TECNICHE PER SOSPENDERE EMOZIONI O PENSIERI LOGORANTI + ATTINGERE ENERGIA DAL SOLE + LA MORTE CONSIGLIERA + CANCELLARE LA STORIA PERSONALE
Per sospendere emozioni logoranti come la rabbia, la gelosia e simili, il procedimento è semplice, benché richieda disciplina e un minimo di energia disponibile. La chiave sta nei pensieri, che sono il requisito necessario perché l'emozione si produca.
Le tecniche funzionano con ogni tipo di emozione debilitante.
Le varie tecniche si dividono in due gruppi: il primo è orientato a sospendere il dialogo interno, che è la tecnica per eccellenza. Per coloro che non hanno l'energia e/o la pratica necessaria per riuscirci, il secondo gruppo propone la modifica del dialogo interno.
RICERCA DEL SILENZIO INTERIORE
Praticare una qualsiasi delle tecniche contenute nella sezione dedicata alla sospensione del dialogo interno (capitolo VI, libro "Gli Insegnamenti di Don Carlos", di Victor Sanchez.).
Le varie tecniche si dividono in due gruppi: il primo è orientato a sospendere il dialogo interno, che è la tecnica per eccellenza. Per coloro che non hanno l'energia e/o la pratica necessaria per riuscirci, il secondo gruppo propone la modifica del dialogo interno.
RICERCA DEL SILENZIO INTERIORE
Praticare una qualsiasi delle tecniche contenute nella sezione dedicata alla sospensione del dialogo interno (capitolo VI, libro "Gli Insegnamenti di Don Carlos", di Victor Sanchez.).
Modifica del dialogo interno
Cambiare i pensieri logoranti in uno dei seguenti modi:
- Senza cercare di cambiarne il contenuto, pensarli in rima.
- Farne una canzone.
- Pensarli al rovescio.
- Pensarli in una lingua che non ci sia familiare.
- Pensarli attribuendo un numero ad ogni lettera, sommando poi lettere e parole per conoscere il risultato numerico dei propri pensieri.
- Ripetere le tabelline di moltiplicazione.
- Ripetere una preghiera di una religione che non sia la propria.
- Pensarli imitando lo stile di qualche comico televisivo.
- Inventarsi le proprie varianti.
Cambiare i pensieri logoranti in uno dei seguenti modi:
- Senza cercare di cambiarne il contenuto, pensarli in rima.
- Farne una canzone.
- Pensarli al rovescio.
- Pensarli in una lingua che non ci sia familiare.
- Pensarli attribuendo un numero ad ogni lettera, sommando poi lettere e parole per conoscere il risultato numerico dei propri pensieri.
- Ripetere le tabelline di moltiplicazione.
- Ripetere una preghiera di una religione che non sia la propria.
- Pensarli imitando lo stile di qualche comico televisivo.
- Inventarsi le proprie varianti.
TECNICA PER IL RISPARMIO DI ENERGIA E IL BENESSERE
Praticare strettamente, per un periodo di tre giorni o più una regola d'oro: non criticare, non condannare, non lamentarsi.
Passato questo periodo, se ne può iniziare un altro, o lasciar trascorrere un po' di tempo prima di ricominciare.
TECNICA DEL SILENZIO
Dato che molte delle nostre abitudini logoranti sono in rapporto con il parlare, interrompere queste attività normalmente risulta molto benefico, specialmente per i chiacchieroni. Si raccomanda di essere molto attivi e di entrare il più possibile in relazione con altre persone (parlatori o meno) durante l'esecuzione della tecnica.
Dato che molte delle nostre abitudini logoranti sono in rapporto con il parlare, interrompere queste attività normalmente risulta molto benefico, specialmente per i chiacchieroni. Si raccomanda di essere molto attivi e di entrare il più possibile in relazione con altre persone (parlatori o meno) durante l'esecuzione della tecnica.
ATTINGERE ENERGIA DAL SOLE
Potete Catturare l'energia del Sole sia al tramonto che all'alba... Le braccia vanno sollevate poco a poco, con le palme verso il sole, concentrandosi sulla sensazione di calore, nell'atteggiamento di ricevere energia.
L'esercizio si prolungherà fino al ricevimento di un "avviso" dal corpo, come per esempio una sensazione di catarsi, un'esplosione interna, un totale esaurimento, la sensazione di bruciare senza dolore, un'estasi, o qualsiasi altro tipo di sensazione soggettiva che ci fa capire di aver raggiunto la massima intensità.
Non ritirarsi dal luogo dell'esercizio finché la respirazione e le funzioni vitali non siano tornate completamente normali.
LA MORTE COME CONSIGLIERE
Quando vi sentite consumare dal vivere o che siete sul punto di crollare, ricordatevi della vostra morte.
La tecnica consiste nel prendersi un momento fuori dalla dinamica degli avvenimenti quotidiani, per verificare la situazione in cui ci troviamo alla luce della nostra morte imminente.
È specialmente utile nei momenti in cui l'importanza personale, in qualcuna delle sue varianti, si sta impossessando della nostra persona e del nostro momento. Quando ci stiamo compatendo, quando sentiamo che stiamo perdendo qualcosa di grande valore, quando sentiamo che ci offendono, quando proviamo rancore o desiderio di vendetta, quando ci stiamo aggrappando a qualcosa che in realtà abbiamo già perso, quando siamo meschini e ci neghiamo all'amore, quando abbiamo paura o non abbiamo il coraggio di agire come in fondo vorremmo. In momenti come questi, bisogna prendersi un istante per guardare gli occhi bui della morte e chiederle che ci consigli.
La morte elimina la meschinità e la paura e mette ogni cosa al suo posto, nella giusta prospettiva.
Allora potremo vedere che, confrontate dalla morte, anche le situazioni più tremende del mondo quotidiano, in realtà sono insignificanti.
Siamo vivi. La morte ci aspetta.
Questa è l'unica cosa che davvero importa. Il resto sono sciocchezze.
INTRODUZIONE AGLI ESERCIZI RELATIVI AL CANCELLARE LA STORIA PERSONALE
Ogni essere umano viene al mondo con determinate caratteristiche ereditate dai suoi antenati. Principalmente dai genitori, benché di fatto l'eredità venga da molto più indietro, includendo i nonni, i bisnonni e così via (l'influenza degli antenati tuttavia è tanto minore quanto più lontana è la generazione in questione).
I genitori ci trasmettono non soltanto la loro eredità biologica, ma anche un'eredità "energetica", quanta dipende da quanta energia possiedono e quanta ne cedono al nuovo essere al momento del concepimento.
Se la persona viene concepita con un alto grado di passione il nascituro viene alla luce "forte". Se al contrario la persona viene concepita in un alto livello di "civilizzazione" (sesso molto noioso), nascerà con un livello di energia molto basso.
Fortunatamente, l'eredità energetica non è l'unico fattore che determina il nostro livello di energia nella vita, ma conta molto anche la forma in cui la utilizziamo.
Così chi ha poca energia, ma la utilizza in maniera ottimale, si troverà sicuramente in una situazione migliore di chi possiede molta energia superflua e fuori controllo.
Chi è nato con poca energia, ma lavora per utilizzarla in modo adeguato (impeccabilità), necessariamente la incrementa.
Chi è nato con un alto livello energetico spesso diventa pigro e debole, a causa delle facilitazioni che tale livello gli offre.
In ogni modo non esiste una regola generale e il risultato dipende solo dallo sforzo personale di ciascuno, nessuno è condannato dalla sua nascita o dal suo passato, può cambiare l'uso della sua energia, restaurarla o incrementarla.
LA DESTRUTTURAZIONE DELL'EGO
I non-fare dell'io personale sono un'area specifica di lavoro, inclusa all'interno dell'area più grande dell'Agguato. Le sue mirano alla destrutturazione dell'ego individuale del guerriero e quindi della sua visione ordinaria del mondo, poiché, come già sappiamo, le due cose sono reciproche.
Si notano tre forme principali dì non-fare dell'io personale:
usare la morte come consigliera,
perdere l'importanza
cancellare la storia personale.
Tutte insieme, tendono a produrre quella che potremmo definire destrutturazione dell'ego. Tale destrutturazione, in chi ha lottato per ottenerla, è una porta verso la libertà, mentre nella vita della gente comune, che a volte vi giunge a causa di una forte crisi emotiva, può essere la porta della pazzia.
SCHIAVI DI UNA DESCRIZIONE
Quando dico ego, voglio significare tutto ciò a cui ci riferiamo quando pronunciamo la parola "io". L'ego più o meno sentiamo che si trova nella testa, dietro gli occhi, non è il mio corpo ", sentiamo il corpo ma qualcosa che "io" possiede e usa, per spostarsi, per mostrarsi agli altri e per varie altre cose. Per questo dico: il "mio" corpo. Non la mia energia, non si identifica col campo di energia che è il nostro essere e che si estende al di là dei limiti della nostra pelle. Come gente comune, non possiamo nemmeno concepire una cosa del genere, figuriamoci considerare questo campo parte dell`io".
Di cosa è fatto allora questo io? La risposta è assurda ma vera: di niente. Ecco alcune risposte tipiche di una persona normale:
- Bene, io, in realtà, come dire... ah, ecco! - Sono una persona molto sincera.
- Sono il figlio di mia madre. - Sono un buon marito.
- Sono un po' pigro.
- Sono timido con le donne.
- Sono, bla, bla, bla.
- Sono, eccetera, eccetera.
Esatto. L'ego è tutte queste cose. È questa descrizione. Precisamente. L'ego è una descrizione. Nient'altro. Parole, solo parole. Non ha una realtà specifica. O meglio, l'ego è una massa specifica di nulla, la cui quasi-realtà deriva dalla nostra insistenza nel comportarci come se fosse reale. La verità è che un essere umano non è nulla di ciò che è contenuto nella descrizione del suo ego, benché creda di esserlo e per quanto si comporta in accordo a quella descrizione.
Le sue abitudini, sono l'espressione attiva del contenuto della descrizione che si chiama ego: per provarlo basta praticare i non-fare dell'io personale. Praticando il non-fare ci si scopre capaci di realizzare una quantità enorme di azioni considerate impossibili dalla descrizione. E questa è certamente una buona notizia.
AGIRE CON SCOPO
Qualunque atto compiuto da una persona in disaccordo con il contenuto della descrizione che chiama "io", è un "non fare dell'io personale" che può essere realizzato.
Siamo stati addestrati a considerare l'ego come la nostra unica realtà, a credere che davvero siamo "lui" e che continueremo ad esserlo fino alla fine. Siamo stati addestrati a dimenticare che non lo siamo stati sempre, che una volta eravamo "senza forma" e che questo ci permetteva di meravigliarci, di sentire ogni
cosa e ogni essere come una scoperta, un mistero.
Abbiamo perso queste capacità perché ci hanno insegnato a credere di essere qualcosa di definito e delimitato (1'ego) e noi abbiamo fatto con il mondo e con gli altri.
Così siamo riusciti a dare realtà all'incantesimo di magia nera che è la vita dell'uomo moderno: ridurre l'inconcepibile, il mistero e la meraviglia di essere vivi a una
stupidaggine.
Ci rinchiudiamo in una prigione e la chiamiamo "io". Ma ci sono buone notizie. Non siamo condannati a vivere per sempre intrappolati in questa descrizione. Possiamo destrutturarci. Possiamo cancellare la storia personale. Possiamo essere liberi un'altra volta.
LA DETERMINAZIONE DEL PASSATO
La maniera in cui l'uomo comune utilizza la sua energia non è frutto del caso o di una scelta, ma è determinata dal suo passato.
Anche se l'uomo moderno crede di essere libero, in realtà la possibilità di scegliere si applica solo a una piccola parte delle sue azioni. Determinano il nostro esistere quotidiano il condizionamento biologico, e quello della nostra storia (classe sociale, nazionalità, sesso, carattere, personalità, religione, ideologia politica, complessi e traumi). In realtà, quando crediamo di decidere, non stiamo facendo altro che compiere le azioni per le quali il nostro passato ci ha programmato, come una macchina che effettua solo le operazioni per le quali è stata progettata. Così vengono determinate le nostre credenze, i desideri, le scelte, le limitazioni, le debolezze e i talenti. Non scegliamo con chi parlare, con chi entrare in rapporto, i luoghi che
frequentiamo o quelli che evitiamo, perché dietro ognuna di queste “scelte” sta la nostra storia personale, il nostro ego ne è l’espressione.
Ego e storia personale sono intimamente connessi, l’Ego è l'espressione operativa della storia personale. È infatti il nostro Ego che ci costringe quotidianamente a sostenere la storia personale e ad agire secondo i suoi dettami. Così la storia si rinnova e l’Ego ne risulta rafforzato. L'uso che facciamo della nostra energia come persone comuni, cioè le azioni che realizziamo, risponde a una determinazione del nostro passato, nella quale normalmente non interviene la volontà.
Cancellare la storia personale è il più generale dei non-fare dell'io personale, perché in qualche modo ingloba tutti gli altri. Suppone la fine della relazione di causa ed effetto tra il nostro passato e il nostro
presente. Questa possibilità di solito ci sembra strana, forse per la nostra tendenza a supporre che il passato sia non solo la base del presente, ma anche qualcosa di inamovibile. Ragion per cui si converte nella scusa perfetta per non cambiare. Le persone affermano di voler cambiare, mentre allo stesso tempo fanno tutto il possibile per mantenersi uguali. Generalmente si giustificano con il passato. "È che non ho mai imparato a essere disciplinato...", "È che sono debole... ", "È che in casa mi hanno protetto troppo...", È che, è che, è che... è sempre in relazione al passato.
D'altra parte cancellare la storia personale è una possibilità magica, che difficilmente entra nella logica razionale. La possibilità non riguarda il potere di cancellare le azioni passate, ma la capacità di rinunciare alla relazione che abbiamo stabilito con esse, la cui espressione è il nostro modo di essere e il nostro modo di vivere. Se la mia storia personale è l'ostacolo principale al cambiamento e alla libertà, allora il poterla cancellare rappresenta anche l'opportunità di essere libero. Resistiamo al cambiamento perché ci crediamo incapaci di realizzare qualunque cosa che non sia inclusa nell'inventario delle nostre azioni passate. Quando lottiamo per cambiare, la nostra storia personale diventa il maggior ostacolo da vincere.
Le persone che ci conoscono tendono a opporsi, dato che, essendosi familiarizzate con la nostra storia personale, non ammettono che agiamo in disaccordo con essa.
L'incontro con l'ignoto li pone di fronte al problema di non sapere come comportarsi, di fronte a qualcosa per cui non sono stati addestrati e quindi tenteranno di evitarlo. "Che ti succede? Sei diventato pazzo, non riesco a capirti. Eri meglio prima, meglio alcolizzato e drogato che pazzo...". La storia personale ci dota di una o più etichette in base alle quali riduciamo la nostra persona al dettato di alcune caratteristiche. Allo stesso modo classifichiamo tutti coloro che conosciamo, secondo etichette simili che deriviamo dalla loro storia personale, reale o immaginaria. Poiché non possiamo trattare con il mistero, preferiamo trattare con delle etichette. È per questo che nessuno ci sorprende. Più siamo rapidi nell'appiccicare etichette, più ci crediamo sicuri di noi stessi. Se volete liberarvi dal fardello di ciò che gli altri pensano di voi cancellatevi, create intorno a voi una nebbia che vi trasformi in un essere misterioso e imprevedibile. Lo stratagemma non è diretto solo verso gli altri. Bisogna cancellarsi fino a diventare sconosciuti anche per se stessi. Secondo il terzo principio dell'agguato:
il praticante deve considerare sé come un mistero in più tra i misteri del mondo. Perdita le certezze rispetto a ciò che supponiamo di essere, coincide con la perdita di certezza rispetto a ciò che normalmente consideriamo il mondo reale. La realtà dell'Ego e la realtà esterna non sono altro che descrizioni. Da ciò consegue che il processo di cancellazione non si applica solo alla storia personale, ma anche alla descrizione ordinaria del mondo. Il campo di coscienza che si apre oltre la descrizione è il campo dell'ignoto, dove niente è scritto, né il mondo né noi stessi. Per questo è il campo dove possiamo creare, scegliere, essere qualunque cosa vogliamo. È il campo della libertà.
EGO: IL RITRATTO VERBALE
Consiste di un ritratto scritto, il più fedele possibile, di noi stessi e del nostro modo di vivere, ma in terza persona, come se si trattasse di qualcun altro.
Dovrà contenere:
- Nome. Età.
- Tratti fisici.
- Modo di vestire.
- Modo di essere.
- Stato di salute.
- Luoghi che frequenta.
- Luoghi che evita.
- Stati d'animo più comuni.
- Tipo di gente che frequenta.
- Tipo di gente che evita.
- I suoi tipi di lavoro e quello attuale
- Caratteristiche della vita emotiva.
- L'immagine che proietta verso gli altri.
- Routines quotidiane.
- Routines strutturali interne (cicliche)
- Modo di parlare.
- Temi di conversazione preferiti.
- Come e dove passa il tempo libero.
- Modo in cui vive la sessualità.
- Situazione economica.
- Maggiori virtù.
- Maggiori difetti.
- Le migliori cose che ha fatto.
- Le peggiori cose che ha fatto.
- Il meglio che gli è capitato.
- Il peggio che gli è capitato.
COMMENTI ALLA TECNICA
È molto importante scrivere la descrizione in terza persona, elaborandola con freddezza, come se si trattasse di qualcuno di cui non c'importa nulla né a favore né contro. Se eseguiamo l'esercizio con coscienza, arriveremo ad avere, semplicemente, la descrizione che si chiama Ego ed Ego non è altro che questa descrizione. Ciò che conoscevamo come "Io" assume la sua vera dimensione: una descrizione che, come quella scritta sulla carta, possiamo modificare o gettare nella spazzatura.
+
ENERGIA E POTERE PERSONALE
Riguardo alla nostra natura di campi di forza, possiamo delineare alcune premesse
fondamentali:
- Tutto quanto un essere vivente fa e tutto quanto gli accade, è determinato dal suo livello di energia (potere personale).
Il livello di energia di ogni essere dipende da tre fattori fondamentali:
- la quantità di energia con cui è stato concepito
- la maniera in cui ha incrementato o diminuito tale energia
- il modo in cui la usa nella sua vita presente.
Il modo in cui l'uomo comune utilizza la propria energia non è frutto del caso o di una scelta ma è determinato dal suo passato.
Sebbene normalmente gli uomini consumino la loro energia eseguendo le azioni abitudinarie dettate dalla loro storia personale, possono tuttavia realizzare i seguenti cambiamenti fondamentali nella loro condizione di campi di energia:
- ricanalizzazione dell'uso dell'energia,
- risparmio dell'energia,
- incremento dell'energia.
Tutto quanto un essere vivente fa e tutto quanto gli accade, è determinatodal suo livello di energia, o potere personale. Normalmente, le persone credono che le cose che accadono loro siano determinate da fattori che sfuggono al controllo, o perché sono esterni, oppure perché sembrano
essere caratteristiche intrinseche della loro personalità (ego). Così capita spesso di sentire qualcuno parlare della sfortuna come di qualcosa che si verifica indipendentemente da sé.
È frequente anche il caso di persone convinte che le cose (particolarmente quelle spiacevoli) accadano loro perché qualcun altro gli ha fatto qualcosa, o, se
ammettono che dipende da loro, ne parleranno di nuovo come di qualcosa che non possono controllare: "Il fatto è che io sono così...", "Non ho forza di volontà...", "Ho un carattere collerico...", ecc.
In realtà tutto quanto ci accade (la fortuna o la sfortuna, la buona o la cattiva salute,il successo o il fallimento nelle imprese, la disponibilità affettiva e gli amori, le porte che si aprono o quelle che si chiudono al nostro passaggio) tutto dipende dal nostro potere personale e avere o non avere potere dipende da noi.
Inutile dire che chi possiede un alto livello di energia di solito ha una buona vita (a meno che l’energia si trovi fuori controllo), mentre quelli la cui energia è bassa (la maggior parte dell'umanità) tendono ad avere vite grigie e spesso piene di dolore. Non è esagerato dire che chi possiede energia ha tutto e può fare tutto, mentre chi ne è carente sarà sempre povero, anche se nuota nella ricchezza materiale.
Sebbene normalmente gli uomini consumino la loro energia eseguendo le azioni abitudinarie dettate dalla loro storia personale, possono tuttavia realizzare i seguenti cambiamenti fondamentali nella loro condizione di campi di energia:
- ricanalizzazione dell'uso dell'energia,
- risparmio dell'energia,
- incremento dell'energia.
Si comincia con una forma specializzata della condotta, scegliendo di compiere azioni che, pur rientrando nel campo delle nostre possibilità come ego, sono tuttavia completamente inusuali, come se si trovassero al limite delle nostre possibilità.
Tali atti finalizzati che non nascono dal condizionamento del nostro passato, sono il non-fare, che apre a poco a poco il nostro campo di possibilità. A forza di insistere nell'eseguire azioni insolite, creiamo una specie di scompenso nei nostri schemi d'uso dell'energia, che di conseguenza si "indeboliscono". L’indebolimento dei nostri schemi ci mette in condizione di ridirigere (ricanalizzare) l'energia che prima
utilizzavamo in azioni logoranti verso nuove azioni più convenienti, questo comincia a produrre un eccesso di energia, che a sua volta ci permetterà di avanzare ancora di più nella ridirezione iniziata. Tutto questo si esprime concretamente nell'aumento graduale delle cose che - nella nostra vita - passano dal campo dell'impossibile a quello del possibile. Gli esempi sono infiniti. Smettere di fumare
o di bere, smettere di arrabbiarci, prendersi il tempo di ascoltare il canto degli alberi o il messaggio degli uccelli. Se insistiamo nell'eseguire strategicamente le nuove azioni che derivano dagli atti finalizzati, le nostre possibilità di vita e di percezione si amplieranno ancora di più, finché a un certo punto la tendenza ad agire secondo la storia personale sparisce del tutto. Allora si dice che un uomo ha cancellato la sua storia personale e quindi si è liberato della sua influenza.
Tutti i cambiamenti sono condizionati, naturalmente, dal livello di energia di chi li realizza. Nessuno può effettuare un cambiamento per il quale non possieda l'energia necessaria. Qualsiasi azione nuova può realizzarsi solo se troviamo il modo di incrementare la nostra energia. Questo può essere fatto eliminando gli atti abitudinari - preferibilmente quelli più logoranti - e quindi applicando l'energia risparmiata agli atti finalizzati.
Non è possibile intraprendere nulla di nuovo o di sconosciuto senza prima disporre dell'energia in più necessaria, poiché quella che abbiamo si trova già ripartita secondo i dettami della storia personale. È possibile ottenere questa energia in più dal Sole e dalla Terra, che rappresentano le nostre fonti principali di rifornimento energetico. E non solo attraverso gli alimenti. Possiamo assorbire energia addizionale anche in modo diretto, mediante vari speciali esercizi che però sono inutili se chi li esegue non dispone dell'energia necessaria per farli funzionare. Ciò significa che se si vuol avere più energia, prima bisogna disporre di energia. Come diceva Gesù di Nazareth: "A colui che ha sarà dato e a colui che non ha, sarà tolto anche quel che crede di avere ...".
Ora, se per accumulare energia è necessario in primo luogo possedere energia disponibile, come otterremo questa prima energia? La risposta è: "risparmiandola".
La porta di cui dispone qualsiasi essere umano per ottenere energia "libera" è il risparmio dell'energia che normalmente impiega nelle azioni della sua vita. Se possiamo sospendere alcune delle azioni interne o esterne che eseguiamo in modo ripetitivo, l'energia che usavamo per compierle si "libera" e si trasforma in energia disponibile, che può essere utilizzata per penetrare l'ignoto, cioè quello che si trova
fuori dai limiti del nostro ego. Tuttavia, non tutte le azioni della nostra vita possono essere sospese e all'interno di quelle che potremmo sospendere, non tutte sono negative da un punto di vista energetico. Per questo motivo i guerrieri realizzano un inventario personale del dispendio di energia, che permette loro di sapere come stanno utilizzando la loro energia e quindi di elaborare una strategia per ridirigerne
l'uso e conseguire un risparmio che li doti di energia disponibile. Con questo inventario, il praticante può selezionare dall'enorme cumulo delle sue azioni quotidiane quelle che non gli sono indispensabili per vivere e che sono particolarmente dispendiose e distruttive (antienergetiche) e lavorare per sospenderle in modo temporaneo o definitivo. Come persone comuni, difficilmente potremo sospendere in modo immediato abitudini come quelle di fumare, irritarci o autocompatirci. Però possiamo, per esempio, addormentarci in una posizione
diversa, oppure sul pavimento. Possiamo anche osservare per due settimane qual è il nostro primo pensiero al risveglio e l'ultimo prima di addormentarci e se scopriamo (come accade di solito) che influiscono negativamente sull'uso quotidiano della nostra energia, durante le prossime due settimane ci applicheremo allora a pensare intenzionalmente a qualcosa di diverso. Esempi comuni di abitudini dispendiose e ripetitive sono, per non citarne che alcuni:
il fumo, il consumo di alcool, le discussioni, dormire troppo, pensare troppo, giudicare gli altri, criticare, condannare, lamentarsi e l'identificazione immaginaria con situazioni di violenza, come quelle di cui sono pieni il cinema, la televisione e la cronaca nera dei giornali. Le emozioni e l'importanza personale, sono in rapporto tra loro e rappresentano i due modi fondamentali in cui consumiamo l'energia.
INVENTARIO DELL'USO DI ENERGIA
L'idea generale dell'inventario consiste nell'elaborare una lista, che ci permetterà di rispondere alla domanda: in che cosa consumo la mia energia? La risposta più generale è che la consumiamo in tutto ciò che facciamo, sia a livello interiore che verso l'esterno. Pertanto, un inventario di energia è la lista particolareggiata di tutte le nostre azioni. È importante comprendere che non si tratta riferendo a un
esercizio di analisi mentale, o a un processo di riflessione. Questo non ci darebbe altro che un semplice rapporto dell'ego su se stesso, nel quale, naturalmente, cercherebbe di giustificarsi e quindi non ci riporterebbe un'accurata immagine della realtà. È un esercizio di agguato, che come tale è basato sull'osservazione.
La tecnica richiede i seguenti strumenti:
- Penna o matita e un taccuino.
- Un segnale scelto in anticipo, che richiami la nostra attenzione a vari intervalli (come la suoneria di un orologio che scatti ogni quindici minuti o qualsiasi tipo di segnale che tenda a prodursi ad intervalli più o meno costanti).
Passi da seguire:
1. Dividete le pagine del taccuino in tre colonne, intitolando ciascuna di esse con le seguenti domande, in quest'ordine:
- Che stavo pensando?
- Che stavo facendo?
- È questo ciò che voglio fare?
2. Programmate l'orologio in modo che squilli ogni quindici minuti (o trenta minuti). Programmare l'allarme a intervalli non facilmente prevedibili (non iniziare programmandolo a un'ora in punto).
3. Ogni volta che suona l'allarme, osservatevi per un momento e rispondete per iscritto sul quaderno a ciascuna delle domande. Non dovete analizzare, ma limitarvi a registrare i fatti. Le risposte devono essere brevi e concrete. Annotate anche l'ora dell'osservazione. Sforzatevi di farlo dovunque vi troviate. Ovviamente le domande si riferiscono al momento appena precedente a quello di annotare le risposte.
4. Prima di andare a letto, osservate le annotazioni del giorno e rispondete per iscritto su un altro foglio alle seguenti domande:
- I miei pensieri sono stati molto vari o ripetitivi?
- Qual era il contenuto dei pensieri più ricorrenti?
- Le mie azioni sono state varie o ripetitive?
- Quali sono state le più ripetitive?
- C'è stata una relazione tra pensieri e azioni?
- Che percentuale delle mie azioni corrispondeva a ciò che volevo fare?
Rispondendo a queste domande dal punto di vista del praticante dell'agguato ci darà un'idea di come abbiamo impiegato la nostra energia durante quel giorno.
5. Ripetete il procedimento per una settimana. Alla fine osservate le tre risposte di fine giornata di tutti e sette i giorni e usatele per rispondere alle domande del punto 4, ma applicandole alla settimana. Questo vi mostrerà come avete usato la vostra energia durante la settimana.
6. Ripetete il procedimento per quattro settimane, quindi osservate le risposte che avete dato alle domande settimanalmente usandole per rispondere alle domande del punto 4 applicandole al mese. Questo vi mostrerà come avete usato la vostra energia
in quel mese.
7. Con i dati risultanti dalle annotazioni fate una lista il più dettagliata possibile delle azioni esterne (attività, routines, abitudini fisiche, dipendenze, eccetera) e interne (pensieri ripetitivi, abitudini emotive, malattie, stati d'animo, eccetera) che compongono la vostra vita. Questa lista è il vostro inventario di uso dell'energia.
8. Dividete gli elementi della lista in due colonne:
- Quello che è indispensabile per la sopravvivenza (mangiare, dormire, respirare, ecc.).
-Quello che non è indispensabile per la sopravvivenza (irritarsi, criticare, correre, disegnare, ecc.).
9. Dividete gli elementi della seconda colonna in altre due:
- Quello che fa bene e\o è conveniente continuare a fare (attività sportive, artistiche o culturali, un lavoro che piace, ecc.).
- Quello che non fa bene e\o non è conveniente continuare a fare (leggere la cronaca nera dei giornali, vedere film violenti, parlare di malattie, fumare, bere, discutere, irritarsi, autocompatirsi, tentare di essere accettato, ecc.).
10. Di nuovo, dividete gli elementi della seconda colonna (del punto 9) in altre due:
- Quello che non è possibile eliminare.
- Quello che senza difficoltà, o facendo uno sforzo non eccessivo, è possibile eliminare.
11. Scegliete alcuni tra gli elementi della seconda colonna del punto 10 e cominciate a sospenderli per un periodo specifico. Immediatamente, l'energia che veniva utilizzata in tali azioni si convertirà in energia extra. A1 termine del periodo, decidete se prolungarlo temporaneamente, indefinitamente o se smettere.
COMMENTI ALLA TECNICA
Durante il periodo di osservazione tendono a prodursi degli stati acuti di attenzione, che rientrano nella cosiddetta "consapevolezza intensa" e che possono avere vari livelli di profondità. Non bisogna spaventarsi, dato che sono molto utili.
Va ricordato che l'esercizio di osservazione punta alla registrazione dei fatti, non alla loro analisi. Bisogna realizzarlo nel modo più obiettivo e freddo possibile.
È una condizione comune tra le persone normali avere pensieri e abitudini ripetitive, che costituiscono l'asse della loro vita. La modifica di queste condizioni comporta perciò un cambiamento completo dell'esperienza di vita. I criteri per definire ciò che ci è indispensabile o che ci fa bene possono essere molto
diversi, tuttavia ciascuno applichi il proprio, senza preoccuparsi troppo.
Riguardo alle azioni da sospendere per risparmiare energia, si può iniziare dalle più facili o dalle più difficili. Tutto dipende dall'intensità del lavoro che il praticante è disposto ad affrontare. È importante che i periodi di sospensione delle attività logoranti siano stabiliti con precisione ed è meglio che all'inizio non siano molto lunghi. Questo perché la decisione di smettere di fare qualcosa "per sempre" comporta un carico psicologico molto maggiore che decidere di smettere "per qualche giorno''. Inoltre i periodi definiti permettono di valutare periodicamente i risultati ottenuti e decidere se continuare o no con l'impegno.
IL “DIALOGO” INTERNO
II “dialogo” interno è la conversazione mentale che sosteniamo costantemente con noi stessi e rappresenta l'espressione più immediata della descrizione assimilata da ciascuno di noi.
In pratica si tratta di un guardiano, il cui compito fondamentale è quello di proteggere la descrizione, alimentandola con il suo stesso contenuto (i pensieri) e generando inoltre il "fare" che la rinforza.
A causa delle cose che ognuno racconta a se stesso, percepiamo il mondo nella maniera in cui siamo soliti farlo e ci comportiamo di conseguenza.
Questo a sua volta tende a confermare il contenuto del dialogo interno e della descrizione stessa, fino ad arrivare a sostituire la realtà intorno a noi con i nostri pensieri.
A forza di formulare pensieri su ciò che stiamo vedendo (il mondo, le cose, le persone o noi stessi), finiamo con lo scambiare i nostri pensieri per la cosa reale.
Ci raccontiamo che il mondo è come lo pensiamo e restiamo convinti che quel racconto sia la realtà stessa. Naturalmente, tutto ciò che accade come conseguenza del “chiacchiericcio” interno si ferma quando riusciamo a far star “buono” il pensiero.
La capacità di fermare il “dialogo” interno è la chiave del mondo degli stregoni, che, per poter percepire il mondo in termini diversi dalla descrizione ordinaria, utilizzano un secondo anello di potere, che permette loro di costruire un altro mondo (l'anello del "non-fare").
Benché tutti possiedano questo secondo anello, utilizzarlo diventa possibile solo bloccando la funzione del primo, il che nella vita della gente normale capita molto di rado.
IL "NON-FARE"
La descrizione ordinaria del mondo ci costringe a comportarci sempre secondo le sue indicazioni, quindi tutte le nostre azioni emanano dalla descrizione e a loro volta la convalidano. Queste azioni sono conosciute come il "fare" e combinate con la descrizione costituiscono un sistema che si autoalimenta da solo. Il “non-fare” è qualsiasi tipo di azione che non sia coerente con la nostra descrizione del mondo o di noi stessi.
Il “non-fare” interrompe il flusso della descrizione e tale interruzione a sua volta sospende il “fare” del mondo conosciuto. Quindi il “non-fare” è il mezzo che apre il cammino verso il lato ignoto della realtà.
È la porta di accesso al nagual, la realtà separata e per ciò che riguarda la persona, la consapevolezza dell'altro io. Il “non-fare” praticato nella consapevolezza del lato destro possiede la facoltà di portarci verso il lato sinistro.
Praticandolo in modo costante si creano dei punti di contatto tra i due lati e poco a poco tali contatti possono avvicinarci all'integrazione tra le due forme di consapevolezza, risultando nella "totalità di se stessi".
L'EGO COME PARTE DELLA DESCRIZIONE
Tutto ciò a cui ci riferiamo quando diciamo "io" fa parte della descrizione che abbiamo assimilato e crea il sistema di pensiero chiamato Ego (o mente della scarsità e della paura).
L’Ego ci mantiene incatenati a un determinato modo di percepirci e di comportarci. Questo modo, malgrado sembri assoluto e definitivo, può essere interrotto o sospeso del tutto, aprendo possibilità illimitate rispetto a ciò che possiamo essere o fare. In tal senso il “non-fare”, che sospende il flusso della descrizione, è una porta verso la libertà e il cambiamento.
Quando, per mezzo dei “non-fare” interrompiamo il flusso della descrizione della nostra persona, ci liberiamo dall'incantesimo dell'Ego, che consiste nel farci credere di essere lui a costituire la nostra unica realtà.
Possiamo riconoscere allora la nostra natura di campi di energia, liberi e fluidi, e possiamo dedicarci al compito di reinventare noi stessi, in un modo volontario e intenzionale, che ci permetta di rispondere liberamente alle situazioni che ci si presentano di momento in momento.
PRECETTI DELL'AGGUATO
- Tutto quello che ci circonda è un mistero imperscrutabile.
- Noi dobbiamo cercare di svelare i misteri, ma senza sperare di riuscirvi mai.
- Un guerriero prende il posto che gli è dovuto tra gli altri misteri e si considera uno di loro.
IL CONTROLLO DELLA CONDOTTA NEL MONDO QUOTIDIANO
L'arte dell'agguato è un'arte da praticare nel lato destro, consistente in un uso specializzato ed estremamente attento della realtà ordinaria, il cui fine è l'accesso alla realtà separata.
L'agguato è in realtà il controllo strategico della propria condotta. Il suo campo privilegiato è quello in cui ha luogo l'interazione con altri esseri umani. Per questo il praticante, lungi dal separarsi dal normale contesto sociale, vi resta dentro, nel centro stesso dell'azione, utilizzandolo per temprare il suo spirito, aumentare la sua energia e spingersi oltre i limiti della sua storia personale.
AGGUATO E CACCIA
Il cacciatore all'agguato è una persona che osserva, che si comporta in modo riservato. Un vero cacciatore conosce necessariamente l'agguato e trasforma ogni cosa in una preda, persino se stesso e le sue debolezze. II vero cacciatore all'agguato ha molto chiara la differenza tra osservare e giudicare, tra prestare attenzione e pensare. Se vuole catturare la sua preda deve osservarla: deve percepire silenziosamente tutto ciò che fa, per conoscere le sue abitudini: dove mangia, dove dorme e a che ora, i suoi punti di passaggio preferiti, ecc. Se la sua osservazione è efficace, imparerà le abitudini della preda e potrà servirsene per prenderla in trappola. In tali circostanze, la preda non ha scampo.
L'uomo comune invece, incapace di distinguere tra i suoi pensieri e la realtà, confonde l'osservazione con il giudizio. Passa il tempo immerso in pensieri (negativi) sulla gente che lo circonda o su se stesso e chiama questo osservazione.
L'osservazione del cacciatore non ha niente a che vedere con la critica. Se un cacciatore, invece di osservare silenziosamente le azioni della sua preda, si mettesse a speculare sulle sue qualità o difetti, giudicandola bella o brutta, interessante o noiosa, o se, al posto di osservare dove o a che ora beve, cercasse di immaginarlo: "Penso che questo animale avrà sete a mezzogiorno e che sicuramente andrà a bere alla pozza. Inoltre sembra stupido, non mi sarà difficile catturarlo...". finirebbe per prendere sul serio questi pensieri e poi di irritarsi scoprendo che a mezzogiorno l'animale sta facendo tutt'altro che bere alla pozza. Nell'osservazione del cacciatore non c'è spazio per i pensieri e per il dialogo interno. È una cosa diretta e semplice, un puro e semplice osservare. L'osservazione è una delle materie prime con cui si costruisce l'agguato. Un'altra è la condotta insolita. Così come il dialogo interno e la condotta ordinaria mantengono il punto di unione al suo posto, qualsiasi condotta insolita, praticata in modo continuo e sistematico, tende a portarlo fuori dalla sua posizione abituale. Se è vero che esistono parecchi modi di far muovere il punto di unione, è anche vero che molti di essi possono mettere in pericolo la salute mentale del soggetto, il quale è addestrato a credere che la realtà che percepisce sia unica e immutabile. Esempi di questo tipo possono essere l'uso indiscriminato di piante psicotropiche, o le crisi emotive che portano alla schizofrenia. L'agguato invece, nella misura in cui comporta il controllo sistematico della propria condotta, permette che il punto di unione si muova in modo lento e armonioso, facendo sì che il contatto con mondi sconosciuti si realizzi con sobrietà ed efficienza.
AGGUATO E SUCCESSO
Praticare l'agguato è anche la maniera più efficace di muoversi nel mondo della gente comune, all'interno della società. Poiché il praticante dell'agguato agisce a partire da ciò che osserva e non da ciò che pensa, poiché il suo mondo diventa più ampio man mano che il punto di unione si muove, poiché i suoi atti sono motivati dalla strategia e non dai capricci dell'ego, egli viene a trovarsi in una posizione molto vantaggiosa rispetto ai suoi simili, per quanto riguarda la capacità di muoversi nel mondo delle faccende umane. Nella pratica penetrare nuove realtà non significa sperimentare fenomeni psichici, come il corpo del sogno, la comuni-cazione senza parole, o la capacità di vedere gli esseri viventi sotto forma di uova luminose, ma significa anche scoprire che non siamo condannati ad obbedire al nostro vecchio ego e che possiamo cambiare e reinventarci, che possiamo creare forme nuove e più sane di amare, che il nostro mondo personale può essere
diretto dall'interno di noi stessi e non essere subordinato a fattori esterni come la crisi economica, l'opinione degli altri, ecc.
Imparare e praticare l'arte dell'agguato ci dota di strumenti poderosi per muoverci nel miglior modo possibile all'interno del nostro mondo quotidiano, spinti e sostenuti da una forza che viene da altrove, “dall`altro”, la cui potenza, debitamente diretta, è devastante nel mondo della gente che conosce soltanto il lato destro della realtà.
Riassumendo: l'Agguato è osservazione, è il controllo strategico della propria condotta, è l'arte di fare di se stessi la propria preda, è il modo più efficace per affrontare i problemi quotidiani e per ottenere uno spostamento del punto di unione, mantenendo sobrietà ed equilibrio.
Si tratta di costruire un ponte, partendo da questo lato della realtà, per arrivare all'altro io.
PRINCIPI DELL'AGGUATO
1. Sta al guerriero scegliere il proprio campo di scontro.
2. Abbandonare tutto quel che non è necessario.
3. Un guerriero deve essere pronto e desideroso di battersi fino in fondo, in ogni momento.
4. Rilassarsi, lasciarsi andare, non aver paura di nulla. Solo allora le potenze che ci guidano ci apriranno il cammino e ci aiuteranno.
5. Quando sono di fronte a circostanze che non riescono a controllare, i guerrieri si ritirano un attimo.
6. I guerrieri comprimono il tempo. Anche un istante ha la sua importanza.
7. Un cacciatore non si spinge mai in prima fila.
I QUATTRO MODI DELL'AGGUATO
Essere spietato. Non avere compassione di se stessi. La compassione non è che una delle varianti dell'importanza personale. Ma l'implacabile risolutezza non ha nulla a che fare con un comportamento rude o grossolano.
Essere astuto. Una più vicina all'intuizione che all'intelligenza. Non è crudeltà.
Essere paziente. Fa' ogni cosa al giusto tempo. Per ogni cosa c'è il momento giusto. Si deve avere pazienza ma essere attivi. Non ha nulla a che fare con la negligenza.
Essere gentile. Poiché non si prende troppo sul serio e sa ridere di se stesso, il guerriero riesce a essere gentile, affascinante e allo stesso tempo estremamente efficiente. La simpatia non ha nulla a che fare con l'essere stupido.
RICAPITOLAZIONE
La ricapitolazione è ricordare, o più precisamente, rivivere. È il recupero corporeo di tutte le esperienze passate. La ricapitolazione è un metodo estremamente efficace per muovere il punto di unione e conduce alla coscienza dell'altro io.
LA RICAPITOLAZIONE DEL MORIBONDO
La ricapitolazione è un atto naturale, che tutti gli esseri umani realizzano prima di morire. Di fatto è l'ultima azione compiuta dagli esseri viventi, appena prima di quella disintegrazione dell'individualità che è la morte. Ricapitolazione è ricordare, o più precisamente rivivere. È il momento in cui il corpo recupera ogni esperienza passata. Molte persone, resuscitate dopo alcuni minuti di morte clinica, raccontano che vedevano passare tutto quello che avevano vissuto. Non è tanto assurdo. Siamo perché ricordiamo. È la nostra capacità di associare e di ricordare che ci dà un senso di identità individuale e di continuità. È naturale che nel momento in cui stiamo per smettere di esistere, ricordiamo tutto ciò che ci ha permesso di essere noi stessi, per tutta la vita. È il momento in cui 1'io si congeda, rivivendo per l'ultima volta quello che in seguito non potrà più ricordare, quello che non sarà più, in nessun modo. Questo ripasso della vita è la ricapitolazione. Tornando al caso dei resuscitati, dopo tale esperienza parecchi di loro sono in grado di apprezzare l'esistenza con un equilibrio, una forza e una decisione molto maggiori di prima. Questo non è dovuto solo al fatto di aver visto la morte da vicino, cosa che senza dubbio nutre la coscienza della vita, ma anche al fatto di aver ricapitolato, per quanto in modo parziale, la loro vita.
L'ESPLOSIONE DELLA CONSAPEVOLEZZA
Quando il corpo ha completato la sua ricapitolazione finale, si produce un'esplosione di consapevolezza, che dura solo un istante prima della morte definitiva. In quell'unico istante, grazie alla ricapitolazione e nel momento della nostra morte, siamo consapevolezza pura.
Non è necessario aspettare il momento della morte per realizzare la ricapitolazione, si può ricapitolare prima e usare quella supercoscienza per ampliare la vita. Esattamente per questo motivo, la ricapitolazione rappresenta la tecnica fondamentale dell'agguato.
LA MEMORIA DEL CORPO
La ricapitolazione è un fenomeno corporale che ha luogo nella totalità del nostro essere che ci permette di rivivere i sentimenti provati durante gli eventi che si ricapitolano. L'informazione che ne ricaviamo, generalmente non concorda con ciò che la nostra memoria ordinaria - quella mentale - ci racconta sulla nostra esistenza. Ricapitolare non è memoria ordinaria: la ricapitolazione è il non-fare della memoria. La memoria ordinaria ha a che fare solo con i pensieri, la ricapitolazione è una memoria sensibile che ha più a che fare con i sentimenti.
Quando ricordiamo, è il nostro ego che ricorda per mezzo del dialogo interno, al quale aggiungiamo delle immagini. Nella ricapitolazione invece è il corpo che ricorda e lo fa liberando i sentimenti che ha immagazzinato. La maggior parte della gente è molto attaccata al proprio passato, perché il passato èil supporto fondamentale con il quale l'ego giustifica se stesso. Il passato determina ciò che siamo ed è a causa sua che ci sentiamo giustificati se continuiamo a comportarci come sempre, anche sapendo che non ci fa bene. Trascorriamo una gran parte del nostro tempo ricordando il passato. Ma ricordando ciò che ci è capitato, in realtà ricordiamo il discorso che abbiamo elaborato su quanto ci è accaduto. Non ricordiamo fatti, ma interpretazioni. Possediamo una memoria alternativa, nascosta nella consapevolezza dell'altro io, che non ha niente da spartire con le interpretazioni dell'ego. Ed è possibile recuperarla.
IL PICCOLO TIRANNO
Questa tecnica costituisce una delle espressioni più raffinate dell'Arte dell'Agguato, combinando pragmatismo e senso dell'umorismo. Nella sua forma più generale, è applicabile a qualunque situazione in cui la persona si trovi a dover sottostare a circostanze contrarie alla sua volontà, specialmente quelle in cui l'ego si sente colpito: situazioni di offesa, umiliazione, maltrattamenti, eccetera.
L’arte dell'Agguato, è stata sviluppata durante il periodo della conquista spagnola, quando stregoni e uomini di conoscenza si trovarono sottoposti a una tremenda pressione, sotto il giogo degli spagnoli. La maggior parte di essi morirono, ma altri approfittarono della situazione per sviluppare l'arte del agguato, grazie alla quale riuscivano a trarre vantaggio persino dalle circostanze più avverse,
Arrivarono all'estremo di approfittare della persecuzione, della dominazione e dei maltrattamenti per sviluppare la loro arte, imparando a passare inosservati e a manipolare le situazioni in modo che - se non morivano - ne uscivano- alla fine vittoriosi.
Trasformarono il rapporto con i tiranni in una questione di strategia. Ma la cosa più importante fu la scoperta che il rapporto strategico con i tiranni era estremamente efficace per sradicare l'importanza personale, l'attività che consuma più energia nella vita dell'individuo. Un piccolo tiranno: "...è un torturatore, (...) qualcuno che ha il potere di vita e di morte sui guerrieri, o che semplicemente gli rende la vita impossibile." I tiranni si dividono in più categorie, secondo il livello di influenza. In cima alla classifica vi è quella forza inesorabile che sostiene tutto ciò che esiste, la fonte primaria dell'energia di tutto l'universo e la chiamarono:
1) "Il Tiranno. In confronto a tale forza, anche i torturatori più potenti e terribili non sono altro che:
2) piccoli tiranni che si suddividno in ordine di inflenza in:
2.1) - Tiranni meschini. Hanno il potere di togliere la vita alle loro vittime secondo il loro capriccio.
2.2) - Piccoli tiranni meschini. Tormentano e infliggono danni senza arrivare a causare la morte delle loro vittime.
2.3)- Insignificanti tiranni meschini. Producono fastidi ed esasperazioni senza fine. - Il Tiranno meschino. È un torturatore che rende la vita impossibile. I guerrieri lo utilizzano per eliminare la loro importanza personale e imparare a essere impeccabili.
I guerrieri di oggigiorno generalmente devono accontentarsi di insignificanti tiranni meschini, i quali a loro volta si dividono in quattro categorie:
2.3.1) - Quelli che tormentano con brutalità e violenza.
2.3.2) - Quelli che tormentano creando insopportabile apprensione.
2.3.3.) - Quelli che tormentano generando tristezza.
2.3.4) - Quelli che tormentano facendo infuriare.
I cacciatori si servono dei sei elementi della STRATEGIA DELL'AGGUATO :
1) - Controllo. Si ottiene sintonizzandosi sullo spirito in situazioni in cui il piccolo tiranno ci calpesta, o in qualche situazione specifica di avversità.
2) - Disciplina. Si ottiene raccogliendo informazioni sul tiranno mentre questo ci colpisce, o raccogliendo informazioni sulla situazione avversa (agguato) mentre la si subisce.
3) - Sopportazione. Aspettare senza angoscia né fretta il risultato che deve arrivare. Un semplice e gioioso temporeggiare.
4) - Abilità di scegliere il momento opportuno. Mette in libertà tutto quello che controllo, disciplina e contenimento hanno preparato. È come aprire la chiusa di una diga.
5) - Volontà. L'unico elemento della strategia che appartiene all'ambito dell'ignoto.
COMMENTI ALLA TECNICA
L'incontro con un tiranno meschino, o anche con un insignificante tiranno meschino, causa di solito alla gente normale danno e soprattutto offesa. Quello che realmente consuma chi deve affrontare una persona insopportabile che si trova in posizione di potere, non è tanto il danno reale che gli viene inflitto, ma il sentimento di offesa e di umiliazione che deriva dal prendersi troppo sul serio.
Esaminiamo i tiranni meschini della nostra vita: che danno reale ci causano? Se abbiamo la sobrietà necessaria per osservare ciò che ci fanno, scopriremo che il vero nemico si trova dentro noi stessi.
È l'importanza personale che ci punge dall'interno quando ci vediamo sottoposti a qualche circostanza sgradevole per l'ego. Un guerriero invece potrà essere danneggiato, ma non offeso. Potranno colpirlo, ma non si sentirà umiliato.
Questa energia extra, che non spende nell'importanza personale, è precisamente il vantaggio che il guerriero ha sopra il tiranno, la cui caratteristica - e debolezza - principale è quella di prendersi mortalmente sul serio. Con tale energia il guerriero sostiene una strategia, si controlla, osserva, sistema le sue trappole, aspetta e alla fine esce vittorioso dalla situazione, riuscendo così ad affinare il suo spirito.
Un simile atteggiamento, attento, strategico, pronto ad affrontare ogni situazione come una sfida, è utile non solo per trattare con i tiranni meschini, ma è applicabile a qualunque situazione in cui tendiamo a sentirci aggrediti, umiliati o offesi.
Risulta evidente che quando una persona non è occupata nella tortura mentale di sentirsi offesa, si trova nelle migliori condizioni per evitare danni. Bisogna non applicare questa tecnica a tiranni improrpi: un tiranno meschino è un nemico che esercita un potere, non è la moglie" (o il marito). Una tale situazione
probabilmente richiede solo onestà e comprensione e portarla sul terreno dello scontro, sia pure strategico, potrebbe essere controproducente. La decisione del cacciatore di non arrendersi all'importanza personale è applicabile a ogni situazione avversa, ma bisogna ricordare che il tiranno, per essere tale, deve
trovarsi in una situazione di potere “reale” rispetto al praticante. Esso è pertanto un elemento esterno, che in condizioni ordinarie non è sotto il nostro controllo. Non si tratta di applicare la categoria a tutti quelli che semplicemente ci sono antipatici.
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