L'inconoscibile Gurdjieff Anderson Margaret, 2008, Gremese Editore Tu l'amerai. Ricordi di G. I. Gurdjieff Tchechovitch Tchesslav, 2005, Astrolabio Ubaldini L'insegnamento di Gurdjieff Walker Kenneth, 1976, Astrolabio Ubaldini Un cuore senza limiti. Il lavoro di G. I. Gurdjieff con Madame de Salzmann Ravi Ravindra, 2010, Psiche La mia fanciullezza con Gurdjieff Peters Fritz, 2003, SE Il diario di madame Egout Pour Sweet con il sig. Gurdjieff a Parigi 1948-1949 Hands Rina, 2008, Psiche La realtà dell'essere. La quarta via di Gurdjieff Salzmann Jeanne de, 2011, Astrolabio Ubaldini P. D. Ouspensky. Il genio nell'ombra di Gurdjieff Lachman Gary, 2010, Edizioni Mediterranee La comprensione dell'essere. Dagli insegnamenti di G. I. Gurdjieff Orage Alfred R., 2001, Adea Le sette chiavi del sentiero. Un nuovo modo di comprendere l'insegnamento di G.I. Gurdjieff Timperanza Augusto, 2005, Edizioni Mediterranee Battaglia per il presente. Diario di una esperienza. 1947-1967 secondo l'insegnamento lasciato da G. I. Gurdjieff Thomasson Henri, 2010, Psiche Studi sull'anima e sulla coscienza Orage Alfred R., cur. Chioli D., 2007, Psiche Luba Gurdjieff. Memorie al Prieuré con lo zio Gurdjieff cur. Bear M.C., 2011, Psiche Le vie mistiche. Gurdjieff, rumi e altre connessioni possibili Basciano Fabrizio, 2012, Irfan Servi d'amore. Da Giuda a Dante a Gurdjieff Cenni Alessandro, 2010, Psiche Ritorno al presente. Percorso di Henriette Lannes. Allieva di G. I. Gurdjieff, 2007, Psiche
Commenti
Cosa leggere di Gurdjieff?
Libri di Gurdjieff
Frammenti di un insegnamento sconosciuto. ...
La vita è reale solo quando «Io sono» ...
L'Enneagramma di Gurdjieff: Il Geroglifico Universale: 402. ...
Incontri con uomini straordinari. ...
La quarta via. ...
Incontri con Gurdjieff. ...
La scala degli idioti di Gurdjieff. ...
I racconti di Belzebù a suo nipote.
Più di ogni altra cosa, egli è stato un maestro spirituale, tra i più influenti del ventesimo secolo.
Il suo insegnamento combina cristianesimo, sufismo e altre tradizioni religiose, in un sistema di tecniche psicofisiche, che cerca di favorire il superamento degli automatismi psicologici ed esistenziali che condizionano l'essere umano.
Le sue intuizioni sono frutto di un profondo studio condotto attraverso vere e proprie spedizioni condotte in Oriente, durante le quali il maestro cercava, e spesso trovava, antichi insegnamenti da cui attingere consapevolezza e arricchire il proprio essere.
Nel libro Incontri con uomini straordinari Gurdjeff offre una grande testimonianza di ciò che ha visto e imparato grazie al confronto con la spiritualità e la cultura di uomini di diversa provenienza. Le sue esperienze in Oriente sono state mirabilmente offerte al pubblico grazie ai suoi libri, vere perle di saggezza per le persone occidentali, altrimenti poco avvezze a comprendere appieno i concetti fondamentali della spiritualità ed il suo ruolo nella vita.
L’insegnamento fondamentale di Gurdjieff (in comune con molti altri "maestri spirituali" di ogni epoca) si riassume in questo concetto: la vita umana viene vissuta in uno stato di veglia apparente, simile al sogno. Per trascendere lo stato di sonno (o di sogno) il maestro suggerisce di fare uno specifico lavoro su sé stessi, al fine di ottenere un livello superiore di vitalità e consapevolezza.
Ciò è possibile grazie a quella disciplina che egli chiama “quarta via”, ovvero un mix di tradizioni e culture che possono guidare l’uomo nel suo cammino di scoperta interiore.
Nella quarta via si uniscono la "via del Fachiro", ovvero il lavoro sul corpo; la "via del Monaco", lavoro sul sentimento; la "Via dello Yogi", lavoro sulla mente.
La cosa che, più di ogni altra, Gurdjeff non riusciva a spiegare in maniera plausibile, era l’assurdo (secondo la sua percezione) desiderio degli uomini di studiare qualsiasi cosa, tranne sé stessi. Secondo il suo pensiero, infatti, l’uomo deve conoscere prima sé stesso e il suo universo, per poter comprendere meglio anche altri mondi.
Le responsabilità di questa mancanza possono essere attribuite sia alla scienza che alla psicologia moderna: l’una troppo concentrata sullo studio di mondi piccoli e grandi, e l’altra fin troppo intenta a studiare l’uomo al di fuori del proprio universo. Non si può studiare l’uomo senza conoscere l’universo e viceversa.
La Quarta Via, attraverso un profondo cambiamento di coscienza e di studio su sé stesso, permette all’uomo, non solo di imparare di più, ma anche di essere di più.
Georges Ivanovitch GurdjieffNacque ad Alexandropol, in Russia, vicino alla frontiera persiana, nel 1877. La sua famiglia era di origine greca. Suo padre, allevatore di grandi mandrie, aveva ereditato la tradizione orale di un'antichissima cultura, e grazie a lui l'infanzia di G. I. Gurdjieff fu tutta impregnata di racconti e poemi di un lontano passato. Distintosi ben presto agli occhi dell'arciprete della cattedrale di Kars, egli fu anche in seguito guidato da uomini capaci di risvegliare in lui il gusto dei valori essenziali, e ricevette insieme una formazione scientifica moderna e una profonda educazione religiosa. Nella zona a sud del Caucaso, dove la mescolanza di vari popoli russi, greci, iraniani, tartari, armeni, porta all'incrocio di civiltà e costumi diversi, numerosi avvenimenti lo convinsero che in passato era esistita una conoscenza reale dell'uomo e della natura, la cui traccia era stata cancellata e tuttavia doveva ancora essere possibile ritrovarla. Tutta la sua esistenza fu orientata da tale convinzione, ed egli si prodigò a condividerla con uomini animati dal suo stesso desiderio di comprendere il senso della vita umana. Coi "Cercatori di Verità", che annoveravano fra l'altro geografi, archeologi e medici, G. I. Gurdjieff, superando inaudite difficoltà, riuscì ad entrare in contatto con alcune comunità isolate d'Africa, del Medio Oriente e dell'Asia Centrale, e a raccogliere in seno ad esse frammenti sparsi di un insegnamento tradizionale. Poi, sottomettendosi al fuoco delle più rigorose discipline interiori, riuscì a viverli e a ricostruire per sé l'unità della conoscenza che cercava. Nel 1912, un uomo completamente diverso sbarca in Europa. Un nuovo compito lo attende: dove trovare i mezzi con cui trasmettere questa conoscenza, creando le condizioni in cui altri possano farne a loro volta l'esperienza. Ha circa quarant'anni. A Mosca prima, poi a Pietroburgo, intorno a lui si formano gruppi di uomini in ricerca. Uno dei suoi primi allievi, P. D. Ouspensky, avrebbe in seguito testimoniato, nel libro "Frammenti di un insegnamento sconosciuto", del valore di quello che Gurdjieff portava: "Non si tratta di un mosaico, come sono tutti gli altri sistemi filosofici, ma di un tutto indivisibile". La guerra prima, poi la rivoluzione, lo spinsero a spostare in Francia la sua residenza. Egli vi si stabilì nel 1922 al Prieuré di Avon, vicino a Fontainebleau, dove raccolse numerosi allievi, specialmente inglesi e americani. Nel 1924 un grave incidente d'automobile lo costrinse a cambiare l'orientamento della sua attività; ed egli decise di scrivere una serie di opere, e di tenere al suo fianco solo un piccolissimo gruppo di allievi. Morì il 29 ottobre 1949 all'Ospedale Americano di Neuilly; ma il suo pensiero era stato trasmesso e la conoscenza per cui egli aveva lottato continuava a vivere.
Per approfondimenti:
- Consigliamo la lettura dell’articolo “Guénon, Gurdjieff, Crowley e Castaneda” presente nella rubrica Riflessioni sell’Esoterismo a cura di Daniele Mansuino.
- Inoltre: G. I. Gurdjieff - Incontro con un uomo straordinario di Walter Catalano.
La vita reale
Gurdjieff Georges I., 2010, Europa Libri (Roma)
La vita è reale solo quando «Io sono»
Gurdjieff Georges I., Neri Pozza, 2006
Incontri con uomini straordinari
Gurdjieff Georges I., 1993, Adelphi
I racconti di Belzebù a suo nipote
Gurdjieff Georges I., 2009, Neri Pozza
Nunzio del bene venturo. Primo appello all'umanità contemporanea
Gurdjieff Georges I., 2003, Astrolabio Ubaldini
Testi su Gurdjieff
Georges Ivanovitch Gurdjieff, 2002, Riza
Gurdjieff. Vita e opere di un uomo straordinario
Maggi Luigi, 2006, Crisalide
Gurdjieff. Le sue tecniche e la conoscenza di sé
Maggi Luigi, 2006, Re Nudo
Le pratiche di Gurdjeff. Esercizi, rituali e danze sacre per sviluppare la consapevolezza
Martin Bruno, 2011, Edizioni Mediterranee
Gurdjieff. Un nuovo mondo
Bennett John G., 1981, Astrolabio Ubaldini
Gurdjieff e Orage. Fratelli in Elisio
Beekman Taylor Paul, cur. De Turris G., 2004, Edizioni Mediterranee
Gurdjieff e le donne del gruppo della Cordata
Patterson William P., 2012, La Tartaruga
Gurdjieff e la psicosintesi
Guidi Fabio, 2013, Galassia Arte
G. I. Gurdjieff e la presa di coscienza
Claustres Solange, 2007, Edizioni Mediterranee
George I. Gurdjieff: danze sacre per il ben-essere
Cara Giampiero, cur. Ferri B., 2003, Venexia
Daddy Gurdjieff. Alcuni ricordi inediti
Stjernvall Nicolas de, cur. Zoccatelli P. L., 2007, Edizioni Mediterranee
Insegnamenti di Gurdjieff. Diario di un allievo
Nott Charles S., cur. Ass. italiana studi sull'uomo, 2012, Lantana Editore
Georges I. Gurdijeff e la sua eredità
Jones Constance A., 2005, Elledici
I miei anni con Gurdjieff. Storia di un incontro con un uomo straordinario
Peters Fritz, 2001, Adea
Incontri con Gurdjieff
Orage Alfred R., cur. Ponzetta F., 2012, AH!
Idioti a Parigi. Alla scuola di G. I. Gurdjieff. Diari 1949
Bennett John G., Bennett Elizabeth, 1996, Edizioni Mediterranee
Monsieur Gurdjieff
Pauwels Louis, 1986, Edizioni Mediterranee
La vera domanda vive. G. I. Gurdjieff un richiamo vivente
Tracol Henri, 2010, Psiche
L'inconoscibile Gurdjieff
Anderson Margaret, 2008, Gremese Editore
Tu l'amerai. Ricordi di G. I. Gurdjieff
Tchechovitch Tchesslav, 2005, Astrolabio Ubaldini
L'insegnamento di Gurdjieff
Walker Kenneth, 1976, Astrolabio Ubaldini
Un cuore senza limiti. Il lavoro di G. I. Gurdjieff con Madame de Salzmann
Ravi Ravindra, 2010, Psiche
La mia fanciullezza con Gurdjieff
Peters Fritz, 2003, SE
Il diario di madame Egout Pour Sweet con il sig. Gurdjieff a Parigi 1948-1949
Hands Rina, 2008, Psiche
La realtà dell'essere. La quarta via di Gurdjieff
Salzmann Jeanne de, 2011, Astrolabio Ubaldini
P. D. Ouspensky. Il genio nell'ombra di Gurdjieff
Lachman Gary, 2010, Edizioni Mediterranee
La comprensione dell'essere. Dagli insegnamenti di G. I. Gurdjieff
Orage Alfred R., 2001, Adea
Le sette chiavi del sentiero. Un nuovo modo di comprendere l'insegnamento di G.I. Gurdjieff
Timperanza Augusto, 2005, Edizioni Mediterranee
Battaglia per il presente. Diario di una esperienza. 1947-1967 secondo l'insegnamento lasciato da G. I. Gurdjieff
Thomasson Henri, 2010, Psiche
Studi sull'anima e sulla coscienza
Orage Alfred R., cur. Chioli D., 2007, Psiche
Luba Gurdjieff. Memorie al Prieuré con lo zio Gurdjieff
cur. Bear M.C., 2011, Psiche
Le vie mistiche. Gurdjieff, rumi e altre connessioni possibili
Basciano Fabrizio, 2012, Irfan
Servi d'amore. Da Giuda a Dante a Gurdjieff
Cenni Alessandro, 2010, Psiche
Ritorno al presente. Percorso di Henriette Lannes. Allieva di G. I. Gurdjieff, 2007, Psiche
IL MAGNETISMO DI GEORGES I. GURDJIEFF
Riflessione di Dario Lodi
Tuttora vivono e in qualche modo prosperano gli insegnamenti di Georges Ivanovic Gurdjieff (1877?-1949), filosofo, scrittore, mistico e maestro di danze armeno (pare sia stato il creatore di quella spettacolare danza dei dervisci, tanto cara, fra gli altri, al nostro Battiato). Gurdjieff, operante in varie località nel tempo e infine approdato nei pressi di Parigi, tramandava i suoi insegnamenti oralmente e li corredava con esibizioni musicali e danzanti permeate volutamente di misteriosofia: era una sorta di tributo all’ineffabile cui questo personaggio singolare ricorreva per cercare di familiarizzare con il soprannaturale.
Siamo, con lui, nei dintorni dell’ermetismo classico, reso “casalingo” da creazioni in sedicesimo di quella disciplina mentale e fisica tanto presente in ogni cerimonia trascendentale. Gurdjieff passò alla descrizione letteraria della sua formazione esoterica dopo aver subito un grave incidente automobilistico nel 1924, sicuramente nel timore che la sua lezione di vita potesse andare perduta. Il suo libro forse più importante (pubblicato postumo) è “Incontri con uomini straordinari”. Vi si narra con uno stile del tutto personale, ammantato di stilemi favolistici, tipici della letteratura orientale (basti pensare alle “Mille e una notte), dell’incontro fra il Nostro e molteplici, variegatissimi, personaggi, nel corso del suo apprendistato esistenziale. La lettura, semplice, naturale, è incantevole e sotto sotto impegnata.
Gurdjieff, in fondo, parla di esistenza: la vita individuale è al servizio della stessa, non può prevalere. D’altra parte, una comunione con il concetto esistenziale, con il tutto insomma, va a sostenere la stessa idea vitale, promuovendola a fatto primario e non secondario come è nella realtà tradizionale. Il mistico armeno raccomanda un’autoanalisi che porti alla coscienza di sé nella sua totalità, nel suo essere nell’essere. L’autoanalisi non è solo di tipo intellettuale, ma deve essere anche fisico, nel senso che il proprio corpo deve essere portato ad interagire con la mente.
Così facendo, il soggetto acquista una consapevolezza personale e arriva a comportarsi con convinzione vissuta, con scelta ben ponderata, nei confronti delle proprie idee e delle proprie azioni.
All’inizio del libro, Gurdjieff pone bene in evidenza la necessità di una conoscenza aperta della realtà in essere e da costruire, contrastando adeguatamente il sistema vigente che poggia sulla sola intelligenza mercantile. Nei pressi di Parigi, egli riuscì a resistere circa una decina di anni, poi dovette fare le valigie. Il problema economico era ormai irrisolvibile. Il suo “Istituto per lo sviluppo armonico del mondo” rimase tuttavia ben presente nell’immaginazione del tempo, dando vita a vari presidi, grazie soprattutto ai suoi allievi Henri Thomasson e Jeanne dei Salzmann (quest’ultima vissuta 101 anni, mostrando sino all’ultimo grande dedizione al maestro).
Nel 1945, dopo la guerra, Gurdjieff ridiede vita ad un intenso lavoro di proselitismo nel suo appartamento di Parigi: il proselitismo veniva spontaneo nel corso della sue lezioni. L’uomo era credibile, magnetico. Non disdegnava il ricorso ad un’ampia gamma esoterica, includendo qualcosa di alchemico: ma tutto era fatto in buona fede. Il libro citato trasuda di questa buona fede e trasmette un entusiasmo per la narrazione di fatti puntualmente mirabolanti (ma conta lo spirito, non il fatto in sé) che non è mai dozzinale. Personalità di spicco, anche italiane (Franco Battiato ad esempio), furono attratte dal suo felice magnetismo: fra esse, il grande architetto Frank Lloyd Wright, il regista teatrale Peter Brook (che dal libro cavò un film), lo sfortunato scrittore e filosofo René Daumal (morì a 36 anni per un’infezione polmonare), Katherine Mansfield, la maggiore scrittrice neozelandese.
Maura Gancitano e Andrea Colamedici parlano del filosofo, scrittore, mistico, musicista e maestro di danze armeno Georges Ivanovič Gurdjieff (Aleksandropol’, od. Gyumri, 1877 - Parigi 1949).
Gurdjieff è stato un personaggio molto controverso che ha fatto irruzione in Russia, poco prima della Rivoluzione del 1917, dove ha iniziato a creare spettacoli di danza e gruppi per trasmettere le conoscenze che aveva imparato nel corso dei suoi viaggi alla scoperta di tradizioni spirituali.
Gurdjieff sostiene che l’essere umano vive in una condizione di sonno, di totale inconsapevolezza, è tremendamente permaloso e irritabile e risponde meccanicamente ad ogni stimolo esterno, per cui è necessario svegliarlo, smascherando la sua falsa personalità, che nasconde la vera essenza e favorire un suo sviluppo armonico.
Gurdjieff è stato il più greco dei filosofi del XX secolo, un Socrate contemporaneo che ha creato una scuola in grado di scuotere profondamente l’essere umano. Il modo migliore per accedere al pensiero di Gurdjieff è il libro Frammenti di un insegnamento sconosciuto del suo allievo principale Pëtr Dem'janovič Uspenski.
Gurdjieff è riuscito a condensare una serie di tradizioni spirituali antiche, rendendole comprensibili alla limitatissima mente dell’uomo occidentale contemporaneo: la cosiddetta Quarta via. Era una filosofia che si imparava con “la carne”, perché prima ancora di essere un filosofo Gurdjieff era un maestro di danze e la danza era uno strumento con cui anticamente si trasmetteva la conoscenza.
L’essere umano è una macchina, diceva Gurdjieff, condizionata da influssi esterni, planetari, sociali, familiari che ci impediscono di essere quello che realmente siamo. Per questo è necessario riconoscere il nostro sonno, morire a noi stessi, risvegliarci e infine rinascere.
La conoscenza di questo sistema filosofico non è penetrata nell’ambiente filosofico, soprattutto italiano, per vari motivi: innanzitutto perché lui stesso rifiutava i canoni della conoscenza accademica, anzi si definiva un “imbroglione sacro”, sebbene da lui andassero moltissimi personaggi dell’ambiente culturale europeo, ma soprattutto perché il suo pensiero è rimasto ancorato all’ambiente di chi faceva parte della sua scuola, un ambiente spirituale che non aveva alla base una consapevolezza logico razionale.Gurdjieff, invece, voleva mettere insieme la parte intellettuale, quella emozionale e quella istintivo motoria dell’uomo, per cui l’intelligenza razionale lungi dall’essere qualcosa da eliminare costituiva un prezioso strumento e il rischio di tante scuole che si definiscono gurdjieffiane è proprio quello di ignorare la conoscenza razionale e filosofica.
Oggi molte delle teorie di Gurdjieff sono confermate dagli esperimenti delle neuroscienze, come quella della frammentarietà degli io e da questo punto di vista può essere molto utile oggi studiare il suo pensiero.
La maggiore influenza di Gurdjieff c’è stata sull’arte, in particolare sulla musica, si pensi alle opere di Franco Battiato, di Keith Jarrett, di Robert Fripp e sul teatro, ad esempio, gli studi di Jerzy Grotowski e Peter Brook, perché è stato molto più facile accogliere la parte pratica del suo insegnamento e non portare avanti le riflessioni teoriche che sono però altrettanto valide, perché ci mettono di fronte alla nostra condizione di sonno e a quello che possiamo diventare attraverso un percorso di evoluzione.
Andrea Colamedici è filosofo, editore, regista e attore teatrale. Insegnante di filosofia per bambini, ha tradotto testi di Alejandro Jodorowsky, E. J. Gold e Stanislav Grof. È l’ideatore di Tlon.
Insieme a Maura Gancitano ha scritto Tu non sei Dio (2016), Lezioni di Meraviglia (2017), La Società della Performance (2018), Liberati della brava bambina (Harper Collins 2019) e Prendila con Filosofia (HarperCollins 2021). Insieme conducono per Audible i podcast Scuola di Filosofie e Audible Club (primo club degli audiolibri italiano), e sono gli ideatori della Festa della Filosofia e delle maratone online Prendiamola con Filosofia.
Gurdjieff, maestro spirituale dalla personalità multiforme e sconcertante, emissario della Fratellanza Sarmoung con il compito di seminare una nuova civiltà planetaria per il Terzo Millennio, sintesi dell'incontro tra Oriente e Occidente, ha affidato ad un libro, I racconti di Belzebù al suo piccolo nipote, l'eredità e la continuità del suo insegnamento per lanciare ai posteri un prezioso talismano il "diamante grezzo" accuratamente nascosto tra le righe.
Il suo insegnamento, le cui fonti possono rinvenute nella tradizione esoterica di religioni quali il Cristianesimo, il Buddhismo e l'Islamismo, è rivolto a tutti senza distinzione e poggia sulla consapevolezza che il pianeta Terra rischia la catastrofe e così l'uomo, che ne sfrutta le risorse...
Le Danze Sacre di Gurdjieff
Le Danze sono esercizi specificamente creati per indurre uno stato di presenza.
Sono costituite da sequenze di posizioni ben precise, generalmente inusuali. Spesso succede che le varie parti del corpo debbano muoversi secondo ritmi asincroni.
L'apprendimento è particolarmente interessante per i musicisti, e per coloro che già praticano danza, arti marziali, o altro lavoro sul corpo.
Tuttavia i Movimenti non richiedono doti fisiche particolari, o esperienza precedente, ma piuttosto la presenza costante del danzatore. Essi domandano, ed allo stesso tempo favoriscono, l'armonia tra il centro fisico, il centro mentale, ed il centro emozionale.
Per gli spettatori, le Danze sono avvincenti e molto belle.
Origine delle danze
Gurdjieff è un mistico armeno che ha vissuto a cavallo tra i due secoli. Nei suoi viaggi in cerca del 'miracoloso' e della 'verità', raccolse le Danze da vari ordini sufi, da monasteri cristiani e tibetani, da popolazioni del deserto.
Gurdjieff insegnò queste danze, più altre di sua ideazione, perché i movimenti servissero a due scopi.
Il primo scopo è l'armoniosa evoluzione dei danzatori stessi: riequilibrare corpo-mente-emozioni, e quindi raggiungere un nuovo livello delle funzioni umane.
Il secondo scopo è la trasmissione: rivelare l'esperienza di un'altra dimensione di conoscenza della realtà e dell'energia universale, in connessione con quanto generazioni remote già sapevano, ed hanno voluto tramandare attraverso le Danze.
Perchè le danze
Per la vita di tutti i giorni il nostro corpo utilizza un repertorio di trecento o quattrocento movimenti soltanto. Questi gesti abituali non sono scelti consapevolmente ma dipendono dal paese, dall'epoca in cui si vive, dal mestiere che si esercita, eccetera.
Così come il corpo, anche la nostra mente e i nostri sentimenti hanno un repertorio assai ristretto.
"E' un'illusione quella che i nostri movimenti siano volontari: in realtà essi sono automatici. I nostri pensieri e sentimenti sono ugualmente automatici."
G.I. Gurdjieff
Nel 1910 Gurdjieff portò questo sistema in Russia. Trasformò la conoscenza orientale e le esperienze acquisite in un linguaggio comprensibile all’uomo occidentale del XX secolo. Chiamò la sua disciplina la “Quarta Via”, una combinazione dei tre metodi tradizionali del Fachiro, del Monaco e dello Yogi (per saperne di più de La Quarta Via). Tuttavia la rivoluzione bolscevica e la prima guerra mondiale costrinsero Gurdjieff a emigrare e a stabilirsi in Francia, dove fondò “l’Istituto per lo Sviluppo Armonico dell’Uomo”. L’influenza di Gurdjieff si diffuse in tutta Europa e persino in America ma la situazione sociale in declino e la seconda guerra mondiale gli impedirono di istituzionalizzare ulteriormente la sua organizzazione. Fu costretto così a chiudere l’istituto e a dedicarsi nell’ultimo periodo della sua vita alla scrittura dei seguenti libri: La Vita Reale, Del Tutto e di Tutto, Incontri con Uomini Straordinari eI Racconti di Belzebù a suo Nipote.
Morì in Francia il 29 ottobre 1949.
Gurdjieff Angkor Wat
Tempio di Angkor Wat
Gurdjieff non parlava molto delle origini del suo insegnamento. Non sentiva il bisogno di rivelare il suo percorso. Non solo sosteneva che le guerre avevano cancellato ogni traccia delle scuole con le quali era venuto in contatto ma che il suo insegnamento non era destinato allo studio accademico, bensì alla trasformazione della conoscenza in pratica. Gurdjieff stesso aveva lavorato duramente per acquisire quell’insegnamento e in tal modo se ne era guadagnato, per così dire, i diritti. Tali diritti dovevano essere conquistati di nuovo da chiunque incontrasse il lavoro gurdjieffiano per la prima volta. Se la conoscenza poteva essere donata, il sapere doveva essere guadagnato. Quindi Gurdjieff, che aveva sacrificato molto per ottenere la sua di saggezza, era riluttante a trasmetterla ad altri se non al prezzo del loro duro lavoro. Per ogni individuo, una volta conquistata, la conoscenza sarebbe diventata sua e lui stesso sarebbe divenuto una di quelle antiche verità, presumibilmente riscoperte da Gurdjieff, la reiterazione di una saggezza antica, l’espressione contemporanea di una verità senza tempo. Gurdjieff era un agente di questa Grande Arca nel ventesimo secolo e trasmetteva a chi gli stava attorno la chiara impressione di avere una missione. Non solo ai suoi studenti, ma anche a persone al di fuori della sua cerchia di influenza diretta, sembrava che fosse un agente facente parte di un piano ben più ampio. In gioventù, questo senso di missione irradiò dalla “ricerca del miracoloso” che lo aveva spinto a viaggiare in Grecia e in Egitto nell’Occidente, in Afghanistan e in Tibet in Oriente. Dal 1910, questo stesso scopo si connesse alla visione dell’Istituto che, nel 1917, fu chiamato con il nome completo di Istituto per lo Sviluppo Armonico dell’Uomo. Dal 1912 Gurdjieff pose l’obiettivo della creazione dell’Istituto al di sopra di ogni altro scopo pratico fino al momento del suo incidente e della conseguente chiusura del Prieuré. Allora riversò questo senso di missione nei suoi scritti (i tre volumi di Del Tutto e di Tutto) e alla formazione di gruppi di individui, in Europa e in America, in grado di preparare il pubblico ad accogliere queste opere. Dopo il 1925 si sforzò di mettere in parole quello che aveva sperato di mettere in atto, credendo che le sue opere letterarie sarebbero poi state lette e comprese da un vasto pubblico.
eADV
Potremmo avere un approccio totalmente scientifico, ci ritroveremmo allora ad usare termini quali filosofo, oppure psicologo od esoterico, od ancora scrittore o compositore musicale. Tuttavia ci sarebbe anche la possibilità di lasciare da parte la scienza e seguire una strada più facile, più emotiva. Potremmo adoperare qui accezioni più ampie quali studioso dell'essere umano, o stregone esoterico, o persona dotata di particolari poteri e capace di chissà quali diavolerie.
È irrilevante perdersi nel cercare quale, tra le soluzioni possibili, è quella più adeguata e consona nell'intraprendere una elaborazione di ciò che questo individuo è stato capace di trasmettere.
Intraprendere un' analisi biografica e filosofica della vita e del pensiero di Gurdjieff, senza scendere in inutili enfatismi ed insicure proiezioni soggettive, lasciando lontana la ricerca spasmodica di miti e di demoni, sposando un atteggiamento di assoluto rispetto, è forse la via più giusta da seguire.
Certo, una puntualizzazione è necessaria: si richiede una “predisposizione ad avere una mente ed uno spirito critico” per tentare di comprendere la vita e le idee diffuse da Georges Ivanovitch Gurdjieff, perchè sicuramente i suoi principii riguardanti l'essere umano e la sua condizione vita in genere, nel pianeta Terra, non hanno apparentemente intersezioni comuni con nessun altro uomo di scienza del XIX secolo.
Armeno della parte caucasica, di origine greca, incarna nella sua inconoscibile personalità l'ultimo grande Maestro comparso in Occidente. Per Maestro si intende l'uomo, che con la sua carica emotiva, attua il carisma che detiene innato nell'esposizione delle sue idee, in virtù delle quali rende vivo un pensiero oggettivamente riconosciuto dalla massa.
Precisamente, Maestro è chi guida una scuola, o addirittura chi erige una scuola. Senza dubbio per Gurdjieff la scuola è stata una costante della sua esistenza. Ne risulta infatti che dopo la prima fase della sua vita votata alla ricerca ed all'apprendimento della conoscenza, intesa come l'antica conoscenza umana, in quasi tutti i territori del continente asiatico, in particolar modo l'India, il Tibet e la parte sud caucasica della Russia, si sia concentrato nel provare a distribuire il suo sapere al mondo Occidentale.
Qui, per più di trent'anni ha lottato all'interno del sistema Europeo sconvolto dai vari fenomeni politici, ed ha fatto della sua scuola, Lo Sviluppo Armonico dell'uomo, un strumento ed un mezzo per sopravvivere fuori dalle ipocrisie, all'insegna della determinazione e del lavoro, enfatizzando assiduamente una imprescindibile attività psicologica finalizzata a solidificare in ogni momento il ricordo di noi stessi. Creare scuole, gruppi di lavoro, cercare sedi e strutture adatte per erigere il suo Istituto, è stato per Gurdjieff il solo scopo del suo percorso; il sistema della Quarta Via trova infatti la sua espressione nel lavoro del Maestro con il gruppo, perchè l'uomo per cercare la Via della comprensione, da solo non può far niente, ha bisogno di una guida dotata di un grado di consapevolezza superiore. Il saper guardare ogni singolo giorno della vita di Gurdjieff rappresenta forse l'aporia più vicina alla sua concettualizzazione di scuola.
Fece la sua presenza in Europa intorno al 1913, dopo che per tutta la sua giovinezza numerosi avvenimenti lo convinsero che in passato era esistita una conoscenza reale dell'uomo e della natura, la cui traccia era stata cancellata e che tuttavia, doveva ancora essere possibile ritrovarla.
Gurdjieff nasce in una data imprecisata che oscilla tra il 1866 e il 1877 (i biografi, pur senza sicurezza, preferiscono la data del 1866) nella città di Alexandropol (oggi chiamata Gyumri, nell’attuale Armenia) da padre greco e madre armena. Il padre – prima commerciante di legname e poi falegname – è anche un cantastorie, e questa tradizione di poesia orale influenza il figlio. Dopo che la famiglia si è trasferita a Kars, Gurdjieff è educato da sacerdoti ortodossi e prende in considerazione a sua volta il sacerdozio. Non è questa peraltro la sua via, e a partire dal 1884 comincia a esplorare altre tradizioni spirituali, in particolare quella sufi. Fra il 1887 e il 1907 si situano i “vent’anni mancanti” nella biografia di Gurdjieff. Si sa che con altri amici forma un gruppo chiamato dei “Cercatori della verità”, compie numerosi viaggi che lo portano dal Medio Oriente all’India, dall’Asia Centrale al Tibet, visitando monasteri e centri religiosi, e cercando una misteriosa “Confraternita di Sarmoung”, di cui aveva trovato un riferimento nel 1886. Più tardi, di questi anni sarà dato conto nel volume autobiografico Incontri con uomini straordinari, un testo che certamente ha in parte un significato simbolico e metaforico piuttosto che fattuale.
Nel 1907 Gurdjieff è a Tashkent, dove inizia a insegnare “scienze soprannaturali”. Nel 1912 nasce il primo gruppo di Mosca, seguito nel 1913 da un altro a San Pietroburgo. Sempre nel 1912 Gurdjieff legge con interesse il Tertium Organum, una complessa opera sulla natura dell’universo pubblicata, nel 1911, dallo scrittore Piotr Demianovich Ouspensky (1878-1947). Nel 1915, Gurdjieff accetta Ouspensky come allievo a Mosca. Nel 1916 e 1917 entrano nel gruppo anche il compositore Thomas Alexandrovich de Hartmann (1885-1956) e sua moglie Olga Arkadievna de Hartmann (1885-1979). La rivoluzione russa travolge il piccolo gruppo, che si riforma nel luglio 1917 nel Caucaso, a Essentuki, spostandosi poi ripetutamente in altre località fra cui Tiflis (oggi Tbilisi), in Georgia. Qui nel 1919 Gurdjieff incontra l’artista Alexandre Gustav Salzmann (1874-1934) e la moglie Jeanne Matignon de Salzmann (1889-1990), che aveva studiato danza sotto la guida di Émile Jaques-Dalcroze (1865-1950), il creatore dell’euritmia. In collaborazione con Jeanne, Gurdjieff elabora i suoi “movimenti”, o danze sacre, che presenta per la prima volta a Tiflis nel giugno 1919. Nello stesso anno, a metà settembre, costituisce con i discepoli l’Istituto per lo Sviluppo Armonico (o Armonioso) dell’Uomo. Peggiorate le condizioni politiche in Georgia, nel 1920 Gurdjieff e l’Istituto si trasferiscono a Costantinopoli (oggi Istanbul), dove continuano dimostrazioni semi-pubbliche delle danze sacre. Nel 1920 Gurdjieff incontra a Costantinopoli il maggiore John Godolphin Bennett (1897-1974), che più tardi diventerà un suo allievo tanto brillante quanto incontrollabile e indipendente. L’interesse per l’Istituto in Turchia è peraltro modesto; nel 1921 Gurdjieff e i discepoli si trasferiscono a Berlino, quindi visitano Londra (dove Ouspensky rimane in via definitiva).
Nel 1922 si stabiliscono in Francia nel castello del Prieuré a Fontainebleau-Avon, alle porte di Parigi. Poco dopo l’apertura, il Prieuré accetta come ospite permanente la celebre scrittrice neozelandese Katherine Mansfield (1888-1923). Ammalata di tubercolosi, la scrittrice muore l’anno seguente, e la stampa accusa l’Istituto – probabilmente del tutto a torto – di non averle prodigato cure adeguate.
«VI SONO PERIODI NELLA VITA DELL’UMANITÀ, CHE GENERALMENTE COINCIDONO CON L’INIZIO DEL DECLINO DELLA CIVILTÀ, IN CUI LE MASSE PERDONO IRRIMEDIABILMENTE LA RAGIONE E SI METTONO DISTRUGGERE TUTTO CIÒ CHE ERA STATO CREATO IN SECOLI E MILLENNI DI CULTURA. QUESTI PERIODI DI DEMENZA, CHE SPESSO COINCIDONO CON CATACLISMI GEOLOGICI, PERTURBAZIONI CLIMATICHE ED ALTRI FENOMENI DI CARATTERE PLANETARIO, LIBERANO (DISPERDONO) UNA GRANDISSIMA QUANTITÀ DI QUESTA MATERIA DI CONOSCENZA» (P.D. OUSPENSKY, FRAMMENTI DI UN INSEGNAMENTO SCONOSCIUTO, 1976).
In tali circostanze è necessario un lavoro di recupero: combattere contro lo spreco della conoscenza.
L’idea di fondo di Gurdjieff descrive l’individuo come diretto responsabile dei diversi fenomeni del mondo comprese le conseguenti dinamiche che includono il propagarsi, smistarsi e trasformarsi della conoscenza. Quest’ultima assume, nell’idea di Gurdjieff, tutte le caratteristiche della materialità ed è quantitativamente limitata al pari di un panetto di burro, limitata in un certo tempo e in un certo spazio. Essa «non può appartenere a tutti e non può appartenere a molti» (ibid.) poiché come ogni altra cosa finita, se divisa eccessivamente non garantisce un effetto positivo sufficiente; anzi, contrariamente a quanto ci possiamo aspettare, essa può avere degli effetti nefasti a causa della propria insufficienza e incompletezza.
Non bisogna pensare, tuttavia, che la conoscenza non sia concessa alle persone in virtù di questo principio: non vi è alcun meccanismo “contro giustizia” che possa creare un accentramento di conoscenza nelle mani di pochi. Piuttosto, la realtà è che molte persone rifiutano e trascurano la parte di conoscenza che gli è assegnata per i bisogni della vita. Non v’è inoltre alcun sapere segreto e inaccessibile ma al contrario è tutto alla portata della volontà e disciplina, le quali consentono di avervi accesso. Scrive ancora Gurdjieff: «[…] un’analisi imparziale della vita dell’uomo medio, dei suoi interessi, di ciò che riempie le sue giornate, mostrerà immediatamente che è impossibile accusare gli uomini che posseggono la conoscenza di nascondere di non volerla trasmettere o di non desiderare di insegnare agli altri ciò che essi sanno» (ibid.).
Oggigiorno, probabilmente, la disinformazione globale trova in questa massiccia, estrema e sperticata diffusione di conoscenza un alleato importante: ognuno ha raccattato un pezzettino di sapere prevaricando i consueti sistemi di ricerca. Risultato: tante persone che sanno poco di tutto. E se in passato i complottismi e le dietrologie erano relegati nelle nicchie degli eventi, oggi sono più che palesi e diffusi, integrati nelle dinamiche sociali del nostro tempo, grazie anche ai nuovi mezzi di comunicazione.
Se il mondo, quindi, è capace di ingannare il giudizio e illudere gli uomini, diviene allora più importante essere maestri di se stessi e rendere possibile il proprio atto della conoscenza: in particolare, combatterne la dispersione incontrollata e imbelle; un vero e proprio spreco al quale noi stessi diamo adito smettendo di interessarci all’opinione avversa, smettendo di verificare e ricercare strenuamente la verità, smettendo di voler capire questa realtà sempre più complessa. Rimangono in pochi coloro che ottengono la conoscenza e si sforzano di non mutilare la propria capacità di ricerca e approfondimento; la conoscenza non può arrivare a chi non si sforza costantemente per raggiungerla. La nostra mente, tuttavia, non è un semplice vaso vuoto da riempire, ci ricordava Platone nel suo Simposio.
Se, in generale, bisogna accostarsi col più sottile discernimento e la più cauta accortezza all’opera e alla figura del “maestro di danze armeno”, in particolare, questo testo è, per alcuni aspetti, il più sfuggente, spiazzante, oracolare e insieme tecnico tra le opere in cui egli ha disseminato i suoi “frammenti di un insegnamento sconosciuto” (per evocare il titolo del fondamentale libro di P.D.Ouspensky dedicato all’incontro folgorante con Gurdjieff).
Parliamo di pagine in cui, più che mai, si avverte la tensione mistica di superare i limiti del linguaggio, nell’ardente desiderio di comunicare l’ineffabile.
(…)
Scontato questo cortocircuito, in primo luogo, dobbiamo provare a rispondere a una domanda da ben più di dieci milioni di dollari: chi era Gurdjieff?
Superficialmente, la risposta è semplice: era un filosofo, uno scrittore, un mistico, un compositore e un maestro di danze, di origine greco-armena, il cui insegnamento spirituale ha avuto un’enorme influenza sulla cultura del Novecento, ad esempio su intellettuali e artisti (solo per citare i più noti) come Katherine Mansfield, René Daumal, Pamela Lyndon Travers, Frank Lloyd Wright, Peter Brook, Keith Jarrett, Robert Fripp e Franco Battiato.
(…)
Un’altra, suggestive, definizione è quella proposta da Henry Miller: «Un incrocio fra uno gnostico e un dadaista».
Ma stiamo parlando di una figura che non solo sfugge, per antonomasia, a definizioni ed etichette, ma il cui insegnamento trova proprio nello smascheramento della falsa personalità uno dei suoi pilastri.
Dunque?
Come ha scritto intelligentemente Chiara Babuin su minimaetmoralia:
«Chi era Gurdjieff? Un santo, un cialtrone, uno sciamano, un imbroglione? Un mistico guardiano di una Tradizione perenne o un volgare affabulatore? Dalle sue prime apparizione pubbliche, quindi da circa un secolo, ammirazione e sospetto, devozione e calunnia si alternano e mescolano, contribuendo a creare uno dei ritratti più controversi e contraddittori della spiritualità novecentesca. Certo, superficialmente il “maestro di danze armene” sembra avere il physique du rôle del falso guru: carismatico, misterioso, a tratti triviale, disinvolto e abile con i soldi, abile ipnotista e genio della seduzione dialettica. Eppure, a uno studio più approfondito e a uno sguardo non del tutto velato da condizionamenti, la sostanza dei suoi insegnamenti si rivela coerente e integrata con il cuore della pratica sufi e di quello che lui chiamava “cristianesimo esoterico”. Ma, nel caotico miscuglio di attribuzioni fantasiose e versioni apocrife dei suoi metodi, come fare chiarezza?.»
Personalmente, consiglio la guida affidabile ed esperta di Alessandro Boella e Antonella Galli, che nel libro L’insegnamento di G. I. Gurdjieff e le sue origini (Edizioni Tlon) offrono un’introduzione densa quanto filologicamente rigorosa a coloro che desiderano accostarsi a una delle figure più carismatiche e misteriose della ricerca spirituale del Novecento.
I due studiosi affermano con autorevole ponderatezza che Gurdjieff
«portò con sé un insegnamento che oltrepassava tutti quelli che allora si conoscevano pubblicamente in Europa, e nel quale la nuova concezione delle leggi che governano l’universo, l’analisi della reale condizione psiclogica dell’uomo e l’azione nel mondo fisico diretta verso la realizzazione della possibilità di una coscienza cosmica oggettiva sono le basi per la trasformazione cosciente dell’uomo nuovo, che deve sviluppare tutte le possibilità latenti in sé; è difficile valutare quanto i suoi discepoli ne siano stati effettivamente trasformati, ma sicuramente i risultati del suo insegnamento ebbero un’influenza capitale su molteplici manifestazioni del pensiero del xx secolo..».
Gurdjieff nasce in una data imprecisata che oscilla tra il 1866 e il 1877 (i biografi, pur senza sicurezza, preferiscono la data del 1866) nella città di Alexandropol (oggi chiamata Gyumri, nell’attuale Armenia) da padre greco e madre armena. Il padre – prima commerciante di legname e poi falegname – è anche un cantastorie, e questa tradizione di poesia orale influenza il figlio. Dopo che la famiglia si è trasferita a Kars, Gurdjieff è educato da sacerdoti ortodossi e prende in considerazione a sua volta il sacerdozio. Non è questa peraltro la sua via, e a partire dal 1884 comincia a esplorare altre tradizioni spirituali, in particolare quella sufi. Fra il 1887 e il 1907 si situano i “vent’anni mancanti” nella biografia di Gurdjieff. Si sa che con altri amici forma un gruppo chiamato dei “Cercatori della verità”, compie numerosi viaggi che lo portano dal Medio Oriente all’India, dall’Asia Centrale al Tibet, visitando monasteri e centri religiosi, e cercando una misteriosa “Confraternita di Sarmoung”, di cui aveva trovato un riferimento nel 1886. Più tardi, di questi anni sarà dato conto nel volume autobiografico Incontri con uomini straordinari – da cui il regista Peter Brook ricaverà l’omonimo film, nel 1978 –, un testo che certamente ha in parte un significato simbolico e metaforico piuttosto che fattuale.
Nel 1907 Gurdjieff è a Tashkent, dove inizia a insegnare “scienze soprannaturali”. Nel 1912 nasce il primo gruppo di Mosca, seguito nel 1913 da un altro a San Pietroburgo. Sempre nel 1912 Gurdjieff legge con interesse il Tertium Organum, una complessa opera sulla natura dell’universo pubblicata, nel 1911, dallo scrittore Piotr Demianovich Ouspensky (1878-1947). Nel 1915, Gurdjieff accetta Ouspensky come allievo a Mosca. Nel 1916 e 1917 entrano nel gruppo anche il compositore Thomas Alexandrovich de Hartmann (1885-1956) e sua moglie Olga Arkadievna de Hartmann (1885-1979). La rivoluzione russa travolge il piccolo gruppo, che si riforma nel luglio 1917 nel Caucaso, a Essentuki, spostandosi poi ripetutamente in altre località fra cui Tiflis (oggi Tbilisi), in Georgia. Qui nel 1919 Gurdjieff incontra l’artista Alexandre Gustav Salzmann (1874-1934) e la moglie Jeanne Matignon de Salzmann (1889-1990), che aveva studiato danza sotto la guida di Émile Jacques-Dalcroze (1865-1950), il creatore dell’euritmia.
In collaborazione con Jeanne, Gurdjieff elabora i suoi “movimenti”, o danze sacre, che presenta per la prima volta a Tiflis nel giugno 1919. Nello stesso anno, a metà settembre, costituisce con i discepoli l’Istituto per lo Sviluppo Armonico (o Armonioso) dell’Uomo. Peggiorate le condizioni politiche in Georgia, nel 1920 Gurdjieff e l’Istituto si trasferiscono a Costantinopoli (oggi Istanbul), dove continuano dimostrazioni semi-pubbliche delle danze sacre. Nel 1920 Gurdjieff incontra a Costantinopoli il maggiore John Godolphin Bennett (1897-1974), che più tardi diventerà un suo allievo tanto brillante quanto incontrollabile e indipendente. L’interesse per l’Istituto in Turchia è peraltro modesto; nel 1921 Gurdjieff e i discepoli si trasferiscono a Berlino, quindi visitano Londra (dove Ouspensky rimane in via definitiva).
Georges Ivanovič Gurdjieff fu un filosofo e scrittore d’origine armena, oltre che un maestro di danza. Le sue teorie combinano in un sistema di tecniche piscologiche e fisiche il sufismo e componenti di altre religioni, al fine di ottenere il superamento di quegli automatismi psicologico-esistenziali che condizionano la vita dell'essere umano.
Secondo Gurdjieff la vita umana viene vissuta in uno stato mentale di veglia apparente simile al sogno e per ottenere uno stato di maggiore vitalità egli elaborò teorie secondo cui era necessario effettuare un lavoro su se stessi che comportava il raggiungimento di uno stato di isolamento mentale e di calma pressoché assoluta; da lì poteva partire poi il confronto con gli altri esseri umani. Fondò una vera e propria scuola per lo sviluppo spirituale (l’Istituto per lo Sviluppo Armonico dell’Uomo), mentre si concentrò anche sull’insegnamento di danze sacre ed in Asia (Medio Oriente, India, Tibet) venne a contatto con diverse tradizioni spirituali.
Gurdjieff fu attivo anche in Europa, particolarmente in Francia, mentre in Germania tenne nel 1921 la sua prima conferenza europea. Le “sue” danze sacre ottennero interesse anche negli Stati Uniti e dal 1945 egli volle trasmettere la propria opera al fine di riunire i propri seguaci sparsi nel mondo. Morì però nel 1949 negli Usa.
Opera di rilievo realizzata da Gurdjieff è la classificazione delle tradizioni spirituali, secondo la quale esistono quattro “vie” così riassunte:
• 1a via, “Via del Fachiro”, si fonda su un lavoro corporeo;
• 2a via, “Via del Monaco”, comprende un lavoro basato sul sentimento;
• 3a via, “Via dello Yogi”, riguardante il lavoro fatto sulla mente;
• 4a via, “Via dell’Uomo Astuto”, mira ad armonizzare tutte le parti costituenti dell’uomo.
Secondo Gurdjieff risulta comunque difficile per l’uomo occidentale l’osservanza di queste vie spirituali, poiché è troppo preso dal ritmo della società e non riesce a dedicarvisi come dovrebbe per realizzare una condizione ideale su se stesso.
In particolare, la Quarta Via introduce all’apprendimento di un antico sapere attraverso cui l’uomo, addormentato, può risvegliarsi dal torpore spirituale di cui è vittima, iniziando a riscoprire se stesso e a rinascere intimamente, ottenendo così una nuova dimensione interiore.
Pëtr Demianovič Uspenskij, filosofo russo, descrive in questo modo la Quarta Via individuata da Gurdjieff:
«La Quarta Via è diversa dalle altre tre vie perché la richiesta principale che viene fatta ad un uomo è quella di comprendere. Un uomo non deve fare nulla che non abbia compreso, ad eccezione di esperimenti sotto la supervisione diretta del maestro. Più un uomo comprende che cosa sta facendo, maggiori saranno i risultati dei suoi sforzi. Questo è un principio fondamentale della Quarta Via. Il risultato del lavoro è proporzionale alla consapevolezza del lavoro. Nessuna fede è richiesta nella Quarta Via; al contrario la fede di ogni tipo è opposta alla Quarta Via, nella Quarta Via un uomo deve soddisfare se stesso con la verità di quello che è detto, e fino a che non è soddisfatto non deve fare nulla».
Gurdjieff fu però anche accusato di torture verso i propri discepoli e secondo alcuni egli emanava una forza oscura; ad ogni modo anche Stalin fu attratto dalle posizioni di Gurdjieff e maturò un certo interesse per le pratiche di occultismo, intrattenendo relazioni anche con Michail Afanas'evič Bulgakov, scrittore, drammaturgo e occultista.
L’influenza del suo pensiero è giunta sino in Sud America, dove alcuni collegi hanno ripreso le sue posizioni sia in Venezuela che in Bolivia e in Cile. Gurdjieff è noto anche per aver ideato un lavoro di gruppo da svolgere insieme ai discepoli per raggiungere una piena consapevolezza e conoscenza, oltre che mentale, anche fisica di se stessi.